La favola de’ tre gobbi, libretto, Berlino, Haude e Spener, 1754 (Potsdam, I tre gobbi)

 trafiggermi sperò; nel sonno immerso
660credea trovarmi e s’ingannò. L’intesi
 del mio notturno albergo
 l’ingresso penetrare. a’ dubbi passi,
 al tentar delle piume
 previdi un tradimento. In piè balzai,
665strinsi un acciar; contro il fellon che fugge,
 fra l’ombre i colpi affretto; accorre al grido
 stuol di custodi e delle aperte logge
 mi veggo al lume inaspettato e nuovo
 sanguigno il ferro, il traditor non trovo.
 MASSIMO
670Forse Emilio non fu.
 VALENTINIANO
                                        La nota voce
 ben riconobbi al grido, onde si dolse
 allor che lo piagai.
 MASSIMO
                                    Ma per qual fine
 un tuo servo arrischiarsi al colpo indegno?
 VALENTINIANO
 Il servo lo tentò, d’altri è il disegno.
 FULVIA
675(Oh dio!)
 MASSIMO
                     Lascia ch’io vada
 in traccia del fellon. (In atto di partire)
 VALENTINIANO
                                        Cura è di Varo.
 Tu non partire.
 MASSIMO
                               (Ah son perduto!) Io forse
 meglio di lui potrò...
 VALENTINIANO
                                        Massimo, amico,
 non lasciarmi così; se tu mi lasci,
680donde spero consiglio e donde aita?
 MASSIMO
 T’ubbidisco. (Io respiro).
 FULVIA
                                                 (Io torno in vita).
 MASSIMO
 Ma chi del tradimento
 tu credi autor?
 VALENTINIANO
                              Puoi dubitarne? In esso
 Ezio non riconosci? Ah! Se mai posso
685convincerlo abbastanza, i giorni suoi
 l’error mi pagheranno.
 FULVIA
 (Mancava all’alma mia quest’altro affanno).
 MASSIMO
 Io non so figurarmi
 in Ezio un traditor. D’esserlo almeno
690non ha ragion. Benignamente accolto...
 applaudito da te... come avria core?
 È ben ver che l’amore,
 l’ambizion, la gelosia, la lode
 contaminan talor d’altrui la fede.
695Ezio amato si vede,
 è pien d’una vittoria,
 arbitro è delle schiere...
 Eh potrebbe scordarsi il suo dovere.
 FULVIA
 Tu lo conosci ed in tal guisa, o padre,
700parli di lui?
 MASSIMO
                         Son d’Ezio amico, è vero,
 ma suddito d’Augusto.
 VALENTINIANO
                                            E Fulvia tanto
 difende un traditore? Ah! Che ’l sospetto
 del geloso mio cor vero diviene.
 MASSIMO
 Credi Fulvia capace
705d’altro amor che del tuo? T’inganni; in lei
 è pietà la difesa e non amore.
 La minaccia, l’orrore
 di castigo e di morte
 la fanno impietosir. Del sesso imbelle
710la natia debolezza ancor non sai?
 
 SCENA III
 
 VARO e detti
 
 VARO
 Cesare, invano il traditor cercai.
 VALENTINIANO
 Ma dove si celò?
 VARO
                                 La nostra cura
 non poté rinvenirlo.
 VALENTINIANO
                                       E deggio in questa
 incertezza restar? Di chi fidarmi?
715Di chi temer? Stato peggior del mio
 vedeste mai?
 MASSIMO
                            Ti rassicura. Un colpo,
 che a vuoto andò, del traditor scompone
 tutta la trama. Io cercherò d’Emilio;
 io veglierò per te. Del tutto ignoto
720l’insidiator non è. Per tua salvezza
 d’alcuno intanto assicurar ti puoi.
 VALENTINIANO
 Deh m’assistete; io mi riposo in voi.
 
    Vi fida lo sposo,
 vi fida il regnante,
725dubbioso ed amante
 la vita e l’amor.
 
    Tu, amico, prepara (A Massimo)
 soccorso ed aita;
 tu serbami, o cara,
730gli affetti del cor. (A Fulvia e parte con Varo e pretoriani)
 
 SCENA IV
 
 MASSIMO e FULVIA
 
 FULVIA
 E puoi d’un tuo delitto
 Ezio incolpar? Chi ti consiglia, o padre?
 MASSIMO
 Folle! La sua ruina
 è riparo alla mia. Della vendetta
735mi agevola il sentier. S’ei resta oppresso,
 non ha difesa Augusto. Or vedi quanto
 è necessaria a noi. Troppo maggiore
 d’un femminil talento
 questa cura saria. Lasciane il peso
740a chi di te più visse
 e più saggio è di te.
 FULVIA
                                      Dunque ti renda
 l’età più giusto ed il saper.
 MASSIMO
                                                   Se tento
 l’onor mio vendicar, non sono ingiusto.
 E se lo fossi ancor, presa è la via;
745ed a ritrarne il piè tardi saria.
 FULVIA
 Non è mai troppo tardi onde si rieda
 per le vie di virtù. Torna innocente
 chi detesta l’error.
 MASSIMO
                                    Posso una volta
 ottener che non parli? Alfin che brami?
750Insegnar mi vorresti
 ciò che da me apprendesti? O vuoi ch’io serva
 al tuo debole amor? Fulvia, raffrena
 i tuoi labbri loquaci;
 e in avvenir non irritarmi e taci.
 FULVIA
755Ch’io taccia e non t’irriti allor che veggio
 il monarca assalito,
 te reo del gran misfatto, Ezio tradito?
 Lo tolleri chi può; d’ogni rispetto
 o mi disciogli o quando
760rispettosa mi vuoi, cangia il comando.
 MASSIMO
 Ah perfida! Conosco
 che vuoi sacrificarmi al tuo desio.
 Va’, dell’affetto mio,
 che nulla ti nascose, empia, t’abusa;
765e per salvar l’amante, il padre accusa.
 
    Va’ dal furor portata,
 palesa il tradimento;
 ma ti sovvenga, ingrata,
 il traditor qual è.
 
770   Scopri la frode ordita;
 ma pensa in quel momento
 ch’io ti donai la vita,
 che tu la togli a me. (Parte)
 
 SCENA V
 
 FULVIA, poi EZIO
 
 FULVIA
 Che fo? Dove mi volgo? Egual delitto
775è il parlare e il tacer. Se parlo, oh dio!
 son parricida e nel pensarlo io tremo.
 Se taccio, al giorno estremo
 giunge il mio bene. Ah! Che all’idea funesta
 s’agghiaccia il sangue e intorno al cor s’arresta.
780Ah! Qual consiglio mai...
 Ezio, dove t’inoltri? Ove ten vai? (Vedendo Ezio)
 EZIO
 In difesa d’Augusto. Intesi...
 FULVIA
                                                      Ah fuggi!
 In te del tradimento
 cade il sospetto.
 EZIO
                                In me! Fulvia, t’inganni.
785Ha troppe prove il Tebro
 della mia fedeltà. Chi seppe ogni altro
 superar con l’imprese
 maggior d’ogni calunnia anche si rese.
 FULVIA
 Ma se Cesare istesso il reo ti chiama,
790s’io stessa l’ascoltai.
 EZIO
                                       Può dirlo Augusto
 ma crederlo non può; s’anche un momento
 giungesse a dubitarne, ove si volga
 vede la mia difesa. Italia, il mondo,
 la sua grandezza, il conservato impero
795rinfacciar gli saprà che non è vero.
 FULVIA
 So che la tua ruina
 vendicata saria; ma chi m’accerta
 d’una pronta difesa? Ah! S’io ti perdo,
 la più crudel vendetta
800della perdita tua non mi consola.
 Fuggi, se m’ami, al mio timor t’invola.
 EZIO
 Tu per soverchio affetto, ove non sono,
 ti figuri i perigli.
 FULVIA
                                  E dove fondi
 questa tua sicurezza?
805Forse nel tuo valore? Ezio, gli eroi
 son pur mortali e ’l numero gli opprime.
 Forse nel merto? Ah! Che per questo, o caro,
 sventure io ti predico;
 il merto appunto è il tuo maggior nemico.
 EZIO
810La sicurezza mia, Fulvia, è riposta
 nel cor candido e puro
 che rimorsi non ha, nell’innocenza,
 che paga è di sé stessa, in questa mano
 necessaria all’impero. Augusto alfine
815non è barbaro o stolto.
 E se perde un mio pari,
 conosce anche un tiranno
 qual dura impresa è ristorarne il danno.
 
 SCENA VI
 
 VARO con pretoriani e detti
 
 FULVIA
 Varo, che rechi?
 EZIO
                                 È salva
820di Cesare la vita? Al suo riparo
 può giovar l’opra mia?
 Che fa?
 VARO
                  Cesare appunto a te m’invia.
 EZIO
 A lui dunque si vada.
 VARO
 Non vuol questo da te, vuol la tua spada.
 EZIO
825Come?
 FULVIA
                 Il previdi.
 EZIO
                                      E qual follia lo mosse?
 E possibil sarà?
 VARO
                                Così non fosse.
 La tua compiango, amico,
 e la sventura mia che mi riduce
 un uffizio a compir contrario tanto
830alla nostra amicizia, al genio antico.
 EZIO
 Prendi. Augusto compiangi e non l’amico. (Gli dà la spada)
 
    Recagli quell’acciaro
 che gli difese il trono;
 rammentagli chi sono
835e vedilo arrossir.
 
    E tu serena il ciglio,
 se l’amor mio t’è caro; (A Fulvia)
 l’unico mio periglio
 sarebbe il tuo martir. (Parte con guardie)
 
 SCENA VII
 
 FULVIA e VARO
 
 FULVIA
840Varo, se amasti mai, de’ nostri affetti
 pietà dimostra e d’un oppresso amico
 difendi l’innocenza.
 VARO
                                       Or che m’è noto
 il vostro amor, la pena mia s’accresce
 e giovarvi io vorrei; ma troppo, oh dio!
845Ezio è di sé nemico; ei parla in guisa
 che irrita Augusto.
 FULVIA
                                     Il suo costume altero
 è palese a ciascuno. Omai dovrebbe
 non essergli delitto. Alfin tu vedi
 che se de’ merti suoi così favella,
850ei non è menzognero.
 VARO
 Qualche volta è virtù tacere il vero.
 Se non lodo il suo fasto,
 è segno d’amistà. Saprò per lui
 impiegar l’opra mia;
855ma voglia il ciel che inutile non sia.
 FULVIA
 Non dir così; niega agli afflitti aita
 chi dubbiosa la porge.
 VARO
                                           Egli è sicuro,
 sol che tu voglia; a Cesare ti dona
 e consorte di lui tutto potrai.
 FULVIA
860Che ad altri io voglia mai
 fuor che ad Ezio donarmi ah non fia vero!
 VARO
 Ma, Fulvia, per salvarlo in qualche parte
 ceder convien. Tu puoi l’ira d’Augusto
 sola placar; non differirlo e in seno
865se amor non hai per lui, fingilo almeno.
 FULVIA
 Seguirò il tuo consiglio
 ma chi sa con qual sorte. È sempre un fallo
 il simulare. Io sento
 che vi ripugna il core.
 VARO
                                          In simil caso
870il fingere è permesso;
 e poi non è gran pena al vostro sesso.
 FULVIA
 
    Quel fingere affetto
 allor che non s’ama
 per molti è diletto;
875ma pena la chiama
 quest’alma non usa
 a fingere amor.
 
    Mi scopre, m’accusa,
 se parla, se tace,
880il labbro seguace
 dei moti del cor. (Parte)
 
 SCENA VIII
 
 VARO
 
 VARO
 Folle è colui che al tuo favor si fida,
 instabile fortuna. Ezio felice
 della romana gioventù poc’anzi
885era oggetto all’invidia,
 misura ai voti; e in un momento poi
 così cangia d’aspetto
 che dell’altrui pietà si rende oggetto.
 Purtroppo, o sorte infida,
890folle è colui che al tuo favor si fida.
 
    Nasce al bosco in rozza cuna
 un felice pastorello
 e con l’aure di fortuna
 giunge i regni a dominar.
 
895   Presso al trono in regie fasce
 sventurato un altro nasce
 e fra l’ire della sorte
 va gli armenti a pascolar. (Parte)
 
 SCENA IX
 
  Galleria di statue e specchi con sedili intorno, fra’ quali uno innanzi dalla mano destra capace di due persone. Gran balcone aperto in prospetto, dal quale vista di Roma.
 
 ONORIA e MASSIMO
 
 ONORIA
 Massimo, anch’io lo veggo, ogni ragione
900Ezio condanna. Egli è rival d’Augusto;
 al suo merto, al suo nome
 crede il mondo soggetto; e poi che giova
 mendicarne argomenti? Io stessa intesi
 le sue minacce; ecco l’effetto. E pure
905incredulo il mio core
 reo non sa figurarlo e traditore.
 MASSIMO
 Oh virtù senza pari! È questo invero
 eccesso di clemenza. E chi dovrebbe
 più di te condannarlo? Ei ti disprezza,
910ricusa quella mano
 contesa dai monarchi. Ogni altra avria...
 ONORIA
 Ah! Dell’ingiuria mia
 non ragionarmi più. Quella mi punse
 nel più vivo del cor. Superbo! Ingrato!
915Allor che mel rammento,
 tutto il sangue agitar, Massimo, io sento.
 Non già però ch’io l’ami o che mi spiaccia
 di non essergli sposa. Il grado offeso...
 la gloria... l’onor mio...
920son le cagioni...
 MASSIMO
                               Eh lo conosco anch’io;
 ma nol conosce ognun. Sai che si crede
 più l’altrui debolezza
 che la virtude altrui. La tua clemenza
 può comparire amor. Questo sospetto
925solo con vendicarti
 puoi dileguar. Non abborrire alfine
 una giusta vendetta;
 tanta clemenza a nuovi oltraggi alletta.
 ONORIA
 Le mie private offese ora non sono
930la maggior cura. Esaminar conviene
 del germano i perigli. Ezio s’ascolti,
 si trovi il reo; potrebbe
 esser egli innocente.
 MASSIMO
                                        È vero, e poi
 potrebbe anche pentirsi,
935la tua destra accettar...
 ONORIA
                                            La destra mia!
 Eh non tanto sé stessa Onoria obblia.
 Se fosse quel superbo
 anche signor dell’universo intero,
 non mi speri ottener; mai non fia vero.
 MASSIMO
940Or ve’ com’è ciascuno
 facile a lusingarsi! E pure ei dice
 che ha in pugno il tuo voler, che tu l’adori,
 che a suo piacer dispone
 d’Onoria innamorata,
945che s’ei vuol basta un sguardo e sei placata.
 ONORIA
 Temerario! Ah non voglio
 che lungamente il creda; al primo sposo,
 che suddito non sia, saprò donarmi.
 Ei vedrà se mancarmi
950possan regni e corone,
 e s’ei d’Onoria a suo piacer dispone. (In atto di partire)
 
 SCENA X
 
 VALENTINIANO e detti
 
 VALENTINIANO
 Onoria, non partir. Per mio riposo
 tu devi ad uno sposo
 forse poco a te caro offrir la mano;
955questi ci offese, è ver; ma il nostro stato
 assicurar dobbiamo. Ei ti richiede;
 e al pacifico invito
 acconsentir conviene.
 ONORIA
                                          (Ezio è pentito).
 M’è noto il nome suo?
 VALENTINIANO
                                           Purtroppo. Ho pena,
960germana, in proferirlo. Io dal tuo labbro
 rimproveri n’attendo; a me dirai
 ch’è un’anima superba,
 ch’è reo di poca fé, che son gli oltraggi
 troppo recenti. Io lo conosco; e pure,
965rammentando i perigli,
 è forza che a tal nodo io ti consigli.
 ONORIA
 (Rifiutarlo or dovrei ma...) Senti; alfine,
 se giova alla tua pace,
 disponi del mio cor come a te piace.
 MASSIMO
970Signore, il tuo disegno
 io non intendo. Ezio t’insidia e pensi
 solamente a premiarlo?
 VALENTINIANO
 Ad Ezio io non pensai; d’Attila io parlo.
 ONORIA
 (Oh inganno!) Attila?
 MASSIMO
                                          E come?
 VALENTINIANO