Il mondo della luna, libretto, Venezia, Savioli, 1770

    Dalle grotte di Plutone
725io vengo a volo,
 di trovarvi mi consolo.
 Mi volea a cena Orfeo,
 non mi volli trattener.
 Fatte largo,
730son di Pluto il messaggier.
 
 Ah Giacinto, stupido resti?
 Forse ti par strano
 di vedermi in simil guisa.
 Vada tutto sosopra
735e per virtù di questa verga incantatrice
 qui vengan tutti i tartarei numi.
 Si cangi questa stanza
 in una caverna oscura
 e sia di Pluto l’abitazione.
 GIACINTO
740Oh vedi, stupido resto.
 CINTIA
 E voi garbate signorine,
 tanto superbe quanto belline,
 cederete al mio potere?
 E voi, Tullia, di sposar Giacinto
745ancor pretendete?
 GIACINTO
 Io per fuggir tutti quest’imbrogli
 me la voglio far piano,
 piano.
 CINTIA
               Dove si va?
 No, no, a render conto si deve venir.
 GIACINTO
750Abbia pazienza, vengo, vengo.
 GRAZIOSINO
 Per questa volta il colpo andò fallace.
 CINTIA
 Tu ridi anima vile,
 guarda che s’apre il cielo
 e ne scendono i numi in terra.
 GIACINTO
755Sì, signora.
 CINTIA
 Ecco, spuntar non miri le colombe
 di Citerea all’aureo carro avvinte?
 GIACINTO
 Le vedo.
 CINTIA
                   Non vi gloriate,
 che Giove vi fa onore
760e in sposa vi destina,
 sapete chi?
 GIACINTO
                        Sicuro!
 CINTIA
 Chi?
 GIACINTO
             Cioè io non so.
 CINTIA
                                          L’orsa maggiore.
 GIACINTO
 Farò quel che vuol Pallade,
 Marte, Pluto e Diana,
765cioè sposerò l’orsa
 maggior, la minor, la mezzana.
 CINTIA
 Orsù non più parole,
 son tutti i numi in terra
 e si ha da star con loro,
770se no potrebbe nascervi una gran guerra.
 
    Inginocchiati, fa’ presto
 ed al suol fissa gli sguardi
 che li dei voglion così.
 
 GIACINTO
 
    Oh che imbroglio è mai cotesto.
775Tullia, signora Tullia.
 
 CINTIA
 
 Non si tardi.
 
 GIACINTO
 
 Lo farò. Eccomi qui.
 
 TULLIA
 
    Secondate il pazzo amore,
 ma serbate a me quel cuore
780e ingannatela così.
 
 GRAZIOSINO
 
    Non farò mai più sdegnarti,
 se non vuoi con me placarti
 mi vedrai morir un dì.
 
 CINTIA
 
    Di’ con me: «Superni dei».
 
 GRAZIOSINO
 
785Lo dirò: «Superni dei».
 
 CINTIA
 
 No, superni dei.
 
 GIACINTO
 
                                 Superni dei
 
 CINTIA
 
 Più non penso alla signora Tullia.
 
 GIACINTO
 
 Più non penso alla signora...
 Non lo dico, oh questo no.
 
 CINTIA
 
790No? Cospetto, ah che t’ammazzo.
 
 GIACINTO
 
 Signora, sì che lo dirò.
 
 CINTIA
 
 Alò, alò.
 
 GIACINTO
 
    Più non penso.
 
 CINTIA
 
                                 No, più non...
 
 GIACINTO
 
 Più non penso alla signora...
 
 CINTIA
 
795Tullia.
 
 GIACINTO
 
               Alla signora...
 
 CINTIA
 
                                          Tullia.
 
 GIACINTO
 
 Tullia! Non lo dico.
 
 CINTIA, GIACINTO
 
 Più non penso alla signora Tullia.
 
 TULLIA
 
 E così tu m’abbandoni?
 
 GIACINTO
 
 Son forzato, mi perdoni.
 
 TULLIA
 
800Ah fintaccio, va’ in malora.
 
 GRAZIOSINO
 
 Son pentito.
 
 TULLIA
 
 Tu sei pazzo stordito.
 
 GIACINTO
 
 Me infelice.
 
 GRAZIOSINO
 
                         Me meschino,
 deh pietà abbi di me.
 
 GIACINTO
 
805Senti, penso solo a te.
 
 CINTIA
 
 Sono in rabbia tutti tre.
 
 Fine dell’atto secondo
 
 
 ATTO TERZO
 
 SCENA I
 
 GRAZIOSINO, colla spada al fianco, e RINALDINO
 
 GRAZIOSINO
 Al lume di ragion conosco e vedo
 delle donne gl’inganni e l’error mio.
 Voi, Rinaldino, aveste
810forza e valor bastante,
 coi vostri saggi detti,
 di farmi vergognar de’ tristi affetti.
 Eccomi ritornato uom qual fui
 nelle primiere spoglie,
815pien d’eroici pensieri e caute voglie.
 RINALDINO
 Possibile che abbiate
 tanto tempo servito a queste maghe?
 Le femine, sian brutte o sian vaghe,
 hanno a servire a noi;
820e servito che ci han si lascian poi.
 GRAZIOSINO
 I vezzi e le lusinghe
 troppo han di forza sovra il nostro cuore.
 RINALDINO
 Questo cetto di donne traditore
 avrà finito il gioco.
825Per invidia fra lor si son sdegnate
 e si son da sé stesse rovinate.
 
 SCENA II
 
 TULLIA e detti
 
 TULLIA
 Ahimè chi mi soccorre.
 GRAZIOSINO
                                             Ah Tullia mia.
 RINALDINO
 Amica state forte.
 TULLIA
 Vogliono la mia morte.
 GRAZIOSINO
830E chi è che vi minaccia?
 RINALDINO
 Non la guardate in faccia.
 TULLIA
 Le donne invidiose,
 superbe, orgogliose,
 per il desio d’occupar sole il regno,
835ardono fra di noi d’ira e di sdegno.
 GRAZIOSINO
 Ah voi pietà mi fate!
 RINALDINO
 Graziosin, non cascate.
 TULLIA
 A voi mi raccomando,
 deh voi mi difendete.
 RINALDNINO
840Forte, non la credete.
 TULLIA
 Deh non m’abbandonate.
 RINALDINO
 Forte, non la badate.
 GRAZIOSINO
 La devo abbandonare!
 RINALDINO
 Un’altra volta vi vorrà ingannare.
 GRAZIOSINO
845Tullia, che pretendete?
 TULLIA
 Essere a voi soggetta,
 rinonziare del comando
 ogni raggione a voi.
 GRAZIOSINO
                                       Che far degg’io? (A Rinaldino)
 RINALDINO
 Prendetela in parola.
 GRAZIOSINO
850Idolo mio venite, a questa legge
 nuovamente io v’accetto.
 TULLIA
 Amore e fedeltà io vi prometto.
 
    Finch’io viva v’adorerò,
 costante e fida per voi sarò.
855Ed un bel regno di me più degno
 nel vostro cuore trovar saprò.
 
    Più non m’accieca
 vano desio;
 arder vogl’io
860di quella face
 che m’infiamò. (Partono)
 
 SCENA III
 
 GRAZIOSINO e FIERAMONTE
 
 FIERAMONTE
 Io rido come un pazzo
 a veder queste femine umigliate
 venir con un pocchino di vergogna,
865come le cagnoline di Bologna.
 GRAZIOSINO
 Amo Tullia e se posso
 sperar d’averla in preda,
 senza far onta al mio viril decoro,
 acquistato il mio cor avrà un tesoro.
 FIERAMONTE
870Sì, ma badate ben
 che poi a poco a poco
 non vi faccia la donna un brutto gioco.
 
    Le donne col cervello
 la soglion studiar.
875Principiano bel bello
 coi vezzi ad incantar.
 
    E quando l’uomo è preso
 e quando l’hanno acceso
 s’ingonfiano, s’inalzano
880e voglion comandar.
 
    Ma io che ben comprendo
 di queste la malizia,
 procuro con tristizia
 saperle secondar. (Parte)
 
 SCENA IV
 
 GRAZIOSINO solo
 
 GRAZIOSINO
885Il periglio passato
 cauto m’ha reso e con la donna accorta
 ceco più non sarò. Tullia peraltro
 non è delle più scaltre,
 che se tal fosse stata
890questa spada serbata io non avrei,
 per troncar con questa i lacci miei.
 Onde amarla poss’io senza timore
 che ingannar mi voglia il di lei cuore.
 
    Chi troppo ad amor crede
895si vede ad ingannar.
 Ma il sempre dubitar
 tormento assai maggior.
 
    Del caro mio Cupido
 mi fido e vivo in pace
900e se sarà mendace
 lo straccerò dal cuor.
 
 SCENA V
 
 AURORA e GRAZIOSINO
 
 GRAZIOSINO
 Non ne vuo’ più sapere.
 AURORA
                                              Io son perduta,
 se voi m’abbandonate.
 GRAZIOSINO
 Siete femine tutte indiavolate.
 AURORA
905Il regno delle donne
 distrugendo si va.
 GRAZIOSINO
 Causa la vostra troppa vanità.
 AURORA
 Ma voi mi lascerete
 al furor degli uomini in balia?
 GRAZIOSINO
910Io sono schiavo di vossignoria.
 AURORA
 Graziosino, pietà.
 GRAZIOSINO
                                   Mi sento muovere.
 AURORA
 Abbiate compassione.
 GRAZIOSINO
 Mi si scalda il pulmone.
 AURORA
 Se volete ch’io muora, morirò.
 GRAZIOSINO
915Ah se voi morirete, io creperò.
 AURORA
 Dunque...
 GRAZIOSINO
                      Dunque son vostro.
 AURORA
 Mi salverete voi?
 GRAZIOSINO
                                  Vi salverò.
 AURORA
 E mi amerete poi?
 GRAZIOSINO
                                     Sì, io v’amerò.
 AURORA
 
    Che bel regnar contenta
920nel cuor del caro bene
 e senza amare pene
 godere e giubilar.
 
    Le donne sono state
 per esser sol amate
925e non per comandar. (Parte)
 
 SCENA VI
 
 GIACINTO, poi CINTIA
 
 GIACINTO
 Colui di Rinaldino
 m’ha consigliato d’esser crudele
 ma, se una donna poi li desse appresso,
 come un poltron ci cascherebbe anch’esso.
 CINTIA
930Lupi, tigri, leoni,
 gattipardi, pantere, orsi, mastini
 mi sento divorar negli intestini.
 GIACINTO
 Ecco qui un altro imbroglio.
 CINTIA
 Fermate, è mio quel soglio,
935io vi voglio salir ma Giove irato
 mi fulmina e precipita,
 o la terra m’affoga o il mar m’accoppa,
 ohimè mi danno un maglio su la coppa.
 GIACINTO
 Questa è pazza da vero.
 CINTIA
940Buongiorno cavagliero.
 GIACINTO
 Servo padrona mia.
 CINTIA
 Andate col malan che il ciel vi dia.
 GIACINTO
 Ha perduto il cervello.
 CINTIA
 Perfido tu sei quello
945che vuol rapirmi il trono,
 vattene o ti bastono.
 GIACINTO
                                        Io non so nulla.
 
    Il capo mi frulla,
 la testa sen va.
 La la la la ra
950la la ra la.
 
 GIACINTO
 Quando in capo alle donne
 entran di dominar le frenesie,
 si vedono da lor mille pazzie.
 CINTIA
 Olà tu sei mio schiavo.
 GIACINTO
                                            Sì signora.
 CINTIA
955Accostati.
 GIACINTO
                     Son qua.
 CINTIA
                                        Vanne in malora.
 GIACINTO
 La femina tradir non può l’usanza
 e anco pazza mantiene l’incostanza.
 CINTIA
 Olà sudito altero
 del mio sovvrano impero,
960mi conosci bricon, sai tu chi sono?
 Inginocchiati al trono,
 giurami fedeltà con ubidienza,
 abbassa il capo e fammi riverenza.
 GIACINTO
 Eh via che siete pazza...
 CINTIA
                                              Ah temerario,
965così parli con me?
 Giurami fedeltade a tuo dispetto
 o ch’io ti caccio questo stile in petto.
 GIACINTO
 Piano, piano, son qui, tutto farò.
 CINTIA
 Giurami fedeltà.
 GIACINTO
                                  La giurerò.
 
970   Giuro, signora sì.
 Ma cosa ho da giurar?
 Giuro (che via di qua
 procurerò andar).
 
    Giuro servirvi, obbedirvi,
975piacervi, vedervi,
 amarvi, onorarvi
 e irvi, irvi, arvi
 con tutta fedeltà. (Parte)
 
 SCENA VII
 
 CINTIA, poi GIACINTO con spada nuda
 
 CINTIA
 Ah ch’è un piacer suave
980della donna tener gli uomini sotto.
 Ma ohimè veggo distrutta
 questa nostra grand’opra
 e gli uomini vuon stare a noi di sopra.
 GIACINTO
 Viva il sesso virile.
985La schiatta feminile
 con tutti i grilli suoi
 finalmente ha da star soggetta a noi.
 CINTIA
 E perché ti sei di quel ferro munito?
 Credi trovar mio cuor impaurito?
990Sì, sì, aspetta, saprà
 questa destra far aspra vendeta.
 GIACINTO
 Or, or vedrem se corrisponde
 alla lingua di donna il braccio imbelle.
 CINTIA
 Sì, sì, saprà questo brando
995umigliar il tuo cor ribelle. (Succede un strepitoso duello e ne resta l’uomo di sotto)
 Ma tu sei mio schiavo.
 GIACINTO
 Dunque voi più non m’amate?
 CINTIA
 Se l’amor mio bramate,
 pregatemi, umigliatevi,
1000abbassatevi l’orgoglio e inginochiattevi.
 GIACINTO
 E così vil sarò?
 CINTIA
                              Più non sperate
 amor da me né che altri amar vi voglia,
 se sdegnate far quest’ubbidienza.
 GIACINTO
 Farlo mi converà per non star senza.
 
1005   Eccomi al vostro piede
 pietade a domandar.
 
 CINTIA
 
    Impari chi lo vede
 gli uomini ad umigliar.
 
 GIACINTO
 
    Ma troppo vil son io.
 
 CINTIA
 
1010Se non volete, addio.
 
 GIACINTO
 
 Fermate.
 
 CINTIA
 
                    Voglio andar.
 
 GIACINTO
 
    Via cara Cintia mia,
 tornatemi ad amar.
 
 CINTIA
 
    Il sesso masculino
1015si venga ad inspecchiar.
 
 GIACINTO
 
    Ma questo non fia mai.
 
 CINTIA
 
 Buondì a vossignoria.
 
 GIACINTO
 
 Fermatevi.
 
 CINTIA
 
                        Pregatemi.
 
 GIACINTO
 
 Ohimè che crudeltà.
 
 CINTIA
 
1020Rispetto ed umiltà.
 
 GIACINTO
 
    Cara  mia bambola,
 per carità.
 
 CINTIA
 
    Mi sento muovere
 tutta a pietà.
 
 A DUE
 
1025   Visetto amabile
 siete adorabile,
 il mio cuor tenero
 v’adorerà.
 
 SCENA ULTIMA
 
 CORO D’UOMINI
 
    Pietà di noi,
1030voi siete tante eroe,
 pietà, di noi pietà,
 pietà, di noi pietà.
 
 TULLIA
 Se cedete l’impero,
 se a noi voi v’arrendete,
1035pietà nel nostro cuor ritroverete.
 GRAZIOSINO
 Tutto io cedo e m’arrendo
 e la pietà del vostro cuor attendo. (Si replica il coro)
 GRAZIOSINO
 Aurora, son vostro.
 AURORA
 Ed io v’accetterò,
1040vi terrò, vi amerò, vi sposerò.
 GIACINTO
 E voi, Cintia mia,
 cosa di me farete?
 CINTIA
 Quel che di voi farò lo sentirete.
 
 CORO UOMINI
 
    Pietà, pietà di noi,
1045voi siete tante eroe;
 pietà, di noi pietà.
 
 DONNE
 
    Pietà voi troverete
 allor che abbasserete
 la vostra vanità.
 
1050  Gli uomini che comandano
 è Il mondo alla roversa
 che mai non durerà.
 
 Fine del dramma
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 IL MONDO AL ROVESCIO O SIA LE DONNE CHE COMANDANO
 
 
    [Torino, Agostino Olzati, 1757]
 
 INTERLOCUTORI
 
 RINALDINO
 TULLIA
 CINTIA
 AURORA
 GIACINTO
 GRAZIOSINO
 FERRAMONTE
 
 
 ATTO PRIMO
 
 SCENA PRIMA
 
 Cortile spazioso, ornato di spoglie virili all’intorno, acquistate in varie guise dalle accorte femine. Termina il cortile con archi maestosi, oltre i quali vedesi la gran piazza, da dove entrano nel cortile sovra carro trionfale, tirato da vari uomini:
 
 TULLIA, CINTIA, AURORA, precedute da coro di donne, le quali portano seco loro delle catene e delle vittoriose insegne. Mentre si canta dal coro gli uomini incatenano
 
 TULLIA, CINTIA, AURORA
 
    Presto, presto, alla catena,
 alla usata servitù.
 
 CORO
 
    Non fa scorno e non dà pena
 volontaria schiavitù.
 
 TULLIA
5Ite all’opre servili
 e partite fra voi le cure e i pesi.
 Altri alla rocca intesi,
 altri all’ago, altri all’orto o alla cucina,
 dove il nostro comando or vi destina.
 AURORA
10Obbedite, servite e poi sperate,
 che il regno delle donne
 è di speranza pieno,
 se goder non si può, si spera almeno.
 CINTIA
 E chi vive sperando
15per sua felicità muore cantando.
 CORO
 
    Presto, presto, alla catena,
 alla usata servitù.
 
    Non fa scorno, non dà pena
 volontaria schiavitù. (Partono gli uomini incatenati, condotti dalle donne. Le tre suddette scendono dal carro, il quale si fa retrocedere per la parte dond’è venuto)
 
 SCENA II
 
 TULLIA, CINTIA e AURORA
 
 TULLIA
20Poiché del viril sesso
 abbiam noi sottomesso il fier orgoglio,
 tener l’abbiamo incatenato al soglio.
 Ma quai credete voi,
 mie fedeli compagne e consigliere,
25fian migliori i progetti,
 gli uomini per tenere a noi soggetti?
 CINTIA
 Questo nemico sesso,
 di natura superbo ed orgoglioso,
 scuote e lacera il fren, quand’è pietoso.
30Col rigor, col disprezzo
 soglion le scaltre donne
 tener gli uomini avvinti e incatenati.
 Se sono innamorati,
 tutto soglion soffrire; e quanto sono
35più sprezzanti le donne, e più crudeli,
 essi son più pazienti e più fedeli.
 AURORA
 È ver, ma crudeltà consuma amore,
 io consiglio migliore
 credo sia il lusingarli,
40finger ognor d’amarli,
 accenderli ben bene a poco a poco
 e poi del loro amor prendersi gioco.
 TULLIA
 Né troppo crude né pietose troppo
 essere ci convien, poiché il disprezzo
45eccita la pietà soverchio usata.
 La fierezza è temuta e non amata.
 Regoli la prudenza
 il feminile impero.
 Or clemente, or severo
50il nostro cor si mostri
 ed il sesso virile a noi si prostri.
 CINTIA
 Ognun pensi a suo senno; io vuo’ costoro
 aspramente trattar; voglio vederli
 piangere, sospirare,
55fremere, delirare;
 e vuo’ che, dopo un lungo
 crudo servire e amaro,
 un leggiero piacer mi paghin caro. (Parte)
 
 SCENA III
 
 TULLIA ed AURORA
 
 TULLIA
 Aurora, ah non vorrei
60che per troppo voler s’avesse a perdere
 l’acquistato finor dominio nostro.
 Donne alfin siamo e a noi
 forza non diè natura
 che nei vezzi, nei sguardi e in le parole.
65Spade e lance trattar, loriche e scudi
 non è cosa da noi. Se l’uom si scuote,
 val più un braccio di lui che dieci destre
 di femine vezzose e tenerelle
 ch’hanno il loro potere in esser belle.
 AURORA
70Tullia, voi, per dir vero,
 saggiamente parlate e a voi la sorte
 diè sesso feminile
 ma il senno ed il saper più che virile;
 anzi madre natura
75alla breve statura
 del vostro corpo graziosetto e bello
 ha supplito con darvi assai cervello;
 indi la madre vostra
 vi diè il nome di Tullia con ragione,
80poiché sembrate un Tullio Cicerone.
 TULLIA
 Raguniamo il consiglio,
 facciam che stabilite
 siano leggi migliori, onde si renda
 impossibile all’uom scuotere il giogo.
85Che se l’uomo ritorna ad esser fiero
 farà strage crudel del nostro impero.
 
    Fiero leon, che audace
 scorse per l’ampia arena,
 soffre la sua catena
90e minacciar non sa.
 
    Ma se quei lacci spezza,
 ritorna alla fierezza,
 stragi facendo ei va.
 
 SCENA IV
 
 AURORA, poi GRAZIOSINO
 
 AURORA
 Che piacer, che diletto
95può recar alla donna il fier rigore?
 Il trattar con amore
 gli uomini a noi soggetti
 soffrir li fa la servitude in pace
 e la femina gode e si compiace.
100Io fra quanti son presi ai lacci nostri
 amo il mio Graziosino,
 amoroso, fedele e semplicino,
 e lo tratto, perché mi adori e apprezzi,
 con soavi parole e dolci vezzi.
105Elà. (Esce un servo) Venga qui tosto
 Graziosino, lo schiavo a me soggetto. (Parte il servo)
 Infatti il poveretto
 merita ch’io gli faccia buona ciera,
 se mi serve e mi fa da cameriera.
110Eccolo ch’egli viene. Ehi Graziosino.
 GRAZIOSINO
 Signora. (Viene facendo le calze)
 AURORA
                    Cosa fate?
 GRAZIOSINO
 Lavoro in fretta in fretta
 e in tre mesi ho fatt’io mezza calzetta.
 AURORA
 Lasciate il lavorar. Venite qui.
 GRAZIOSINO
115Bene, signora sì.
 AURORA
 Obbedirete sempre ai cenni miei?
 GRAZIOSINO
 Io faccio quello che comanda lei.
 AURORA
 Caro il mio Graziosino,
 siete tanto bellino.
 GRAZIOSINO
120Mi fate vergognar.
 AURORA
                                     Vi voglio bene
 e vederete del mio amore il frutto.
 GRAZIOSINO
 Queste parole mi consolan tutto.
 AURORA
 Baciatemi la mano.
 GRAZIOSINO
                                      Gnora sì.
 AURORA
 Perché voi mi piacete,
125vi fo queste finezze.
 GRAZIOSINO
 Oh benedette sian le mie bellezze!
 AURORA
 Ma vuo’ che siate attento
 a servirmi, qualora vi comando;
 la mattina per tempo
130mi recherete il cioccolato al letto;
 mi scalderete i panni;
 mi dovrete allestir la tavoletta;
 starete in anticamera aspettando
 per entrar al comando;
135e se verranno visite a trovarmi
 voi dovrete avvisarmi
 e come fanno i buoni servitori
 voi dovrete aspettar e star di fuori.
 GRAZIOSINO
 Di fuori?
 AURORA
                    Vi s’intende.
 GRAZIOSINO
140E dentro?
 AURORA
                      Signor no;
 aspettar voi dovrete.
 GRAZIOSINO
                                        Aspetterò.
 AURORA
 Se farete così vi vorrò bene.
 GRAZIOSINO
 Sì cara, farò tutto.
 Farò la cameriera;
145farò la cuciniera;
 farò tutte le cose più triviali;
 laverò le scudelle e gli orinali.
 AURORA
 In cose tanto abbiette
 impiegarvi non vuo’. Voi siete alfine
150il mio caro, il mio bello,
 il mio amor tenerello,
 il mio fedel amato Graziosino,
 tanto caro al mio cor, tanto bellino.
 
    Quegli occhietti sì furbetti
155m’hanno fatto innamorar;
 quel bocchino piccinino
 mi fa sempre sospirar;
 
    caro il mio bene,
 dolce mia spene,
160sempre sempre
 ti voglio amar.
 
    (Ei gode tutto
 e questo è il frutto
 della lusinga,
165ami o lo finga
 donna che vuole
 l’uomo incantar).
 
 SCENA V
 
 GRAZIOSINO
 
 GRAZIOSINO
 Oh che gusto, oh che gusto! Ah che mi sento
 andar per il contento il cor in brodo;
170Graziosin fortunato! Oh quanto io godo!
 Non si può dar nel mondo
 piacer che sia maggiore
 d’un corrisposto amore. Aman le belve,
 amano i sordi pesci, aman gli augelli,
175le pecore e gli agnelli;
 amano i cani e i gatti;
 e quei che amar non san son tutti matti.
 
    Quando gli augelli cantano,
 amor li fa cantar;
180e quando i pesci guizzano,
 amor li fa guizzar.
 
    La pecora, la tortora,
 la passera, la lodola
 amor fa giubilar.
185Oh che piacer amabile!
 Oh che gustoso amar!
 
    Farò lo cuoco, farò lo sguattero;
 laverò i piatti ed ettecetera,
 perché l’amore mi faccia il core
190movere, ridere e giubilar.
 
 SCENA VI
 
 Camera.
 
 GIACINTO collo specchio in mano guardandosi con caricatura
 
 GIACINTO
 
    Madre natura,
 tu m’hai tradito
 ma t’ho schernito
 col farmi bello
195con il pennello,
 come le donne
 sogliono far.
 
 Questa parrucca invero,
 questo capel, che colla polve è intriso,
200fa risaltar mirabilmente il viso.
 Al ragirar di queste
 mie vezzose pupille
 spargo fiamme e faville; e questa bocca,
 che sembra agli occhi miei graziosa e bella,
205fa tutte innamorar quando favella.
 Queste donne son tutte
 invaghite di me; schiavo son io
 di queste belle, è vero,
 ma sovra il loro cor tutt’ho l’impero.
210Ecco la vaga Cintia. Presto, presto,
 il nastro, la parrucca, i guanti, tutto,
 tutto assettar conviene e gli occhi e il labbro
 colle dolci parole e i dolci sguardi
 si prepari a vibrar saette e dardi.
 CINTIA
215(Ecco il bell’amorino). (Ironicamente)
 GIACINTO
 Mia sovrana, mio nume, a voi m’inchino.
 CINTIA
 E ben, che fate qui?
 GIACINTO
                                       Qual farfalletta
 d’intorno al vostro lume
 vengo, mia bella, a incenerir le piume.
 CINTIA
220Parmi con più ragione
 vi potreste chiamar un farfallone.
 GIACINTO
 Quella vezzosa bocca
 non pronuncia che grazie e bizzarrie.
 CINTIA
 La vostra non sa dir che scioccherie.
 GIACINTO
225Deh lasciate ch’io possa
 coll’odoroso fiato
 de’ miei caldi sospiri
 quelle belle incensar guance adorate.
 CINTIA
 Andate via di qua, non mi seccate.
 GIACINTO
230Ah, se sdegnate, o bella,
 i fumi del mio cor, porterò altrove
 il mio guardo, il mio piede,
 il mio affetto sincero e la mia fede.
 CINTIA
 Olà, così si parla?
235Voi staccarvi da me! Voi d’altra donna
 servo, schiavo ed amante!
 Temerario, arrogante!
 Voi dovete soffrir le mie catene.
 GIACINTO
 Qual mercede averò?
 CINTIA
                                          Tormenti e pene.
 GIACINTO
240Giove, Pluton, Nettuno,
 dei tremendi e possenti,
 voi che udite gli accenti
 d’una donna spietata,
 spezzate voi questa catena ingrata.
245Sì sì, Nettun m’inspira,
 Giove mi dà valore;
 Pluto mi dà furore;
 perfida tirannia,
 umilmente m’inchino e vado via.
 CINTIA
250Fermatevi; ed avrete
 tanto cor di lasciarmi?
 Voi diceste d’amarmi,
 di servirmi fedel con tutto il core
 ed ora mi lasciate? Ah traditore!
 GIACINTO
255Ma se voi mi sprezzate,
 se voi mi dileggiate,
 come s’io fossi un uom zotico e vile,
 e studio invan di comparir gentile.
 CINTIA
 Senza studiar, voi siete