Il mondo della luna, libretto, Venezia, Fenzo, 1750

 Pietà? comme? Tu faie lo mpigno mio,
 e aie tanto ardire... uh ca te voglio accidere.
 ASCANIO
1455Accediteme; ed io da mo la mano
 ve vaso, ca favore mme farrite.
 MARCANIELLO
 No nce vonno partite. Schitto penza
 a llevarte da capo
 ss’ammore pazzo.
 ASCANIO
                                   Ajemmè che stellettate!
 MARCANIELLO
1460Comme? Che ddice?
 ASCANIO
                                         O Dio, gnore, piatate.
 Chello, che mmo mme cirche,
 s’io schitto penzo de lo ffa, già manco,
 già sudo friddo, e ggià so ttutto jelo;
 chisto è lo stato mio,
1465chiste so li guaje mieie, cheste le ppene.
 MARCANIELLO
 Chisto sarrà deavolo pe mmene.
 ASCANIO
 
    Gnore mio, stongo io legato
 da catene accossì ccare,
 da catene accossi fforte,
1470che la morte
 schitto rompere le ssa.
 
    Strascenato so ad amare:
 e a la forza, che mme sforza,
 io non pozzo contrastà.
 
 SCENA IX
 
 Marcaniello e ppo Don Pietro
 
 MARCANIELLO
1475Chillo lla mm’ave fatto ntennerire.
 Per autro è ddigno de piatà. Sacc’io
 ll’essere ’nnammorato che bo dire.
 DON PIETRO
 Allegraman, allegraman, mon pere.
 Son io a lei furiere
1480di belle nuove. Matrimonieremo
 per questa sera. Allegraman, mon per.
 MARCANIELLO
 O maro te! Io aggio gran paura,
 che pe ttutta stasera te ncatenano.
 DON PIETRO
 Che ffoss’io mattarello?
 MARCANIELLO
                                              E cco ssa facce
1485parle de matremmonio?
 DON PIETRO
                                               Questa faccia
 ha fatto rivoltà Capo di Monte.
 MARCANIELLO
 Te lo ccreo: nn’aje avuto allucche, e fische.
 DON PIETRO
 Fischi? allucchi? È bugia: uomini e donne,
 per potermi mirare han fatto a punia:
1490chi di qua, chi di là; io però, intrepido,
 passato me ne son, tisico e musico.
 MARCANIELLO
 (Via è gghiuto).
 DON PIETRO
                                Or parliamo un po’ sul sodo.
 Conciasiacosacché da me già seppe
 il signor Carlo ogni ntrico; acciò si levino
1495tanta dicomi e dissiti, sta sera
 stringer brama le nozze. Io so già lesto,
 è lesto lui, per esser lesto lei,
 bisognerà che i piedi vel permettano.
 MARCANIELLO
 Besognarrà lo cancaro te roseca.
 DON PIETRO
1500Ma la podagra...
 MARCANIELLO
                                Che podagra, bestia?
 Se site leste vuie, io so llestissemo.
 Videte... (S’auza, e non potendose mantenè mpiede va pe ccadere, e Don Pietro lo mantene)
 DON PIETRO
                    Chià chià chià. Cascar volete. (Lo fa assettare)
 MARCANIELLO
 (Mannaggia!)
 DON PIETRO
                             Fate il potta, e non potete.
 
 SCENA X
 
 Nina e Nena a lo barcone, e li ditte
 
 NINA
 Nena, lasciami andar.
 NENA
                                           Tu dunque...
 NINA
                                                                     Oh taci.
1505Mira un po’ i nostri sposi.
 NENA
                                                  O vaga coppia!
 DON PIETRO
 (Spirito, signor padre; ecco le spose).
 MARCANIELLO
 (Mme potesse sosì no pocorillo).
 DON PIETRO
 (Sforzateve).
 MARCANIELLO
                           (Ah ca pozzo). (Se sose)
 
 DON PIETRO
                                                       (Bravo bravo.
 Accostammonce lla chiano chianillo).
 NINA
1510(Vengono a noi).
 NENA
                                  (Sen torneran confusi).
 DON PIETRO
 Finalmente placata ogni tempesta,
 già per nostro conforto, (A Nena)
 per questa sera arriveremo al porto. (A Nina)
 MARCANIELLO
 (Io mo cado). (a Don Pietro)
 DON PIETRO
                             (Coraggio: mantenite). (A Marcaniello)
1515Cred’io, ca no starrite
 più ammossate con noi. (A Nina e a Nena)
 MARCANIELLO
 (Io mo cado, deavolo).
 DON PIETRO
 (Mantenite mmalora).
 
 SCENA XI
 
 Cardella e Vannella da le ccase.
 
 CARDELLA
 (Uh... voglio sta a ssentì).
 VANNELLA
                                                 (Cca stanno chisse?)
 NENA
1520Questa sera voi dunque a me verrete
 per toccarmi la mano? (A Don Pietro)
 DON PIETRO
                                             Avrò l’onore.
 NINA
 E questa sera voi m’impalmerete. (A Marcaniello)
 Non è così?
 MARCANIELLO
                        Mm’attoccarrà sta sciorte.
 (Io mo mme jetto).
 DON PIETRO
                                      (Ah cano! State forte).
 NENA
1525Matto balordo, e non avrai rossore
 di venir con quel volto?
 NINA
 Vecchio schifoso, e non avrai vergogna
 di venir così infermo?
 NENA
 Mirate che sposin!
 NINA
                                     Guarda sposetto!
 NENA
1530T’aspetto, vieni.
 NINA
                                Vieni, ch’io t’aspetto.
 DON PIETRO
 Come, mio bene...
 NENA
                                    Va, attendi a imbellettarti.
 MARCANIELLO
 Donca osseria...
 NINA
                                Va, pensa un po a curarti.
 
 SCENA XII
 
 Marcaniello, Don Pietro, Vannella e Cardella
 
 VANNELLA
 (Se ll’hanno ’ntesa bona).
 CARDELLA
 (Fuie bella la canzona).
 MARCANIELLO
                                             Aiuto, ajuto,
1535ch’io già sconocchio.
 CARDELLA
                                        Chiano, bene mio.
 Sedite. (Accosta la seggia e Marcaniello s’assetta)
 DON PIETRO
                  Sedie a me: sconocchio anch’io.
 VANNELLA
 Nce nn’è una cca bascio. (Trase dinto a la casa soia)
 
 CARDELLA
                                                Facite armo;
 si Don Piè; volite acqua?
 VANNELLA
                                                Te: assettateve. (Esce na seggia, e Don Pietro s’assetta)
 Comme fuie? Comm’è stato?
 DON PIETRO
1540Inudita disgrazia!
 MARCANIELLO
                                    Io so arroienato.
 CARDELLA
 Via allegramente su, via, ca stasera
 s’ha da saglì a la zita.
 DON PIETRO
 Saliremo alle forche.
 VANNELLA
                                        (Chesta è bella).
 CARDELLA
 Comme no?... Perché ride, ne Vannella?
 VANNELLA
1545Rido, ca sti segnure
 tu staje a ddelleggiare.
 CARDELLA
 Le buoje tu cosseare
 co sta resella.
 VANNELLA
                           A mme? Vi che ttrammera!
 CARDELLA
 Io trammera? Aje cchiù ttramme, e cchiù malizie,
1550che non so ffrunne a st’arvole!
 VANNELLA
 Uh chi parla! Chi è cchiena de trestizie.
 CARDELLA
 Ma non faccio la nzemprece.
 VANNELLA
 Ma io non so sfacciata.
 MARCANIELLO
 Che cos’è sta bajata? Via fenite.
 DON PIETRO
1555No: serve a ristorarci. Dite dite.
 CARDELLA
 Tutta mm’è mmusse, e ppicce.
 VANNELLA
 Tutta mm’è smorfie, e sturce.
 CARDELLA
 Che ssinghe accisa.
 VANNELLA
                                      Mpesa.
 CARDELLA
 Strascenata.
 VANNELLA
                          Scannata.
 CARDELLA
1560Va a ppesta, schefenzosa.
 VANNELLA
 Va a la forca, moccosa.
 CARDELLA
 Zantraglia.
 VANNELLA
                       Pettolella.
 CARDELLA
 Birbante.
 VANNELLA
                     Lazzarella.
 CARDELLA
 Scalorcia.
 VANNELLA
                     Brutta fatta.
 CARDELLA
1565E ttu nne vuoje.
 VANNELLA
                                E ttu vuoje, ch’io te vatta.
 (Vanno pe se da de mano, ma Don Pietro le sparte)
 MARCANIELLO
 O descenzo v’afferre.
 DON PIETRO
                                         Piano, piano.
 Parlate, e state sode co lle mmano.
 CARDELLA
 Aje gran fortuna.
 VANNELLA
                                  Non è ttiempo mone.
 MARCANIELLO
 Via saglietenne ncoppa. (A Cardella)
 DON PIETRO
                                               Via si plachi. (A Vannella)
 CARDELLA
1570Va, ca nziemo sarrimmo.
 Si non te voglio... Ah! va nce vedarrimmo.
 VANNELLA
 
    Nce vedarrimmo gnorsì gnorsì.
 Non mme fa filo ss’ammenacciare.
 Co cchi te cride d’avè che ffare?
1575Nce vedarrimmo, che d’è? che d’è?
 
    Ssì zerolille, ssì recciolille
 te le sdellanzo, te le spetaccio.
 Si tu nce ncappe, io non te faccio
 pe ppiezzo e ppiezzo cchiù bene avè
 
 SCENA XIII
 
 Don Pietro, Marcaniello e Cardella
 
 DON PIETRO
1580Ha cacciato gran spirito!
 CARDELLA
                                               Ha raggione;
 nc’jerevo vuje, si no...
 MARCANIELLO
                                          Via via tu n’autra,
 ca si na mpertenente;
 non se sa che nne vuoje da chella llà.
 DON PIETRO
 Ll’hai presa a ttoreà. Non vi, ca quella
1585è una figlia innocente?
 MARCANIELLO
 Si pproprio na mmardetta;
 e lo pparlà co ttico se nce perde.
 DON PIETRO
 Sei na diavoletta.\PMARCANIELLO
 Staje pe mmettere fuoco all’erva verde.
 CARDELLA
 
1590   Perché mme strellate?
 Perché ve nfadate
 co mmico accossì?
 Songo io mpertenente,
 chella è la nnozente!
1595Va buono gnorsì.
 Avite raggione,
 besogna ngottà. (Se mette a chiagnere )
 
    Vi addò maje s’è bista
 de chella cchiù ttrista!
1600E ddiceno pone...
 Uh uh mme vorria
 ncoscienzia mia
 mo tutta pesà.
 
 SCENA XIV
 
 Marcaniello e Don Pietro
 
 DON PIETRO
 L’è molto risentita, e biliosa
1605quella ragazza.
 MARCANIELLO
                              Chissi cca so llotene;
 parlammo a li guaje nuoste.
 Tu a cchelle llà l’aje ntese?
 DON PIETRO
                                                  Ah! le spietate
 stanno molto ncocciate.
 MARCANIELLO
                                             E ttu ch’aje ditto
 de matremmonie, e dde stasera?
 DON PIETRO
                                                              Ho detto
1610quel che ha detto il sior Carlo.
 MARCANIELLO
 ’Nzomma a sti matremmonie
 nce cantaie la cevettola.
 DON PIETRO
                                             Mi rido.
 O la promessa Carlo attennerà,
 o a duello da me si chiamerà.
1615Ah, eh, ah, eh. Che crede? (Fa comme terasse de spata)
 MARCANIELLO
                                                   Fa lo pazzo.
 Tu, ca staie frisco; già ll’aie ntesa a Nena.
 DON PIETRO
 E lei l’intese a Nina.
 MARCANIELLO
 Te la cantaie la vespera.
 DON PIETRO
 Vi cantò il calennario.
 MARCANIELLO
1620Ora fu no cchiù cchiacchiare... Procura
 de trovà lo si Carlo. A la gabbella
 io mo vao chiano chiano, e llà v’aspetto.
 DON PIETRO
 Vi appoggerò.
 MARCANIELLO
                             Gnernò. (Mo, che non serve,
 mme sento meglio. Ah ppiede tradeture!)
 DON PIETRO
1625Badi a no ntroppicar.
 MARCANIELLO
                                          Bada tu a ttene,
 leva le schierchiarie.
 DON PIETRO
                                        Le leverò.
 MARCANIELLO
 Va t’annetta ssa facce.
 DON PIETRO
                                           Annetterò.
 MARCANIELLO
 Penza, ch’aje da nzorarte.
 DON PIETRO
                                                 Penzerò.
 MARCANIELLO
 Statte sodo...
 DON PIETRO
                           Starò, dirò, farò...
1630padre, m’infracitò.
 MARCANIELLO
                                     Senta osseria!
 Fosse pazzo accossì chillo, che seria.
 
    Vi, ca nce nguaggio,
 ca tu la cunte;
 vi ca na vota
1635pe ttute scunte;
 vi ca la rota
 vaie a botà.
 
    Nne sentarraggio
 pena io porzì;
1640ma passarrà.
 E accossì,
 core mio bello,
 sta ncellevriello:
 pe tte nce va.
 
 DON PIETRO
 
1645   Do do re mi
 mi fa sol la.
 
 SCENA XV
 
 Vannella da la casa e Don Pietro
 
 DON PIETRO
 O scorbutico padre!
 VANNELLA
                                       Io non potette
 vennecarme co cchella; e mmo nne sento
 n’arraggia nzanetà.
 DON PIETRO
1650E questa rabbia quanno passerà?
 VANNELLA
 Be? che ve pare? Songo state ngiurie,
 che mm’ha ditto Cardella?
 DON PIETRO
 Ah Cardella rubella,
 io ti castigherò. Però mi dia
1655un morso adesso, o mia arrabbiata dea:
 che vo arrabbiare io puro.
 VANNELLA
                                                  Sempe state
 vuie co le bburle.
 DON PIETRO
                                  No: brevi momenti
 meco t’assidi qui: di affari urgenti
 io ti debbo parlar. (Po vao trovanno
1660lo si Carlo pescraje).
 VANNELLA
                                        (Vorria co cchisto
 sborearme no poco).
 DON PIETRO
                                        Ancor non siede?
 Seda, e a man dritta, ch’è ccosa d’assenza.
 VANNELLA
 Io faccio l’obbedienza. (S’assettano)
 DON PIETRO
 Bella, poichè del Fato
1665il rigor mmalorato...
 VANNELLA
                                        Eh, nce vedesse
 quaccuno? Vuie sapite,
 ch’all’uommene io non pozzo sta vecina.
 DON PIETRO
 Non tema, o mia reina: no nc’è nullo,
 che nci pozza smicciar.
 VANNELLA
                                            Secoteggiate.
 DON PIETRO
1670Lei parla tosco adesso?
 VANNELLA
                                            Un quanco io creggio
 dillettarmene.
 DON PIETRO
                             Io godo, e secoteggio.
 Già per lunga stagione io smaniai,
 spasimai...
 VANNELLA
                       Comme? Fuorze
 ebbe doglia di scianco?
 DON PIETRO
                                             Ah non sia mai!
1675Spasimai per amor...
 VANNELLA
                                         Piano li corpi
 amore? Marramao!
 Io trascorrer d’amor non sentirebbe,
 ca mi smarizzarebbe.
 DON PIETRO
                                          Eh senta senta,
 ca sfizio nci avarrà.
 VANNELLA
                                      Dicete; e breve.
 DON PIETRO
1680Come breve, se in queste cose forti
 bisogna essere eterno? Or seguitando
 la dolente rubrica; e, per concludere,
 (giaché l’impon) la tua patrona amai;
 or io... lo dico, o no?
 VANNELLA
                                       Sta titubante?
1685E perché?
 DON PIETRO
                      Lo dirò. Mentr’ella ingrata
 è meco, al suo mostaccio,
 io applicar mi vo con la creata.
 Si turba, si confonde?
 Ha perza la parola, e non risponde?
 VANNELLA
1690Signor... Mannaggia!
 DON PIETRO
                                         Parli.
 VANNELLA
 Io non saprei.
 DON PIETRO
                             Forze de’ mali miei
 non ha pietà?
 VANNELLA
                            Vedete...
 E via signor, che voi un matto sete. (Se sose)
 
 DON PIETRO
 Ah crudel! Già lo vedo,
1695che tu ancora per me hai il cor di smalto.
 VANNELLA
 Che smalto? Lei dicette... (Ah chisto proprio!)
 Tornate a dir...
 DON PIETRO
                              Replicherò l’assalto.
 
    Io ti dissi, e a dirti torno:
 tu sarai la mia amorosa.
 
 VANNELLA
 
1700Non sia mai, mi piglio scorno:
 chesta mo è na brutta cosa.
 
 DON PIETRO
 
 La sgrignosa più non fare.
 
 VANNELLA
 
 Mme facite vregognare.
 
 DON PIETRO
 
 Via madama, presto su.
 
 VANNELLA
 
1705Scusi lei caro monzù.
 
 DON PIETRO
 
 Ah furbetta, viperetta!
 Tu vuoi farmi un po’ arraggià.
 
 VANNELLA
 
 Forfantello! Zingarello!
 Rossa rossa mi fai fà.
 
 DON PIETRO
 
1710Via facciamo un po’ l’amore.
 
 VANNELLA
 
 E chi sape fa l’ammore?
 
 DON PIETRO
 
 Mo te mparo. S’io ti miro,
 e tu fammi un zennarello.
 
 VANNELLA
 
 Accossì?
 
 DON PIETRO
 
                   O bravo, o bello!
1715Tu sospira, s’io sospiro.
 
 VANNELLA
 
 Accossì?
 
 DON PIETRO
 
                   Giusto accossì.
 Dico io poi: mi fai morire.
 
 VANNELLA
 
 Responn’io: mi fai sperire.
 
 DON PIETRO
 
 Basta, basta, tu si masta,
1720e non serve cchiù a mparà.
 
 VANNELLA
 
 (So mparata da quant’ha).
 
 
 SCENA XVI
 
 Cardella da la casa e ppo Ascanio
 
 CARDELLA
 Io no nce pozzo sta: mme sento friere
 propio le mmano. Si no la straviso
 a cchella muzzecutola,
1725no mm’accojeto. Uh te veccote Ascanio;
 e mme pare na statola.
 ASCANIO
 Puro torno a lo luoco,
 che cchiù assaje de lo ffuoco
 io dovarria foir: sì perché, o Dio!
1730la causa è cca d’ogne ttormiento mio.
 CARDELLA
 Ommo da bene, schiavo.
 ASCANIO
                                                Oh tu cca staje?
 Che se fa? tu che ffaie? che ffa Luggrezia?
 CARDELLA
 (Pare storduto).
 
 SCENA XVII
 
 Don Pietro e li stisse
 
 DON PIETRO
                                (Ecco il fellone).
 ASCANIO
                                                                E Nena,
 e Nina, saje, che ffanno?
 DON PIETRO
                                               Ed ancor osa
1735nominar Nina e Nena il labro audace?
 Mori.
 CARDELLA
              Ah fermate.
 ASCANIO
                                      Che bo dì sta cosa?
 (Don Pietro tira co la spata contra Ascanio e cchillo se defenne)
 CARDELLA
 Si Don Pie... bene mio! Aggente, aiuto. (Trase)
 DON PIETRO
 Difenditi se puoi.
 ASCANIO
                                   Ah so fferuto.
 (Ascanio sentennose feruto, tira contra a Don Pietro e cchillo se repara e sse fa arreto)
 DON PIETRO
 (O mmalora la cosa non va bona!)
1740Chiano...
 ASCANIO
                    Lassa sta spata. (Le guadagna la spata)
 DON PIETRO
 Amico hai vinto, io ti perdon perdona.
 (Lassa la spata e ffuje)
 
 SCENA XVIII
 
 Carlo e Ascanio
 
 CARLO
 Che miro! O Dio che fu?
 ASCANIO
                                               Lassame ire;
 so fferuto a lo vraccio.
 CARLO
                                          Oimè! Osserviamo.
 ASCANIO
 No: lassa.
 CARLO
                     Ritiriamci
1745qui dentro al mio cortil.
 ASCANIO
                                              Che ssarria stato
 si friddo nterra mm’avesse lassato. (Trase co Carlo)
 
 SCENA XIX
 
 Vannella a lo barcone, po Luggrezia a la strata, e ppo Marcaniello e Cardella
 
 VANNELLA
 Aggio ntiso cca bascio
 no remmore de spate,
 e Cardella strellà.
 LUGGREZIA
                                   Che nc’è, Vannella?
1750Tu staje sbattuta?
 VANNELLA
                                    Sia Luggrezia mia,
 spate arrancate...
 LUGGREZIA
                                  Comme?
 MARCANIELLO
                                                     Addò so gghiute?
 Cca no nc’è nnullo.
 CARDELLA
                                     Cca mo se teravano.
 MARCANIELLO
 O figlio pazzo, o arrojenato mene!
 LUGGREZIA
 Che ssarrà? Gnore...
 MARCANIELLO
                                        O figlia!
 VANNELLA
                                                          Io voglio scennere.
 LUGGREZIA
1755Cardè, che ccosa è stata?
 CARDELLA
 Don Pietro co la spata contr’Ascanio;
 ll’avarrà acciso.
 LUGGREZIA
                               Ah negra me, mo moro!
 MARCANIELLO
 Non te partì, Cardella,
 appojame: io so mmuorto.
 CARDELLA
                                                   (Nce voleva
1760sto pisemo porzì).
 MARCANIELLO
                                    Sto figlio cano,
 ave da sconquassà la casa mia.
 Mannaggia quanno maje... Uh che dderria.
 
 SCENA XX
 
 Don Pietro e li stisse
 
 DON PIETRO
 Che so? dove m’inselvo? ove m’intano?
 MARCANIELLO
 Ah frabbuttone, tu ch’aje fatto?
 DON PIETRO
                                                           O padre...
 LUGGREZIA
1765Parla: che nn’è d’Ascanio?
 DON PIETRO
                                                  Or varca l’onde,
 cred’io, del nero fiume.
 CARDELLA
                                             Stace frisco
 comme non fosse niente.
 MARCANIELLO
                                                Non vuoje dire,
 co Ascanio ch’aje avuto?
 DON PIETRO
 De’ suoi misfatti egli pagò il tributo.
 
1770   In singolar tenzone
 difesi mia raggione.
 Io vincitor restai,
 egli mi cadde al piè.
 
    La vita io gli donai,
1775perché quel cano perro
 già guadagnò il mio ferro,
 ed allippar mi fé.
 
 MARCANIELLO
 Quanto va, ch’isso ave abbuscato all’ultemo.
 
 SCENA XXI ED URDEMA
 
 Carlo, Ascanio, Nena, Nina e Vannella da la casa; Marcaniello, Don Pietro, Luggrezia e Cardella
 
 CARLO
 Oh signor Marcaniello.
 LUGGREZIA
                                            Uh! vecco Ascanio.
 DON PIETRO
1780Ascanio? Padre, addio...
 CARLO
                                              No no, fermate,
 signor Don Pietro: il male è nulla affatto.
 VANNELLA
 È no rascagno.
 CARLO
                              E discoprir ne ha fatto
 un gran bene per noi. Mi dica in grazia,
 come si trova in suo potere Ascanio? (A Marcaniello)
 MARCANIELLO
1785Perché lo bo sapè?
 CARLO
                                     La sua ferita
 volli osservar, e vidi al braccio un segno,
 che Lucio avea, quel piccolo figliuolo,
 che perdè il mio germano.
 MARCANIELLO
                                                   Io quanno jette
 a Romma, a lo ttornà (creo, ca mo songo
1790quase decessett’anne) quanno fuje
 a la Fajola, nterra lla lasciaje,
 e a Nnapole co mmico lo portaje.
 CARLO
 Ivi il perdè il german: salvando appena
 queste ragazze; allor che gli convenne
1795fuggir da’ masnadieri.
 NINA
                                            Era ei d’etade
 circa a quattr’anni, il padre ne diceva.
 MARCANIELLO
 Gnorsì da lloco jeva.
 NENA
                                        Al collo appesa
 avea certa medaglia.
 MARCANIELLO
                                        Appunto.
 CARLO
                                                            È desso.
 NENA, NINA A DUE
 O mio dolce fratello.
 ASCANIO
                                        A lo ppassato
1800mo penzo. Io v’era FRATE, e ppe sta causa
 de tutte doje stea tanto NNAMMORATO.
 MARCANIELLO
 Nn’aggio gran gusto.
 LUGGREZIA
                                        Chi potea penzarelo?
 VANNELLA
 Lo munno comme va!
 CARDELLA
                                           Vedite cosa!
 DON PIETRO
 Veramente l’istoria è curiosa.
 ASCANIO
1805Gnore (ch’accossì sempe te dderraggio),
 si affetto mm’aje portato, mo astregnimmolo
 co ffa na parentezza:
 Luggrezia sia la mia,
 e ffacimmo comprita l’allegrezza.
 MARCANIELLO
1810Comme? E li matremmonie, ch’avimmo
 co zieto appuntate?
 ASCANIO
                                      E a bbuje mo pareno
 matremmonie da farle?
 CARLO
                                              Ah veramente
 così è!
 MARCANIELLO
               Ne? E sse faccia.
 LUGGREZIA
                                               O ch’allegrezza.
 NINA, NENA A DUE
 Colma or più che mai son di contentezza.
 CARDELLA
1815Ma va buono.
 VANNELLA
                            Mo è gghiusto.
 DON PIETRO
                                                         Il dissi affè,
 che grattar ci dovrem noi ambi e tre.
 NINA, NENA, CARLO
 
    Su su a le gioje,
 nè mai di noje
 si parli più.
 
 TUTTE L’AUTRE
 
1820   Su de contiente
 schitto parlammo,
 nè a li trommiente
 penzammo cchiù.
 
 Scompe ll’Atto Terzo, e la Commeddeja.
 
 
 
 LO FRATE ’NNAMMORATO
 
 
    Commeddeja pe mmuseca de Jennarantonio Federico napolitano. Da rappresentarese a lo Triato de li Sciorentine lo Carnevale de chist’anno 1734.
    Addedecata a lo llostrissimo e accellentissimo segnor don Luise Sanseverino prencepe de Besegnano eccetera cavaliero de lo Tosone d’oro, primmo barone e Gran Justenziero perpetuo de lo Regno de Napole, e Grande de Spagna de primma classe eccetera.
    A Napole, a spese de Nicola De Bejase, e dda lo stisso se venneno sotta a la Posta.
 
 
    Llustrissimo, e accellentissemo segnore.
 Ascette a la luce ll’anno passato 1732 sta commeddeja e io mme pegliaje l’attrevemiento de dedecarela a vostra accellenza e avette la fortuna che cottanto buon animo l’avesse azzettata. Assennose fatto vedere co mmico tanto generoso, e lleberale de le grazeje soje: cosa veramente da perzonaggio destinto e quale fecato, comm’è l’accellenza vostra. Ora, mo che n’auta vota s’ha da rappresentare, aggio penzato de fa lo stisso pe dduje motive: primmo, azzocché avennose da restampare, e gghi attuorno, non perda la grolia, ch’avette ll’autra vota, de portà scritto nfronte lo nomme de vostra accellenza; e ssecunno, azzocché io renovasse, anze cchiù astregnesse le ccatene de la servetù mia appriesso a l’accelenza vostra, e mme mantenesse nchillo stato affortunato pe mme, nne lo quale nzi a mmo mme so mmantenuto, zoè d’essere de vostra accellenza schiavottiello ncatenato.
 
    Dommineco De Nicola
 
 
 A CHI LEGGE
 
    Sta commedeja se rappresentaje ll’anno 1732 nne lo stisso triato addò s’ha da rappresentare mo, e lo ssa agnuno; e cco cquanto gusto e ssodesfazeone di chi la ntese, puro agnuno lo ssa. Se torna a llebbrecare, perché da cchiù d’uno è stata cercata. Se spera che boglia avè la stessa fortuna, se non che cierte poch’arie, che bedarraje segnate co cchisto signo §, co l’accaseone, che l’è parzo de buono a lo masto de cappella de cagnarence la museca, secunno l’abbeletà de chi l’ha da cantare; e ppe ffarela no poco cchiù breve, s’è accortata no poco all’atto terzo. E statte buono.
 
 PERSONAGGE
 
 MARCANIELLO viecchio, patre de Luggrezia e dde Don Pietro
 (lo signore Jacovo D’Ambrosio)
 ASCANIO giovene nnammorato de Nena e dde Nina, che ppo se trova frate lloro co lo nomme de Lucio: cresciuto a la casa de Marcaniello.
 (la signora Teresa Passaglione)
 NENA e NINA sore carnale, nnammorate tutte doje d’Ascanio.
 (la signora Marianna Ferrante e la signora Maria Negri)
 LUGGREZIA figlia de Marcaniello, nnammorata d’Ascanio.
 (la signora Costanza Bajardo)
 CARLO zio de Nena e dde Nina, nnammorato de Luggrezia
 (lo signore Giammattista Ciriaci)
 VANNELLA crejata de Carlo
 (la signora Margarita Pozzi)
 CARDELLA crejata de Marcaniello
 (la signora Verginia Gasparrini)
 DON PIETRO giovene schirchio, figlio de Marcaniello
 (lo signore Geronemo Piano, vertovuso de la Cappella Rejale de Napole)
 
    La scena de la commeddeja è Capo de Monte.
    La museca è de lo segnore Giammattista Pergolese, masto de cappella napolitano.
 
 
 ATTO PRIMMO
 
 SCENA PRIMMA
 
 Vannella scopanno nnante a lo portone de la casa soja e Cardella coglienno sciure da le tteste ncoppa a lo barcone de la casa soja
 
 VANNELLA
 
    Passa Ninno da cca rrente,
 e mme fa lo zinnariello.
 Forfantone, malezejuso,
 tu co mmico vuoje pazzeà.
 
 CARDELLA
 
5   Io, pe ddare le martiello,
 no mme voto a ttenì mente.
 Forfantone, malezejuso,
 io te voglio fa caneà.
 
 Che te pare? vao bona?
 VANNELLA
10Che? tu puro la saje sta canzona?
 CARDELLA
 Io puro; e mm’allecordo che na vota
 io la deceva, e nce abbuscaje da zia.
 VANNELLA
 Perché?
 CARDELLA
                  Ca sta canzona
 mpara de fa l’ammore.
 VANNELLA
                                             Arrasso sia!
15Affé no lo ssapea. Da mo nne nante
 no la derraggio cchiù.
 CARDELLA
                                          (Vedite cosa!
 Si manco fa l’ammore non sapesse).
 VANNELLA
 Comme dice Cardella?
 CARDELLA
 Niente, niente, Vannella. Accossì ppriesto
20te miette a ttravaglià?
 VANNELLA
                                           Scopo cca nnante.
 CARDELLA?
 Sì: perché abbesognante
 mo de sta mpolezìa.
 VANNELLA
 Vuoie dì?
 CARDELLA
                     Venne ll’autr’iere già lo figlio
 de lo segnore...
 VANNELLA
                              Ll’aggio ntiso dicere.
25E mme?
 CARDELLA
                   Mo se farranno
 sti matremmonie.
 VANNELLA
                                    (E llesto).
 CARDELLA
                                                        Stanno allegre
 mo ste romane, le ppatrune toje?
 VANNELLA
 Starranno allegre; e la patrona toja?
 CARDELLA
 Te lo ppuoje smacenare.
30Vì, ca se tratta de se mmaretare.
 VANNELLA
 Ora io, si è pe mme, non saparria
 sto mmaretà che d’è! T’aje da vedere
 sempre n’ommo vecino.
 CARDELLA
                                               E cche te mozzeca?
 VANNELLA
 Leva le, che breogna! Io morarria.
 CARDELLA
35Uh poverella (e ccridela) conforma
 dicemo tu, non te mmaretarraje.
 VANNELLA
 Io mmaretà? Sciù sciù! (che ffosse craje).
 CARDELLA
 Donca tu mo n’aje nullo nnammorato.
 VANNELLA
 Che? nnammorato? Guarda, satt’arrasso.
40(Nn’aggio quarcuno).
 CARDELLA
                                          Aje visto Sautanasso?
 Io nn’aggio ciento.
 VANNELLA
                                     Ora parlammo d’autro.
 Ha ditto lo segnore
 ca chisto, ch’è benuto,
 è n’ommo tanto alliegro!
 CARDELLA
                                               È miezzo lammia.
 VANNELLA
45Lo vorria vedè proprio.
 CARDELLA
                                             Oh justo justo,
 Veccolo lloco, e bene
 mmerannose a lo specchio.
 VANNELLA
                                                    Uh maramene!
 CARDELLA
 Non te partì, ca nce avarraje gran gusto.
 
 SCENA II
 
 Don Pietro co no specchio mmano mmirannose e le ddette
 
 DON PIETRO
 
    Pupillette, fiammette d’amore,
50per voi il core struggendo si va.
 Llarallà, llarallà, llarallera
 llarallerà, lallera, llallà. (Abballa)
 
 VANNELLA
 (È ccuriuso sa).
 DON PIETRO
                                Stongo de genio
 stammatina frizzante e speretuso;
55po fora de lo ssoleto
 sto bello de visage e scannaluso:
 nche mme vede la sposa