La favola de’ tre gobbi, libretto, Ferrara, Rinaldi, 1756 (Li tre gobbi rivali amanti di madama Vezzosa)

1590Oh sognate speranze! Oh avverse stelle!
 MASSIMO
 (Ingegnosa pietade!)
 VALENTINIANO
                                         Io mi confondo.
 FULVIA
 (Il genitor si salvi e pera il mondo).
 VALENTINIANO
 Tradimento sì reo pensar potesti?
 Eseguirlo, vantarlo?
 FULVIA
                                       Ezio innocente
1595morì per colpa mia; non vo’ che mora
 innocente per Fulvia il padre ancora.
 VALENTINIANO
 Massimo è fido almeno?
 MASSIMO
                                               Adesso, Augusto,
 colpevole son io; se quell’indegna
 tanto obbliar la fedeltà poteo,
1600nell’error della figlia il padre è reo.
 Puniscimi, assicura
 i giorni tuoi col mio morir. Potrebbe
 il naturale affetto,
 che per la prole in ogni petto eccede,
1605del padre un dì contaminar la fede.
 VALENTINIANO
 A suo piacer la sorte
 di me disponga, io m’abbandono a lei.
 Son stanco di temer. Se tanto affanno
 la vita ha da costar, no, non la curo.
1610Nelle dubbiezze estreme
 per mancanza di speme io m’assicuro.
 
    Per tutto il timore
 perigli m’addita.
 Si perda la vita,
1615finisca il martire;
 è meglio morire
 che viver così.
 
    La vita mi spiace,
 se ’l fato nemico
1620la speme, la pace,
 l’amante, l’amico
 mi toglie in un dì. (Parte)
 
 SCENA XI
 
 MASSIMO e FULVIA
 
 MASSIMO
 Partì una volta. Io per te vivo, o figlia,
 io respiro per te. Con quanta forza
1625celai finor la tenerezza? Ah! Lascia,
 mia speme, mio sostegno,
 cara difesa mia, che alfin t’abbracci. (Vuole abbracciar Fulvia)
 FULVIA
 Vanne, padre crudel.
 MASSIMO
                                         Perché mi scacci?
 FULVIA
 Tutte le mie sventure
1630io riconosco in te. Basta ch’io seppi,
 per salvarti, accusarmi.
 Vanne, non rammentarmi
 quanto per te perdei,
 qual son io per tua colpa e qual tu sei.
 MASSIMO
1635E contrastar pretendi
 al grato genitor questo d’affetto
 testimonio verace?
 Vieni... (Vuole abbracciarla)
 FULVIA
                  Ma per pietà lasciami in pace.
 Se grato esser mi vuoi, stringi quel ferro,
1640svenami, o genitor. Questa mercede
 col pianto in su le ciglia
 al padre che salvò chiede una figlia.
 MASSIMO
 
    Tergi le ingiuste lagrime,
 dilegua il tuo martiro,
1645che s’io per te respiro,
 tu regnerai per me.
 
    Di raddolcirti io spero
 questo penoso affanno
 col dono d’un impero,
1650col sangue d’un tiranno
 che delle nostre ingiurie
 punito ancor non è. (Parte)
 
 SCENA XII
 
 FULVIA
 
 FULVIA
 Misera, dove son? L’aure del Tebro
 son queste ch’io respiro?
1655Per le strade m’aggiro
 di Tebe e d’Argo; o dalle greche sponde
 di tragedie feconde
 le domestiche furie
 vennero a questi lidi
1660della prole di Cadmo e degli Atridi?
 Là d’un monarca ingiusto
 l’ingrata crudeltà m’empie d’orrore;
 d’un padre traditore
 qua la colpa m’agghiaccia;
1665e lo sposo innocente ho sempre in faccia.
 Oh immagini funeste!
 Oh memorie! Oh martiro!
 Ed io parlo infelice ed io respiro?
 
    Ah! Non son io che parlo;
1670è il barbaro dolore
 che mi divide il core,
 che delirar mi fa.
 
    Non cura il ciel tiranno
 l’affanno in cui mi vedo;
1675un fulmine gli chiedo
 e un fulmine non ha. (Parte)
 
 SCENA XIII
 
 Campidoglio antico con popolo.
 
 MASSIMO senza manto con seguito, poi VARO
 
 MASSIMO
 Inorridisci, o Roma;
 d’Attila lo spavento, il duce invitto,
 il tuo liberator cadde trafitto.
1680E chi l’uccise? Ah! L’omicida ingiusto
 fu l’invidia d’Augusto. Ecco in qual guisa
 premia un tiranno. Or che farà di noi
 chi tanto merto opprime? Ah! Vendicate,
 Romani, il vostro eroe; la gloria antica
1685rammentatevi omai; da un giogo indegno
 liberate la patria e difendete
 dai vicini perigli
 l’onor, la vita e le consorti e i figli. (In atto di partire)
 VARO
 Massimo, ferma; e qual desio ribelle,
1690qual furor ti consiglia?
 MASSIMO
 Varo, t’accheta o al mio pensier t’appiglia.
 Chi vuol salva la patria (Tutti snudan la spada)
 stringa il ferro e mi siegua; ecco il sentiero (Accennando il Campidoglio)
 onde avrà libertà Roma e l’impero. (Parte seguito da tutti verso il Campidoglio)
 VARO
1695Che indegno! Egli la morte
 d’un innocente affretta
 e poi Roma solleva alla vendetta.
 Va’ pur, forse il disegno
 a chi lo meditò sarà funesto;
1700va’ traditor... Ma qual tumulto è questo? (S’ode brevissimo strepito di trombe e timpani)
 
    Già risonar d’intorno
 al Campidoglio io sento
 di cento voci e cento
 lo strepito guerrier.
 
1705   Che fo? Si vada e sia
 stimolo all’alma mia
 il debito d’amico,
 di suddito il dover. (Parte)
 
 SCENA XIV
 
 Si vedono scendere dal Campidoglio combattendo le guardie imperiali coi sollevati. Siegue zuffa, la quale terminata, esce VALENTINIANO senza manto con ispada rotta, difendendosi da due congiurati, e poi MASSIMO con ispada, indi FULVIA
 
 VALENTINIANO
 Ah traditori! Amico, (A Massimo)
1710soccorri il tuo signor.
 MASSIMO
                                         Fermate. Io voglio
 il tiranno svenar.
 FULVIA
                                  Padre, che fai? (Fulvia si frappone)
 MASSIMO
 Punisco un empio.
 VALENTINIANO
                                     È questa
 di Massimo la fede?
 MASSIMO
                                        Assai finora
 finsi con te. Se ’l mio comando Emilio
1715mal eseguì, per questa man cadrai.
 VALENTINIANO
 Ah iniquo!
 FULVIA
                       Al sen d’Augusto
 non passerà quel ferro,
 se me di vita il genitor non priva.
 MASSIMO
 Cesare morirà.
 
 SCENA ULTIMA
 
 EZIO e VARO con ispade nude, popolo e soldati, indi ONORIA e detti
 
 EZIO e VARO
                               Cesare viva.
 FULVIA
1720Ezio!
 VALENTINIANO
             Che veggo!
 MASSIMO
                                    Oh sorte! (Getta la spada)
 ONORIA
                                                        È salvo Augusto?
 VALENTINIANO
 Vedi chi mi salvò. (Accenna Ezio)
 ONORIA
                                     Duce, qual nume
 ebbe cura di te? (Ad Ezio)
 EZIO
                                  Di Varo amico
 il zelo e la pietà.
 VALENTINIANO
                                Come?
 VARO
                                                Eseguita
 finsi di lui la morte. Io t’ingannai;
1725ma in Ezio il tuo liberator serbai.
 FULVIA
 Provvida infedeltà!
 EZIO
                                      Permette il cielo
 che tu debba i tuoi giorni,
 Cesare, a questa mano
 che credesti infedel. Vivi; io non curo
1730maggior trionfo; e se ti resta ancora
 per me qualche dubbiezza in mente accolta,
 eccomi prigioniero un’altra volta.
 VALENTINIANO
 Anima grande, eguale
 solamente a te stessa! In questo seno
1735della mia tenerezza,
 del pentimento mio ricevi un pegno.
 Eccoti la tua sposa. Onoria al nodo
 d’Attila si prepari; io so che lieta
 la tua man generosa a Fulvia cede.
 ONORIA
1740È poco il sacrifizio a tanta fede.
 EZIO
 Oh contento!
 FULVIA
                           Oh piacer!
 EZIO
                                                 Concedi, Augusto,
 la salvezza di Varo,
 di Massimo la vita ai nostri prieghi.
 VALENTINIANO
 A tanto intercessor nulla si nieghi.
 CORO
 
1745   Della vita nel dubbio cammino
 si smarrisce l’umano pensier.
 
    L’innocenza è quell’astro divino
 che rischiara fra l’ombre il sentier.
 
 IL FINE
 
 
 EZIO
 
    Dramma per musica da rappresentarsi nel teatro Ducale di Stutgart festeggiandosi il felicissimo giorno natalizio di sua altezza serenissima Carlo, duca regnante di Wirtemberg e Teck, etcetera etcetera.
    La poesia è del signor abbate Pietro Metastasio, poeta cesareo. La musica è nuovamente composta dal signor Nicolò Jommelli, direttore di musica e maestro di cappella all’attual servizio di sua altezza serenissima. Lo scenario è di nuova invenzione del signor Innocente Colomba, architetto teatrale di sua altezza serenissima. I balli sono inventati dal signor Michele dall’Agata, maestro de’ balli di sua altezza serenissima.
    Stutgart, nella stamparia di Cristofero Frederico Cotta, stampatore ducale, anno 1758.
 
 
 PERSONAGGI
 
 VALENTINIANO III imperadore, amante di Fulvia
 (il signor Francesco Bozzi)
 FULVIA figlia di Massimo patrizio romano, amante e promessa sposa d’Ezio
 (la signora Maria Masi Giura)
 EZIO generale dell’armi cesaree, amante di Fulvia
 (il signor Francesco Guerrieri)
 ONORIA sorella di Valentiniano, amante occulta d’Ezio
 (la signora Caterina Bassi)
 MASSIMO patrizio romano, padre di Fulvia, confidente e nemico occulto di Valentiniano
 (il signor Cristofero d’Hager)
 VARO prefetto de’ pretoriani, amico d’Ezio
 (il signor Gioseppe Paganelli)
 
 
 MUTAZIONI DI SCENE
 
    Nell’atto primo: parte del Foro romano con trono imperiale da un lato, vista di Roma illuminata in tempo di notte con archi trionfali ed altri apparati festivi preparati per celebrare le feste decennali e per onorare il ritorno di Ezio, vincitore d’Attila; camere imperiali istoriate di pitture.
    Nell’atto secondo: portici con groteschi, in fondo vista degli orti palatini; galleria di statue, ornamenti ad uso chinese, con una sedia capace di due persone, nel fondo gran scala che conduce a un bel vedere, dal quale vista di Roma.
    Nell’atto terzo: atrio delle carceri con cancelli di ferro in prospetto che conducono a diverse prigioni, guardie a vista su la porta di detti cancelli; luogo magnifico con scalinate che conducono al campidoglio antico.
    La scena si rappresenta in Roma.
 
 
 BALLI
 
    Doppo il primo atto: una fortezza presa a forza d’armi. Doppo il secondo: il giudicio di Paride. Doppo il terzo: il quadro mobile.
 
    Mutazioni di scene per i detti balli
 
    Nel primo: la scena rapresenta da un lato tende militari, del altro e nel fondo le mura d’una fortezza che si prende a forza d’armi; demolita la medesima da soldati si scopre in lontananza un campo.
    Nel secondo: il monte Ida coi carri di Giunone, Pallade e Venere.
    Nel terzo: un bosco con diverse barache, carri con buoi, ordegni per filare e barutole per far il butiro.
 
 
 ARGOMENTO
 
    Ezio, illustre capitano dell’armi imperiali sotto Valentiniano III, ritornando dalla celebre vittoria de’ campi Catalaunici, dove disfece e fugò Attila re degli Unni, fu accusato ingiustamente d’infedeltà al sospettoso imperadore e dal medesimo condannato a morire.
    Autore dell’imposture contro l’innocente Ezio fu Massimo patricio romano, il quale offeso già da Valentiniano per avergli questo tentata l’onestà della sua consorte, procurò infruttuosamente l’aiuto del suddetto capitano per uccidere l’odiato imperadore, dissimulando sempre artificiosamente il desiderio della vendetta. Ma conoscendo che il maggior inciampo al suo disegno era la fedeltà di Ezio, fece crederlo reo e ne sollecitò la morte, disegnando di sollevar poi, come fece, il popolo contro Valentiniano, con accusarlo di quella ingratitudine ed ingiustizia alla quale egli lo aveva indotto e persuaso. Tutto ciò è storico, il resto è verisimile (Sigonio, De occidentali imperio; Prospero Aquitanio, Chronicon, eccetera).
 
 
 ATTO PRIMO
 
 SCENA PRIMA
 
 Parte del Foro romano con trono imperiale da un lato. Vista di Roma illuminata in tempo di notte, con archi trionfali ed altri apparati festivi, preparati per celebrare le feste decennali e per onorare il ritorno d’Ezio vincitore d’Attila.
 
 VALENTINIANO, MASSIMO, VARO con pretoriani e popolo
 
 MASSIMO
 Signor, mai con più fasto
 la prole di Quirino
 non celebrò d’ogni secondo lustro
 l’ultimo dì. Di tante faci il lume,
5l’applauso popolar turba alla notte
 l’ombre e i silenzi; e Roma
 al secolo vetusto
 più non invidia il suo felice Augusto.
 VALENTINIANO
 Godo ascoltando i voti
10che a mio favor fino alle stelle invia
 il popolo fedel, le pompe ammiro,
 attendo il vincitor, tutte cagioni
 di gioie a me; ma la più grande è quella
 ch’io possa offrir colla mia destra in dono
15ricco di palme alla tua figlia il trono.
 MASSIMO
 Dall’umiltà del padre
 apprese Fulvia a non bramare un soglio;
 e a non sdegnarlo apprese
 dall’istessa umiltà. Cesare imponga;
20la figlia eseguirà.
 VALENTINIANO
                                  Fulvia io vorrei
 amante più, men rispettosa.
 MASSIMO
                                                      È vano
 temer ch’ella non ami
 que’ pregi in te che l’universo ammira.
 (Il mio rispetto alla vendetta aspira).
 VARO
25Ezio si avanza. Io già le prime insegne
 veggo appressarsi.
 VALENTINIANO
                                     Il vincitor si ascolti;
 e sia Massimo a parte
 ne’ doni che mi fa la sorte amica. (Valentiniano va sul trono servito da Varo)
 MASSIMO