Il filosofo di campagna, libretto, Vicenza, Bressan, 1767

 EUGENIA
                                     Ohimè! Chi viene?
 RINALDO
 Non temete. È Lesbina.
 EUGENIA
                                              Io vivo in pene.
 LESBINA
 V’è chi cerca di voi, signora mia.
 EUGENIA
 Il genitore?
 LESBINA
                         Oibò.
 RINALDO
 Dunque chi è che la dimanda?
 LESBINA
                                                          Bravo!
235Voi pur siete curioso?
 Chi la cerca, signor, è il di lei sposo.
 EUGENIA
 Misera, che farò?
 RINALDO
                                   Coraggio avrete
 di tradir chi vi adora?
 EUGENIA
                                           È ver; son figlia
 ma sono amante ancor. Chi mi consiglia?
 LESBINA
240Ambi pietà mi fate;
 e a me condur lasciate la faccenda.
 Ritiratevi presto.
 EUGENIA
                                  Vado.
 RINALDO
                                               Anche io.
 LESBINA
 Con grazia, padron mio,
 ritiratevi, sì, questo mi preme.
245Ma non andate a ritirarvi insieme.
 Voi di qua, voi di là; così va bene.
 EUGENIA
 Soffrite, idolo mio. (Eugenia parte da una parte e Rinaldo dopo l’aria dall’altra)
 RINALDO
                                      Soffrir conviene.
 
    Al passaggier talora
 cinto di notte oscura
250basta una stella ancora
 per animare il cor.
 
 SCENA VI
 
 LESBINA, poi NARDO
 
 LESBINA
 Capperi! S’attaccava
 prestamente al partito;
 troppo presto volea far da marito.
255Ecco il ricco villano;
 ora son nell’impegno;
 tutta l’arte vi vuol, tutto l’ingegno.
 NARDO
 Chi è qui?
 LESBINA
                       Non ci vedete?
 Per ora ci sono io.
 NARDO
260Buondì a vossignoria.
 LESBINA
                                          Padrone mio.
 NARDO
 Don Tritemio dov’è?
 LESBINA
                                         Verrà fra poco.
 Potete in questo loco
 aspettar, se v’aggrada.
 NARDO
                                           Aspetterò.
 Voi chi siete, signora?
 LESBINA
                                           Io non lo so.
 NARDO
265Sareste per ventura
 la figliuola di lui venuta qui?
 LESBINA
 Potria darsi di sì.
 NARDO
 Alla ciera mi par...
 LESBINA
                                     Così sarà.
 NARDO
 Mi piacete davver.
 LESBINA
                                     Vostra bontà.
 NARDO
270Sapete chi sono io?
 LESBINA
                                      No, mio signore.
 NARDO
 Non ve lo dice il core?
 LESBINA
 Il cor d’una fanciulla,
 se si tratta d’un uom, non sa dir nulla.
 NARDO
 Eh, furbetta, furbetta; voi m’avete
275conosciuto a drittura;
 delle fanciulle al cor parla natura.
 LESBINA
 Siete forse...
 NARDO
                          Via, chi?
 LESBINA
                                             Nardino bello.
 NARDO
 Sì, carina, son quello,
 quello che vostro sposo è destinato.
 LESBINA
280Con licenza, signor, m’hanno chiamato.
 NARDO
 Dove andate?
 LESBINA
                            Non so.
 NARDO
 Eh, restate, carina.
 LESBINA
                                     Signor no.
 NARDO
 Vi spiace il volto mio?
 LESBINA
                                           Anzi mi piace;
 ma...
 NARDO
             Che ma...
 LESBINA
                                 Non so dir... che cosa sia...
285Con licenza, signor, voglio andar via.
 NARDO
 Fermatevi un momento.
 (Si vede dal rossor ch’è figlia buona).
 LESBINA
 (Servo me stessa e servo la padrona).
 
    Compatite, signor, se io non so.
290Son così, non so fare all’amor.
 Una cosa mi sento nel cor
 che col labbro spiegar non si può.
 
    Miratemi qua,
 saprete cosa è.
295Voltatevi in là,
 lontano da me.
 
    Vo’ partire; mi sento languire.
 Ah, col tempo spiegarmi saprò.
 
 SCENA VII
 
 NARDO, poi DON TRITEMIO, indi LENA, dopo LESBINA
 
 NARDO
 Si vede chiaramente
300che la natura in lei parla innocente.
 Finger anche potrebbe, è ver purtroppo;
 ma è un cattivo animale
 quel che senza ragion sospetta male.
 TRITEMIO
 Messer Nardo da bene,
305compatite se troppo trattenuto
 m’ha un domestico impaccio.
 Vi saluto di core.
 NARDO
                                  Ed io v’abbraccio.
 TRITEMIO
 Or verrà la figliuola.
 NARDO
                                        È già venuta.
 TRITEMIO
 La vedeste?
 NARDO
                         Gnorsì; l’ho già veduta.
 TRITEMIO
310Che vi par?
 NARDO
                         Mi par bella.
 TRITEMIO
                                                   È un po’ ritrosa.
 NARDO
 La fanciulla va ben sia vergognosa.
 TRITEMIO
 Chi è quella?
 NARDO
                           È mia nipote.
 Che volete voi qui?
 LENA
                                      Con sua licenza,
 alla sposa vorrei far riverenza.
 TRITEMIO
315Ora la chiamerò.
 NARDO
 Concludiamo le nozze.
 TRITEMIO
                                           Io presto fo. (Parte)
 LENA
 Signor zio, come è bella?
 NARDO
 La vedrai; è una stella.
 LENA
 È galante e graziosa?
 NARDO
320È galante, è gentile ed amorosa.
 LENA
 Vi vorrà ben?
 NARDO
                            Si vede
 da un certo non so che
 che l’ha la madre sua fatta per me.
 Appena ci siam visti,
325un incognito amor di simpatia
 ha messo i nostri cuori in allegria.
 
    Son pien di giubilo,
 ridente ho l’animo,
 nel sen mi palpita
330brillante il cor.
 
 LENA
 
    Il vostro giubilo
 nelle mie viscere
 risveglia ed agita
 novello ardor.
 
 LESBINA
 
335   Sposino amabile,
 per voi son misera;
 mi sento mordere
 dal dio d’amor.
 
 NARDO
 
    Vieni al mio seno,
340sposina mia.
 
 LENA
 
 Signora zia,
 a voi m’inchino.
 
 A TRE
 
 Dolce destino,
 felice amor!
 
 LESBINA
 
345   Parto, parto, il genitore...
 
 NARDO
 
 Perché parti?
 
 LESBINA
 
                            Il mio rossore
 non mi lascia restar qui. (Parte)
 
 NARDO
 
    Vergognosetta
 la poveretta
350se ne fuggì.
 
 LENA
 
    Se fossi in lei,
 non fuggirei
 chi mi ferì.
 
 TRITEMIO
 
    La ricerco e non la trovo.
355Oh che smania in seno io provo!
 Dove diavolo sarà?
 
 NARDO, LENA
 
 Ah ah ah.
 
 TRITEMIO
 
    L’ho cercata su e giù;
 l’ho cercata qua e là.
 
 NARDO, LENA
 
360Ah ah ah.
 
 TRITEMIO
 
 Voi ridete? Come va?
 
 NARDO
 
 Fino adesso è stata qua.
 
 TRITEMIO
 
 Dov’è andata?
 
 LENA
 
                             È andata là.
 
 TRITEMIO
 
 Quando è là, la troverò
365e con me la condurrò. (Parte)
 
 NARDO
 
    Superare il genitore
 potrà bene il suo rossore.
 
 LENA
 
 Non è tanto vergognoso
 il suo core collo sposo.
 
 A DUE
 
370Si confonde nel suo petto
 il rispetto coll’amor.
 
 LESBINA
 
    Presto, presto, sposo bello,
 via, porgetemi l’anello,
 che la sposa allor sarò.
 
 LENA
 
375Questa cosa far si può.
 
 NARDO
 
 Ecco, ecco, ve lo do. (Le dà un anello)
 
 LESBINA
 
    Torna il padre, vado via.
 
 NARDO
 
 Ma perché tal ritrosia.
 
 LESBINA
 
 Il motivo non lo so.
 
 LENA
 
380Dallo sposo non fuggite.
 
 LESBINA
 
 Compatite, tornerò. (Parte)
 
 NARDO
 
    Caso raro, caso bello.
 
 LENA
 
 Una sposa coll’anello
 ha rossor del genitor.
 
 TRITEMIO
 
385   Non la trovo.
 
 NARDO, LENA
 
                              Ah ah ah.
 
 TRITEMIO
 
 Voi ridete?
 
 NARDO, LENA
 
                        È stata qua.
 
 LENA
 
 Collo sposo ha favellato.
 
 NARDO
 
 E l’anello già le ha dato.
 
 TRITEMIO
 
 Alla figlia?
 
 NARDO, LENA
 
                       Signorsì.
 
 TRITEMIO
 
390Alla sposa?
 
 NARDO, LENA
 
                        Messersì.
 
 TRITEMIO
 
    Quel ch’è fatto fatto sia.
 
 A TRE
 
 Stiamo dunque in allegria,
 che la sposa, vergognosa,
 alla fin si cangierà;
395e l’amore nel suo cuore
 con piacer trionferà.
 
 Fine dell’atto primo
 
 
 ATTO SECONDO
 
 SCENA PRIMA
 
 Camera di don Tritemio.
 
 EUGENIA e LESBINA, poi DON TRITEMIO, indi RINALDO con CAPOCCHIO notaro con alcuni fogli in mano
 
 LESBINA
 Venite qui, signora padroncina;
 tenete questo anello; (Si mette l’anello)
 ponetevelo nel dito;
400fate che il genitore ve lo veda;
 lasciate che la sposa egli vi creda.
 TRITEMIO
 Figlia, è vero che avesti
 dallo sposo l’anello?
 LESBINA
                                       Signorsì.
 TRITEMIO
 Parlo teco; rispondi.
 EUGENIA
                                        Eccolo qui.
 TRITEMIO
405Capperi! È bello assai.
 LESBINA
 (Vien Rinaldo, padrona, io vi consiglio
 d’evitare il periglio).
 EUGENIA
                                         (Andiam, Lesbina).
 Con licenza.
 TRITEMIO
                         Va’ pure. (Eugenia e Lesbina si ritirano)
 EUGENIA
                                            (Ahi, me meschina!)
 RINALDO
 Compatite, signor.
 TRITEMIO
                                     La riverisco.
 RINALDO
410Compatite se ardisco
 replicarvi l’incommodo. Temendo
 che non siate di me ben persuaso,
 ho condotto il notaro,
 il qual patente e chiaro
415di me vi mostrerà
 titolo, parentele e facoltà.
 TRITEMIO
 (È ridicolo invero).
 CAPOCCHIO
                                      Ecco, signore,
 l’istrumento rogato
 d’un ricco marchesato;
420ecco l’albero suo, da cui si vede
 che per retto camino
 vien l’origine sua dal re Pipino.
 TRITEMIO
 Oh capperi! Che vedo?
 Questa è una cosa bella in verità.
425Ma della nobiltà, signor mio caro,
 come andiamo del par con il denaro?
 RINALDO
 Mostrategli i poderi,
 mostrategli sinceri i fondamenti.
 CAPOCCHIO
 Questi sono strumenti
430di compere, di censi e di livelli;
 questi sono contratti buoni e belli.
 
    Nel Quattrocento
 sei possessioni,
 nel Cinquecento
435quattro valloni.
 Anno millesimo
 una duchea.
 Milletrentesimo
 una contea,
440emit etcaetera.
 
    Case e casoni,
 giurisdizioni,
 frutti annuali,
 censi e cambiali;
445sic etcaetera,
 cum etcaetera.
 
 SCENA II
 
 DON TRITEMIO e RINALDO
 
 TRITEMIO
 La riverisco, etcaetera,
 vada, signor notaro, a farsi etcaetera.
 RINALDO
 Dunque di vostra figlia
450mi credete voi degno?
 TRITEMIO
                                           Anzi degnissimo.
 RINALDO
 Le farò contradote.
 TRITEMIO
                                     Obligatissimo.
 RINALDO
 Me l’accordate voi?
 TRITEMIO
                                      Per verità,
 v’è una difficoltà.
 RINALDO
                                   Da che dipende?
 TRITEMIO
 Ho paura che lei...
 RINALDO
                                    Chi?
 TRITEMIO
                                                La figliuola...
 RINALDO
455D’Eugenia non pavento.
 TRITEMIO
 Quando lei possa farlo, io son contento.
 RINALDO
 Ben, vi prendo in parola.
 TRITEMIO
 Chiamerò la figliuola.
 S’ella non fosse in caso,
460del mio buon cuor sarete persuaso.
 RINALDO
 Sì, chiamatela pur, contento io sono;
 se da lei sono escluso, io vi perdono.
 TRITEMIO
 Bravo. Un uom di ragion si loda e stima;
 s’ella non puole, amici come prima.
 
465   Io son di tutti amico,
 son vostro servitor.
 Un uomo di buon cuor
 conoscerete in me.
 
    La chiamo subito;
470verrà, ma dubito,
 sconvolta trovisi
 da un non so che.
 
    Farò il possibile
 pel vostro merito.
475Che per i titoli,
 per i capitoli,
 anche in preterito
 famoso egli è.
 
 SCENA III
 
 RINALDO, poi DON TRITEMIO con EUGENIA, indi LESBINA
 
 RINALDO
 Se da Eugenia dipende il piacer mio,
480di sua man, del suo cor certo sono io.
 Veggola che ritorna
 col genitore allato.
 Della gioia vicino è il dì beato.
 TRITEMIO
 Eccola qui. Dammi la destra tua. (Don Tritemio prende la mano ad Eugenia e la presenta a Rinaldo; ma subito la ritira)
 EUGENIA
485Eccola.
 TRITEMIO
                A voi; prendetela. Bel bello,
 che nel dito d’Eugenia evvi un anello.
 Ora che mi ricordo,
 Nardo con quell’anello la sposò
 e due volte sposarla non si può.
 LESBINA
490Signor padron, voi siete domandato.
 EUGENIA
 (Ci mancava costei).
 TRITEMIO
                                        Chi è che mi vuole?
 LESBINA
 Un famiglio di Nardo.
 TRITEMIO
 Sente, signor? Io vado per sapere
 quel che colui desia,
495onde vossignoria,
 se altra cosa non ha da comandare,
 per cortesia, se ne potrebbe andare. (Parte)
 RINALDO
 Sì sì, me ne anderò; ma giuro a’ numi,
 vendicarmi saprò.
 EUGENIA
                                    (Destin crudele!)
500Rinaldo, questo cor...
 RINALDO
                                         Taci, infedele.
 
    Perfida figlia ingrata,
 padre spietato indegno;
 non so frenar lo sdegno,
 l’alma si scuote irata.
505Empia, crudele, audace,
 pace per me non v’è.
 
    E tu che alimentasti
 sinora il fuoco mio
 colla speranza, oh dio!
510così tu m’ingannasti?
 L’offeso cuore aspetta
 vendetta anche di te.
 
 SCENA IV
 
 EUGENIA e LESBINA, indi DON TRITEMIO con un gioiello in mano
 
 EUGENIA
 Prenditi questo anello.
 LESBINA
 Eh no, signora mia.
 EUGENIA
515Prendilo o giuro al ciel lo getto via.
 LESBINA
 Ma perché?
 EUGENIA
                         Fu cagione
 che Rinaldo, il mio ben, mi crede infida.
 Questo anello omicida
 dinanzi agli occhi miei soffrir non vo’.
 LESBINA
520Se volete così, lo prenderò.
 Eccolo nel mio dito.
 Che vi par? Mi sta bene?
 EUGENIA
 Ah, tu sei la cagion delle mie pene!
 TRITEMIO
 Oh, genero garbato!
525Alla sposa ha mandato
 questo ricco gioiello.
 Prendilo, Eugenia mia; guarda s’è bello.
 EUGENIA
 Non mi piace; nol voglio; a te lo dono. (Eugenia prende il gioiello e lo dà a Lesbina)
 LESBINA
 Grazie.
 TRITEMIO
                 Rendilo a me.
 LESBINA
                                             Signor padrone,
530sentite una parola.
 (Se la vostra figliuola
 è meco generosa,
 lo fa perché di voi mi brama sposa).
 TRITEMIO
 (Lo crederò?)
 LESBINA
                            Signora,
535non è ver che bramate
 che sposa io sia? Nel darmi queste gioie
 confessatelo pur, vostro pensiero
 non è che sposa sia Lesbina?
 EUGENIA
                                                       È vero.
 TRITEMIO
 E tu che dici?
 LESBINA
                            Io dico
540che se il destino amico
 seconderà il disegno,
 le gioie accetto e accetterò l’impegno.
 TRITEMIO
 Cara Lesbina, è questo il pensier mio;
 e giacché tu lo sai, tel dico anche io. (Parte)
 LESBINA
 
545   Una ragazza
 che non è pazza
 la sua fortuna
 sprezzar non sa.
 
    Voi lo sapete,
550voi m’intendete,
 questo mio core
 si scoprirà.
 
    Anche l’agnella,
 la tortorella
555il suo compagno
 cercando va.
 
 SCENA V
 
 EUGENIA
 
 EUGENIA
 Ah, Lesbina crudele!
 In faccia al mio fedele, al mio diletto
 ho tradito l’affetto. Ardo di sdegno.
560Ecco dove mi guida il tuo consiglio!
 Solo per tua cagion sono in periglio.
 
    Taci, amor, nel seno mio,
 finché parla il giusto sdegno;
 o prendete ambi l’impegno
565i miei torti a vendicar.
 
 SCENA VI
 
 Campagna.
 
 NARDO, suonando il chitarrino, poi RINALDO, indi LESBINA, dopo LENA
 
 NARDO
 
    La bella mia sposina
 m’ha fatto male qui;
 e la mia medicina,
 carina, eccola lì.
 
 RINALDO
570Galantuom, siete voi
 quello che Nardo ha nome?
 NARDO
                                                    Signorsì.
 RINALDO
 Cerco appunto di voi.
 NARDO
                                          Eccomi qui.
 RINALDO
 Ditemi, è ver che voi
 aveste la parola
575da don Tritemio per la sua figliuola?
 NARDO
 Sì signore, l’ho avuta;
 la ragazza ho veduta;
 mi piace il viso bello;
 e le ho dato stamane anco l’anello.
 RINALDO
580Sapete voi qual dote
 recherà con tai nozze al suo consorte?
 NARDO
 Ancor nol so.
 RINALDO
                           Colpi, ferite e morte.
 NARDO
 Bagatelle, signor! E su qual banco
 investita sarà, padrone mio?
 RINALDO
585Sul dorso vostro e il pagator sono io. (Parte)
 NARDO
 Pazzo sarei davvero,
 se a costo d’una lite,
 se a costo di temere anche la morte,
 procurar mi volessi una consorte.
590Amo la vita assai;
 fuggo, se posso, i guai;
 bramo sempre la pace in casa mia;
 e non intendo altra filosofia.
 LESBINA
 Sposo, bene obbligata;
595m’avete regalata.
 Anche io, quando potrò,
 qualche cosetta vi regalerò.
 NARDO
 No no figliuola cara,
 dispensatevi pur da tal finezza.
600Quando ho un poco di bene mi consolo
 e quel poco di ben lo voglio solo.
 LESBINA
 Che dite? Io non v’intendo.
 NARDO
                                                    Chiaramente
 dunque mi spiegherò.
 Siete impegnata, il so, con altro amico;
605e a me di voi non me ne importa un fico.
 LESBINA
 V’ingannate, lo giuro; e chi è cotesto
 con cui da me si crede
 impegnata la fede?
 NARDO
                                      È un forastiero
 che mi par cavaliero,
610giovine, risoluto, ardito e caldo.
 LESBINA
 (Ora intendo il mister; sarà Rinaldo).
 Siete, Nardo, in inganno.
 Qualche error vi sarà, ve lo protesto.
 Tenero cuore onesto
615per voi serbo nel petto;
 ardo solo per voi di puro affetto.
 NARDO
 (Impossibile par ch’ella m’inganni).
 LESBINA
 Tenera sono d’anni
 ma ho cervello che basta; e so bene io
620che dividere amor non può il cuor mio.
 Voi siete il mio sposino;
 e se amico destino a voi mi dona,
 anche un re lascierei colla corona.
 NARDO
 S’ella fosse così...
 LESBINA
                                  Così è purtroppo.
625Ma voi siete pentito
 d’essere mio marito;
 qualche altra donna amate
 e per questo, crudel, mi discacciate.
 NARDO
 No, ben mio, no, carina;
630siete la mia sposina; e se colui
 o s’inganna o m’inganna o fu ingannato,
 dell’inganno sarà disingannato.
 LESBINA
 Dunque m’amate?
 NARDO
                                     Sì, v’amo di cuore.
 LESBINA
 Siete l’idolo mio.
 NARDO
                                  Siete il mio amore. (Si prendono per mano e volendo partire sono trattenuti da Lena)
 LENA
635Signor zio, signor zio, che cosa fate?
 Lontano discacciate
 colei che d’ingannarvi ora s’impegna;
 d’essere vostra sposa non è degna.
 LESBINA
 (Qualche imbroglio novello).
 NARDO
                                                       Ha forse altrui
640data la fé di sposa?
 LENA
                                      Eh, signor no.
 Quel che io dico lo so per cosa vera;
 ella di don Tritemio è cameriera.
 LESBINA
 (Ah, maledetta!)
 NARDO
                                  È ver quel ch’ella dice?
 LESBINA
 Ah, misera, infelice!
645Compatite se tanto
 amor mi rese ardita.
 Finsi il grado, egli è ver, perché v’adoro;
 per voi languisco e moro.
 Confesso il mio fallire;
650ma voglio essere vostra o pur morire.
 NARDO
 (Poverina!)
 LENA
                         Vi pare
 che convenga sposare
 a un uomo come voi femmina tale?
 NARDO
 Non ci vedo alcun male.
655Per me nel vostro sesso,
 serva o padrona sia, tutto è lo stesso.
 
    Ho per lei in mezzo al core
 la fucina di Vulcano.
 Stendi pur la bianca mano,
660senti, senti, che rumore!
 I martelli ben ruotati
 sopra i fulmini infuocati
 fanno tuppe, tippe, tappe.
 Già l’incendio s’è avvanzato;
665chi smorzarlo potrà mai?
 Solo un guardo de’ tuoi rai
 può il mio core consolar.
 
 SCENA VII
 
 LESBINA e LENA
 
 LESBINA
 Signora, vi rincresce
 d’essere la nipote
670d’una senza natali e senza dote?
 LENA
 Sì signora, perché Nardo poteva
 maritarsi con meglio proprietà.
 LESBINA
 Questa non è però gran novità.
 Siam donne tutte due; nessun ci sente;
675se parlo contro noi, non vuol dir niente.
 Ditemi su. Forse è la prima volta
 che di donna leggiadra il viso bello
 faccia perdere agli uomini il cervello?
 Pare che nate siam solo per questo.
680Da quanto accenno intenderete il resto.
 Della femmina i vezzi e le lusinghe,
 le accorte ritrosie,
 le finte gelosie,
 le parole melate,
685le languidette occhiate,
 un risettino scaltro
 cento ne fan cascare, un dopo l’altro.
 È vero? Rispondete a cuore aperto;
 siete nel caso mio; lo so di certo.
690Mi chiamerete poi presuntuosa,
 se di Nardo gentil voglio esser sposa?
 
    Donne siamo e siamo nate
 per far l’uomo delirar.
 
    Amorose ci mostriamo
695e sappiamo lusingar.
 Ma poi quando a tu per tu
 siamo lì per dir di sì,
 rigettiamo in tutta fretta
 l’accettata servitù;
700e per gloria decantiamo
 e l’amar e il disamar.
 
    Donne siamo e siamo nate
 per far l’uomo delirar.
 
 SCENA VIII
 
 LENA
 
 LENA
 Se fosse in casa mia
705questa signora zia, confesso il vero,
 non vi starei con essa un giorno intero.
 Si spaccia per graziosa,
 vuol far la spiritosa,
 perché sposa sarà per accidente,
710perché bene sa far l’impertinente.
 E pur quando ci penso,
 bella vita è la nostra ed onorata!
 Sono alla sorte ingrata,
 allor che mi lamento
715d’uno stato ripien d’ogni contento.
 
    La pastorella al prato
 col gregge se ne va,
 colle agnelline allato
 cantando in libertà.
 
720   Se l’innocente amore
 gradisce il suo pastore,
 la bella pastorella
 contenta ognor sarà.
 
 SCENA IX
 
 Camera in casa di don Tritemio con tavolino, calamaro e sedie.
 
 LESBINA, poi NARDO con CAPOCCHIO, poi DON TRITEMIO
 
 LESBINA
 Oh, se sapessi il modo
725di burlare il padron, far lo vorrei.
 Basta, m’ingegnerò;
 tutto quel che so far, tutto farò.
 NARDO
 Lesbina, eccoci qui. Se don Tritemio
 ci ha mandati a chiamar perché io vi sposi,
730lo farò volentier; ma non vorrei
 che vi nascesse qualche parapiglia,
 qualche imbroglio novel tra serva e figlia.
 LESBINA
 La cosa è accomodata.
 La figliuola sposata
735sarà col cavalier che voi sapete;
 ed io vostra sarò, se mi volete.
 NARDO
 Don Tritemio dov’è?
 LESBINA
                                         Verrà a momenti.
 Signor notaro, intanto