Il filosofo di campagna, libretto, Vicenza, Bressan, 1767

 Temo che ci sorprenda il padre mio.
 Ohimè, che vie
 RINALDO
230Il vostro genitore...
 EUGENIA
                                     Ohimè! Chi viene?
 RINALDO
 Non temete, è Lesbina.
 EUGENIA
                                             Io vivo in pene.
 LESBINA
 V’è chi cerca di voi, signora mia.
 EUGENIA
 Il genitore?
 LESBINA
                         Oibò.
 RINALDO
 Dunque chi è che la dimanda?
 LESBINA
                                                          Bravo!
235Voi pur siete curioso?
 Chi la cerca, signor, è il di lei sposo.
 EUGENIA
 Misera, che farò?
 RINALDO
                                   Coraggio avrete
 Coraggio avrete di tradir chi v’adora?
 EUGENIA
                                                                      È ver, son figlia
 ma sono amante ancor. Chi mi consiglia?
 LESBINA
240Ambi pietà mi fate;
 a me condur lasciate la faccenda.
 Ritiratevi presto.
 EUGENIA
                                  Vado.
 RINALDO
                                               Anch’io.
 LESBINA
 Con grazia, padron mio,
 ritiratevi, sì, questo mi preme;
245ma non andate a ritirarvi insieme.
 Voi di qua, voi di là; così va bene.
 EUGENIA
 Soffrite, idolo mio.
 RINALDO
                                     Soffrir conviene. (Eugenia si ritira da una parte e Rinaldo dopo l’aria dall’altra)
 
    Al passaggier talora
 cinto di notte oscura
250basta una stella ancora
 per animare il cor.
 
 SCENA VI
 
 LESBINA, poi NARDO
 
 LESBINA
 Capperi! S’attaccava
 prestamente al partito;
 troppo presto volea far da marito.
255Ecco il ricco villano;
 ora son nell’impegno;
 tutta l’arte vi vuol, tutto l’ingegno.
 NARDO
 Chi è qui?
 LESBINA
                       Non ci vedete?
 Per ora ci sono io.
 NARDO
260Buondì a vossignoria.
 LESBINA
                                          Padrone mio.
 NARDO
 Don Tritemio dov’è?
 LESBINA
                                         Verrà fra poco.
 Potete in questo loco
 aspettar, se vi aggrada.
 NARDO
                                             Aspetterò.
 Voi chi siete, signora?
 LESBINA
                                           Io non lo so.
 NARDO
265Sareste per ventura
 la figliuola di lui, venuta qui?
 LESBINA
 Potria darsi di sì.
 NARDO
 Alla ciera mi par...
 LESBINA
                                     Così sarà.
 NARDO
 Mi piacete davver.
 LESBINA
                                     Vostra bontà.
 NARDO
270Sapete chi sono io?
 LESBINA
                                      No, mio signore.
 NARDO
 Non ve lo dice il core?
 LESBINA
 Il cor d’una fanciulla,
 se si tratta d’un uom, non sa dir nulla.
 NARDO
 Eh, furbetta, furbetta; voi m’avete
275conosciuto a drittura;
 delle fanciulle al cor parla natura.
 LESBINA
 Siete forse...
 NARDO
                          Via, chi?
 LESBINA
                                             Nardino bello.
 NARDO
 Sì, carina, son quello,
 quello che vostro sposo è destinato.
 LESBINA
280Con licenza, signor, m’hanno chiamato.
 NARDO
 Dove andate?
 LESBINA
                            Non so.
 NARDO
 Eh, restate, carina.
 LESBINA
                                     Signor no.
 NARDO
 Vi spiace il volto mio?
 LESBINA
                                           Anzi mi piace...
 ma...
 NARDO
             Che ma?
 LESBINA
                                Non so dir... che cosa sia.
285Con licenza, signor, voglio andar via.
 NARDO
 Fermatevi un momento.
 (Si vede dal rossor ch’è figlia buona).
 LESBINA
 (Servo me stessa e servo la padrona).
 
    Compatite, signor, s’io non so.
290Son così, non so fare all’amor.
 Una cosa mi sento nel cor
 che col labro spiegar non si può.
 
    Miratemi qua;
 saprete cosa è.
295Voltatevi in là,
 lontano da me.
 
    Vo’ partire, mi sento languire.
 Ah, col tempo spiegarmi saprò.
 
 SCENA VII
 
 NARDO, poi DON TRITEMIO, indi LA LENA, dopo LESBINA
 
 NARDO
 Si vede chiaramente
300che la natura in lei parla innocente.
 Finger anche potrebbe, è ver purtroppo,
 ma è un cattivo animale
 quel che senza ragion sospetta male.
 TRITEMIO
 Messer Nardo da bene
305compatite se troppo trattenuto
 m’ha un domestico impaccio.
 Vi saluto di core.
 NARDO
                                  Ed io v’abbraccio.
 TRITEMIO
 Or verrà la figliuola.
 NARDO
                                        È già venuta.
 TRITEMIO
 La vedeste?
 NARDO
                         Gnorsì, l’ho già veduta.
 TRITEMIO
310Che vi par?
 NARDO
                         Mi par bella.
 TRITEMIO
                                                   È un po’ ritrosa.
 NARDO
 La fanciulla va ben sia vergognosa.
 TRITEMIO
 Chi è quella?
 NARDO
                           È mia nipote.
 NARDO
 Che volete voi qui?
 LENA
                                      Con sua licenza,
 alla sposa vorrei far riverenza.
 TRITEMIO
315Ora la chiamerò.
 NARDO
 Concludiamo le nozze.
 TRITEMIO
                                           Io presto fo. (Parte)
 LENA
 Signor zio, come è bella?
 NARDO
 La vedrai; è una stella.
 LENA
 È galante, è graziosa?
 NARDO
320È galante, è gentile ed amorosa.
 LENA
 Vi vorrà ben?
 NARDO
                            Si vede
 da un certo non so che
 che l’ha la madre sua fatta per me.
 Appena ci siam visti,
325un incognito amor di simpatia
 ha messo i nostri cuori in allegria.
 
    Son pien di giubilo,
 ridente ho l’animo,
 nel sen mi palpita
330brillante il cor.
 
 LENA
 
    Il vostro giubilo
 nelle mie viscere
 risveglia ed agita
 novello ardor.
 
 LESBINA
 
335   Sposino amabile,
 per voi son misera;
 mi sento mordere
 dal dio d’amor.
 
 NARDO
 
    Vieni al mio seno
340sposina mia.
 
 LENA
 
 Signora zia,
 a voi m’inchino.
 
 A TRE
 
 Dolce destino,
 felice amor!
 
 LESBINA
 
345   Parto, parto; il genitore.
 
 NARDO
 
 Perché parti?
 
 LESBINA
 
                            Il mio rossore
 non mi lascia restar qui. (Parte)
 
 NARDO
 
    Vergognosetta
 la poveretta
350se ne fuggì.
 
 LENA
 
    Se fossi in lei,
 non fuggirei
 chi mi ferì.
 
 TRITEMIO
 
    La ricerco e non la trovo.
355Oh che smania in seno io provo!
 Dove, diavolo, sarà?
 
 NARDO, LENA
 
 Ah ah ah.
 
 TRITEMIO
 
    L’ho cercata su e giù;
 l’ho cercata qua e là.
 
 NARDO, LENA
 
360Ah ah ah.
 
 TRITEMIO
 
 Voi ridete? Come va?
 
 NARDO
 
 Fino adesso è stata qua.
 
 TRITEMIO
 
 Dov’è andata?
 
 LENA
 
                             È andata là.
 
 TRITEMIO
 
 Quando è là, la troverò
365e con me la condurrò. (Parte)
 
 NARDO
 
    Superare il genitore
 potrà bene il suo rossore.
 
 LENA
 
 Non è tanto vergognoso
 il suo core collo sposo.
 
 A DUE
 
370Si confonde nel suo petto
 il rispetto coll’amor.
 
 LESBINA
 
    Presto, presto, sposo bello,
 via, porgetemi l’anello,
 che la sposa allor sarò.
 
 LENA
 
375Questa cosa far si può.
 
 NARDO
 
 Ecco, ecco; ve lo do.
 
 LESBINA
 
    Torna il padre, vado via.
 
 NARDO
 
 Ma perché tal ritrosia?
 
 LESBINA
 
 Il motivo non lo so.
 
 LENA
 
380Dallo sposo non fuggite.
 
 LESBINA
 
 Compatite, tornerò. (Parte)
 
 NARDO, LENA
 
    Caso raro, caso bello,
 una sposa coll’anello
 ha rossor del genitor.
 
 TRITEMIO
 
385   Non la trovo.
 
 NARDO, LENA
 
                              Ah ah ah.
 
 TRITEMIO
 
 Voi ridete?
 
 NARDO, LENA
 
                        È stata qua.
 
 LENA
 
 Collo sposo ha favellato.
 
 NARDO
 
 E l’anello già le ho dato.
 
 TRITEMIO
 
 Alla figlia?
 
 NARDO, LENA
 
                       Signorsì.
 
 TRITEMIO
 
390Alla sposa?
 
 NARDO, LENA
 
                        Messersì.
 
 TRITEMIO
 
    Quel ch’è fatto fatto sia.
 
 A TRE
 
 Stiamo dunque in allegria,
 che la sposa vergognosa
 alla fin si cangierà;
395e l’amore nel suo core
 con piacer trionferà.
 
 Fine dell’atto primo
 
 
 ATTO SECONDO
 
 SCENA PRIMA
 
 Camera di don Tritemio.
 
 EUGENIA e LESBINA, poi DON TRITEMIO, indi RINALDO
 
 LESBINA
 Venite qui, signora padroncina.
 Tenete questo anello;
 ponetevelo in dito; (Si mette l’anello)
400fate che il genitore ve lo veda;
 lasciate che la sposa egli vi creda.
 TRITEMIO
 Figlia, è vero che avesti
 dallo sposo l’anello?
 LESBINA
                                       Signorsì.
 TRITEMIO
 Parlo teco; rispondi.
 EUGENIA
                                        Eccolo qui.
 TRITEMIO
405Capperi! È bello assai!
 LESBINA
 (Vien Rinaldo, padrona. Io vi consiglio
 d’evitar il periglio).
 EUGENIA
                                       (Andiam, Lesbina).
 Con licenza.
 TRITEMIO
                         Va’ pure.
 EUGENIA
                                            (Ahi me meschina!) (Eugenia e Lesbina si ritirano)
 RINALDO
 Compatite, signor.
 TRITEMIO
                                     La riverisco.
 RINALDO
410Compatite se ardisco
 replicarvi l’incommodo. Temendo
 che non siate di me ben persuaso,
 ho condotto il notaro,
 il qual patente e chiaro
415di me vi mostrerà
 titolo, parentele e facoltà.
 TRITEMIO
 (È ridicolo invero).
 CAPOCCHIO
                                      Ecco, signore,
 l’istrumento rogato
 d’un ricco marchesato;
420ecco l’albero suo, da cui si vede
 che per retto camino
 vien l’origine sua dal re Pipino.
 TRITEMIO
 Oh capperi! Che vedo?
 Questa è una cosa bella in verità.
425Ma della nobiltà, signor mio caro,
 come andiamo del par con il denaro?
 RINALDO
 Mostrategli i poderi,
 mostrategli sinceri i fondamenti.
 CAPOCCHIO
 Questi sono istrumenti
430di compere, di censi, di livelli;
 questi sono contratti buoni e belli.
 
    Nel Quattrocento
 sei possessioni,
 nel Cinquecento
435quattro valloni.
 Anno millesimo
 una duchea.
 Milletrentesimo
 una contea