Il filosofo di campagna, libretto, Verona, Ramanzini, 1760

 felice amor!
 
 LESBINA
 
    Parto, parto; il genitore.
 
 NARDO
 
 Perché parti?
 
 LESBINA
 
                            Il mio rossore
 non mi lascia restar qui. (Entra nella camera di dove è venuta)
 
 NARDO
 
470   Vergognosetta
 la poveretta
 se ne fuggì.
 
 LENA
 
    Se fossi in lei,
 non fuggirei
475chi mi ferì.
 
 DON TRITEMIO
 
    La ricerco e non la trovo.
 Oh che smania in sen io provo!
 Dove diavolo sarà?
 
 NARDO, LENA
 
 Ah ah ah. (Ridono)
 
 DON TRITEMIO
 
480   L’ho cercata su e giù;
 l’ho cercata qua e là.
 
 NARDO, LENA
 
 Ah ah ah. (Ridono)
 
 DON TRITEMIO
 
 Voi ridete? Come va?
 
 NARDO
 
 Fin adesso è stata qua.
 
 DON TRITEMIO
 
485Dov’è andata?
 
 LENA
 
                             È andata là. (Accenna ov’è entrata)
 
 DON TRITEMIO
 
 Quando è là, la troverò.
 E con me la condurrò. (Entra in quella camera)
 
 NARDO
 
    Superar il genitore
 potrà ben il suo rossore.
 
 LENA
 
490Non è tanto vergognoso
 il suo core collo sposo.
 
 A DUE
 
 Si confonde nel suo petto
 il rispetto coll’amor.
 
 LESBINA
 
    Presto, presto, sposo bello,
495via porgetemi l’anello,
 che la sposa allor sarò.
 
 LENA
 
 Questa cosa far si può.
 
 NARDO
 
 Ecco, ecco, ve lo do. (Le dà un anello)
 
 LESBINA
 
    Torna il padre, vado via.
 
 NARDO
 
500Ma perché tal ritrosia?
 
 LESBINA
 
 Il motivo non lo so.
 
 LENA
 
 Dallo sposo non fuggite.
 
 LESBINA
 
 Compatite, tornerò. (Torna nella camera di prima)
 
 NARDO, LENA
 
    Caso raro, caso bello!
505Una sposa coll’anello
 ha rossor del genitor.
 
 DON TRITEMIO
 
    Non la trovo.
 
 NARDO, LENA
 
                              Ah ah ah. (Ridendo)
 
 DON TRITEMIO
 
 Voi ridete?
 
 NARDO, LENA
 
                        È stata qua.
 
 LENA
 
 Collo sposo ha favellato.
 
 NARDO
 
510E l’anello già le ha dato.
 
 DON TRITEMIO
 
 Alla figlia?...
 
 NARDO, LENA
 
                          Signorsì.
 
 DON TRITEMIO
 
 Alla sposa?
 
 NARDO, LENA
 
                        Messersì.
 
 DON TRITEMIO
 
 Quel ch’è fatto fatto sia.
 
 A TRE
 
 Stiamo dunque in allegria,
515che la sposa vergognosa
 alla fin si cangierà;
 e l’amore nel suo core
 con piacer trionferà.
 
 Fine dell’atto primo
 
 
 ATTO SECONDO
 
 SCENA PRIMA
 
 Camera di don Tritemio.
 
 EUGENIA e LESBINA
 
 LESBINA
 Venite qui, signora padroncina;
520tenete questo anello;
 ponetevelo in dito.
 Fate che il genitore ve lo veda;
 lasciate che la sposa egli vi creda.
 EUGENIA
 Tu m’imbrogli Lesbina e non vorrei...
 LESBINA
525Se de’ consigli miei
 vi volete servir, per voi qui sono.
 Quando no, vel protesto, io v’abbandono.
 EUGENIA
 Deh non mi abbandonare, ordina, imponi;
 senza cercar ragioni
530lo farò ciecamente;
 ti sarò, non temer, tutta obbediente.
 LESBINA
 Quest’anello tenete.
 Quel che seguì sapete;
 e quel che seguirà
535regola in avvenir ci porgerà.
 EUGENIA
 Ecco mio padre.
 LESBINA
                                 Presto.
 Ponetevelo al dito.
 EUGENIA
 Una sposa son io senza marito. (Si mette l’anello)
 
 SCENA II
 
 DON TRITEMIO e dette
 
 DON TRITEMIO
 A che gioco giochiamo? (Ad Eugenia)
540Corro, ti cerco e chiamo;
 mi fuggi e non rispondi?
 Quando vengo da te, perché ti ascondi?
 EUGENIA
 Perdonate, signor...
 LESBINA
                                      La poveretta
 è un pochin ritrosetta.
 DON TRITEMIO
                                           Oh bella affé,
545si vergogna di me, poi collo sposo
 il suo cuore non è più vergognoso.
 LESBINA
 Vi stupite di ciò? Si vedon spesso
 cotali meraviglie.
 Soglion tutte le figlie,
550ch’ardono in sen d’amore,
 la modestia affettar col genitore.
 DON TRITEMIO
 Basta; veniamo al fatto. È ver che avesti
 dallo sposo l’anello? (Ad Eugenia)
 LESBINA
                                        Signorsì.
 DON TRITEMIO
 Parlo teco. Rispondi. (Ad Eugenia)
 EUGENIA
                                         Eccolo qui. (Mostra l’anello a don Tritemio)
 DON TRITEMIO
555Capperi! È bello assai.
 Non mi credevo mai
 che Nardo avesse di tai gioie in dito.
 Vedi se t’ho trovato un buon marito?
 EUGENIA
 (Misera me, se tal mi fosse!) (Da sé)
 DON TRITEMIO
                                                        Oh via,
560codesta ritrosia scaccia dal petto.
 Queste smorfie oramai mi fan dispetto.
 LESBINA
 Amabile sposina,
 mostrate la bocchina un po’ ridente.
 EUGENIA
 (Qualche volta Lesbina è impertinente). (Da sé)
 DON TRITEMIO
565È picchiato, mi par.
 LESBINA
                                       Vedrò chi sia.
 (Ehi, badate non far qualche pazzia). (Piano ad Eugenia e parte)
 
 SCENA III
 
 DON TRITEMIO, EUGENIA e poi LESBINA che torna
 
 EUGENIA
 (È molto s’io resisto). (Da sé)
 DON TRITEMIO
 Affé non ho mai visto
 una donna di te più scimunita.
570Figlia che si marita
 suol esser lieta, al suo gioir condotta
 e tu stai lì che pari una marmotta?
 EUGENIA
 Che volete ch’io dica.
 DON TRITEMIO
                                         Parla o taci,
 non me n’importa più,
575sposati e in avvenir pensaci tu.
 LESBINA
 Signor, è un cavaliero
 col notar della villa in compagnia
 che brama riverir vossignoria.
 DON TRITEMIO
 Vengano. (Col notaro? (Da sé)
580Qualchedun che bisogno ha di denaro).
 LESBINA
 (È Rinaldo, padrona. Io vi consiglio
 d’evitar il periglio). (Piano ad Eugenia)
 EUGENIA
                                        (Andiam Lesbina). (A Lesbina)
 Con licenza. (S’inchina a don Tritemio)
 DON TRITEMIO
                          Va’ pure.
 EUGENIA
                                             (Ahi, me meschina!) (Da sé e parte con Lesbina)
 
 SCENA IV
 
 DON TRITEMIO, poi RINALDO e CAPOCCHIO notaro
 
 DON TRITEMIO
 Se denaro vorrà, ghe ne darò,
585purché sicuro sia con fondamento
 e che almeno mi paghi il sei per cento.
 Ma che vedo? È colui
 che mi ha chiesto la figlia. Or che pretende?
 Col notaro che vuol? Che far intende?
 RINALDO
590Compatite signor.
 DON TRITEMIO
                                    La riverisco.
 RINALDO
 Compatite se ardisco
 replicarvi l’incomodo. Temendo
 che non siate di me ben persuaso,
 ho condotto il notaro,
595il qual patente e chiaro
 di me vi mostrerà
 titoli, parentele e facoltà.
 DON TRITEMIO
 (È ridicolo invero).
 CAPOCCHIO
                                      Ecco, signore,
 l’istromento rogato
600d’un ricco marchesato;
 ecco l’albero suo, da cui si vede
 che per retto camino
 vien l’origine sua dal re Pipino.
 DON TRITEMIO
 Oh capperi; che vedo?
605Questa è una cosa bella in verità.
 Ma della nobiltà, signor mio caro,
 come andiamo dal par con il denaro?
 RINALDO
 Mostrategli i poderi,
 mostrategli sinceri i fondamenti. (A Capocchio)
 CAPOCCHIO
610Questi sono istrumenti
 di compre, di censi e di livelli,
 questi sono contratti buoni e belli. (Mostrando alcuni fogli a guisa d’istrumenti antichi)
 
    Nel Quattrocento
 sei possessioni,
615nel Cinquecento
 quattro valloni;
 anno millesimo
 una duchea.
 Milletrentesimo
620una contea.
 Emit etcaetera.
 
    Case e casoni,
 giurisdizioni,
 frutti annuali,
625censi e cambiali.
 Sic etcaetera.
 Cum etcaetera. (Parte)
 
 SCENA V
 
 DON TRITEMIO e RINALDO
 
 DON TRITEMIO
 La riverisco etcaetera.
 Vada signor notaro, ah vada, etcaetera.
 RINALDO
630Ei va per ordin mio
 a prender altri fogli, altri capitoli,
 per provarvi di me lo stato e i titoli.
 DON TRITEMIO
 Sì sì, la vostra casa
 ricca, nobile, grande ognora fu.
635Credo quel che mi dite e ancora più.
 RINALDO
 Dunque di vostra figlia
 mi credete voi degno?
 DON TRITEMIO
                                           Anzi degnissimo.
 RINALDO
 Le farò contradote.
 DON TRITEMIO
                                     Obbligatissimo.
 RINALDO
 Me l’accordate voi?
 DON TRITEMIO
                                      Per verità
640v’è una difficoltà.
 RINALDO
                                   Da che dipende?
 DON TRITEMIO
 Ho paura che lei...
 RINALDO
                                    Chi?
 DON TRITEMIO
                                                La figliuola...
 RINALDO
 D’Eugenia non pavento.
 DON TRITEMIO
 Quando lei possa farlo, io son contento.
 RINALDO
 Ben, vi prendo in parola.
 DON TRITEMIO
645Chiamerò la figliuola.
 S’ella non fosse in caso,
 del mio buon cor sarete persuaso.
 RINALDO
 Sì; chiamatela pur, contento io sono;
 se da lei son escluso, io vi perdono.
 DON TRITEMIO
650Bravo. Un uom di ragion si loda e stima.
 S’ella non puole, amici come prima.
 
    Io son di tutti amico,
 son vostro servitor.
 Un uomo di buon cor
655conoscerete in me.
 
    La chiamo subito;
 verrà ma dubito,
 sconvolta trovisi
 da un non so che;
 
660   farò il possibile
 pel vostro merito,
 che per i titoli,
 per i capitoli
 anche in preterito
665famoso egli è.
 
 SCENA VI
 
 RINALDO, poi DON TRITEMIO ed EUGENIA
 
 RINALDO
 Se da Eugenia dipende il piacer mio,
 di sua man, del suo cor certo son io;
 veggola che ritorna
 col genitor allato;
670della gioia vicino è il dì beato.
 DON TRITEMIO
 Eccola qui. Vedete se son io
 un galantuomo.
 RINALDO
                                Ognor tal vi credei,
 benché foste nemico ai desir miei.
 DON TRITEMIO
 Eugenia, quel signore
675ti vorrebbe in isposa; e tu che dici?
 EUGENIA
 Tra le donne felici
 la più lieta sarò, padre amoroso,
 se Rinaldo, che adoro, avrò in isposo.
 DON TRITEMIO
 Brava, figliuola mia,
680il rossor questa volta è andato via.
 RINALDO
 L’udiste? Ah non tardate (A don Tritemio)
 entrambi a consolare.
 DON TRITEMIO
                                          E pur pavento...
 RINALDO
 Ogni timor è vano.
 In faccia al genitor mi dia la mano.
 DON TRITEMIO
685La mano? In verità
 s’ha da far; s’ha da far... se si potrà.
 Dammi la destra tua. (Ad Eugenia)
 EUGENIA
                                           Eccola. (Don Tritemio le prende la mano)
 DON TRITEMIO
                                                          A voi. (Chiede la mano a Rinaldo)
 Prendetela... bel bello,
 che nel dito d’Eugenia evvi un anello.
690Ora che mi ricordo,
 Nardo con quell’anello la sposò;
 e due volte sposarla non si può.
 RINALDO
 Come!
 DON TRITEMIO
                Non è così? (Ad Eugenia)
 EUGENIA
                                       Sposa non sono.
 DON TRITEMIO
 Ma se l’anello in dono
695prendesti già delle tue nozze in segno,
 non si può, figlia mia, scioglier l’impegno.
 Voi che dite, signor? (A Rinaldo)
 RINALDO
                                         Dico che tutti
 perfidi m’ingannate,
 che di me vi burlate, e che son io
700bersaglio del destin barbaro e rio.
 DON TRITEMIO
 La colpa non è mia.
 EUGENIA
                                      (Tacer non posso);
 udite; ah svelar deggio
 l’arcano onde ingannato...
 
 SCENA VII
 
 LESBINA e detti
 
 LESBINA
 Signor padron, voi siete domandato. (A don Tritemio)
 EUGENIA
705(Ci mancava costei).
 DON TRITEMIO
                                        Chi è, chi mi vuole? (A Lesbina)
 LESBINA
 Un famiglio di Nardo.
 DON TRITEMIO
 Sente, signor? Del genero un famiglio
 favellarmi desia.
 Onde vossignoria,
710s’altra cosa non ha da comandare,
 per cortesia, se ne potrebbe andare.
 RINALDO
 Sì sì, me n’anderò ma giuro ai numi,
 vendicarmi saprò.
 EUGENIA
                                    (Destin crudele!)
 Rinaldo, questo cor...
 RINALDO
                                         Taci, infedele.
 
715   Al suolo svenata
 cadrà quella perfida
 quell’anima ingrata
 che amor mi negò. (Parte)
 
 SCENA VIII
 
 EUGENIA, DON TRITEMIO e LESBINA
 
 LESBINA
 (Obbligata davver del complimento). (Da sé)
 DON TRITEMIO
720(Ho un tantin di paura). (Da sé)
 EUGENIA
                                                (Ahi che tormento!) (Da sé)
 DON TRITEMIO
 Orsù, signora pazza, (Ad Eugenia)
 ho capito il rossor che cosa sia.
 Quel che voglia colui vado a sentire;
 poi la discorrerem. S’ha da finire. (In atto di partire)
 LESBINA
725Sì signor, dite bene. (A don Tritemio)
 DON TRITEMIO
                                         E tu, fraschetta, (A Lesbina)
 tu alimentasti dell’amante il foco?
 Vado e ritorno; parlerem fra poco.
 
 SCENA IX
 
 EUGENIA e LESBINA
 
 EUGENIA
 Ah Lesbina crudele!
 Solo per tua cagion sono in periglio.
 LESBINA
730Loderete nel fine il mio consiglio.
 Questa cosa finor mi pare un gioco;
 non mi perdo, davver, per così poco.
 EUGENIA
 Prenditi quest’anello.
 LESBINA
 Eh no, signora mia.
 EUGENIA
735Prendilo o giuro al ciel lo getto via.
 LESBINA
 Ma perché?
 EUGENIA
                         Fu cagione
 che Rinaldo, il mio ben, mi crede infida.
 Quest’anello omicida
 dinnanzi agl’occhi miei soffrir non vuo’.
 LESBINA
740Se volete così lo prenderò.
 Eccolo nel mio dito.
 Che vi par? Mi sta bene?
 EUGENIA
 Ah tu sei la cagion delle mie pene.
 
 SCENA X
 
 DON TRITEMIO e dette
 
 DON TRITEMIO
 Oh genero garbato!
745Alla sposa ha mandato (Mostra un gioiello)
 questo ricco gioiello.
 Prendilo, Eugenia mia, guarda s’è bello.
 EUGENIA
 Non lo curo, signore...
 DON TRITEMIO
                                          Ed io comando
 che tu prender lo debba; il ricusarlo
750sarebbe una insolenza.
 EUGENIA
 Dunque lo prenderò per obbedienza. (Prende il gioiello)
 Ma... vi chiedo perdono
 non mi piace, nol voglio, a te lo dono. (Lo dà a Lesbina)
 LESBINA
 Grazie. (Lo prende)
 DON TRITEMIO
                  Rendilo a me. (A Lesbina)
 LESBINA
                                              Signor padrone,
755sentite una parola.
 (Se la vostra figliuola
 è meco generosa,
 lo fa perché di voi mi brama sposa). (Piano a don Tritemio)
 DON TRITEMIO
 (Lo crederò?) (A Lesbina)
 LESBINA
                             Signora,
760non è ver che bramate
 che sposa io sia? Nel darmi queste gioie
 confessatelo pur, vostro pensiero
 non è che sposa sia Lesbina?
 EUGENIA
                                                       È vero.
 DON TRITEMIO
 E tu, che dici? (A Lesbina)
 LESBINA
                              Io dico
765che se il destino amico
 seconderà il disegno,
 le gioie accetto e accetterò l’impegno.
 
 SCENA XI
 
 EUGENIA e DON TRITEMIO
 
 DON TRITEMIO
 Dunque giacché lo sai tel dico anch’io;
 è questi il pensiero mio,
770dopoché tu sarai fatta la sposa,
 anch’io mi sposerò questa fanciulla.