La favola de’ tre gobbi, libretto, Venezia, Occhi, [1756] (Li tre gobbi rivali amanti di madama Vezzosa)

 l’ambizion, la gelosia, la lode
460contaminan talor d’altrui la fede.
 Ezio amato si vede,
 e pien d’una vittoria,
 arbitro è delle schiere...
 Eh potrebbe scordarsi il suo dovere.
 FULVIA
465Tu lo conosci ed in tal guisa, o padre,
 parli di lui?
 MASSIMO
                         Son d’Ezio amico, è vero,
 ma suddito d’Augusto.
 VALENTINIANO
                                            E Fulvia tanto
 difende un traditore? Ah che il sospetto
 del geloso mio cor vero diviene!
 MASSIMO
470Credi Fulvia capace
 d’altro amor che del tuo? T’inganni assai.
 
 SCENA III
 
 VARO e detti
 
 VARO
 Cesare, invano il traditor cercai.
 VALENTINIANO
 Ma dove si celò?
 VARO
                                 La nostra cura
 non poté rinvenirlo.
 VALENTINIANO
                                       E deggio in questa
475incertezza restar? Di chi fidarmi?
 Di chi temer? Stato peggior del mio
 vedeste mai?
 MASSIMO
                            Ti rassicura. Un colpo,
 che a vuoto andò, del traditor scompone
 tutta la trama. Io cercherò d’Emilio;
480di alcuno intanto assicurarti puoi.
 VALENTINIANO
 Deh m’assistete; io mi riposo in voi. (Parte con Varo)
 
 SCENA IV
 
 MASSIMO e FULVIA
 
 FULVIA
 E puoi d’un tuo delitto
 Ezio incolpar? Chi ti consiglia, o padre?
 MASSIMO
 Folle: la sua rovina
485è riparo alla mia. Della vendetta
 mi agevola il sentier. S’ei resta oppresso
 non ha difesa Augusto.
 FULVIA
 Pensi tu che tacendo io soffrir possa
 il monarca assalito,
490te reo del gran misfatto, Ezio tradito?
 Lo tolleri chi può; d’ogni rispetto
 o mi disciogli o quando
 rispettosa mi vuoi, cangia il comando.
 MASSIMO
 Ah perfida! Conosco
495che vuoi sacrificarmi al tuo desio.
 Va’; dell’affetto mio,
 che nulla ti nascose, empia, ti abusa;
 e per salvar l’amante, il padre accusa.
 
    Va’ dal furor portata,
500palesa il tradimento;
 ma ti sovvenga, ingrata,
 il traditor qual è.
 
    Scopri la frode ordita;
 ma pensa in quel momento
505ch’io ti donai la vita,
 che tu la togli a me. (Parte)
 
 SCENA V
 
 FULVIA, poi EZIO
 
 FULVIA
 Che fo? Dove mi volgo? E qual delitto
 è il parlare, è il tacer? Se parlo, oh dio!
 son parricida e nel pensarlo io tremo.
510Se taccio, al giorno estremo
 giunge il mio bene. Ah che all’idea funesta
 s’agghiaccia il sangue e intorno al cor si arresta.
 Ah qual consiglio mai... (Vedendo Ezio)
 Ezio, dove t’inoltri? Ove ten vai?
 EZIO
515In difesa d’Augusto. Intesi...
 FULVIA
                                                      Ah fuggi.
 In te del tradimento
 cade il sospetto.
 EZIO
                                In me? Fulvia, t’inganni.
 FULVIA
 Ma se Cesare istesso il reo ti chiama,
 s’io stessa l’ascoltai.
 EZIO
                                       Può dirlo Augusto
520ma crederlo non può; s’anche un momento
 giungesse a dubitarne, ove si volga
 vede la mia difesa. Italia, il mondo,
 la sua grandezza, il conservato impero
 rinfacciar gli saprà che non è vero.
 
 SCENA VI
 
 VARO con pretoriani e detti
 
 FULVIA
525Varo, che rechi?
 EZIO
                                 È salva
 di Cesare la vita? Al suo riparo
 può giovar l’opra mia?
 Che fa?
 VARO
                  Cesare appunto a te m’invia.
 EZIO
 A lui dunque si vada.
 VARO
530Non vuol questo da te, vuol la tua spada.
 EZIO
 Come?
 FULVIA
                 Il previdi.
 EZIO
                                      E qual follia lo mosse?
 E possibil sarà?
 VARO
                                Così non fosse.
 La tua compiango, amico,
 e la sventura mia che mi riduce
535un ufficio a compir contrario tanto
 alla nostra amicizia, al genio antico.
 EZIO
 Prendi. Augusto compiangi e non l’amico. (Gli dà la spada)
 
    Recagli quell’acciaro
 che gli difese il trono;
540rammentagli chi sono
 e vedilo arrossir.
 
    E tu serena il ciglio, (A Fulvia)
 se l’amor mio t’è caro;
 l’unico mio periglio
545sarebbe il tuo martir. (Parte)
 
 SCENA VII
 
 FULVIA e VARO
 
 FULVIA
 Varo se amasti mai de’ nostri affetti
 pietà dimostra e d’un oppresso amico
 difendi l’innocenza.
 VARO
                                       Egli è sicuro
 sol che tu voglia; a Cesare ti dona
550e consorte di lui tutto potrai.
 FULVIA
 Che ad altri io voglia mai
 fuor che ad Ezio donarmi, ah non sia vero.
 VARO
 Ma Fulvia, per salvarlo, in qualche parte
 ceder convien. Tu puoi l’ira d’Augusto
555sola placar; non differirlo e in seno
 se amor non hai per lui, fingilo almeno.
 FULVIA
 Seguirò il tuo consiglio
 ma chi sa con qual sorte. È sempre un fallo
 il simulare. Io sento
560che vi repugna il core.
 VARO
                                           In simil caso
 il fingere è permesso;
 e poi non è gran pena al vostro sesso.
 FULVIA
 
    Quel fingere affetto
 allor che non s’ama
565per molti è diletto;
 ma pena la chiama
 quest’alma non usa
 a fingere amor.
 
    Mi scopre, m’accusa
570se parla, se tace
 il labbro seguace
 dei moti del cor. (Parte)
 
 SCENA VIII
 
 VARO solo
 
 VARO
 Folle è colui che al tuo favor si fida,
 instabile fortuna! Ezio felice
575della romana gioventù poc’anzi
 era oggetto all’invidia,
 misura ai voti: e in un momento poi
 così cangia d’aspetto
 che dell’altrui pietà si rende oggetto.
580Purtroppo, o sorte infida,
 folle è colui che al tuo favor si fida.
 
    Nasce al bosco in rozza cuna
 un felice pastorello
 e coll’aure di fortuna
585giunge i regni a dominar.
 
    Presso al trono in regie fasce
 sventurato un altro nasce
 e fra l’ire della sorte
 va gli armenti a pascolar. (Parte)
 
 SCENA IX
 
 Galleria di statue e ornamenti ad uso chinese, con una sedia capace di due persone; nel fondo gran scala che conduce a un bel vedere, dal quale vista di Roma.
 
 ONORIA e MASSIMO
 
 ONORIA
590Massimo, anch’io lo veggo, ogni ragione
 Ezio condanna. E pure
 incredulo il mio core
 reo non sa figurarlo e traditore.
 MASSIMO
 O virtù senza pari! È questo in vero
595eccesso di clemenza. E chi dovrebbe
 più di te condannarlo? Ei ti disprezza,
 ricusa quella mano
 contesa dai monarchi. Ogni altra avria...
 ONORIA
 Ah dell’ingiuria mia
600non ragionarmi più.
 MASSIMO
                                        E pure ei dice
 che ha in pugno il tuo voler, che tu l’adori...
 ONORIA
 Temerario! Ah non voglio
 che lungamente il creda; al primo sposo
 che suddito non sia saprò donarmi.
605Ei vedrà se mancarmi
 possan regni e corone,
 e s’ei di Onoria a suo piacer dispone.
 
 SCENA X
 
 VALENTINIANO e detti
 
 VALENTINIANO
 Onoria, non partir. Per mio riposo
 tu devi ad uno sposo
610forse poco a te caro offrir la mano;
 questo ci offese, è ver; ma il nostro stato
 assicurar dobbiamo. Ei ti richiede;
 e al pacifico invito
 acconsentir conviene.
 ONORIA
                                          (Ezio è pentito).
615M’è noto il nome suo?
 VALENTINIANO
                                           Purtroppo. Ho pena,
 germana, in proferirlo.
 ONORIA
 (Rifiutarlo or dovrei ma... ) Senti alfine
 se giova alla tua pace,
 disponi del mio cor come a te piace.
 MASSIMO
620Signore, il tuo disegno
 io non intendo. Ezio t’insidia e pensi
 solamente a premiarlo?
 VALENTINIANO
 Ad Ezio io non pensai, d’Attila io parlo.
 ONORIA
 (Oh inganno!) Attila?
 MASSIMO
                                          E come!
 VALENTINIANO
625Un messaggier di lui
 me ne recò pur ora
 la richiesta in un foglio.
 ONORIA
 Ezio sa la richiesta?
 VALENTINIANO
                                       E che? Degg’io
 consigliarmi con lui? Questo a che giova?
 ONORIA
630Giova per avvilirlo e perché meno
 necessario si creda.
 VALENTINIANO
 Egli il saprà; ma intanto
 posso del tuo consenso
 Attila assicurar?
 ONORIA
                                 No; prima io voglio
635vederti salvo. Il traditor si cerchi.
 Ezio favelli e poi
 Onoria spiegherà gli affetti suoi.
 
    Finché per te mi palpita
 timido in petto il cor,
640accendersi d’amor
 non sa quest’alma.
 
    Nell’amorosa face
 qual pace ho da sperar,
 se comincio ad amar
645priva di calma. (Parte)
 
 SCENA XI
 
 VALENTINIANO e MASSIMO, poi FULVIA
 
 VALENTINIANO
 Olà, qui si conduca (Esce una comparsa, quale ricevuto l’ordine parte)
 il prigionier. Nei miei timori io cerco
 da te consiglio. Assicurarmi in parte
 potrà d’Attila il nodo?
 MASSIMO
                                           Anzi ti espone
650a periglio maggior. Chi sa che ad Ezio
 non sia congiunto?...
 FULVIA
                                        Augusto, ah rassicura
 i miei timori. È il traditor palese?
 È in salvo la tua vita?
 VALENTINIANO
                                          E Fulvia ha tanta
 cura di me?
 FULVIA
                         Puoi dubitarne? Adoro
655in Cesare un amante a cui fra poco
 con soave catena
 annodarmi dovrò. (So dirlo appena).
 MASSIMO
 (Simula o dice il ver?)
 VALENTINIANO
                                            Se il mio periglio
 amorosa pietà ti desta in seno,
660grata al mio cor la sicurezza è meno.
 Ah se d’Ezio non era
 la fellonia, saresti già mia sposa.
 Ma cara alla sua vita
 costerà la tardanza.
 FULVIA
                                      Il gran delitto
665dovresti vendicar. Ma chi dall’ira
 del popolo che l’ama
 assicurar ci può? Pensaci, Augusto.
 Per te dubbia mi rendo.
 VALENTINIANO
 Questo sol mi trattiene.
 MASSIMO
                                              (Or Fulvia intendo).
 FULVIA
670E se fosse innocente?
 VALENTINIANO
 Volesse il ciel che reo non fosse. Ei viene
 qui per mio cenno.
 FULVIA
                                      (Ah che farò!)
 VALENTINIANO
                                                                  Vedrai
 ne’ suoi detti qual è.
 FULVIA
                                        Lascia ch’io parta.
 Col suo giudice solo
675meglio il reo parlerà.
 VALENTINIANO
                                         No, resta.
 MASSIMO
                                                             Augusto,
 Ezio qui giunge. (Vedendo venir Ezio)
 FULVIA
                                  (Oh dio!)
 VALENTINIANO
 T’affidi al fianco mio. (A Fulvia)
 FULVIA
                                           Ah! Non conviene...
 VALENTINIANO
 Non più, comincia ad avvezzarti al trono.
 Siedi.
 FULVIA
               Ubbidisco. (In qual cimento io sono!) (Siede alla destra di Valentiniano)
 
 SCENA XII
 
 EZIO disarmato e detti
 
 EZIO
680(Stelle, che miro! In Fulvia
 come tanta incostanza!) (Nell’uscir vedendo Fulvia, si ferma)
 FULVIA
 (Resisti anima mia).
 VALENTINIANO
                                         Duce t’avanza.
 EZIO
 Il giudice qual è? Pende il mio fato
 da Cesare o da Fulvia?
 VALENTINIANO
                                            E Fulvia ed io
685siamo un giudice solo; ella è sovrana
 or che in lacci di sposo a lei mi stringo.
 EZIO
 (Donna infedel!)
 FULVIA
                                  (Potessi dir che fingo!)
 VALENTINIANO
 Ezio, m’ascolta; e a moderare impara
 per poco almeno il naturale orgoglio
690che giovarti non può. Qui si cospira
 contro di me; del tradimento autore
 ti crede ognun; di fellonia t’accusa
 il rifiuto d’Onoria, il troppo fasto
 delle vittorie tue, l’aperto scampo
695ad Attila permesso, il tuo geloso
 e temerario amor, le tue minacce
 di cui tu sai che testimonio io sono.
 Pensa a scolparti o a meritar perdono.
 MASSIMO
 (Sorte, non mi tradir).
 EZIO
                                            Cesare, in vero
700ingegnoso è il pretesto. Ove si asconde
 costui che t’assalì? Chi dell’insidia
 autor mi afferma? Accusator tu sei
 del figurato eccesso,
 giudice e testimonio a un tempo istesso.
 FULVIA