Il mondo della luna, libretto, Bologna, Sassi, 1755

 amor li fa cantar;
 e quando i pesci guizzano,
180amor li fa guizzar.
 
    La peccora, la tortora,
 la passera, la lodola
 amor fa giubilar.
 O che piacer amabile!
185O che gustoso amar!
 
    Farò lo cuoco, farò lo sguattero;
 laverò i piatti ed ettecetera,
 perché l’amore mi faccia il core
 movere, ridere e giubilar.
 
 SCENA VI
 
 Camera.
 
 GIACINTO collo specchio in mano guardandosi con caricatura
 
 GIACINTO
 
190   Madre natura,
 tu m’hai tradito
 ma t’ho schernito
 col farmi bello
 con il pennello,
195come le donne
 soglion far.
 
 Questa parucca invero,
 questo capel, che colla polve è intriso,
 fa risaltar mirabilmente il viso.
200Al ragirar di queste
 mie vezzose pupille
 spargo fiamme e faville; e questa bocca,
 che sembra agli occhi miei graziosa e bella,
 fa tutte innamorar, quando favella.
205Queste donne son tutte
 invaghite di me; schiavo son io
 di queste belle, è vero,
 ma sovra il loro cor tutt’ho l’impero.
 Ecco la vaga Cintia. Presto, presto,
210il nastro, la parucca, i guanti, tutto,
 tutto assetar conviene e gli occhi e il labro,
 colle dolci parole e i dolci sguardi,
 si prepari a vibrar saette e dardi.
 CINTIA
 (Ecco il bell’amorino). (Ironicamente)
 GIACINTO
215Mia sovrana, mio nume, a voi m’inchino.
 CINTIA
 E ben, che fate qui?
 GIACINTO
                                       Qual farfalletta
 d’intorno al vostro lume
 vengo, mia bella, a incenerir le piume.
 CINTIA
 Parmi con più ragione
220vi potreste chiamare un farfallone.
 GIACINTO
 Quella vezzosa bocca
 non pronuncia che grazie e bizzarie.
 CINTIA
 La vostra non sa dir che scioccherie.
 GIACINTO
 Deh lasciate ch’io possa
225coll’odoroso fiato
 de’ miei caldi sospiri
 quelle belle incensar guancie adorate.
 CINTIA
 Andate via di qua; non mi seccate.
 GIACINTO
 Ah, se sdegnate, o bella,
230i fumi del mio cor, porterò altrove
 il mio guardo, il mio piede,
 il mio affetto sincero e la mia fede.
 CINTIA
 Olà, così si parla?
 Voi stacarvi da me! Voi d’altra donna
235servo, schiavo ed amante?
 Temerario, arrogante,
 voi dovete soffrir le mie catene.
 GIACINTO
 Qual mercede averò?
 CINTIA
                                          Tormenti e pene.
 GIACINTO
 Giove, Pluton, Nettuno,
240dei tremendi e possenti,
 voi, che udite gli accenti
 d’una donna spietata,
 spezzate voi questa catena ingrata.
 Sì sì, Nettun m’inspira,
245Giove mi dà valore,
 Pluto mi dà furore;
 perfida tirannia,
 umilmente m’inchino e vado via.
 CINTIA
 Fermatevi; ed avrete
250tanto cor di lasciarmi?
 Voi diceste d’amarmi,
 di servirmi fedel con tutto il core
 ed ora mi lasciate? Ah traditore!
 GIACINTO
 Ma se voi mi sprezzate,
255se voi mi dileggiate,
 come s’io fossi un uom zottico e vile,
 e studio invan di comparir gentile.
 CINTIA
 Senza studiar, voi siete
 abbastanza gentil, grazioso e bello.
260Quell’occhio briconcello,
 quel vezzoso bocchin, quel bel visetto
 m’hanno fatta una piaga in mezzo al petto.
 GIACINTO
 Dunque, cara, mi amate?
 CINTIA
                                                 Sì, v’adoro.
 GIACINTO
 Idol mio, mio tesoro,
265lingua non ho bastante
 per render grazie al vostro dolce amore.
 Concedete il favore
 che rispettosamente
 e umilissimamente
270io vi possa bacciar la bella mano.
 CINTIA
 Oh signor no; voi lo sperate invano.
 GIACINTO
 Ma perché mai? Perché?
 CINTIA
 Queste grazie da me
 non si han sì facilmente.
 GIACINTO
275Io morirò.
 CINTIA
                      Non me n’importa niente.
 GIACINTO
 Dunque, se non v’importa,
 d’altra bella sarò.
 CINTIA
                                  Voi siete mio.
 GIACINTO
 Che ne volete far?
 CINTIA
                                    Quel che vogl’io.
 GIACINTO
 Ah quel dolce rigor più m’incatena!
280Soffrirò la mia pena,
 morirò, schiatterò, se lo bramate,
 basta, bell’idol mio, che voi mi amate.
 
    Cara Cintia, allor che voglio
 da te lungi andar un passo,
285sento in me sì gran cordoglio
 che m’impetro come un sasso,
 perdo i sensi, son gelato,
 resto immoto in mezzo qua.
 
    Quel bel volto, anima mia...
290Ah il mio cor già pena e smania;
 tu conosci, tu ben vedi
 che scolpito è in petto a me.
 
 SCENA VII
 
 CINTIA, poi TULIA
 
 CINTIA
 Oh quanto mi fan ridere
 con questo sospirar, con questo piangere,
295gli uomini non s’avveggono
 che quanto più le pregano
 le donne disprezanti già più diventano
 e gli amanti per gioco allor tormentano.
 TULIA
 Cintia, che mai faceste
300al povero Giacinto? Egli sospira,
 egli smania e delira;
 ah, se così farete,
 l’impero di quel cor voi perderete.
 CINTIA
 Anzi più facilmente
305lo perderei colla pietade e i vezzi.
 Gl’uomini sono avezzi
 per la soverchia nostra
 facilità del sesso
 a saziarsi di tutto e cambiar spesso.
 
310   Bricconcelli disgraziati,
 fate voi gl’innamorati
 e poi quando siam cascate
 ve n’andate, ci piantate,
 ma con me non va così;
315la mia grazia chi la vuole
 cara assai la pagherà.
 
    Non vi cerco, non vi chiamo,
 non vi curo, non vi bramo;
 ma poi quando voi volete,
320esser docili dovete
 e trattar con civiltà.
 
 SCENA VIII
 
 TULIA, poi RINALDINO
 
 TULIA
 Ma io, per dir il vero,
 sono di cor più tenero di lei.
 Son con gli amanti miei
325quanto basta severa e orgogliosa
 ma son, quando fia d’uopo, anco pietosa.
 Talor fingo il rigore,
 freno di lor l’affetto e la baldanza,
 fra il timore li tengo e la speranza.
 RINALDINO
330Tulia, bell’idol mio,
 de’ vostri servi il più fedel son io.
 Deh oziosa non lasciate
 la mia fede, il mio zelo,
 che sol quando per voi, bella, m’adopro,
335felicità nel mio destino io scopro.
 TULIA
 Dite il ver Rinaldino,
 siete pentito ancor d’avervi reso
 sudditto e servo mio? Vi pesa e incresce
 della smarita libertà primiera?
340Sembravi la catena aspra e severa?
 RINALDINO
 Oh dolcissimi nodi,
 sospirati, voluti e cari sempre
 al mio tenero cor! Sudino pure
 sotto l’elmo i guerrieri; Astrea tormenti
345i seguaci del foro; e di Galeno
 sui fogli malintesi
 studi e s’affanni il fisico impostore.
 Io seguace d’amore,
 fuor della turba insana
350di chi mena sua vita in duri stenti,
 godo, vostra mercé, pace e contenti.
 TULIA
 Noi con pietà trattiamo
 i vassali ed i servi e non crudeli
 siamo coll’uom, qual colla donna è l’uomo.
355Noi dai consigli escluse,
 prive d’autorità, come se nate
 non compagne dell’uom ma serve e schiave,
 solo ad opre servili
 condannate dal vostro ingrato sesso,
360far per noi si dovria con voi lo stesso.
 Ma nostra autorità, nostro rigore
 temprerà dolce amore
 ed il vostro servir, che non sia grave,
 sarà grato per noi, per voi soave.
 
365   Fra pene un core
 diviene amante
 e più costante
 se può soffrir.
 
    Li rende amore
370per sua mercede
 meno dolore
 nel suo martir.
 
 SCENA IX
 
 RINALDINO solo
 
 RINALDINO
 Dov’è, dov’è chi dice
 che dura ed aspra sia
375d’amor la prigionia? Finché un amante
 vive dubioso e incerto
 fra il dovere e l’amor, fra il dolce e il giusto,
 pace intera non ha ma, poiché tutto
 s’abbandona al piacer, gode e non sente
380i rimorsi del cor... Ma oh dio! Purtroppo
 li risento al mio sen, malgrado al cieco
 abbandono di me fatto al diletto,
 e mi sgrida l’onore a mio dispetto.
 Ah! Che farò? Si studi,
385se possibile sia, scacciar dal cuore
 il residuo fatal del mio rossore.
 
    So che corre in campo armato
 per l’onor il fier guerriero,
 so che solca il buon nocchiero
390con la speme audace il mar.
 
    So che a un core innamorato
 l’ozio solo è d’alimento
 ma pur so ch’a me è tormento,
 perché il ben fa dilungar.
 
 SCENA X
 
 GIACINTO ed AURORA
 
 GIACINTO
395Oh Diana mia gentile!
 AURORA
                                            Vago Ateone!
 GIACINTO
 Piacemi il paragone,
 poiché son vostro amante e vostro servo,
 ma ohimè, che Ateone è diventato un cervo!
 AURORA
 Io crudele non son qual fu la dea.
 GIACINTO
400Né io sarò immodesto
 qual fu il pastor dolente.
 AURORA
 Siete bello e prudente.
 GIACINTO
 Tutta vostra bontà.
 AURORA
 Giacinto, in verità
405voi mi piacete assai.
 GIACINTO
 Arder tutto mi sento ai vostri rai.
 
 SCENA XI
 
 CINTIA e detti
 
 CINTIA
 (Con Aurora Giacinto?) (Da sé)
 AURORA
 Ma voi di Cintia siete.
 GIACINTO
 Più di lei mi piacete.
410Parmi che il vostro bello
 mi renda assai più snello.
 Miratemi nel volto, a poco a poco
 come per vostro amor son tutto foco.
 CINTIA
 Acqua, acqua, padrone, acqua vi vuole
415il foco ad ammorzar.
 GIACINTO
                                        Oh Cintia mia,
 ardo d’amor per voi.
 CINTIA
 Ingannarmi non puoi,
 ho le parole tue tutte ascoltate.
 GIACINTO
 Deh mia vita.
 CINTIA
                            E saranno bastonate.
 GIACINTO
420Bastonate a un par mio? Deh Aurora, a voi
 l’onor mio raccomando.
 AURORA
 Siete schiavo di Cintia, io non comando.
 CINTIA
 E voi, gentil signora,
 vi dilettate di rapire altrui
425il vassallo e l’amante?
 AURORA
 Faccio quello ancor io che fanno tante.
 CINTIA
 Ma con me nol farete.
 AURORA
                                          Allor che sapia
 di darvi gelosia,
 voi dovrete tremar dell’arte mia.
 CINTIA
430Distrutto in questa guisa
 nostro intento sarà.
 AURORA
                                      Poco m’importa;
 pria che ceder al vostro
 fasto superbo e altero,
 vada tutto sossopra il nostro comando.
 CINTIA
435Giacinto, andiam.
 GIACINTO
                                    Vengo.
 AURORA
                                                   Crudel, voi dunque
 mi lasciate così?
 GIACINTO
                                 Ma se conviene...
 CINTIA
 Si viene o non si viene?
 GIACINTO
                                              Eccomi lesto.
 AURORA
 Morirò se partite.
 GIACINTO
                                   Eccomi, io resto.
 CINTIA
 
    Venite o ch’io vi faccio
440provare il mio furor.
 
 AURORA
 
    Ingrato, crudelaccio,
 voi mi strappate il cor.
 
 GIACINTO
 
    (Mi trovo nell’impaccio
 fra amore e fra timor).
 
 CINTIA
 
445   Voi siete il servo mio.
 
 GIACINTO
 
 È vero, sì signora.
 
 AURORA
 
 Amante vi son io.
 
 GIACINTO
 
 Anco il mio cor v’adora.
 
 CINTIA
 
 Voglio esser ubbidita.
 
 GIACINTO
 
450Ed io v’ubbidirò.
 
 AURORA
 
 Non merto esser tradita.
 
 GIACINTO
 
 Io non vi tradirò.
 
 CINTIA, AURORA A DUE
 
    E ben che risolvete?
 
 GIACINTO
 
 Mie belle, se volete,
455io mi dividerò.
 Contente voi sarete,
 non dubitate, no.
 
 CINTIA, AURORA A DUE
 
    Di qua non vi partite,
 adesso tornerò.
 
 GIACINTO
 
460   Contente voi sarete,
 non dubitate, no. (Partono le due donne)
 
    Quest’è un imbroglio;
 no, più non voglio
 farmi sì bello.
465Perde il cervello
 chi mi rimira.
 Ognun sospira
 per mia beltà.
 
 CINTIA, AURORA A DUE
 
    Ecco ritorno,
470eccomi qua.
 
 GIACINTO
 
    Belle mie stelle,
 chiedo pietà.
 
 AURORA
 
    Questo è il mio core (Gli presenta un core)
 per voi piagato.
 
 CINTIA
 
475Questo è un bastone (Gli mostra un bastone)
 per voi serbato.
 
 GIACINTO
 
 Son imbrogliato.
 
 AURORA
 
 Se lo bramate,
 ve lo darò.
 
 CINTIA
 
480Di bastonate
 v’accoperò.
 
 GIACINTO
 
    (L’una: «Ti dono»,
 l’altra: «Bastono»;
 quella il furore,
485questa l’amore,
 cosa farò?)
 
 CINTIA, AURORA A DUE
 
 Via risolvete.
 
 GIACINTO
 
 Risolverò.
 
    (A Cintia) La vostra tirannia
490piacere non mi dà.
 La vostra cortesia
 contento più mi fa.
 
 AURORA
 
    Venite dunque meco.
 
 GIACINTO
 
 Con voi mi porterò.
 
 CINTIA
 
495   Bricon, se parti seco,
 io ti bastonerò.
 
 GIACINTO
 
    Da voi le bastonate,
 da lei gli amplessi avrò.
 
 CINTIA
 
    Indegno, scelerato,
500io mi vendicherò.
 
 GIACINTO
 
    (Cridate, strepitate).
 
 AURORA
 
 (Intanto, goderò).
 
 Fine dell’atto primo
 
 
 ATTO SECONDO
 
 SCENA PRIMA
 
 Camera preparata per il consiglio.
 
 TULIA, CINTIA, AURORA, seguito di donne
 
 CORO
 
    Libertà, libertà;
 cara, cara libertà.
505Bel piacere, bel godere,
 che diletto al cor mi dà.
 
    Libertà, libertà;
 cara, cara libertà. (Tutte sedono)
 
 TULIA
 La dolce libertà, che noi godiamo,
510conservare si dee ma per serbarla
 da tre cose guardar noi si dobbiamo.
 Da troppa tirannia,
 dalla incostanza e dalla gelosia.
 Il despotico impero poco dura.
515Ciascun fuggir procura
 da un incostante cuore
 e sdegno fa di gelosia il furore.
 Onde, perché si serbi
 la cara libertà, che noi godiamo,
520fide, caute, pietose esser dobiamo.
 AURORA
 Incostanza non chiamo
 se acquistar più vassalli io cerco e bramo.
 Nostro poter, nostra beltà risplende,
 quando più adoratori
525ci recano in tributo i loro cuori.
 E se libere siamo,
 libere amar potiam chi noi vogliamo.
 CINTIA
 Ma usurpar non si deve
 i dritti altrui. Ma colle smorfie e i vezzi
530gl’uomini non si fanno cascar morti,
 per far alle compagne insulti e torti.
 Faccia ognuna a suo senno;
 ognuna si conduca come vuole,
 finché la libertà goder si puole.
 TULIA
535Il diverso parer, che nelle varie
 nostre menti risulta,
 pensar mi fa che utile più saria
 terminar fra noi la gelosia.
 D’una sola il governo
540far si potrebbe eterno e in questa guisa,
 se una da noi sola impera e regge,
 tutti avranno a osservar la stessa legge.
 CINTIA
 Non mi spiace il pensier ma chi di noi
 esser atta potria
545a sostener la nuova monarchia?
 TULIA
 Quella ch’ha più giudizio,
 quella ch’ha più consiglio,
 che sa con più prudenza
 il rigor porre in uso e la clemenza.
 AURORA
550L’impero si conviene
 a quella che sappia
 con dolci di pietà soavi frutti
 in catene tener gl’uomini tutti.
 CINTIA
 Anzi a colei che fiera
555sul nostro soglio
 degli uomini frenar sappia l’orgoglio.
 TULIA
 Facciam così, ciascuna
 si proponga di noi; ciascuna ai voti
 il proprio nome esponga e il trono eccelso
560indi a quella si dia
 che dai voti maggiori eletta sia.
 CINTIA
 Io l’accordo.
 AURORA
                         Io l’accetto.
 TULIA
                                                A noi si porga
 l’urna e i lupini; ed io, poiché la prima
 fui a proporre il nobile progetto,
565prima m’espongo e i vostri voti aspetto.
 CORO (Le donne ballotano e poi si apre il bossolo)
 
    Non so se meglio sia
 per noi la cortesia
 o pur la vanità.
 
 CINTIA
 Tulia, mi spiace assai.
570Ora il pensier comun vi sarà noto.
 Voi non avete avuto neanch’un voto.
 TULIA
 Ingratissime compagne
 l’invidia è il vostro nume
 e la vana ambizion vostro costume.
 AURORA
575Or si esponga il mio nome
 e vederete come
 meglio stimata io sia
 in virtù della dolce cortesia.
 CORO (Ballotano per Aurora)
 
    Non so se meglio sia
580per noi la cortesia
 o pur la vanità.
 
 CINTIA
 Ohimè, signora Aurora,
 m’incresce il vostro duolo;
 voi non avete neanche un voto solo.
 AURORA
585Comprendo la malizia
 per cui fatta mi vien questa ingiustizia.
 CINTIA
 Presto, presto; finiamola.
 Vuo’ ballottare anch’io.
 Questa volta senz’altro il regno è mio.
 CORO
 
590   Non so se meglio sia
 per noi la cortesia
 o pur la vanità.
 
 AURORA
 Signora Cintia cara,
 per voi non si dà voto;
595il bossolo del sì per voi è vuoto.
 CINTIA
 Femine sconsigliate,
 è un torto manifesto che mi fate.
 TULIA
 Per quello che si vede e che si sente,
 niuna donna acconsente
600all’altra star soggetta;
 a ognuna piace il comandar sovrano
 e soggiogarle si procura invano.
 AURORA
 (Procurerò con l’arte
 il dominio ottenere).
 CINTIA
                                         (A lor dispetto
605il regno occuperò).
 TULIA
                                     (Con l’arte usata,
 senza mostrar orgoglio,
 giungerò forse ad occupar il soglio).
 Or si sciolga il consiglio;
 vada ciascuna a essercitar l’impero
610sopra i vassalli suoi
 e libero il regnar resta fra noi. (Tutte partono fuorché Tulia)
 
 SCENA II
 
 TULIA sola
 
 TULIA
 Com’è possibil mai
 che possiamo regnar noi donne unite,
 se la pace fuggir tosto si vede,
615quando siamo due donne in un albergo?
 Prevedo che non molto
 questo debba durar dominio nostro.
 Ma pria ch’ei ci fia tolto,
 vorrei un giorno solo
620assoluta regnar. Ah questa sete
 di comandar è naturale in noi
 e ogni donna ha nel capo i fumi suoi.
 
    Nell’orror di notte oscura
 son smarito passaggiero;
625chiedo aita e mi risponde
 l’aura sola tra le fronde
 con un lieve mormorar.
 
    Al confuso mio pensiero,
 tutt’è oggetto di spavento
630né un sol raggio di contento
 incomincia a scintillar.
 
 SCENA III
 
 Giardino delizioso alla riva del mare, quale formando un seno nel lido offre comodo sbarco ai piccolli legni.
 
 RINALDINO, poi GIACINTO, poi GRAZIOSINO
 
 RINALDINO
 
    Queste rose porporine,
 ch’ho raccolte pel mio bene,
 sono tutte senza spine,
635come senza amare pene
 è l’affetto ch’ho nel sen.
 
 GIACINTO
 
    Questo vago gelsomino,
 che al mio ben io reco in dono,
 candidetto, com’io sono,
640semplicetto, tenerino,
 s’assomiglia al mio bel cor.
 
 GRAZIOSINO
 
    Questo caro tulipano
 vuo’ donarlo alla mia bella;
 qualche cosa ancor quella
645forse un dì mi donerà.
 
 A TRE
 
    Vaghi fiori, dolci amori,
 bella mia felicità.
 
 SCENA IV
 
 Vedesi dal mare accostarsi una barca ripiena d’uomini.
 
 RINALDINO
 Osservate, compagni, ecco un naviglio
 che verso noi s’avvanza.
650Mirate sulla prora i naviganti
 volontari venir schiavi ed amanti.
 GIACINTO
 Il regno delle donne
 è circondato dalla calamita
 che l’uomo di lontan tira ed invita.
 GRAZIOSINO
655E questa calamita
 non è già una opinione
 ma ogni donna ne tien la sua porzione.
 A TRE
 
    A terra, a terra.
 Qui non vi è guerra
660ma sempre pace
 goder si può. (Dalla barca si ode un concerto, mentre approdano i naviganti e gettano il ponte per scendere)
 
 SCENA V
 
 AURORA, CINTIA e le donne tutte armate di strali ed aste corrono alla riva per arrestare i naviganti. Nell’uscire di dette donne s’ode dall’orchestra il suono di timpani e trombe che fa tacere il concerto della barca
 
 CINTIA
 Olà, voi che venite
 a questi del piacer lidi felici,
 dite, venite amici ovver nemici?
 FERRAMONTE
665Amici, amici siamo. (Dalla prora della barca)
 Da voi, belle, veniamo
 a domandar favori,
 a servire e goder de’ vostri amori.
 CINTIA
 Quand’è così, scendete;
670e voi donne arrestateli
 e senza discrezione imprigionateli. (Sbarcano Ferramonte e tutti gli naviganti; e frattanto si suona alternativamente nella barca e nella orchestra)
 AURORA
 (Più che s’accresce il lor sbarco,
 più in me cresce il desio di esser sola).
 CINTIA
 (Spiacemi che fra noi
675questi bei giovinotti
 divider ci conviene.
 Se sola li avrò, starò più bene).
 CORO (In cui cantano anco Giacinto e Graziosino)
 
    Presto, presto, alla catena,
 alla nuova servitù.
 
680   Non fa scorno e non dà pena
 volontaria schiavitù. (Partono tutti fuorché Rinaldino e Ferramonte)
 
 SCENA VI
 
 RINALDINO e FERRAMONTE
 
 FERRAMONTE
 Amico, vi son schiavo.
 RINALDINO
                                           E voi non siete
 fra le donne partito?
 FERRAMONTE
                                        Anzi nascosto
 quindi mi son, per non andar con loro,
685mentre la libertade è un gran tesoro.
 RINALDINO
 Questo tesor l’abbiam sagrificato
 alla legge fatal del dio bendato.
 FERRAMONTE
 Dunque voi siete quelli
 che il cuor sagrificate ai visi belli!
690Misera gioventù, misera gente,
 nata per divertirsi e non far niente!
 RINALDINO
 Impiegati noi siamo
 nell’amar, nel servir le nostre belle.
 FERRAMONTE
 Bell’impiego da eroi,
695bell’impiego davver, degno di voi!
 E non vi vergognate? E non sapete
 come le donne sono?
 Sian belle o siano brutte,
 crude tiranne e fiere,
700nostre nemiche altere,
 e che l’uomo tener vinto ed oppresso
 è il trionfo maggior del loro sesso?
 RINALDINO
 Ma non può dirsi inganno
 di donna la beltà.
 FERRAMONTE
705Anzi è una falsità
 quel volto che innamora,
 che si liscia, s’imbianca e si colora.
 RINALDINO
 E le dolci parole?
 FERRAMONTE
                                  Son lusinghe
 che scaltramente incantano;
710ed esse anche di ciò si vantano.
 RINALDINO
 E i bei vezzi! E gli amplessi?
 FERRAMONTE
 Con quei bei vezzi istessi,
 col riso accorto e scaltro
 cento soglion tradir un doppo l’altro.
 RINALDINO
715Ma il mio cor non consente
 il suo bene lasciare.
 FERRAMONTE
                                       Il vostro cuore
 orbato, affascinato,
 incantato, ammaliato,
 se a me voi baderete,
720dalla catena vi discioglierete.
 
    Al bello delle femine
 resistere gia so;
 io non le temo più.
 
    Non sento il sangue muovere,
725non sento il core struggere,
 non si conquassa il solido
 ma resto sempre intrepido,
 difendermi già so.
 
 SCENA VII
 
 RINALDINO solo
 
 RINALDINO
 Ah purtroppo egli è ver! Parole e sguardi,
730che rendono gli amanti
 schiavi della beltà, son tutt’incanti.
 Ma come oh dio! ma come
 scioglier potrei dal cuore
 l’amorosa catena?
735La libertà mi sembrerebbe or pena.
 Quando un cor si compiace
 dell’amorosa face
 sì facile non è mirarla spenta,
 liberarsene affatto invan si tenta.
 
740   Vedersi in un istante
 il caro ben languire
 se quest’è duol bastante
 da farmi oh dio morire,
 morte che fai, dov’è?
 
745   Se non m’uccide, ahi lasso,
 il duol in tal momento,
 morir più non pavento,
 morte per me non v’è.
 
 SCENA VIII
 
 Camera.
 
 CINTIA con spada in mano, poi GIACINTO
 
 CINTIA
 La vogliamo vedere. O vincer voglio
750o di tutte le donne farne un spoglio.
 Aut Caesar aut nihil.
 Non mi posso veder compagne intorno
 che senza il merto mio
 vogliano comandar come fo io.
755Ecco Giacinto, o deve
 seguir il mio disegno
 o sarà il primo a sostener mio sdegno.
 GIACINTO
 Cintia, mio amor, mio nume,
 suora di Citerea,
760mia sovrana, mia dea,
 eccomi tutto vostro.
 Vi domando perdono e a voi mi prostro.
 CINTIA
 E ben siete pentito
 d’avermi disgustata?
 GIACINTO
765Mia bellezza adorata,
 tanto pentimmi e tanto
 ch’ho lavata la colpa in mar di pianto.
 CINTIA
 Mi amate voi?
 GIACINTO
                              Vi adoro.
 CINTIA
 Siete mio?
 GIACINTO
                       Vostro sono.
 CINTIA
770Ogni errore passato io vi perdono.
 GIACINTO
 Oh cara! Oh me contento!
 Balzar il cor per il piacer mi sento.
 CINTIA
 Ditemi, come state
 di coraggio e bravura?
 GIACINTO
775La gran madre natura
 m’ha fatto l’alto onore
 di donarmi un bel volto ed un gran core.
 CINTIA
 Mi piace il paragone.
 (S’è bravo com’è bel, sarà un poltrone).
 GIACINTO
780Su, parlate, esponete,
 comandate, imponete.
 Armato a’ vostri cenni il braccio mio
 svenerà, se fia d’uopo, il cieco dio.
 CINTIA
 L’impresa, che a voi chiedo,
785difficile non è.
 GIACINTO
                              Nulla è difficile
 a un cuor ch’è tutto facile.
 CINTIA
 Prendete questa spada.
 GIACINTO
                                             Ecco l’accetto;
 mi passerò, se lo bramate, il petto.
 CINTIA
 Or di sangue virile io non ho sete.
790Voi uccider dovete
 in questa città nostra
 cento donne e non più, per parte vostra.
 GIACINTO
 Come! Donne svenar?
 CINTIA
                                           Se voi ciò fate,
 mio sposo alfin sarete
795e meco goderete; e quando mai
 ricusaste obbedir il mio precetto,
 vi passerò con questa spada il petto.
 GIACINTO
 Eh signora, signora,
 per dirla, non vorrei morire ancora.
 CINTIA
800Dunque che risolvete?