La favola de’ tre gobbi, libretto, Firenze, Pieri, 1751 (I tre gobbi rivali)

                                             Oh dio! Mi moro. (Si appoggia ad una scena coprendosi il volto)
 VALENTINIANO
 Corri, l’esangue spoglia
1505nascondi ad ogni sguardo; ignota resti
 d’Ezio la morte ad ogni suo seguace.
 VARO
 Sarà legge il tuo cenno. (Parte)
 VALENTINIANO
                                              E Fulvia tace?
 Ora è tempo che parli; e perché mai
 generoso monarca or non mi dice?
 FULVIA
1510Ah tiranno! Io vorrei... Sposo infelice! (Come sopra)
 MASSIMO
 Un primo sfogo al suo dolore ingiusto
 lascia, o signor.
 
 SCENA IX
 
 ONORIA e detti
 
 ONORIA
                               Liete novelle, Augusto.
 VALENTINIANO
 Che reca Onoria? Il volto suo ridente
 felicità promette.
 ONORIA
                                   Ezio è innocente.
 VALENTINIANO
1515Come?
 ONORIA
                 Emilio parlò. L’empio ministro
 nelle mie stanze io ritrovai celato,
 già vicino a morir.
 MASSIMO
                                     (Son disperato).
 VALENTINIANO
 Nelle tue stanze?
 ONORIA
                                  Sì. Da te ferito
 la scorsa notte ivi s’ascose. Intesi
1520dal labbro suo ch’Ezio è innocente. Augusto,
 non mentisce chi more.
 VALENTINIANO
                                              E l’alma rea,
 che gli commise il colpo,
 almen ti palesò?
 ONORIA
                                 Mi disse: «È quella
 che a Cesare è più cara e che da lui
1525fu oltraggiata in amor».
 VALENTINIANO
                                              Ma il nome?
 ONORIA
                                                                       Emilio
 a dirlo si accingea; tutta sui labbri
 l’anima fuggitiva egli raccolse;
 ma l’estremo sospiro il nome involse.
 VALENTINIANO
 Oh sventura!
 MASSIMO
                           (Oh periglio!)
 FULVIA
                                                       Or di’, tiranno, (A Valentiniano)
1530s’era infido il mio sposo?
 Se fu giusto il punirlo? Or che mi giova
 che tu il pianga innocente? Or chi la vita,
 empio, gli renderà?
 ONORIA
                                       Fulvia, che dici?
 Ezio morì!
 FULVIA
                       Sì, principessa; ah fuggi
1535dal barbaro germano; egli è una fiera
 che si pasce di sangue
 e di sangue innocente. Ognun si guardi,
 egli ha vinto i rimorsi, orror non sente
 della sua crudeltà, gloria non cura;
1540pur la tua vita, Onoria, è mal sicura.
 ONORIA
 Ah inumano! E potesti...
 VALENTINIANO
                                               Onoria, oh dio!
 Non insultarmi; io lo conosco, errai;
 ma di pietà son degno
 più che d’accuse. Il mio timor consiglia.
1545Son questi i miei più cari; in qual di loro
 cercherò il traditor, s’io non gli offesi?
 ONORIA
 Chi mai non offendesti? Il tuo pensiero
 il passato raccolga e non si scordi
 di Massimo la sposa, i folli amori,
1550l’insidiata onestà.
 MASSIMO
                                   (Come salvarmi!)
 VALENTINIANO
 E dovrò figurarmi
 che i benefici miei meno ei rammenti
 che un giovanil trasporto?
 ONORIA
                                                  E ancor non sai
 che l’offensore oblia
1555ma non l’offeso i ricevuti oltraggi?
 FULVIA
 (Ecco il padre in periglio).
 VALENTINIANO
                                                   Ah che purtroppo
 tu dici il ver ma che farò?
 ONORIA
                                                 Consigli
 or pretendi da me? Se fosti solo
 a fabbricarti il danno,
1560solo al riparo tuo pensa, o tiranno. (Parte)
 
 SCENA X
 
 VALENTINIANO, MASSIMO e FULVIA
 
 MASSIMO
 Cesare, alla mia fede
 troppo ingrato sei tu, se ne sospetti.
 VALENTINIANO
 Ah che d’Onoria ai detti
 dal mio sonno io mi desto.
1565Massimo, di scolparti il tempo è questo.
 Finché il reo non si trova,
 il reo ti crederò.
 MASSIMO
                                Perché? Qual fallo?
 Sol perché Onoria il dice...
 Che ingiustizia è la tua...
 FULVIA
                                                (Padre infelice!)
 VALENTINIANO
1570Giusto è il timor. Disse morendo Emilio
 che ’l traditor m’è caro,
 che io l’offesi in amor; tutto conviene,
 Massimo, a te. Se tu innocente sei,
 pensa a provarlo; assicurarmi intanto
1575di te vogl’io.
 FULVIA
                          (M’assista il ciel).
 VALENTINIANO
                                                            Qual altro
 insidiar mi potea?
 Olà.
 FULVIA
            Barbaro, ascolta; io son la rea.
 Io commisi ad Emilio
 la morte tua; quella son io che tanto
1580cara ti fui per mia fatal sventura.
 Io, perfido, son quella
 che oltraggiasti in amor, quando ad Onoria
 offristi il mio consorte. Ah se nemici
 non eran gli astri a’ desideri miei,
1585vendicata sarei,
 regnerebbe il mio sposo, il mondo e Roma
 non gemerebbe oppressa
 da un cor tiranno e da una destra imbelle.
 Oh sognate speranze! Oh avverse stelle!
 MASSIMO
1590(Ingegnosa pietade!)
 VALENTINIANO
                                         Io mi confondo.
 FULVIA
 (Il genitor si salvi e pera il mondo).
 VALENTINIANO
 Tradimento sì reo pensar potesti?
 Eseguirlo, vantarlo?
 FULVIA
                                       Ezio innocente
 morì per colpa mia; non vuo’ che mora
1595innocente per Fulvia il padre ancora.
 VALENTINIANO
 Massimo è fido almeno.
 MASSIMO
                                              Adesso, Augusto,
 colpevole son io; se quell’indegna
 tanto obliar la fedeltà poteo,
 nell’error della figlia il padre è reo.
1600Puniscimi, assicura
 i giorni tuoi col mio morir. Potrebbe
 il naturale affetto,
 che per la prole in ogni petto eccede,
 del padre un dì contaminar la fede.
 VALENTINIANO
1605A suo piacer la sorte
 di me disponga, io m’abbandono a lei.
 Son stanco di temer. Se tanto affanno
 la vita ha da costar, no, non la curo.
 Nelle dubbiezze estreme
1610per mancanza di speme io m’assicuro.
 
    Per tutto il timore
 perigli m’addita.
 Si perda la vita,
 finisca il martire;
1615è meglio morire
 che viver così.
 
    La vita mi spiace,
 se ’l fato nemico
 la speme, la pace,
1620l’amante, l’amico
 mi toglie in un dì. (Parte)
 
 SCENA XI
 
 MASSIMO e FULVIA
 
 MASSIMO
 Partì una volta. Io per te vivo, o figlia,
 io respiro per te. Con quanta forza
 celai finor la tenerezza? Ah lascia,
1625mia speme, mio sostegno,
 cara difesa mia, che alfin t’abbracci. (Vuole abbracciar Fulvia)
 FULVIA
 Vanne, padre crudel.
 MASSIMO
                                         Perché mi scacci?
 FULVIA
 Tutte le mie sventure
 io riconosco in te. Basta ch’io seppi,
1630per salvarti, accusarmi.
 Vanne, non rammentarmi
 quanto per te perdei,
 qual son io per tua colpa e qual tu sei.
 MASSIMO
 E contrastar pretendi
1635al grato genitor questo d’affetto
 testimonio verace?
 Vieni... (Vuole abbracciarla)
 FULVIA
                  Ma per pietà lasciami in pace.
 Se grato esser mi vuoi, stringi quel ferro,
 svenami, o genitor. Questa mercede
1640col pianto in su le ciglia
 al padre che salvò chiede una figlia.
 MASSIMO
 
    Tergi l’ingiuste lagrime,
 dilegua il tuo martiro,
 che s’io per te respiro,
1645tu regnerai per me.
 
    Di raddolcirti io spero
 questo penoso affanno
 col dono d’un impero,
 col sangue d’un tiranno
1650che delle nostre ingiurie
 punito ancor non è. (Parte)
 
 SCENA XII
 
 FULVIA
 
 FULVIA
 Misera dove son! L’aure del Tebro
 son queste ch’io respiro?
 Per le strade m’aggiro
1655di Tebe e d’Argo; o dalle greche sponde
 di tragedie feconde
 le domestiche furie
 vennero a questi lidi
 della prole di Cadmo e degli Atridi?
1660Là d’un monarca ingiusto
 l’ingrata crudeltà m’empie d’orrore;
 d’un padre traditore
 qua la colpa m’agghiaccia;
 e lo sposo innocente ho sempre in faccia.
1665Oh immagini funeste!
 Oh memorie! Oh martiro!
 Ed io parlo infelice ed io respiro?
 
    Ah non son io che parlo;
 è il barbaro dolore
1670che mi divide il core,
 che delirar mi fa.
 
    Non cura il ciel tiranno
 l’affanno in cui mi vedo;
 un fulmine gli chiedo
1675e un fulmine non ha. (Parte)
 
 SCENA XIII
 
 Campidoglio antico con popolo.
 
 MASSIMO senza manto con seguito, poi VARO
 
 MASSIMO
 Inorridisci, o Roma;
 d’Attila lo spavento, il duce invitto,
 il tuo liberator cadde trafitto.
 E chi l’uccise? Ah l’omicida ingiusto
1680fu l’invidia d’Augusto. Ecco in qual guisa
 premia un tiranno. Or che farà di noi
 chi tanto merto opprime? Ah vendicate,
 Romani, il vostro eroe; la gloria antica
 rammentatevi omai; da un giogo indegno
1685liberate la patria; e difendete
 dai vicini perigli
 l’onor, la vita e le consorti e i figli. (In atto di partire)
 VARO
 Massimo, ferma; e qual desio ribelle,
 qual furor ti consiglia?
 MASSIMO
1690Varo, t’accheta, o al mio pensier t’appiglia.
 Chi vuol salva la patria (Tutti snudan la spada)
 stringa il ferro e mi siegua; ecco il sentiero (Accennando il Campidoglio)
 onde avrà libertà Roma e l’impero. (Parte seguito da tutti verso il Campidoglio)
 VARO
 Che indegno! Egli la morte
1695d’un innocente affretta
 e poi Roma solleva alla vendetta.
 Va’ pur, forse il disegno
 a chi lo meditò sarà funesto;
 va’ traditor... Ma qual tumulto è questo! (S’ode brevissimo strepito di trombe e timpani)
 
1700   Già risonar d’intorno
 al Campidoglio io sento
 di cento voci e cento
 lo strepito guerrier.
 
    Che fo? Si vada e sia
1705stimolo all’alma mia
 il debito d’amico,
 di suddito il dover. (Parte)
 
 SCENA XIV
 
 Si vedono scendere dal Campidoglio combattendo le guardie imperiali coi sollevati. Siegue zuffa, la quale terminata, esce VALENTINIANO senza manto con spada rotta difendendosi da due congiurati e poi MASSIMO con spada, indi FULVIA
 
 VALENTINIANO
 Ah traditori! Amico, (A Massimo)
 soccorri il tuo signor.
 MASSIMO
                                         Fermate. Io voglio
1710il tiranno svenar.
 FULVIA
                                  Padre, che fai? (Fulvia si frappone)
 MASSIMO
 Punisco un empio.
 VALENTINIANO
                                     È questa
 di Massimo la fede?
 MASSIMO
                                        Assai finora
 finsi con te. Se ’l mio comando Emilio
 mal eseguì, per questa man cadrai.
 VALENTINIANO
1715Ah iniquo!
 FULVIA
                       Al sen d’Augusto
 non passerà quel ferro,
 se me di vita il genitor non priva.
 MASSIMO
 Cesare morirà.
 
 SCENA ULTIMA
 
 EZIO e VARO con spade nude, popolo e soldati, indi ONORIA e detti
 
 EZIO e VARO
                               Cesare viva.
 FULVIA
 Ezio!
 VALENTINIANO
             Che veggo!
 MASSIMO
                                    Oh sorte! (Getta la spada)
 ONORIA
                                                        È salvo Augusto?
 VALENTINIANO
1720Vedi chi mi salvò. (Accenna Ezio)
 ONORIA
                                     Duce, qual nume
 ebbe cura di te? (Ad Ezio)
 EZIO
                                  Di Varo amico
 il zelo e la pietà.
 VALENTINIANO
                                Come?
 VARO
                                                Eseguita
 finsi di lui la morte. Io t’ingannai;
 ma in Ezio il tuo liberator serbai.
 FULVIA
1725Provida infedeltà!
 EZIO
                                    Permette il cielo
 che tu debba i tuoi giorni,
 Cesare, a questa mano
 che credesti infedel. Vivi; io non curo
 maggior trionfo; e se ti resta ancora
1730per me qualche dubbiezza in mente accolta,
 eccomi prigioniero un’altra volta.
 VALENTINIANO
 Anima grande, eguale
 solamente a te stessa! In questo seno
 della mia tenerezza,
1735del pentimento mio ricevi un pegno.
 Eccoti la tua sposa. Onoria al nodo
 d’Attila si prepari; io so che lieta
 la tua man generosa a Fulvia cede.
 ONORIA
 È poco il sacrifizio a tanta fede.
 EZIO
1740Oh contento!
 FULVIA
                           Oh piacer!
 EZIO
                                                 Concedi, Augusto,
 la salvezza di Varo,
 di Massimo la vita ai nostri prieghi.
 VALENTINIANO
 A tanto intercessor nulla si nieghi.
 CORO
 
    Della vita nel dubbio camino
1745si smarrisce l’umano pensier.
 
    L’innocenza è quell’astro divino
 che rischiara fra l’ombre il sentier.
 
 IL FINE
 
 
 
 EZIO
 
 
 ARGOMENTO
 
    Ezio capitano dell’armi imperiali sotto Valentiniano III ritornando dalla celebre vittoria de’ campi Catalaunici, dove fugò Attila re degli Unni, fu accusato ingiustamente d’infedeltà all’imperatore e dal medesimo condannato a morire.
    Massimo, patrizio romano, offeso già da Valentiniano per avergli tentata l’onestà della consorte, proccurò l’aiuto d’Ezio per uccidere l’odiato imperatore; ma non riuscendogli, fece crederlo reo e ne sollecitò la morte, per sollevar poi, come fece, il popolo che lo amava contro Valentiniano. Tutto ciò è istorico, il resto è verisimile (Sigonio, De occidentali imperio; Prospero Aquitanio, Chronicon, eccetera).
    La scena è in Roma.
 
 
 INTERLOCUTORI
 
 VALENTINIANO III imperatore, amante di
 FULVIA figlia di Massimo, patrizio romano, amante e promessa sposa d’
 EZIO generale dell’armi cesaree, amante di Fulvia
 ONORIA sorella di Valentiniano, amante occulta d’Ezio
 MASSIMO patrizio romano, padre di Fulvia, confidente e nemico occulto di Valentiniano
 VARO prefetto de’ pretoriani, amico d’Ezio