Il filosofo di campagna, libretto, Treviso, Pianta, 1765

1305me l’ha fatta involar? Per qual ragione.
 Sì sì, l’ha fatta da politicone.
 Eugenia non voleva...
 Rinaldo pretendeva...
 Ei l’ha menata via.
1310Anche questa sarà filosofia.
 NARDO
 Io creppo dalle risa.
 Oh che caso ridicolo e giocondo!
 Oh che gabbia de pazzi è questo mondo!
 DON TRITEMIO
 (Eccolo qui l’amico). (Vedendo Nardo)
 NARDO
                                         (Ecco il buon padre).
 DON TRITEMIO
1315Galantuomo, che fa la figlia mia.
 NARDO
 Bene, al comando di vossignoria.
 DON TRITEMIO
 Rapirmela mi pare
 una bella insolenza.
 NARDO
 La cosa è fatta e vi vorrà pazienza...
 DON TRITEMIO
1320E lei, quella sfacciata,
 cosa dice di me?
 NARDO
                                 Non dice niente.
 DON TRITEMIO
 Non teme il padre?
 NARDO
                                      Non l’ha neanco in mente.
 DON TRITEMIO
 Basta, chi ha fatto il male
 farà la penitenza.
1325Dote non ne darò certo, certissimo.
 NARDO
 Sì sì, fate benissimo.
 Stimo que’ genitori,
 cui profittan dei figli anco gli errori.
 DON TRITEMIO
 Dov’è? La vuo’ veder.
 NARDO
                                          Per ora no.
 DON TRITEMIO
1330Eh lasciatemi andar.
 NARDO
                                         Ma non si può.
 DON TRITEMIO
 La volete tener sempre serrata?
 NARDO
 Sì, finch’è sposata.
 DON TRITEMIO
 Questa è una mala azion che voi mi fate.
 NARDO
 No, caro amico, non vi riscaldate.
 DON TRITEMIO
1335Mi riscaldo, perché
 si poteva con me meglio trattare.
 Se l’avevo promessa,
 lo sposo aveva le ragioni sue.
 NARDO
 I sposi erano due;
1340v’erano dei contrasti, onde per questo
 quel che aveva più amor fatto ha più presto.
 DON TRITEMIO
 Io l’ho promessa a voi.
 NARDO
 Ma lei voleva il suo Rinaldo amato.
 DON TRITEMIO
 Ma questo...
 NARDO
                          Orsù quello ch’è stato è stato.
 DON TRITEMIO
1345È ver; non vuo’ impazzire.
 L’ho trovata alla fine e ciò mi basta.
 Dopo il fatto si loda.
 Chi l’ha avuta l’ha avuta e se la goda.
 
    Da me non speri
1350d’aver un soldo,
 se il manigoldo
 vedessi lì.
 
    Se se n’è andata,
 se si è sposata,
1355da me non venga,
 non verrò qui.
 
    Chi ha avuto ha avuto;
 chi ha fatto ha fatto,
 non son sì matto,
1360non vuo’ gettare,
 non vuo’ dotare
 la figlia ardita
 che se n’è gita
 da me così. (Parte)
 
 SCENA VII
 
 NARDO, poi LA LENA e CAPOCCHIO notaro
 
 NARDO
1365A Rinaldo per ora
 basterà la consorte;
 poi dopo la sua morte il padre avaro
 a suo dispetto lascierà il denaro.
 LA LENA
 Venite a stipulare
1370delle nozze il contratto. (A Capocchio)
 CAPOCCHIO
 Eccolo qui, l’avevo mezzo fatto.
 NARDO
 Andate in casa mia,
 l’opera terminate.
 L’ordine seguitate
1375dei due sponsali in un contratto espressi
 colle stesse notizie e i nomi stessi.
 CAPOCCHIO
 Sì signor, si farà.
 Ma poi chi pagherà?
 NARDO
                                        Bella domanda!
 Pagherà chi è servito e chi comanda.
 LA LENA
1380Sentite, se si fanno
 scritture in casa mia,
 voglio la senseria.
 CAPOCCHIO
                                   Come?
 LA LENA
                                                   Dirò,
 se mi mariterò,
 come spero di farlo prestamente,
1385la scrittura m’avete a far per niente. (Entra in casa)
 
 SCENA VIII
 
 NARDO e CAPOCCHIO
 
 CAPOCCHIO
 Vostra nipote è avara, come va.
 NARDO
 Credetemi lo fa senza malizia,
 delle donne un costume è l’avarizia.
 CAPOCCHIO
 Son lente nello spendere,
1390egli è vero, ma son leste nel prendere.
 
    Voi che filosofo
 chiamato siete,
 dirmi saprete
 come si dia
1395di simpatia
 forza e virtù.
 
    La calamita
 tira l’acciaro.
 Tira l’avaro
1400l’oro ancor più. (Entra in casa)
 
 SCENA IX
 
 NARDO, poi LESBINA
 
 NARDO
 Nato son contadino,
 non ho studiato niente
 ma però colla mente
 talor filosofando a discrezione
1405trovo di molte cose la ragione.
 LESBINA
 Ma capperi si vede,
 affé, che mi volete poco bene.
 Nel giardino v’aspetto e non si viene.
 NARDO
 Un affar di premura
1410m’ha trattenuto un poco.
 Concludiam, se volete, in questo loco.
 LESBINA
 Il notaro dov’è?
 NARDO
                                Là dentro, ei scrive
 il solito contratto
 e si faranno i due sponsali a un tratto.
 LESBINA
1415Ma se Eugenia fuggì...
 NARDO
                                           Fu ritrovata.
 Là dentro è ricovrata
 e si fa con Rinaldo l’istrumento.
 LESBINA
 Don Tritemio che dice?
 NARDO
                                              Egli è contento.
 LESBINA
 Dunque, quand’è così, facciamo presto.
1420Andiam, caro sposino.
 NARDO
 Aspettate, Lesbina, anche un pochino.
 LESBINA
 (Non vorrei che venisse...)
 NARDO
                                                   A me badate;
 prima che mia voi siate,
 a voi vuo’ render note
1425alcune condizion sopra la dote.
 LESBINA
 Qual dote dar vi possa
 voi l’intendeste già.
 Affetto ed onestà,
 modesta ritrosia
1430ed un poco di buona economia.
 NARDO
 Quand’è così, mia cara,
 porgetemi la mano.
 LESBINA
                                       Eccola pronta.
 NARDO
 Cara mano!... Ma quale
 insolito tumulto
1435insorge nel mio seno?
 LESBINA
 E che mai esser può? A me il narrate.
 NARDO
 Ah che il labbro annodato dal contento
 non può spiegar quel che nel core io sento.
 
    Ho nel core un non so che,
1440vorrei dirlo ma non so,
 certo caldo provo in me,
 sospirare ognor mi fa.
 
 LESBINA
 
    Mi distrugo e so il perché,
 vorrei dirlo e non si può,
1445tanto amore e tanta fé
 delirare ognor mi fa.
 
 NARDO
 
    Non arrivo...
 
 LESBINA
 
                             Non intendo...
 
 A DUE
 
 Lo direi... Parlerei...
 ma capite?
1450Ah, che dite? Sì v’intendo
 da quel muto favellar.
 
 NARDO
 
    Che voi siete...
 
 LESBINA
 
                                 Che volete...
 
 A DUE
 
 Ah non posso più parlar.
 
 NARDO
 
    Su coraggio.
 
 LESBINA
 
                             Via il timore.
 
 NARDO
 
1455Voglio dir
 che nel cor
 viene amor
 traditor...
 Io m’imbroglio e dir nol so.
 
 LESBINA
 
1460   Vuo’ spiegare che nel sen,
 perché vien
 quel velen...
 Mi confondo e dir nol so.
 
 NARDO
 
    Come far
1465a capir?
 
 LESBINA
 
    Vuo’ provar
 di finir.
 
    Nel mio sen...
 
 NARDO
 
 Nel mio cor...
 
 LESBINA
 
1470   Il velen...
 
 NARDO
 
 Dell’amor...
 
 LESBINA
 
    Quando vien...
 
 NARDO
 
 Come par...
 
 A DUE
 
    Sempre più
1475peggio va;
 più non voglio favellar.
 
 NARDO
 
    Me guardate?
 
 LESBINA
 
                                Sospirate?
 
 A DUE
 
 Ho capito che ferito
 è d’amore il vostro cor.
 
1480   Ardo anch’io bell’idol mio
 e per voi son tutt’amor. (Partono ed entrano in casa)
 
 SCENA X
 
 DON TRITEMIO
 
 DON TRITEMIO
 Diammine! Che ho sentito?
 Di Lesbina il marito
 pare che Nardo sia.
1485Che la filosofia
 colle ragioni sue
 accordasse ad un uom sposarne due?
 Quel che pensar non so;
 all’uscio picchierò. Verranno fuori;
1490scoprirò i tradimenti e i traditori.
 
 SCENA XI
 
 LA LENA e detto
 
 LA LENA
 Chi è qui?
 DON TRITEMIO
                       Ditemi presto,
 cosa si fa là dentro?
 LA LENA
 Finito è l’istrumento;
 si fan due matrimoni.
1495Tra gli altri testimoni,
 che sono cinque o sei,
 se comanda venir, sarà anco lei.
 DON TRITEMIO
 Questi sposi quai son?
 LA LENA
                                            La vostra figlia
 col cavalier Rinaldo.
 DON TRITEMIO
1500Cospetto! Mi vien caldo.
 LA LENA
 E l’altro, padron mio,
 è la vostra Lesbina con mio zio.
 DON TRITEMIO
 Come? Lesbina? Oimè; no non lo credo.
 LA LENA
 Eccoli tutti quattro.
 DON TRITEMIO
                                      Ahi! Cosa vedo?
 EUGENIA
 
1505   Ah, genitor perdono...
 
 RINALDO
 
 Suocero, per pietà...
 
 LESBINA
 
    Sposa, signor, io sono.
 
 NARDO
 
 Quest’è la verità.
 
 DON TRITEMIO
 
    Perfidi scellerati,
1510vi siete accomodati?
 Senza la figlia mesto,
 senza la sposa resto,
 che bella carità!
 
 LA LENA
 
    Quando di star vi preme
1515con una sposa insieme,
 ecco, per voi son qua.
 
 DON TRITEMIO
 
    Per far dispetto a lei,
 per disperar colei,
 Lena mi sposerà.
 
 TUTTI
 
1520   Sia per diletto,
 sia per dispetto,
 amore al core
 piacer darà.
 
 
 Fine del dramma giocoso
 
 
 
 IL FILOSOFO IN CAMPAGNA
 
 
    Dramma giocoso per musica di Polisseno Fegeio, pastor arcade, da recitarsi nella città d’Olmitz la primavera del 1761, dedicato all’illustrissimo signore Leopoldo conte Posdaschi, canonico della metropolitana di Salisburgo e gran scolastico della catedrale di Olmitz, con licenza de’ superiori.
    In Olmitz, presso la vedova Hirnle, per il Martin Karlezky fattore, 1761.
 
 
 Illustrissimo signore,
    l’universale aggradimento che ha riportato questo giocoso dramma del celebre Polisseno Fegeio dovunque è stato rappresentato sulle publiche scene mi dà coraggio di umiliarlo con tutto il più profondo rispetto a vostra signoria illustrissima, supplicandola nel tempo stesso di benigno perdono all’ardir mio, se con una sì tenue offerta mi avanzo a frastornare le seriose cure di vostra signoria illustrissima. Non dispero però di ottenere dalla di lei nota generosità un favorevole compatimento, mentre con ogni venerazione inchinandola mi do l’alto onore di dedicarmi di vostra signoria illustrissima umilissimo, divotissimo e obligatissimo servo.
 
    Bellino Vigna impressario
    Olmitz, 18 aprile 1761
 
 
 ATTORI
 
 DON TRITEMIO cittadino abitante in villa, padre di Eugenia figlia nubile
 (il signore Pasquale Bondini)
 RINALDO gentiluomo amante di Eugenia
 (la signora Isabella Vigna)
 LESBINA cameriera di don Tritemio
 (la signora Giovanna Vigna)
 NARDO contadino detto il Filosofo
 (il signore Leopoldo Dicteleri)
 CAPOCHIO notaro della villa
 Contadini di Nardo che non parlano
 
    La musica è del celebre signore Baldassare Galuppi detto Buranello. La scena si finge in casa di don Tritemio in campagna.
 
 
 ATTO PRIMO
 
 SCENA PRIMA
 
 Giardino in casa di don Tritemio.
 
 LESBINA con una rosa ed un gelsomino in mano
 
 LESBINA
 
    Candidetto gelsomino
 che sei vago in sul mattino,
 perderai vicino a sera
 la primiera tua beltà.
 
5   Vaga rosa, onor de’ fiori,
 fresca piaci ed inamori;
 ma vicino è il tuo flagello
 e il tuo bello sparirà.
 
    Tal di donna la bellezza
10più ch’è fresca, più s’appreza,
 s’abbandona allorché perde
 il bel verde dell’età.
 
 SCENA II
 
 LESBINA e poi DON TRITEMIO
 
 LESBINA
 Povera padroncina,
 affé la compatisco.
15Quest’anch’io la capisco.
 Insegna la prudenza,
 se non si ha quel che piace è meglio senza.
 DON TRITEMIO
 Che si fa signorina?
 LESBINA
 Un po’ d’insalatina
20raccoglier volea per desinare.
 DON TRITEMIO
 Poco fa v’ho sentito a cantuzare.
 LESBINA
 È ver, colle conzone
 mi divertivo un poco.
 DON TRITEMIO
                                          E mi figuro
 cantate s’avrano
25consonette d’amor.
 LESBINA
                                      Oh, non signore,
 di questo o di quel fiore,
 di questo o di quel frutto
 si cantavan le lodi.
 DON TRITEMIO
                                     Il crederò.
 LESBINA
 Le volete sentir?
 DON TRITEMIO
                                 Le sentirò.
 LESBINA
30Qualche stroffetta canterò a proposito.
 DON TRITEMIO
 Oh ragaza... Farei uno sproposito.
 LESBINA
 Sentite padron bello
 la conzonetta sopra il ravanello.
 
    Quando son giovane,
35son fresco e bello,
 son tenerello,
 di buon sapor.
 
    Ma quando invecchio
 gettato sono,
40non son più buono
 col pizzicor.
 
 DON TRITEMIO
 Scaccia questa canzon dalla memoria.
 LESBINA
 Una ne vuo’ cantar su la cicoria.
 
    Son fresca, son bella
45cicoria novella,
 mangiatemi presto;
 coglietemi su.
 
    Se resto nel prato,
 radichio invecchiato,
50nessuno si degna
 raccogliermi più.
 
 DON TRITEMIO
 Senti ragazza mia
 questa canzone ha un poco d’allegria.
 Tu sei, Lesbina bella,
55ciccorietta novella;
 prima che ad invecchiar ti veda il fato
 esser colta dovresti in mezzo al prato.
 LESBINA
 Per me v’è tempo ancora;
 dovreste alla signora
60pensar caro padrone;
 or ch’è buona stagione,
 or ch’è un frutto maturo e saporito,
 non la fate invecchiar senza marito.
 DON TRITEMIO
 A lei ho già pensato;
65sposo le ho destinato e averallo presto.
 LESBINA
 Posso saper chi sia?
 DON TRITEMIO
                                       Nardo è codesto.
 LESBINA
 Di quella tenerina
 erbetta cittadina
 la bocca d’un villan non mi par degna.
 DON TRITEMIO
70Eh la prudenza insegna
 che ogni erba si contenti
 d’aver qualche governo
 purché esposta non resti al crudo verno.
 LESBINA
 Io mi contenterei,
75pria di vederla cossì mal troncata,
 per la neve lasciar la mia insalata.
 DON TRITEMIO
 Tu sei un bocconcino
 per il tuo padroncino.
 LESBINA
                                          Oh oh sentite
 un’altra canzonetta ch’ho imparata
80sul proposito mio dell’insalata.
 
    Non raccoglie le mie foglie
 vecchia mano di pastor.
 
    Voglio un bello... pastorello
 o vo’ stare nel prato ancor.
 
 SCENA III
 
 DON TRITEMIO e poi RINALDO
 
 DON TRITEMIO
85Allegoricamente
 m’ha detto che con lei non farò niente;
 e pure io mi lusingo
 che a forza di finezze
 tutto supererò,
90che col tempo con lei tutto farò.
 Per or d’Eugenia mia
 liberar mi preme, un buon partito
 Nardo per lei sarà, ricco, riccone,
 un villan, egl’è ver, ma sapientone.
 RINALDO
95Ecco della mia bella (In disparte da sé)
 il genitor felice.
 DON TRITEMIO
 Per la villa si dice
 che Nardo ha un buon stato (Da sé)
 e da tutti filosofo è chiamato.
 RINALDO
100Sorte non mi tradir. Signor...
 DON TRITEMIO
                                                       Padrone.
 RINALDO
 Se ella mi permettesse,
 le direi due parole.
 DON TRITEMIO
 Anche quatro ne ascolto e più se vole.
 RINALDO
 Non so se mi conosca.
 DON TRITEMIO
                                          Non mi pare.
 RINALDO
105Di me si può informare;
 son cavaliere; e son i beni miei
 vicini ai suoi.
 DON TRITEMIO
                            Mi rallegro con lei.
 RINALDO
 Ella ha una figlia.
 DON TRITEMIO
                                   Sì signor.
 RINALDO
                                                       Dirò...
 Se fossi degno... Troppo ardire è questo
110ma mi sprona l’amore...
 DON TRITEMIO
                                              Intendo il resto.
 RINALDO
 Dunque signor...
 DON TRITEMIO
                                  Dunque signor mio caro
 per venir alle corte io vi dirò...
 RINALDO
 M’accordate la figlia?
 DON TRITEMIO
                                          Signor no.
 RINALDO
 Ahi mi sento morir.
 DON TRITEMIO
                                       Per cortesia
115non venite a morir in casa mia.
 RINALDO
 Ma perché sì aspramente
 mi togliete alla prima ogni speranza?
 DON TRITEMIO
 Lusingarvi sarebbe una increanza.
 RINALDO
 Son cavalier.
 DON TRITEMIO
                           Benissimo.
 RINALDO
                                                  De’ beni
120ricco son quanto voi.
 DON TRITEMIO
                                        Son persuaso.
 RINALDO
 Il mio stato, i miei fondi,
 le parentele mie vi mostrerò.
 DON TRITEMIO
 Credo tutto.
 RINALDO
                         Che speri?
 DON TRITEMIO
                                               Signor no.
 RINALDO
 Ma la ragione almeno
125dite; perché né men si vol che io speri?
 DON TRITEMIO
 La ragion?...
 RINALDO
                          Vuo’ saper...
 DON TRITEMIO
                                                   Sì volontieri.
 
    La mia ragion è questa...
 Mi par ragione onesta.
 La figlia mi chiedeste
130e la ragion voleste?
 La mia ragion sta qui.
 Non posso dirvi sì,
 perché vo’ dir di no!
 
    Se non vi basta ancora
135un’altra ne dirò;
 rispondo: «Signor no,
 perché la vo’ cossì».
 E son padron di dirlo;
 la mia ragion sta qui. (Parte)
 
 SCENA IV
 
 RINALDO solo
 
 RINALDO
140Sciocca ragione indegna
 d’anima vil dell’onestà nemica;
 ma non vo’ che si dica
 che io sofra un tale insulto,
 ch’io debba andar villanamente inulto.
145O Eugenia sarà mia
 o tu padre inumano
 ti pentirai del tuo costume insano.
 
    Ragion nell’alma siede
 regina de’ pensieri
150ma si disarma e cede,
 se la combatte amor.
 
    E amor s’occupa il trono
 di re si fa tiranno
 e sia tributo o dono,
155vuol tutto il nostro cor.
 
 SCENA V
 
 Campagna con la casa rustica.
 
 NARDO esce di casa con una vanga accompagnato da alcuni villani
 
 NARDO
 
    Al lavoro, alla campagna,
 poi si gode, poi si magna
 con diletto e libertà.
 
 Oh che pane delicato
160che da noi fu coltivato.
 Presto, presto a lavorare,
 a potare e seminare
 e doppoi si mangerà.
 Del buon vin si beverà
165ed allegri si starà.
 
 Vanga mia benedetta,
 mio diletto conforto e mio sostegno,
 tu sei lo scettro e questi campi il regno.
 Quivi regnò mio padre,
170l’avolo e il bisavolo ed il tritavolo
 e fur suditti lor la zucca e il cavolo.
 Nelle città famose,
 ogni generazion si cambia stato,
 se il padre ha accumulato
175con fatica, con arte e con periglio,
 distrugge i beni suoi prodigo il figlio;
 qui, dove non ci tiene
 il lusso, l’ambizion, la gola oppressi,
 son gl’uomini ognor sempre gl’istessi;
180non cambierei, lo giuro,
 col piacer delle feste e dei teatri
 zappe, trebie, rastei, vanghe ed aratri.
 
 SCENA VI
 
 RINALDO e detto
 
 RINALDO
 Eccolo qui, la vanga
 è tutto il suo diletto. (Da sé)
185Se foste un poveretto (A Nardo)
 compatir vi vorrei; ma siete ricco,
 avete dei poderi e dei contanti,
 la fatiga lasciate ai lavoranti.
 NARDO
 Caro signor mio,
190più tosto che parlarmi cosa sciocca,
 fareste meglio a serrar la bocca.
 RINALDO
 Il signor don Tritemio
 è cittadino; e pure
 cossì non usa.
 NARDO
                            È vero;
195ma in villa se ne sta
 perché nella città vede il pericolo
 d’esser vizioso o diventar ridicolo.
 RINALDO
 Della figliola sua
 v’han proposte le nozze, io ben lo so.
 NARDO
200Ed io la sposerò,
 perché la dote e il padre suo mi piace
 con patto che non sia
 gonfia di vento e piena d’albagia.
 RINALDO
 L’avete ancor veduta?
 NARDO
205Ieri solo è venuta;
 oggi la vederò.
 RINALDO
                              Dunque chi sa
 se ella vi piacerà.
 NARDO
                                  Basta non abbia
 visibili magagne,
 son le donne poi tutte compagne.
 RINALDO
210Amogliatevi presto signor mio
 che un altro dì vo’ maritarmi anch’io. (Parte)
 
 SCENA VII
 
 NARDO solo
 
 NARDO
 Sì signore non dubiti,
 che contento sarai,
 mi mariterò con quel bel visino
215ma mi vo’ maritar da contadino.
 Ecco, il mondo è così. Niuno è contento
 del grado in cui si trova
 e lo stato cambiar ognun si prova.
 Vorebbe il contadino
220diventar cittadino; il cittadino
 cerca nobilitarsi;
 ed il nobile ancor vorebbe alzarsi.
 D’un gradino alla volta
 qualchedun si contenta,
225alcuno due o tre ne fa in un salto
 ma lo sbalzo è peggior quant’è più alto.
 
    Vedo quel albero
 che ha un pero grosso,
 pigliar nol posso,
230vi sbalzo in su;
 
    ma fatto il salto,
 salito in alto,
 vedo un perone
 grosso assai più.
 
235   Prender lo bramo,
 m’alzo sul ramo,
 vado più in su;
 ma poi precipito,
 col capo in giù. (Parte)
 
 SCENA VIII
 
 LESBINA e poi NARDO
 
 LESBINA
240Capperi, s’attacava
 prestamente al partito!
 Troppo presto voleva far da marito.
 Ecco il ricco villano,
 ora son nell’impegno;
245tutta l’arte vi vol, tutto l’ingegno.
 NARDO
 Chi è qui?
 LESBINA
                       Non ci vedete?
 Per ora ci son io.
 NARDO
 Bondì a vossignoria.
 LESBINA
                                        Padrone mio.
 NARDO
 Don Tritemio dov’è?
 LESBINA
                                         Verrà fra poco;
250potete in questo loco
 aspettar se vi aggrada.
 NARDO
                                            Aspetterò.
 Voi chi siete signora?
 LESBINA
                                          Io non lo so. (Affetando modestia)
 NARDO
 Sareste per ventura
 la figliola di lui venuta qui?
 LESBINA
255Potria darsi di sì.
 NARDO
 Alla ciera mi par...
 LESBINA
                                     Cossì sarà.
 NARDO
 Mi piacete da ver.
 LESBINA
                                    Vostra bontà.
 NARDO
 Sapete chi son io?
 LESBINA
                                    No mio signore.
 NARDO
 Non ve lo dice il core?
 LESBINA
260Il cor d’una fanciulla,
 se si tratta d’un uom, non sa dir nulla.
 NARDO
 Oh furbetta furbetta, voi mi avete
 conosciuto a dritura;
 delle fanciulle al cor parla natura.
 LESBINA
265Siete forse?...
 NARDO
                            Via; chi?
 LESBINA
                                               Nardino bello.
 NARDO
 Sì carina, son quello,
 quello che vostro sposo è destinato.
 LESBINA
 Con licenza signore, m’hanno chiamato.
 NARDO
 Dove andate?
 LESBINA
                            Nol so.
 NARDO
270Eh restate carina.
 LESBINA
                                   Signor no.
 NARDO
 Vi spiace il volto mio?
 LESBINA
                                           Anzi... mi piace...
 ma...
 NARDO
             Che ma?
 LESBINA
                                Non so dir... che cosa sia...
 Con licenza signor voglio andar via.
 NARDO
 Fermatevi un momento;
275si vede dal rossor ch’è figlia buona. (Da sé)
 LESBINA
 Servo me stessa e servo la padrona. (Da sé)
 
    Compatite signor, se io non so;
 son cossì; non so far l’amor.
 Una cosa mi sento nel cor
280che col labro spiegar non si può.
 
    Miratemi qua.
 Sapete cos’è?
 Voltatevi in là,
 lontano da me.
 
285   Voglio partire; mi sento languire;
 eh! col tempo spiegarmi saprò. (Parte)
 
 SCENA IX
 
 NARDO e poi DON TRITEMIO
 
 NARDO
 Si vede chiaramente
 che la natura in lei parla innocente;
 finger anche potrebbe, è ver purtroppo,
290ma è un cattivo animale
 quel che senza ragion sospetta male.
 DON TRITEMIO
 Messer Nardo da bene