Il mondo della luna, libretto, Bologna, Sassi, 1755

 GIACINTO
 Ci penserò.
 CINTIA
                        Dovete
 risolver tosto. O delle donne il sangue
 o rimaner per le mie mani esangue.
 GIACINTO
 Più tosto che morire,
805con pena io vi rispondo,
 metterò sottosopra tutt’il mondo.
 CINTIA
 Badate non tradir.
 GIACINTO
                                     Ve n’assicuro.
 CINTIA
 Giurate.
 GIACINTO
                   Sulla mia beltà lo giuro.
 CINTIA
 Se sarete fedele,
810se voi m’obbedirete,
 credete a me, non ve ne pentirete.
 
    Che cosa son le donne,
 più o meno, già si sa
 ma un certo non so che
815mi par d’aver in me
 che più vi piacerà
 e questa è la mia fede,
 la mia sincerità.
 
 SCENA IX
 
 GIACINTO, poi AURORA
 
 GIACINTO
 Esser dovrò crudele,
820per piacer al mio ben? Sì sì, si faccia,
 si svenino, si uccidino
 queste inimiche nostre
 ma piano per mia fé;
 se uccidessero di poi loro me?
825Vorrei e non vorrei;
 sono fra il sì e il no.
 Penserò, studierò, risolverò.
 AURORA
 (Come? Giacinto armato?)
 GIACINTO
 (Ecco la prima a cui
830dovrò ferir il seno,
 ah! che se la rimiro io vengo meno).
 AURORA
 (Parla fra sé. Pavento
 di qualche tradimento).
 GIACINTO
 (Orsù, vi vuol coraggio;
835con un colpo improviso
 l’ucciderò senza mirarla in viso).
 AURORA
 Giacinto.
 GIACINTO
                    (Ah bella voce!)
 AURORA
 Che fate voi?
 GIACINTO
                           Non so.
 AURORA
 Mi volete svenar?
 GIACINTO
                                   Signora no.
 AURORA
840Che fate di quel brando?
 GIACINTO
 Son un novello immitator d’Orlando.
 AURORA
 Datelo a me.
 GIACINTO
                          Non posso.
 AURORA
                                                E perché mai?
 GIACINTO
 Perché... Nol posso dir... perché giurai.
 AURORA
 Ah crudele, ah spietato,
845ah sconoscente, ingrato!
 Vi conosco, v’intendo.
 Forse di Cintia per gradir l’affetto
 mi volete cacciar la spada in petto.
 GIACINTO
 Oh dio!
 AURORA
                  Via traditore,
850se avete tanto core,
 trafiggetemi pure; eccovi il seno.
 GIACINTO
 Ahi che non posso più; già vengo meno. (Gli cade la spada di mano)
 AURORA
 Or questa spada è mia. (La prende)
 GIACINTO
 Pietà per cortesia.
 AURORA
855Cosa meritereste!
 GIACINTO
 Chiedo la vita in dono.
 AURORA
 Caro il mio Giacintino io vi perdono.
 Basta sol che mi dite
 chi vi diè questa spada ed a qual fine.
 GIACINTO
860Nol posso dire.
 AURORA
                              Ingrato!
 Io vi dono la vita
 e un leggiero favor voi mi negate?
 Voi volete che io mora?
 GIACINTO
                                             Ah no, fermate.
 Tutto, tutto dirò; Cintia volea...
 AURORA
865Basta così; la rea
 Cintia sola sarà, voi tutto amore,
 siete bello di volto e bel di core.
 GIACINTO
 Ah non merto da voi
 della vostra bontà sì belli effetti.
870Io son mortificato.
 Sono... Non so che dir. Son incantato.
 
    Discorriamo come va;
 miei signori già si sa
 ch’ogni bella è un diavolino,
875sì signori un diavolino,
 non è vero? Signorsì.
 
    Mi dirà vosignoria:
 «È tua moglie fedelona?»
 Voi direte: «Quella è buona»;
880questo poi mi fa tremar.
 
    Se colei... Non so che dire;
 essa poi... Sia maledetto,
 sento proprio il mio cervello
 che mi pare un molinello
885che girando se ne va.
 
 SCENA X
 
 AURORA, poi GRAZIOSINO
 
 AURORA
 Dunque Cintia garbata,
 superba, indiavolata,
 per desio di regnar volea bel bello
 delle misere donne far macello?
890L’invidia, l’ambizione e l’avarizia
 faran precipitare il nostro sdegno
 e abbiam per sostenerlo poco ingegno.
 Ma, già ch’ella volea
 questa spada mirar nel seno mio,
895voglio provar anch’io di far lo stesso.
 La vendetta è comune ad ogni sesso.
 Ecco il mio Graziosino;
 ei, che m’ama davvero,
 sarà l’essecutor del mio pensiero.
 GRAZIOSINO
900Ma io, Aurora cara,
 ma io non posso più; se spesso spesso
 io non vi vedrò,
 credetemi davvero, io crepperò.
 AURORA
 Eh Graziosino mio, siamo traditi.
905Vedete questa spada?
 GRAZIOSINO
                                           Sì, la vedo. (Con timore)
 AURORA
 Questa spada dovea passarmi il petto
 ma il ciel benigno e pio
 serbato ha il viver mio da tal disgrazia.
 GRAZIOSINO
 Signora mia, con vostra buona grazia. (In atto di partire)
 AURORA
910Come! Voi mi lasciate?
 GRAZIOSINO
 Vi dirò; perdonate.
 Allorch’io sento favellar di morte,
 il cuor mi batte in seno forte forte.
 AURORA
 Ah misera ch’io sono!
915Amo un ingrato che per me non sente
 né timor né pietà. Cintia ha trovato
 chi volea secondar il suo disegno;
 ed io di giusto sdegno
 accesa vanamente e invendicata
920rimanere dovrò? Son disperata.
 GRAZIOSINO
 Ma cosa dovrei far?
 AURORA
                                       Con questa spada
 passar a Cintia il petto.
 GRAZIOSINO
 E non altro?
 AURORA
                          Non altro.
 Alfin non è gran cosa,
925per un uomo, amazzar femina imbelle.
 GRAZIOSINO
 Queste, lo dico anch’io, son bagatelle.
 AURORA
 Dunque avete risolto?
 GRAZIOSINO
                                           Non lo so.
 AURORA
 Risolvere convien.
 GRAZIOSINO
                                    Risolverò.
 AURORA
 Perché non accettate
930questo impegno a drittura?
 GRAZIOSINO
 Perché, a dirla, ho un pochino di paura.
 AURORA
 Paura d’una donna?
 GRAZIOSINO
                                        L’ho provata;
 e so cos’è persona arrabbiata.
 AURORA
 Dunque, se non volete,
935pazienza vi vorrà. Cercar dovrò
 uno che non mi sapia dir di no.
 GRAZIOSINO
 Cara, venite qui.
 Anch’io dirò di sì.
 AURORA
 Ma lo farete poi?
 GRAZIOSINO
940Tutto farò quel che volete voi.
 AURORA
 Tenete questa spada.
 GRAZIOSINO
                                         Sì, la tengo.
 AURORA
 E quando Cintia viene...
 GRAZIOSINO
                                               E quando viene?
 AURORA
 Cacciargliela nel seno...
 GRAZIOSINO
                                             Bene, bene.
 AURORA
 Lo farete?
 GRAZIOSINO
                      Il farò.
 AURORA
945E poi m’ingannerete.
 GRAZIOSINO
                                          Gnora no!
 AURORA
 Averete coraggio?
 GRAZIOSINO
                                    Come un Marte.
 AURORA
 Caro il mio Graziosino.
 Voi sarete il mio Marte.
 GRAZIOSINO
                                              Anzi Martino.
 AURORA
 
    Quando vien la mia nemica,
950dite tosto: «Ah! Che t’uccido».
 Così fece il dio Cupido
 che per voi mi ferì il cor.
 
    Se pietà per lei provate,
 ramentate l’amor mio;
955e pensate che son io
 che vi desta in sen furor.
 
 SCENA XI
 
 GRAZIOSINO solo
 
 GRAZIOSINO
 Son in un bell’imbroglio;
 non so cosa mi far. Se vil mi rendo,
 la mia diletta offendo;
960e se mostro bravura
 la mia poltroneria scopro a drittura.
 Ma qui vi vol coraggio.
 Finalmente una donna
 non mi può far timore.
965Graziosin, ora è tempo, animo e core.
 
    Son di coraggio armato,
 son tutto furibondo
 e venga tutto il mondo,
 ch’io lo trafiggerò.
970Ma se la donna bella
 pietosa mi favella?
 Io non l’ascolterò.
 
    E s’ella mi minaccia?
 Timore non avrò.
975E se mi dà in la faccia?
 Allor me n’anderò.
 Io mostrerò bravura
 sintanto che potrò.
 Ma quando avrò paura,
980allora fuggirò.
 
 SCENA XII
 
 CINTIA e GIACINTO, poi AURORA e GRAZIOSINO
 
 CINTIA
 Dov’è, dov’è la spada?
 GIACINTO
 Signora, per pietà...
 CINTIA
                                       Perfido, indegno,
 proverete il mio sdegno.
 GIACINTO
                                               Sì, uccidetemi;
 morirò, se la morte mia bramate.
985Ma a me la crudeltà non comandate.
 CINTIA
 Dov’è la spada mia?
 GIACINTO
 Io l’ho gettata via.
 CINTIA
                                    Per qual ragione?
 GIACINTO
 Perché mi fan le donne compassione.
 CINTIA
 
    È questa la promessa
990che voi faceste a me?
 
 GIACINTO
 
    Questo mio cor professa
 a voi costanza e fé.
 
 CINTIA
 
    Ma dov’è la mia spada?
 
 GIACINTO
 
 Ahi che crudel comando?
 
 CINTIA
 
995Andate, ch’io vi mando
 ma ben di tutto cor. (Escono di lontano Aurora e Graziosino con la spada in mano)
 
 AURORA
 
    Ecco la mia nemica.
 
 GRAZIOSINO
 
 (Son pieno di valor).
 
 AURORA
 
 Non fate che più il dica.
 
 GRAZIOSINO
 
1000(Ah! Che mi trema il cor).
 
 CINTIA
 
    Mendace.
 
 GIACINTO
 
                        Fermate.
 
 AURORA
 
 (Via, presto). (A Graziosino)
 
 GRAZIOSINO
 
                             (Aspettate). (Ad Aurora)
 
 CINTIA
 
 Ciarlone.
 
 GIACINTO
 
                    Pietà.
 
 AURORA
 
 Poltrone.
 
 GRAZIOSINO
 
                    Son qua.
 
 A QUATTRO
 
1005   Mi sento nel petto
 dispetto e furor.
 
 AURORA
 
    Feritela. (A Graziosino)
 
 GRAZIOSINO
 
                       Ah! (Tira un colpo a Cintia)
 
 GIACINTO
 
 Fermatevi. (A Graziosino)
 
 GRAZIOSINO
 
                         Ah! (Tira un altro colpo)
 
 CINTIA
 
 Giacinto, pietà.
 
 GIACINTO
 
1010   Qual sdegno, qual ira,
 qual furia v’inspira?
 
 CINTIA
 
 Che cosa ho fatt’io?
 
 AURORA
 
 Feritela.
 
 GRAZIOSINO
 
                   Ah!
 
 GIACINTO
 
 Fermatevi.
 
 GRAZIOSINO
 
                        Ah!
 
 CINTIA
 
1015   Tu sei un’indegna.
 
 AURORA
 
 Sei tu maledetta.
 
 A DUE
 
 Vendetta, vendetta
 vuo’ contro di te.
 
 AURORA
 
 Feritela.
 
 GRAZIOSINO
 
                   Ah!
 
 GIACINTO
 
1020Fermatevi.
 
 GRAZIOSINO
 
                        Ah!
 
 CINTIA
 
 Ah perfido!
 
 GRAZIOSINO
 
                         Ah!
 
 AURORA
 
    A tempo migliore
 vendetta farò.
 
 A QUATTRO
 
    Fermate, sentite.
1025Frenarmi saprò.
 
    Vendetta, vendetta,
 vendetta farò.
 
 Fine dell’atto secondo
 
 
 ATTO TERZO
 
 SCENA PRIMA
 
 Camera.
 
 RINALDINO in abito da guerriero e FERRAMONTE
 
 RINALDINO
 Al lume di ragion conosco e vedo
 dell’amor gl’inganni e l’error mio.
1030Voi, Ferramonte, aveste
 forza e valor bastante
 coi vostri saggi detti
 di farmi vergognar de’ tristi affetti.
 Eccomi ritornato
1035uomo, qual fui, nelle primiere spoglie,
 pien d’eroici pensieri e caute voglie.
 FERRAMONTE
 Possibile che abbiate
 tanto tempo servito a queste e a quelle?
 Le femine, sian brutte o siano belle,
1040hanno ad amar noi
 e amato che ci han si lascian poi.
 RINALDINO
 I vezzi e le lusinghe
 troppo han di forza sovra il nostro cuore.
 FERRAMONTE
 Questo ceto di donne traditore
1045avrà finito il gioco.
 Per invidia fra lor si son sdegnate
 e si son da sé stesse rovinate.
 
 SCENA II
 
 TULIA e detti
 
 TULIA
 Ahimè! Chi mi soccorre?
 RINALDINO
                                                Ah Tulia mia!
 FERRAMONTE
 (Amico, state forte). (Piano a Rinaldino)
 TULIA
1050Vogliono la mia morte.
 RINALDINO
 E chi è che vi minaccia?
 FERRAMONTE
 (Non la mirate in faccia). (Come sopra)
 TULIA
 Le donne invidiose,
 amanti, orgogliose,
1055per il desio d’arrivar al lor disegno,
 ardono fra di lor d’ira e di sdegno.
 RINALDINO
 Ah voi pietà mi fate.
 FERRAMONTE
 (Rinaldin, non cascate).
 TULIA
 A voi mi raccomando;
1060deh voi mi difendete.
 FERRAMONTE
 (Forti, non le credete).
 TULIA
 Deh non mi abbandonate.
 FERRAMONTE
 (Forti, non le badate).
 RINALDINO
 La devo abbandonare?
 FERRAMONTE
1065(Un’altra volta vi vorrà ingannare).
 RINALDINO
 Tulia, che pretendete?
 TULIA
 Esser a voi soggetta,
 rinunciar del comando
 ogni ragione a voi.
 RINALDINO
                                     Che far degg’io? (A Ferramonte)
 FERRAMONTE
1070(Prendetela in parola). (A Rinaldino)
 RINALDINO
 Idolo mio, venite; a questa legge
 novamente v’accetto.
 TULIA
 Amor e fedeltà io vi prometto.
 
    Se vede il ciel turbato
1075quel pastorel sagace
 raccoglie il gregge amato
 e alla capanna in pace
 le boscarecce avene
 fa lieto risuonar.
 
1080   Se mal da ciò ne viene,
 saprò sicura in porto,
 come il nocchiero accorto,
 il legno ritirar.
 
 SCENA III
 
 RINALDINO e FERRAMONTE
 
 FERRAMONTE
 Io rido come un pazzo
1085a veder quelle stesse umiliate
 venir con un pochino di vergogna
 come le cagnoline da Bologna.
 RINALDINO
 Amo Tulia e se posso
 sperar d’averla in preda,
1090senza far onta al mio viril decoro,
 acquistato il mio core avrà un tesoro.
 FERRAMONTE
 Sì; ma badate bene
 che poi a poco a poco
 non vi faccia la donna un brutto gioco.
 
1095   Le amate col cervello
 la sogliono studiar.
 Principiano bel bello
 coi vezzi ad incantar
 
    e quando l’uomo è preso
1100e quando l’hanno acceso
 si gonfiano, s’inalzano
 e ’l vogliono burlar.
 
 SCENA IV
 
 RINALDINO solo
 
 RINALDINO
 Il periglio passato
 cauto mi ha reso e colla donna accorta
1105cieco più non sarò. Tulia peraltro
 non è delle più scaltre,
 che se tal fosse stata
 questa spada serbata io non avrei,
 per troncare con questa i lacci miei.
1110Onde amarla poss’io senza timore
 che ingannare mi voglia il di lei cuore.
 
    Chi troppo ad amor crede
 si vede ad ingannar;
 ma il sempre dubitar
1115tormento è assai maggior.
 
 SCENA V
 
 AURORA e GRAZIOSINO
 
 GRAZIOSINO
 Non ne vuo’ più sapere.
 AURORA
                                              Io son perduta,
 se voi mi abbandonate.
 GRAZIOSINO
 Siete tutte quante indiavolate.
 AURORA
 L’arte dell’inganni
1120distruggendo si va.
 GRAZIOSINO
 Causa la vostra troppa vanità.
 AURORA
 Ma voi mi lascierete
 al furore degli uomini in balia?
 GRAZIOSINO
 Io sono schiavo di vusignoria.
 AURORA
1125Graziosino, pietà.
 GRAZIOSINO
                                   (Mi sento movere).
 AURORA
 Abbiate compassione.
 GRAZIOSINO
 (Mi si scalda il polmone).
 AURORA
 Se volete ch’io mora, morirò.
 GRAZIOSINO
 Ah! Se voi morirete, io crepperò.
 AURORA
1130Dunque...
 GRAZIOSINO
                      Dunque son vostro.
 AURORA
 Mi salverete voi?
 GRAZIOSINO
                                  Vi salverò.
 AURORA
 E mi amerete poi?
 GRAZIOSINO
                                     Sì, io v’amerò.
 AURORA
 
    Che bel regnar contenta
 nel cuor del caro bene
1135e senza amare pene
 godere e giubilar!
 
    Noi donne siamo nate
 per esser onorate
 ma non per ingannar.
 
 SCENA VI
 
 GRAZIOSINO, poi CINTIA
 
 GRAZIOSINO
1140Colui di Ferramonte
 m’ha consigliato ad esser crudele;
 ma, se una donna poi gli andasse appresso,
 come un poltrone ci cascherebbe anch’esso.
 CINTIA
 Lupi, tigri, leoni,
1145gattipardi, pantere, orsi e mastini
 mi sento a divorar negl’intestini.
 GRAZIOSINO
 Ecco qui un altro imbroglio.
 CINTIA
 Fermate; è mio quel soglio,
 io vi voglio salir. Ma Giove irato
1150mi fulmina e precipita
 e la terra mi affoga e il mar mi accoppa,
 ahimè, mi danno un maglio sulla coppa.
 GRAZIOSINO
 Questa è pazza davvero.
 CINTIA
 Buongiorno, cavaliero.
 GRAZIOSINO
1155Schiavo, padrona mia.
 CINTIA
 Andate col malan ch’il ciel vi dia.
 GRAZIOSINO
 (Ha perduto il cervello).
 CINTIA
 Perfido, tu sei quello
 che vuol rapirmi il trono?
1160Vattene o ti bastono.
 GRAZIOSINO
                                        Io non so nulla.
 CINTIA
 
    Il capo mi frulla,
 la testa sen va.
 La la laranlalla
 la lan laranlà.
 
 GRAZIOSINO
1165Quando in capo alle belle
 entran le frenesie,
 si vedono da lor mille pazzie.
 CINTIA
 Olà, tu sei mio schiavo.
 GRAZIOSINO
                                             Sì signora.
 CINTIA
 Accostati.
 GRAZIOSINO
                     Son qui.
 CINTIA
                                       Vanne in malora.
 GRAZIOSINO
1170La vaga tradir non può l’usanza
 e anche pazza mantien la sua incostanza.
 CINTIA
 Olà superbo altero
 del mio sovrano impero,
 mi conosci, briccon, sai tu chi sono?
1175Inginochiati al trono;
 giurami fedeltà con obbedienza;
 abbassa il capo; e fammi riverenza.
 GRAZIOSINO
 Eh via che siete pazza...
 CINTIA
                                              Ah temerario,
 così parli con me?
1180Giurami fedeltade a tuo dispetto
 o ch’io ti caccio questo stile in petto.
 GRAZIOSINO
 Piano, piano, son qui, tutto farò.
 CINTIA
 Giurami fedeltà.
 GRAZIOSINO
                                  La giurerò.
 
    Giuro... signora sì.
1185Ma cosa ho da giurar?
 Giuro (che via di qui
 procurerò d’andar).
 
    Fermate, giuro, giuro
 servirvi, obbedirvi,
1190piacervi, vedervi,
 amarvi, onorarvi
 e irvi, irvi, arvi
 con tutta fedeltà.
 
 SCENA VII
 
 CINTIA, poi GIACINTO
 
 CINTIA
 Ahi, ch’è un piacer soave
1195di chi ama tener gl’uomini sotto.
 Ma ohimè veggo distrutta
 questa nostra grand’opra
 e gl’uomini vuon star a noi di sopra.
 GIACINTO
 Viva il sesso virile;
1200viva anch’il feminile,
 finalmente goderano con noi.
 CINTIA
 Giacinto.
 GIACINTO
                    Che bramate?
 CINTIA
 Voglio che voi mi amate.
 GIACINTO
                                                Questo «voglio»
 a voi, signora, non sta bene in bocca,
1205perché a chi ama comandar non tocca.
 CINTIA
 Ma voi siete mio schiavo.
 GIACINTO
                                                 Schiavo io fui,
 è ver, della bellezza;
 ma veggo alfin che la bellezza nostra
 è assai migliore e val più della vostra.
 CINTIA
1210Dunque voi mi lasciate?
 GIACINTO
 Se l’amor mio bramate,
 pregatemi, umiliatevi,
 abbassate l’orgoglio e inginocchiatevi.
 CINTIA
 E così vil sarò?
 GIACINTO
                              Più non sperate
1215amor da me né ch’altri amar vi voglia,
 se negate di usar questa obbedienza.
 CINTIA
 (Farlo mi converrà, per non star senza).
 
    Eccomi al vostro piede
 pietade a domandar.
 
 GIACINTO
 
1220   Impari, chi la vede,
 le superbe ad umiliar.
 
 CINTIA
 
    Ma troppo vil son io.
 
 GIACINTO
 
 Se non volete, addio.
 
 CINTIA
 
 Fermate.
 
 GIACINTO
 
                    Voglio andar.
 
 CINTIA
 
1225   Via, caro Giacintino. (S’inginocchia)
 Tornatemi ad amar.
 
 GIACINTO
 
    Ognun chi tocca
 si venga ad ispecchiar.
 
 CINTIA
 
    Ma questo mai non fia.
 
 GIACINTO
 
1230Bondì a vusignoria.
 
 CINTIA
 
 Fermatevi.
 
 GIACINTO
 
                        Pregatemi.
 
 CINTIA
 
 Ohimè che crudeltà!
 
 GIACINTO
 
 Rispetto ed umiltà.
 
 CINTIA
 
    Caro il mio bambolo
1235per carità.
 
 GIACINTO
 
    Mi sento movere
 tutto a pietà.
 
 A DUE
 
    Visetto amabile,
 siete adorabile;
1240il mio cuor tenero
 vi adorerà.
 
 SCENA ULTIMA
 
 Luogo delizioso e magnifico destinato per piacevole trattenimento.
 
 Tutti
 
 CORO DI DONNE
 
    Pietà, pietà di noi,
 voi siete tanti eroi,
 pietà, di noi pietà.
 
 RINALDINO
1245Se cedete l’impero,
 se a noi voi vi arrendete,
 pietà nel nostro cor ritroverete.
 TULIA
 Tutto io cedo e m’arrendo
 e la pietà dal vostro core attendo.
 CORO (Come sopra)
 
1250   Pietà, pietà di noi,
 voi siete tanti eroi;
 pietà, di noi pietà.
 
 AURORA
 Graziosino, son vostra.
 GRAZIOSINO
 Ed io vi accetterò.
1255Vi terrò, v’amerò, vi sposerò.
 CINTIA
 E voi, Giacinto mio,
 cosa di me farete?
 GIACINTO
 Quel che di voi farò lo sentirete.
 FERRAMONTE
 Lode al ciel, finalmente s’è veduto
1260che Il mondo alla roversa
 durare non potea
 e che da sé medesime
 a pregarci poi vengono.
 Tante donne fra lor non si sostengono.
 CORO DI DONNE
 
1265   Pietà, pietà di noi;
 voi siete tanti eroi;
 pietà, di noi pietà.
 
 CORO DI UOMINI
 
    Pietà voi troverete,
 allorché abbasserete
1270la vostra vanità.
 
 TUTTI
 
    L’alteriggie di chi ama
 è Il mondo alla roverscia
 che mai non durerà.
 
 Fine del dramma
 
 
 
 IL MONDO ALLA ROVERSA O SIA LE DONNE CHE COMANDANO
 
 
 Opera comica.
 À Amsterdam, chez Arnold Olofsen, libraire de la musique dans le Gravestraat, 1754. Le prix 12 sols.
 
 
 INTERLOCUTORI
 
 RINALDINO
 TULIA
 CINTIA
 AURORA
 GIACINTO
 GRAZIOSINO
 FERRAMONTE
 
 
 MUTAZIONI DI SCENE
 
    Atto primo: atrio magnifico, corrispondente alla gran piazza, ornato di spoglie virili all’intorno, acquistate in varie guise dalle accorte femine; appartamenti nobili nel palazzo delle femine dominanti.
    Atto secondo: camera preparata per il feminile consiglio; deliziosa alla riva del mare, il quale, formando un seno nel lido, offre commodo sbarco a piccoli legni; camera.
    Atto terzo: appartamenti nobili; luogo magnifico e delizioso, destinato al divertimento delle donne primarie.
    La scena si rappresenta in una isola degli antipodi.
 
 ATTO PRIMO
 
 SCENA PRIMA
 
 Cortile spazioso, ornato di spoglie virili all’intorno, acquistate in varie guise dalle accorte femine. Termina il cortile con archi maestosi, oltre i quali vedesi la gran piazza, da dove entrano nel cortile sovra carro trionfale, tirato da vari uomini:
 
 TULIA, CINTIA, AURORA, precedute da coro di donne, le quali portano seco loro delle catene e delle vittoriose insegne. Mentre si canta il coro gli uomini s’incatenano
 
 TULIA, CINTIA, AURORA
 
    Presto, presto, alla catena,
 alla usata servitù.
 
 CORO
 
    Non fa scorno e non dà pena
 volontaria schiavitù.
 
 TULIA
5Ite all’opre servili
 e partite fra voi le cure e i pesi.
 Altri alla rocca intesi,
 altri all’ago, altri all’orto o alla cucina,
 dove il nostro comando or vi destina.
 AURORA
10Obbedite, servite e poi sperate,
 che il regno delle donne
 è di speranza pieno.
 Se goder non si può, si spera almeno.
 CINTIA
 E chi vive sperando
15per sua felicità muore cantando.
 CORO
 
    Presto, presto, alla catena,
 alla usata servitù.
 
    Non fa scorno, non dà pena
 volontaria schiavitù. (Partono gli uomini incatenati, condotti dalle donne. Le tre sudette scendono dal carro, il quale si fa retrocedere per la parte dond’è venuto)
 
 SCENA II
 
 TULIA, CINTIA e AURORA
 
 TULIA
20Poiché del viril sesso
 abbiam noi sottomesso il fier orgoglio,
 tener l’abbiamo incatenato al soglio.
 Ma quai credete voi,
 mie fedeli compagne e consigliere,
25fian migliori i progetti,
 gli uomini per tenere a noi soggetti?
 CINTIA
 Questo nemico sesso,
 di natura superbo e orgoglioso,
 scuote e lacera il fren, quand’è pietoso.
30Col rigor, col disprezzo,
 soglion le scaltre donne
 tener gli uomini avvinti e incatenati.
 Se sono innamorati
 tutto soglion soffrire; e quanto sono
35più sprezzanti le donne e più crudeli,
 essi son più pazienti e più fedeli.
 AURORA
 È ver, ma crudeltà consuma amore.
 Io consiglio migliore
 credo sia il lusingarli,
40finger ognor d’amarli,
 accenderli ben bene a poco a poco
 e poi del loro amor prendersi gioco.
 TULIA
 Né troppo crude né pietose troppo
 essere ci convien, poiché il disprezzo
45eccita la pietà soverchio usata.
 La fierrezza è temuta e non amata.
 Regoli la prudenza
 il feminile impero.
 Or clemente, or severo
50il nostro cor si mostri
 ed il sesso virile a noi si prostri.
 CINTIA
 Ognun pensi a suo seno; io vuo’ costoro
 aspramente trattar; voglio vederli
 piangere, sospirare,
55fremere, delirare;
 e vuo’ che, doppo un lungo
 crudo servire e amaro,
 un leggiero piacer mi paghin caro. (Parte)
 
 SCENA III
 
 TULIA ed AURORA
 
 TULIA
 Aurora, ah non vorrei
60che per troppo voler s’avesse a perdere
 l’acquistato finor dominio nostro.
 Donne alfin siamo e a noi
 forza non diè natura
 che nei vezzi, nei sguardi e in le parole.
65Spade e lancie trattar, loriche, scudi
 non è cosa da noi. Se l’uom si scuote,