Il filosofo di campagna, libretto, Venezia, Zatta, 1795

 RINALDO
 Ogni timore è vano.
 In faccia al genitor mi dia la mano.
 DON TRITEMIO
 La mano? In verità
 s’ha da far... s’ha da far... se si potrà...
645Dammi la destra tua.
 EUGENIA
                                          Eccola.
 DON TRITEMIO
                                                         A voi.
 Prendetela... bel bello,
 che nel dito d’Eugenia evvi un anello.
 Ora che mi ricordo
 Nardo con quell’anello la sposò
650e due volte sposarla non si può.
 RINALDO
 Come?
 DON TRITEMIO
                 Non è così?
 EUGENIA
                                        Sposa non sono.
 DON TRITEMIO
 Ma se l’anello in dono
 prendesti già delle tue nozze in segno,
 non si può, figlia mia, scioglier l’impegno,
655voi che dite, signor.
 RINALDO
                                       Dico che tutti,
 perfidi, m’ingannate,
 che di me vi burlate e che son io
 bersaglio del destin barbaro e rio.
 DON TRITEMIO
 La colpa non è mia.
 EUGENIA
                                      (Tacer non posso).
660Udite. Ah svelar deggio
 l’arcano onde ingannato...
 
 SCENA VII
 
 LESBINA e detti
 
 LESBINA
 Signor padron, voi siete dimandato.
 EUGENIA
 (Ci mancava costei).
 DON TRITEMIO
                                        Chi è che mi vuole?
 LESBINA
 Un famiglio di Nardo.
 DON TRITEMIO
665Sente signor? Del genero un famiglio
 favellarmi desia,
 onde vosignoria,
 se altra cosa non ha da comandare,
 per cortesia se ne potrebbe andare.
 RINALDO
670Sì sì, me n’anderò ma giuro ai numi,
 vendicarmi saprò.
 EUGENIA
                                    Destin crudele!
 Rinaldo, questo cor...
 RINALDO
                                         Taci, infedele.
 
    Perfida figlia ingrata,
 padre spietato indegno,
675non so frenar lo sdegno,
 l’alma riscuote irata,
 empio, crudel, audace,
 pace per me non v’è.
 
 SCENA VIII
 
 EUGENIA e LESBINA
 
 EUGENIA
 Ah Lesbina crudele,
680solo per tua cagion sono in periglio.
 LESBINA
 Loderete nel fine il mio consiglio.
 Questa cosa finor mi pare un giuoco.
 Non mi perdo davver per così poco.
 EUGENIA
 Prenditi quest’anello.
 LESBINA
685Eh no, signora mia.
 EUGENIA
 Prendilo o giuro al ciel lo getto via.
 LESBINA
 Ma perché?
 EUGENIA
                         Fu cagione
 che Rinaldo il mio ben mi crede infida.
 Quest’anello omicida
690dinanzi agli occhi miei soffrir non vo’.
 LESBINA
 Se volete così, lo prenderò.
 Eccolo nel mio dito.
 Che vi par? Mi sta bene?
 EUGENIA
 Ah tu sei la cagion delle mie pene.
 
 SCENA IX
 
 DON TRITEMIO e dette
 
 DON TRITEMIO
695Oh genero garbato!
 Alla sposa ha mandato
 questo ricco gioiello.
 Prendilo, Eugenia mia, guarda s’è bello.
 EUGENIA
 Non lo curo signore.
 DON TRITEMIO
                                       Ed io comando
700che tu prenderlo debba. Il ricusarlo
 sarebbe un’insolenza.
 EUGENIA
 Dunque lo prenderò per obbedienza.
 Ma vi chiedo perdono,
 non mi piace, nol voglio; a te lo dono. (A Lesbina)
 LESBINA
705Grazie.
 DON TRITEMIO
                 Rendilo a me.
 LESBINA
                                             Signor padrone,
 sentite una parola.
 Se la vostra figliuola (A don Tritemio a parte)
 è meco generosa,
 lo fa perché di voi mi brama sposa.
 DON TRITEMIO
710Lo crederò? (Piano a Lesbina)
 LESBINA
                          Signora,
 non è ver che bramate
 che sposa sia? Con darmi queste gioie,
 confessatelo pur, vostro pensiero
 non è che sia sposa Lesbina?
 EUGENIA
                                                       È vero.
 DON TRITEMIO
715E tu che dici?
 LESBINA
                            Io dico
 che se il destino amico
 seconderà il disegno,
 le gioie accetto e accetterò l’impegno.
 
    Una ragazza
720che non è pazza
 la sua fortuna
 sprezzar non sa.
 
    Non lo sapete,
 voi m’intendete,
725questo mio core
 si scoprirà.
 
    Anche l’agnella,
 la tortorella
 il suo compagno
730cercando va.
 
 SCENA X
 
 DON TRITEMIO ed EUGENIA
 
 DON TRITEMIO
 Dunque giacché lo sai, tel dico anch’io,
 è questo il pensier mio.
 Dopo che tu sarai fatta la sposa,
 anch’io mi sposerò questa ragazza.
735Piangi? Sospiri? E che sei forse pazza?
 Son stanco di soffrirti.
 Oggi darai la man, s’ha da finire.
 Se sei pazza, non vo’ teco impazzire. (Parte)
 EUGENIA
 Pazza a ragion mi chiama
740il genitor crudele,
 se in faccia al mio fedele, al mio diletto,
 ho tradito l’affetto,
 per celar follemente in sen l’arcano;
 ed or mi lagno ed or sospiro invano.
 
745   Misera, a tante pene
 come resisto, oh dio!
 Il crudo affanno mio
 ah tollerar non so.
 
 SCENA XI
 
 Campagna.
 
 NARDO sonando il chitarrino, poi RINALDO
 
 NARDO
 
    Amor, se vuoi così,
750quel che tu vuoi farò;
 io m’accompagnerò
 in pace e sanità.
 Ma la mia libertà
 perciò non perderò.
755Penare? Signor no.
 Soffrir, gridare? Oibò.
 
    Voglio cantare,
 voglio sonare,
 voglio godere,
760più che si può.
 
 RINALDO
 Galantuomo, siete voi
 quello che Nardo ha nome?
 NARDO
                                                    Signorsì.
 RINALDO
 Cerco appunto di voi.
 NARDO
                                          Eccomi qui.
 RINALDO
 Ditemi; è ver che voi
765aveste la parola
 da don Tritemio per la sua figliuola?
 NARDO
 Sì signore, l’ho avuta;
 la ragazza ho veduta,
 mi piace il viso bello;
770e le ho dato stamane anco l’anello.
 RINALDO
 Sapete voi qual dote
 recherà con tai nozze al suo consorte?
 NARDO
 Ancor nol so.
 RINALDO
                           Colpi, ferite e morte.
 NARDO
 Bagattelle, signor! E su qual banco
775investita sarà, padrone mio?
 RINALDO
 Sul dorso vostro e il pagator son io.
 NARDO
 Buono! Si può sapere
 almen per cortesia
 perché vosignoria
780con generosità
 allo sposo vuol far tal carità?
 RINALDO
 Perché di don Tritemio
 amo anch’io la figliola,
 perché fu da lei stessa
785la sua fede promessa a me di sposo.
 Perché le siete voi troppo odioso.
 NARDO
 Dite davver?
 RINALDO
                           Non mentono i miei pari.
 NARDO
 E i pari miei non sanno
 per puntiglio sposare il lor malanno.
790Se la figlia vi vuol, vi prenda pure;
 se mi burla e mi sprezza, io non ci penso;
 so anch’io con la ragion vincere il senso.
 Vi ringrazio d’avermi
 avvisato per tempo.
795Ve la cedo, signor, per parte mia,
 che già di donne non v’è carestia.
 RINALDO
 Ragionevole siete
 giustamente dal popolo stimato,
 filosofo chiamato con ragione,
800superando sì presto la passione.
 Voi l’avete ceduta. A don Tritemio
 la cosa narrerò tutta com’è
 e se contrasta, avrà da far con me. (Parte)
 
 SCENA XII
 
 NARDO e poi LESBINA
 
 NARDO
 Pazzo sarei davvero,
805se a costo d’una lite,
 se a costo di temere anco la morte,
 procurar mi volessi una consorte.
 Amo la vita assai,
 fuggo se posso i guai,
810bramo sempre la pace in casa mia
 e non intendo altra filosofia.
 LESBINA
 Sposo, ben obbligata,
 m’avete regalata;
 anch’io, quando potrò,
815qualche cosetta vi regalerò.
 NARDO
 No no, figliuola cara,
 dispensatemi pur da tal finezza.
 Quando ho un poco di bene, mi consolo
 ma quel poco di ben lo voglio solo.
 LESBINA
820Che dite? Io non v’intendo.
 NARDO
                                                    Chiaramente
 dunque mi spiegherò.
 Siete impegnata, il so, con altro amico;
 e a me di voi non me n’importa un fico.
 LESBINA
 V’ingannate, lo giuro, e chi è codesto
825con chi di me si crede
 impegnata la fede?
 NARDO
                                      È un forestiero
 che mi par cavaliero,
 giovane risoluto, ardito e caldo.
 LESBINA
 Ora intendo il mister, sarà Rinaldo.
830Credetemi, v’inganna,
 vostra sono, il sarò, ve l’assicuro,
 a tutt’i numi il giuro,
 non ho ad alcuno l’amor mio promesso.
 Son ragazza e ad amar principio adesso.
 NARDO
835E pure in questo loco,
 tutto amor, tutto foco,
 sostenne il cavaliero
 che voi siete sua sposa.
 LESBINA
                                             Ah non è vero.
 Di mendace e infedel non vo’ la taccia.
840Lo sosterrò di tutto il mondo in faccia.
 Qualch’error vi sarà, ve lo protesto.
 Tenero cuore onesto
 per voi serbo nel petto;
 ardo solo per voi di puro affetto.
 NARDO
845(Impossibile par ch’ella m’inganni).
 LESBINA
 Giovane sono d’anni
 ed ho cervel che basta e so ben io
 che dividersi ancor non può il cuor mio.
 Voi siete il mio sposino
850e se amico il destino a voi mi dona,
 anco un re lascerei con la corona.
 NARDO
 S’ella fosse così...
 LESBINA
                                  Così è purtroppo.
 NARDO
 Dunque mi amate?
 LESBINA
                                       Sì, v’amo di core.
 NARDO
 Siete l’idolo mio.
 LESBINA
                                  Siete il mio amore.
 
 SCENA XIII
 
 LENA e detti
 
 LENA
855Signor zio, signor zio, che cosa fate?
 Lontano discacciate
 colei che d’ingannarvi ora s’impegna,
 d’essere vostra sposa non è degna.
 LESBINA
 (Qualche imbroglio novello).
 NARDO
                                                       Ha forse altrui
860data la fé di sposa!
 LENA
                                     Eh signor no,
 quel ch’io dico lo so per cosa vera.
 Ella di don Tritemio è cameriera.
 LESBINA
 (Ah maladetta!)
 NARDO
                                 È ver quel ch’ella dice? (A Lesbina)
 LESBINA
 Ah misera infelice!
865Compatite se tanto
 amor mi rese ardita.
 Finsi il grado, egli è ver, perché v’adoro;
 per voi languisco e moro,
 confesso il mio fallire;
870ma voglio essere vostra oppur morire.
 NARDO
 (Poverina!)
 LENA
                         Vi pare
 che convenga sposare
 a un uom come voi femmina tale?
 NARDO
 Non ci vedo alcun male.
875Per me nel vostro sesso
 serva o padrona sia, tutt’è lo stesso.
 LESBINA
 Deh per pietà donate
 perdono all’error mio.
 NARDO
 Se mi amate di cor, v’adoro anch’io.
880Per me sostengo e dico,
 ed ho la mia ragione,
 che sia la condizione un accidente;
 sposare una servente
 che cosa importa a me se bella e buona?
885Peggio assai se è cattiva una padrona.
 
    Se non è nata nobile
 che cosa importa a me;
 di donna il miglior mobile
 la civiltà non è.
890Il primo è l’onestà,
 secondo è la beltà,
 il terzo è la creanza,
 il quarto è l’abbondanza,
 il quinto è la virtù
895ma non si usa più.
 
    Servetta graziosa,
 sarai la mia sposa,
 sarai la vezzosa
 padrona di me.
 
 SCENA XIV
 
 LESBINA e LENA
 
 LENA
900Mio zio ricco sfondato
 non si puole scordar che vile è nato.
 LESBINA
 Signora, mi rincresce
 che ella sarà nipote
 d’una senza natali e senza dote.
 LENA
905Certo che il zio poteva
 maritarsi con meglio proprietà.
 LESBINA
 Che nella nobiltà
 resti pregiudicato
 certamente è un peccato. Imparentarmi
910arrossire dovrei
 con una contadina come lei.
 LENA
 Son contadina, è vero,
 ma d’accasarmi spero
 con un uomo civil, poiché del pari
915talor di nobiltà vanno i denari.
 LESBINA
 Udita ho una novella
 d’un somar che solea
 con pelle di leone andar coperto
 ma poi dal suo ragghiar l’hanno scoperto.
920Così voi vi coprite
 talor con i denari
 ma siete nel parlar sempre somari. (Parte)
 
 SCENA XV
 
 LENA sola
 
 LENA
 Se fosse in casa mia
 questa signora zia, confesso il vero
925non vi starei con essa un giorno intero.
 Sprezza la contadina,
 vuol far da cittadina
 perché nata in città per accidente,
 perché bene sa far l’impertinente.
930E pur quando ci penso
 bella vita è la nostra ed onorata,
 sono alla sorte ingrata,
 allor che mi lamento
 d’uno stato ripien d’ogni contento.
 
935   La pastorella al prato
 col gregge se ne va,
 coll’agnelline allato
 cantando in libertà.
 
    Se l’innocente amore
940gradisce il suo pastore,
 la bella pastorella
 contenta ognor sarà.
 
 SCENA XVI
 
 Camera in casa di don Tritemio.
 
 DON TRITEMIO e LESBINA
 
 DON TRITEMIO
 Che ardir, che petulanza!
 Questo signor Rinaldo è un temerario.
945Gli ho detto civilmente
 ch’Eugenia è data via,
 egli viene a bravarmi in casa mia.
 LESBINA
 Povero innamorato,
 lo compatisco.
 DON TRITEMIO
                             Brava,
950lo compatisci?
 LESBINA
                             Anch’io
 d’amor provo il desio,
 desio però modesto
 e se altrui compatisco, egli è per questo.
 DON TRITEMIO
 Ami ancor tu, Lesbina?
 LESBINA
                                             Da quest’occhi
955lo potete arguire.
 DON TRITEMIO
 Ma chi?
 LESBINA
                  Basta... (Guardando pietosamente don Tritemio)
 DON TRITEMIO
                                  Ma chi? (Amoroso)
 LESBINA
                                                   Nol posso dire. (Mostrando di vergognarsi)
 DON TRITEMIO
 Eh t’intendo furbetta;
 basta, Lesbina, aspetta
 che Eugenia se ne vada
960a fare i fatti suoi
 ed allor penseremo anco per noi.
 LESBINA
 Per me come per lei
 si potrebbe pensar nel tempo istesso.
 DON TRITEMIO
 Via, pensiamoci adesso.
965Quando il notaro viene,
 ch’ho mandato a chiamar per la figliola,
 farem due cose in una volta sola.
 LESBINA
 Ecco il notaro appunto;
 e vi è Nardo con lui.
 DON TRITEMIO
                                       Vengono a tempo.
970Vado a prender Eugenia e in un momento
 farem due matrimoni e un istrumento. (Parte)
 
 SCENA XVII
 
 LESBINA, poi NARDO e CAPOCCHIO notaro, poi DON TRITEMIO
 
 LESBINA
 Oh se sapessi il modo
 di burlar il padron, far lo vorrei.
 Basta, m’ingegnerò;
975tutto quel che so far, tutto farò.
 NARDO
 Lesbina, eccomi qui, se don Tritemio
 ci ha mandati a chiamar perch’io vi sposi,
 lo farò volentier; ma non vorrei
 che ci nascesse qualche parapiglia,
980qualche imbroglio novel tra serva e figlia.
 LESBINA
 La cosa è accomodata,
 la figliuola sposata
 sarà col cavalier che voi sapete
 ed io vostra sarò se mi volete.
 NARDO
985Don Tritemio dov’è?
 LESBINA
                                         Verrà a momenti.
 Signor notaro, intanto
 prepari bello e fatto
 per un paio di nozze il suo contratto.
 CAPOCCHIO
 Come! Un contratto solo
990per doppie nozze? Oibò.
 Due contratti farò, se piace a lei,
 che non vo’ dimezzar gli utili miei.
 LESBINA
 Ma facendone un solo
 avrete doppia paga.
 CAPOCCHIO
995Quand’è così, questa ragion m’appaga.
 NARDO
 Mi piace questa gente,
 della ragione amica,
 ch’ama il guadagno ed odia la fatica.
 LESBINA
 Presto, dunque, signore,
1000finché viene il padrone,
 a scriver principiate.
 CAPOCCHIO
 Bene, principierò.
 Ma che ho da far?
 LESBINA
                                    Scrivete, io detterò.
 CAPOCCHIO
 
    In questo giorno, etcaetera
1005dell’anno mille, etcaetera
 promettono... si sposano...
 I nomi quali sono?
 
 LESBINA
 
 I nomi sono questi...
 (Ohimè, viene il padron).
 
 DON TRITEMIO
1010Ehi Lesbina?
 LESBINA
                            Signore.
 DON TRITEMIO
 Eugenia non ritrovo.
 Sai tu dov’ella sia?
 LESBINA
                                     No, certamente.
 DON TRITEMIO
 Tornerò a ricercarla immantinente.
 Aspettate un momento,
1015signor notaro.
 LESBINA
                             Intanto
 lo faccio principiare. Io detto, ei scrive.
 DON TRITEMIO
 Benissimo.
 NARDO
                        La sposa
 non è Lesbina? (A don Tritemio)
 LESBINA
                                Certo,
 le spose sono due.
1020Una Eugenia si chiama, una Lesbina,
 con una scritturina
 due matrimoni si faranno, io spero.
 Non è vero, padrone?
 DON TRITEMIO
                                          È vero, è vero. (Parte)
 LESBINA
 Presto, signor notar, via, seguitate.
 NARDO
1025Terminiamo l’affar.
 CAPOCCHIO
                                       Scrivo, dettate.
 
    In questo giorno, etcaetera
 dell’anno mille, etcaetera
 promettono... si sposano...
 I nomi quali sono?
 
 LESBINA
 
1030I nomi sono questi;
 Eugenia con Rinaldo
 dei conti di Pancaldo.
 
 NARDO
 
 Dei Trottoli Lesbina
 con Nardo Ricottina.
 
 CAPOCCHIO
 
1035Promettono... si sposano...
 La dote qual sarà?
 
 LESBINA
 
    La dote della figlia
 saranno mille scudi.
 
 CAPOCCHIO
 
 Eugenia mille scudi
1040pro dote cum etcaetera.
 
 NARDO
 
 La serva quanto avrà?
 
 LESBINA
 
 Scrivete; della serva
 la dote eccola qua.
 
    Due mani assai leste
1045che tutto san far.
 
 NARDO
 
 Scrivete, duemila
 si puon calcolar.
 
 LESBINA
 
    Un occhio modesto,
 un animo onesto.
 
 NARDO
 
1050Scrivete; seimila
 lo voglio apprezzar.
 
 LESBINA
 
    Scrivete, una lingua
 che sa ben parlar.
 
 NARDO
 
 Fermate, cassate,
1055tremila per questo
 ne voglio levar.
 
 CAPOCCHIO
 
    Duemila, seimila
 battuti tremila
 saran cinquemila...
1060ma dite di che?...
 
 LESBINA, NARDO A DUE
 
 Contenti ed affetti,
 diletti per me.
 
 A TRE
 
    Ciascuno lo crede,
 ciascuno lo vede
1065che dote di quella
 più bella non v’è.
 
 DON TRITEMIO
 
    Corpo di satanasso,
 cieli, son disperato.
 Ah! M’hanno assassinato,
1070arde di sdegno il cor.
 
 LESBINA, NARDO A DUE
 
    Il contratto è bello e fatto.
 
 CAPOCCHIO
 
 Senta, senta, mio signor.
 
 DON TRITEMIO
 
    Dov’è la figlia andata?
 Dove me l’han portata,
1075empio Rinaldo indegno,
 perfido rapitor.
 
 CAPOCCHIO
 
    Senta, senta, mio signor.
 
 DON TRITEMIO
 
 Sospendete, non sapete,
 me l’ha fatta il traditor.
 
 LESBINA
 
1080   Dov’è Eugenia?
 
 DON TRITEMIO
 
                                   Non lo so.
 
 NARDO
 
 Se n’è ita?
 
 DON TRITEMIO
 
                       Se n’andò.
 
 CAPOCCHIO
 
 Due contratti?
 
 DON TRITEMIO
 
                              Signor no.
 
 CAPOCCHIO
 
    Casso Eugenia cum etcaetera,
 non sapendosi etcaetera,
1085se sia andata o no, etcaetera.
 
 TUTTI
 
    Oh che caso, oh che avventura!
 Si sospenda la scrittura,
 che dipoi si finirà,
 
    se la figlia fu involata,
1090a quest’ora è maritata;
 e presente la servente
 quest’ancor si sposerà.
 
 Fine dell’atto secondo
 
 
 ATTO TERZO
 
 SCENA PRIMA
 
 Luogo campestre con casa rustica di Nardo.
 
 EUGENIA e RINALDO
 
 EUGENIA
 Misera! A che m’indusse
 un eccesso d’amor? Tremo, pavento,
1095parlar mi sento al core,
 giustamente sdegnato, il genitore.
 RINALDO
 Datevi pace, alfine
 siete con chi v’adora,
 siete mia sposa.
 EUGENIA
                                Ah non lo sono ancora.
 RINALDO
1100Venite al tetto mio; colà potrassi
 compire al rito e con gli usati modi
 celebrare i sponsali.
 
 SCENA II
 
 LENA di casa e detti
 
 LENA
 Questa, se non m’inganno,
 di don Tritemio è la figliuola.
 EUGENIA
                                                        Dite,
1105pastorella gentile, è albergo vostro
 questo di dove uscite?
 LENA
                                           Sì signora.
 EUGENIA
 Altri vi son?
 LENA
                          Per ora
 altri non v’è che io.
 Ed un uomo da ben, qual è mio zio.
 EUGENIA
1110Siete voi maritata?
 LENA
 Sono ragazza ancora
 ma d’esserla son stanca.
 RINALDO
 (Sia malizia o innocenza, ell’è assai franca).
 EUGENIA
 Vorrei se nol sdegnate...
 LENA
1115Dite pur, comandate.
 EUGENIA
 Vorrei in casa vostra
 passar per un momento.
 LENA
 Sola passate pur, che mi contento.
 RINALDO
 Perché sola? Son io,
1120pastorella gentile, il di lei sposo.
 LENA
 Davvero? Compatite,
 ho ancor qualche sospetto;
 perché non la menate al vostro tetto?
 RINALDO
 Vi dirò...
 EUGENIA
                    Non ancora
1125son contratti i sponsali.
 Correr una bugia lasciar non voglio.
 LENA
 Me n’avvidi che v’era un qualche imbroglio.
 EUGENIA
 Deh per pietà vi prego...
 LENA
 (Mi fa pietà). Sentite
1130v’offro l’albergo mio ma con un patto
 che subito sul fatto
 in mia presenza e d’altro testimonio
 si faccia e si concluda il matrimonio.
 Precedetemi voi, quella è la strada.
 EUGENIA
1135Andiam, Rinaldo amato. (Entra in casa di Nardo)
 
 SCENA III
 
 RINALDO e LENA
 
 RINALDO
 Ninfa gentile, al vostro cor son grato.
 In braccio al mio contento
 per voi andrò... (In atto di partire)
 LENA
                                Fermatevi un momento.
 Se grato esser volete,
1140qualche cosa potete
 fare ancora per me.
 RINALDO
                                       Che non farei
 per chi fu sì pietosa a’ desir miei?
 LENA
 Maritarmi vorrei con civiltà;
 da voi, che siete un cavalier compito,
1145secondo il genio mio, spero un marito.
 RINALDO
 Ritrovar si potrà.
 LENA
                                  Ma fate presto;
 se troppo in casa resto
 col zio, che poco pensa alla nipote,
 perdo e consumo invan la miglior dote.
 
1150   Ogn’anno passa un anno,
 l’età non torna più;
 passar la gioventù
 io non vorrei così,
 ci penso notte e dì.
 
1155   Vorrei un giovinetto
 civile, graziosetto
 che non dicesse un no,
 quand’io gli chiedo un sì. (Entra nella casa suddetta)
 
 SCENA IV
 
 RINALDO solo
 
 RINALDO
 Di Nardo nell’albergo,
1160che fu già mio rival, ci porta il fato
 ma Nardo ho ritrovato
 meco condescendente e non pavento
 ed ho cuor d’incontrare ogni cimento. (Parte. Entra nella casa suddetta)
 
 SCENA V
 
 DON TRITEMIO e poi LENA
 
 DON TRITEMIO
 Figlia figlia sgraziata,
1165dove sei? Non ti trovo; ah se Rinaldo
 mi capita alle mani,
 lo vo’ sbranar, come fa l’orso i cani.
 LENA
 Signor, che cosa avete
 che sulle furie siete?
 DON TRITEMIO
1170Ah! Son assassinato.
 M’han la figlia involato,
 non la trovo, non so dov’ella sia.
 LENA
 E non vi è altro?
 DON TRITEMIO
                                 Una minchioneria!
 LENA
 Eugenia vostra figlia
1175è in sicuro, signor, ve la prometto.
 È collo sposo suo nel nostro tetto.
 DON TRITEMIO
 Là dentro?
 LENA
                       Signorsì.
 DON TRITEMIO
 Collo sposo?
 LENA
                          Con lui.
 DON TRITEMIO
                                           Ma Nardo dunque...
 LENA
 Nardo mio zio l’ha caro,
1180per ordin suo vo a prender il notaro. (Parte)
 
 SCENA VI
 
 DON TRITEMIO, poi NARDO
 
 DON TRITEMIO
 O questa sì ch’è bella,
 Eugenia non voleva...
 Rinaldo pretendeva...
 Ei l’ha menata via;
1185anco questa sarà filosofia.
 NARDO
 Io crepo dalle risa.
 O che caso ridicolo e giocondo!
 Oh che gabbia di pazzi è questo mondo!
 DON TRITEMIO
 (Eccolo qui l’amico).
 NARDO
                                        (Ecco il buon padre).
 DON TRITEMIO
1190Galantuomo, che fa la figlia mia?
 NARDO
 Bene, al comando di vosignoria.
 DON TRITEMIO
 Rapirmela mi pare
 una bell’insolenza.
 NARDO
 La cosa è fatta e vi vorrà pazienza.