La favola de’ tre gobbi, libretto, Bonn, Rommerskirchen, 1764 (Madama Vezzosa)

 che rimorsi non ha, nell’innocenza,
 che paga è di sé stessa, in questa mano
 necessaria all’impero. Augusto alfine
815non è barbaro o stolto.
 E se perde un mio pari,
 conosce anche un tiranno
 qual dura impresa è ristorarne il danno.
 
 SCENA VI
 
 VARO con pretoriani e detti
 
 FULVIA
 Varo, che rechi?
 EZIO
                                 È salva
820di Cesare la vita? Al suo riparo
 può giovar l’opra mia?
 Che fa?
 VARO
                  Cesare appunto a te m’invia.
 EZIO
 A lui dunque si vada.
 VARO
 Non vuol questo da te; vuol la tua spada.
 EZIO
825Come!
 FULVIA
                Il previdi!
 EZIO
                                     E qual follia lo mosse?
 E possibil sarà?
 VARO
                                Così non fosse.
 La tua compiango, amico,
 e la sventura mia che mi riduce
 un uffizio a compir contrario tanto
830alla nostra amicizia, al genio antico.
 EZIO
 Prendi. Augusto compiangi e non l’amico. (Gli dà la spada)
 
    Recagli quell’acciaro
 che gli difese il trono;
 rammentagli chi sono
835e vedilo arrossir.
 
    E tu serena il ciglio, (A Fulvia)
 se l’amor mio t’è caro;
 l’unico mio periglio
 sarebbe il tuo martir. (Parte con guardie)
 
 SCENA VII
 
 FULVIA e VARO
 
 FULVIA
840Varo, se amasti mai, de’ nostri affetti
 pietà dimostra e d’un oppresso amico
 difendi l’innocenza.
 VARO
                                       Or che m’è noto
 il vostro amor, la pena mia s’accresce
 e giovarvi io vorrei; ma troppo, oh dio!
845Ezio è di sé nemico; ei parla in guisa
 che irrita Augusto.
 FULVIA
                                     Il suo costume altero
 è palese a ciascuno. Omai dovrebbe
 non essergli delitto. Alfin tu vedi
 che se de’ merti suoi così favella,
850ei non è menzognero.
 VARO
 Qualche volta è virtù tacere il vero.
 Se non lodo il suo fasto,
 è segno d’amistà. Saprò per lui
 impiegar l’opra mia;
855ma voglia il ciel che inutile non sia.
 FULVIA
 Non dir così. Niega agli afflitti aita
 chi dubbiosa la porge.
 VARO
                                           Egli è sicuro,
 sol che tu voglia. A Cesare ti dona
 e consorte di lui tutto potrai.
 FULVIA
860Che ad altri io voglia mai,
 fuor che ad Ezio donarmi, ah non fia vero.
 VARO
 Ma, Fulvia, per salvarlo in qualche parte
 ceder convien. Tu puoi l’ira d’Augusto
 sola placar; non differirlo; e in seno
865se amor non hai per lui, fingilo almeno.
 FULVIA
 Seguirò il tuo consiglio
 ma chi sa con qual sorte. È sempre un fallo
 il simulare. Io sento
 che vi ripugna il core.
 VARO
                                          In simil caso
870il fingere è permesso;
 e poi non è gran pena al vostro sesso.
 FULVIA
 
    Quel fingere affetto
 allor che non s’ama
 per molti è diletto;
875ma pena la chiama
 quest’alma non usa
 a fingere amor.
 
    Mi scopre, m’accusa,
 se parla, se tace,
880il labbro seguace
 de’ moti del cor. (Parte)
 
 SCENA VIII
 
 VARO
 
 VARO
 Folle è colui che al tuo favor si fida,
 instabile fortuna. Ezio felice
 della romana gioventù poc’anzi
885era oggetto all’invidia,
 misura ai voti; e in un momento poi
 così cangia d’aspetto
 che dell’altrui pietà si rende oggetto.
 Purtroppo, o sorte infida,
890folle è colui che al tuo favor si fida.
 
    Nasce al bosco in rozza cuna
 un felice pastorello
 e con l’aure di fortuna
 giunge i regni a dominar.
 
895   Presso al trono in regie fasce
 sventurato un altro nasce
 e fra l’ire della sorte
 va gli armenti a pascolar. (Parte)
 
 SCENA IX
 
  Galleria di statue e specchi con sedili intorno, fra’ quali uno innanzi a mano destra, capace di due persone. Gran balcone aperto in prospetto, dal quale vista di Roma.
 
 ONORIA e MASSIMO
 
 ONORIA
 Massimo, anch’io lo veggo, ogni ragione
900Ezio condanna. Egli è rival d’Augusto;
 al suo merto, al suo nome
 crede il mondo soggetto. E poi che giova
 mendicarne argomenti? Io stessa intesi
 le sue minacce; ecco l’effetto. E pure
905incredulo il mio core
 reo non sa figurarlo e traditore.
 MASSIMO
 Oh virtù senza pari! È questo invero
 eccesso di clemenza. E chi dovrebbe
 più di te condannarlo? Ei ti disprezza;
910ricusa quella mano
 contesa dai monarchi. Ogni altra avria...
 ONORIA
 Ah dell’ingiuria mia
 non ragionarmi più. Quella mi punse
 nel più vivo del cor. Superbo! Ingrato!
915Allor che mel rammento,
 tutto il sangue agitar, Massimo, io sento.
 Non già però ch’io l’ami o che mi spiaccia
 di non essergli sposa. Il grado offeso...
 la gloria... l’onor mio...
920son le cagioni...
 MASSIMO
                               Eh lo conosco anch’io;
 ma nol conosce ognun. Sai che si crede
 più l’altrui debolezza
 che la virtude altrui. La tua clemenza
 può comparire amor. Questo sospetto
925solo con vendicarti
 puoi dileguar. Non abborrire alfine
 una giusta vendetta;
 tanta clemenza a nuovi oltraggi alletta.
 ONORIA
 Le mie private offese ora non sono
930la maggior cura. Esaminar conviene
 del germano i perigli. Ezio s’ascolti;
 si trovi il reo. Potrebbe
 esser egli innocente.
 MASSIMO
                                        È vero; e poi
 potrebbe anche pentirsi,
935la tua destra accettar...
 ONORIA
                                            La destra mia!
 Eh non tanto sé stessa Onoria obblia.
 Se fosse quel superbo
 anche signor dell’universo intero,
 non mi speri ottener; mai non fia vero.
 MASSIMO
940Or ve’ com’è ciascuno
 facile a lusingarsi! E pure ei dice
 che ha in pugno il tuo voler, che tu l’adori,
 che a suo piacer dispone
 d’Onoria innamorata,
945che s’ei vuol basta un guardo e sei placata.
 ONORIA
 Temerario! Ah non voglio
 che lungamente il creda. Al primo sposo,
 che suddito non sia, saprò donarmi.
 Ei vedrà se mancarmi
950possan regni e corone,
 e s’ei d’Onoria a suo piacer dispone. (In atto di partire)
 
 SCENA X
 
 VALENTINIANO e detti
 
 VALENTINIANO
 Onoria, non partir. Per mio riposo
 tu devi ad uno sposo,
 forse poco a te caro, offrir la mano.
955Questi ci offese, è ver; ma il nostro stato
 assicurar dobbiamo. Ei ti richiede;
 e al pacifico invito
 acconsentir conviene.
 ONORIA
                                          (Ezio è pentito).
 M’è noto il nome suo?
 VALENTINIANO
                                           Purtroppo. Ho pena,
960germana, in profferirlo. Io dal tuo labbro
 rimproveri ne attendo. A me dirai
 ch’è un’anima superba,
 ch’è reo di poca fé, che son gli oltraggi
 troppo recenti; io lo conosco; e pure,
965rammentando i perigli,
 è forza che a tal nodo io ti consigli.
 ONORIA
 (Rifiutarlo or dovrei ma...) Senti. Alfine,
 se giova alla tua pace,
 disponi del mio cor come a te piace.
 MASSIMO
970Signore, il tuo disegno
 io non intendo. Ezio t’insidia e pensi
 solamente a premiarlo?
 VALENTINIANO
 Ad Ezio io non pensai; d’Attila io parlo.
 ONORIA
 (Oh inganno!) Attila!
 MASSIMO
                                          E come?
 VALENTINIANO
975Un messaggier di lui
 me ne recò pur ora
 la richiesta in un foglio. È questo un segno
 che il suo fasto mancò. Non è l’offerta
 vergognosa per te. Stringi uno sposo
980a cui servono i re, barbaro, è vero,
 ma che può, raddolcito
 dal tuo nobile amore,
 la barbarie cangiar tutta in valore.
 ONORIA
 Ezio sa la richiesta?
 VALENTINIANO
                                       E che! Degg’io
985consigliarmi con lui? Questo a che giova?
 ONORIA
 Giova per avvilirlo e perché meno
 necessario si creda;
 giova perché s’avveda
 che al popolo romano
990utile più d’ogni altra è questa mano.
 VALENTINIANO
 Egli il saprà; ma intanto
 posso del tuo consenso
 Attila assicurar?
 ONORIA
                                 No; prima io voglio
 vederti salvo. Il traditor si cerchi.
995Ezio favelli e poi
 Onoria spiegherà gli affetti suoi.
 
    Finché per te mi palpita
 timido in petto il cor,
 accendersi d’amor
1000non sa quest’alma.
 
    Nell’amorosa face
 qual pace ho da sperar,
 se comincio ad amar
 priva di calma? (Parte)
 
 SCENA XI
 
 VALENTINIANO e MASSIMO
 
 VALENTINIANO
1005Olà, qui si conduca (Esce una comparsa, la quale, ricevuto l’ordine, parte)
 il prigionier. Ne’ miei timori io cerco
 da te consiglio. Assicurarmi in parte
 potrà d’Attila il nodo?
 MASSIMO
                                           Anzi ti espone
 a periglio maggior. Cerca il nemico
1010sopir la cura tua, fingersi umano,
 avvicinarsi a te. Chi sa che ad Ezio
 non sia congiunto. Il temerario colpo
 gran certezza suppone. E poi t’è noto
 che ad Attila già vinto Ezio alla fuga
1015lasciò libero il passo e a te dovea
 condurlo prigioniero;
 ma non volle e potea.
 VALENTINIANO
                                         Purtroppo è vero.
 
 SCENA XII
 
 FULVIA e detti
 
 FULVIA
 Augusto, ah rassicura
 i miei timori! È il traditor palese?
1020È in salvo la tua vita?
 VALENTINIANO
                                          E Fulvia ha tanta
 cura di me?
 FULVIA
                         Puoi dubitarne? Adoro
 in Cesare un amante a cui fra poco
 con soave catena
 annodarmi dovrò. (So dirlo appena).
 MASSIMO
1025(Simula o dice il ver?)
 VALENTINIANO
                                            Se il mio periglio
 amorosa pietà ti desta in seno,
 grata al mio cor la sicurezza è meno.
 Ma potrò lusingarmi
 della tua fedeltà?
 FULVIA
                                  Per finch’io viva
1030de’ miei teneri affetti avrai l’impero.
 (Ezio, perdona).
 MASSIMO
                                 (Io non comprendo il vero).
 VALENTINIANO
 Ah! Se d’Ezio non era
 la fellonia, saresti già mia sposa.
 Ma cara alla sua vita
1035costerà la tardanza.
 FULVIA
                                      Il gran delitto
 dovresti vendicar. Ma chi dall’ira
 del popolo, che l’ama,
 assicurar ci può? Pensaci, Augusto,
 per te dubbia mi rendo.
 VALENTINIANO
1040Questo sol mi trattiene.
 MASSIMO
                                              (Or Fulvia intendo).
 FULVIA
 E se fosse innocente? Eccoti privo
 d’un gran sostegno, eccoti esposto ai colpi
 d’ignoto traditore,
 eccoti in odio... Ah mi si agghiaccia il core!
 VALENTINIANO
1045Volesse il ciel che reo non fosse. Ei viene
 qui per mio cenno.
 FULVIA
                                      (Ah che farò?)
 VALENTINIANO
                                                                   Vedrai
 ne’ suoi detti qual è.
 FULVIA
                                        Lascia ch’io parta.
 Col suo giudice solo
 meglio il reo parlerà.
 VALENTINIANO
                                         No, resta.
 MASSIMO
                                                             Augusto,
1050Ezio qui giunge. (Vedendo venire Ezio)
 FULVIA
                                  (Oh dio!)
 VALENTINIANO
 T’assidi al fianco mio. (A Fulvia)
 FULVIA
 Come! Suddita io sono e tu vorrai...
 VALENTINIANO
 Suddita non è mai
 chi ha vassallo il monarca.
 FULVIA
                                                  Ah non conviene...
 VALENTINIANO
1055Non più, comincia ad avvezzarti al trono.
 Siedi.
 FULVIA
               Ubbidisco. (In qual cimento io sono!) (Siede alla destra di Valentiniano)
 
 SCENA XIII
 
 EZIO disarmato e detti
 
 EZIO
 (Stelle, che miro! In Fulvia (Nell’uscire, vedendo Fulvia, si ferma)
 come tanta incostanza!)
 FULVIA
 (Resisti, anima mia).
 VALENTINIANO
                                          Duce, t’avanza.
 EZIO
1060Il giudice qual è? Pende il mio fato
 da Cesare o da Fulvia?
 VALENTINIANO
                                            E Fulvia ed io
 siamo un giudice solo. Ella è sovrana
 or che in lacci di sposo a lei mi stringo.
 EZIO
 (Donna infedel!)
 FULVIA
                                  (Potessi dir che fingo!)
 VALENTINIANO
1065Ezio, m’ascolta; e a moderare impara,
 per poco almeno, il naturale orgoglio
 che giovarti non può. Qui si cospira
 contro di me. Del tradimento autore
 ti crede ognun. Di fellonia t’accusa
1070il rifiuto d’Onoria, il troppo fasto
 delle vittorie tue, l’aperto scampo
 ad Attila permesso, il tuo geloso
 e temerario amor, le tue minacce
 di cui tu sai che testimonio io sono.
1075Pensa a scolparti o a meritar perdono.
 MASSIMO
 (Sorte non mi tradir).
 EZIO
                                           Cesare, invero
 ingegnoso è il pretesto. Ove s’asconde
 costui che t’assalì? Chi dell’insidia
 autor mi afferma? Accusator tu sei
1080del figurato eccesso,
 giudice e testimonio a un tempo istesso.
 FULVIA
 (Oh dio! Si perde).
 VALENTINIANO
                                      (E soffrirò l’altero?)
 EZIO
 Ma il delitto sia vero;
 perché si appone a me? Perché d’Onoria
1085la destra ricusai? Dunque ad Augusto
 serbai la libertà col mio sudore,
 perché a me la togliesse anche in amore?
 È d’Attila la fuga
 che mi convince reo? Dunque io dovea
1090Attila imprigionar, perché d’Europa
 tutte le forze e l’armi,
 senza il timor che le congiunge a noi,
 si volgessero poi contro l’impero?
 Cerca per queste imprese altro guerriero.
1095Son reo perché conosco
 qual io mi sia, perché di me ragiono?
 L’alme vili a sé stesse ignote sono.
 FULVIA
 (Partir potessi).
 VALENTINIANO
                                Un nuovo fallo è questa
 temeraria difesa. Altro t’avanza
1100per tua discolpa ancor?
 EZIO
                                             Dissi abbastanza.
 Cesare, non curarti
 tutto il resto ascoltar ch’io dir potrei.
 VALENTINIANO
 Che diresti?
 EZIO
                          Direi
 che produce un tiranno
1105chi solleva un ingrato. Anche ai sovrani
 direi che desta invidia
 de’ sudditi il valor, che a te dispiace
 d’essermi debitor, che tu paventi
 in me que’ tradimenti
1110che sai di meritar quando mi privi
 d’un cor...
 VALENTINIANO
                      Superbo, a questo eccesso arrivi?
 FULVIA
 (Aimè!)
 VALENTINIANO
                   Punir saprò...
 FULVIA
                                              Soffri, se m’ami,
 che Fulvia parta. I vostri sdegni irrita (S’alza)