Il mondo della luna, libretto, Venezia, Savioli, 1770

260abbastanza gentil, grazioso e bello.
 Quell’occhio bricconcello,
 quel vezzoso bocchin, quel bel visetto
 m’hanno fatta una piaga in mezzo al petto.
 GIACINTO
 Dunque, cara, mi amate.
 CINTIA
                                                Sì v’adoro.
 GIACINTO
265Idol mio, mio tesoro,
 lingua non ho bastante
 per render grazie al vostro dolce amore.
 Concedete il favore
 che rispettosamente
270e umilissimamente
 io vi possa baciar la bella mano.
 CINTIA
 Oh signor no; voi lo sperate invano.
 GIACINTO
 Ma perché mai? Perché?
 CINTIA
 Queste grazie da me
275non si han sì facilmente.
 GIACINTO
 Io morirò.
 CINTIA
                      No me n’importa niente.
 GIACINTO
 Dunque, se non v’importa,
 d’altra bella sarò.
 CINTIA
                                  Voi siete mio.
 GIACINTO
 Che ne volete far?
 CINTIA
                                    Quel che vogl’io.
 GIACINTO
280Ah quel dolce rigor più m’incatena!
 Soffrirò la mia pena,
 morirò, schiatterò, se lo bramate.
 Basta, bell’idol mio, che voi mi amate.
 
    In quel volto siede un nume
285che fa strage del mio cor;
 in quegli occhi veggo un lume
 che mi fa sperar amor.
 E frattanto vivo in pianto
 ed un uomo sì ben fatto
290contrafatto morirà.
 
    Se adorata esser volete,
 ecco qui, v’adorerò. (S’inginocchia)
 Se al mio core non credete,
 idol mio vel mostrerò.
295Ma crudele, oh dio! non siate
 ed abbiate almen pietà.
 
 SCENA VII
 
 CINTIA, poi TULLIA
 
 CINTIA
 Oh quanto mi fan ridere
 con questo sospirar, con questo piangere.
 Gli uomini non s’avveggono
300che quanto più le pregano
 le donne insuperbite più diventano
 e gli amanti per gioco allor tormentano.
 TULLIA
 Cintia, che mai faceste
 al povero Giacinto? Egli sospira,
305egli smania e delira;
 ah, se così farete,
 l’impero di quel cor voi perderete.
 CINTIA
 Anzi più facilmente
 lo perderei colla pietade e i vezzi;
310gli uomini son avvezzi,
 per la soverchia nostra
 facilità del sesso,
 a saziarsi di tutto e cambiar spesso.
 
    Se gli uomini sospirano,
315che cosa importa a me?
 Che piangano, che crepino;
 ma vuo’ che stiano lì.
 Anch’essi se potessero
 con noi farian così.
 
320   Laddove delle femine
 il regno ancor non v’è,
 la tirannia de’ perfidi
 purtroppo s’infierì;
 ed or di quelle misere
325vendetta si fa qui.
 
 SCENA VIII
 
 TULLIA, poi RINALDINO
 
 TULLIA
 Ma io, per dir il vero,
 sono di cor più tenero di lei,
 son con gli amanti miei
 quanto basta severa ed orgogliosa;
330ma son, quando fia d’uopo, anco pietosa;
 talor fingo il rigore,
 freno di lor l’affetto e la baldanza,
 fra il timore li tengo e la speranza.
 RINALDINO
 Tullia, bell’idol mio,
335de’ vostri servi il più fedel son io.
 Deh oziosa non lasciate
 la mia fede, il mio zelo,
 che sol quando per voi, bella, m’adopro,
 felicità nel mio destino io scopro.
 TULLIA
340Dite il ver Rinaldino,
 siete pentito ancor d’avervi reso
 suddito e servo mio? Vi pesa e incresce
 della smarrita libertà primiera?
 Sembravi la catena aspra e severa?
 RINALDINO
345O dolcissimi nodi,
 sospirati, voluti e cari sempre
 al mio tenero cor! Sudino pure
 sotto l’elmo i guerrieri; Astrea tormenti
 i seguaci del foro; e di Galeno
350sui fogli malintesi
 studi e s’affanni il fisico impostore.
 Io seguace d’amore,
 fuor della turba insana
 di chi mena sua vita in duri stenti,
355godo, vostra mercé, pace e contenti.
 TULLIA
 Noi con pietà trattiamo
 i vassalli ed i servi e non crudeli
 siamo coll’uom, qual colla donna è l’uomo.
 Noi da’ consigli escluse,
360prive d’autorità, come se nate
 non compagne dell’uom ma serve e schiave,
 solo ad opre servili
 condannate dal vostro ingrato sesso,
 far per noi si dovria con voi lo stesso.
365Ma nostra autorità, nostro rigore
 temprerà dolce amore
 ed il vostro servir, che non sia grave,
 sarà grato per noi, per voi soave.
 
    Cari lacci, amate pene
370d’un fedele amante core
 che ha saputo al dio d’amore
 consacrar la libertà.
 
    S’è vicino al caro bene,
 non risente il suo tormento
375ma ripieno di contento
 il destin lodando va.
 
 SCENA IX
 
 RINALDINO solo
 
 RINALDINO
 Dov’è, dov’è chi dice
 che dura ed aspra sia
 d’amor la prigionia? Finché un amante
380vive dubbioso e incerto
 fra il dovere e l’amor, fra il dolce e il giusto,
 pace intera non ha ma poiché tutto
 s’abbandona al piacer gode e non sente
 i rimorsi del cor... Ma oh dio! Purtroppo
385li risento al mio sen, malgrado al cieco
 abbandono di me fatto al diletto,
 e mi sgrida l’onore, a mio dispetto.
 Ah! Che farò? Si studi,
 se possibile sia, scacciar dal core
390il residuo fatal del mio rossore.
 
    Gioie care, un cor dubbioso
 inondate di piacer
 e trionfi un bel goder
 dileguando il rio timor.
 
395   Benché sempre l’amoroso
 duro laccio è un impaccio,
 non diletto al nostro cor.
 
 SCENA X
 
 GIACINTO ed AURORA
 
 GIACINTO
 Oh Diana mia gentil.
 AURORA
                                         Vago Atteone!
 GIACINTO
 Piacemi il paragone,
400poiché son vostro amante e vostro servo,
 ma oimè, che Atteone è diventato un cervo!
 AURORA
 Io crudele non son qual fu la dea.
 GIACINTO
 Né io sarò immodesto,
 qual fu il pastor dolente.
 AURORA
405Siete bello e prudente.
 GIACINTO
 Tutta vostra bontà.
 AURORA
 Giacinto, in verità
 voi mi piacete assai.
 GIACINTO
 Arder tutto mi sento ai vostri rai.
 
 SCENA XI
 
 CINTIA e detti
 
 CINTIA
410(Con Aurora Giacinto?) (Da sé)
 AURORA
 Ma voi di Cintia siete.
 GIACINTO
 Più di lei mi piacete.
 Parmi che il vostro bello
 mi renda assai più snello.
415Miratemi nel volto, a poco a poco
 come per vostro amor son tutto foco.
 CINTIA
 Acqua, acqua, padrone, acqua vi vuole
 il foco ad ammorzar.
 GIACINTO
                                        Oh Cintia mia,
 ardo d’amor per voi.
 CINTIA
420Ingannarmi non puoi,
 ho le parole tue tutte ascoltate.
 GIACINTO
 Deh mia vita...
 CINTIA
                              E saranno bastonate.
 GIACINTO
 Bastonate a un par mio? Deh Aurora, a voi
 l’onor mio raccomando.
 AURORA
425Siete schiavo di Cintia, io non comando.
 CINTIA
 E voi, gentil signora,
 vi dilettate di rapire altrui
 il vassallo e l’amante?
 AURORA
 Faccio quello ancor io che fanno tante.
 CINTIA
430Ma con me nol farete.
 AURORA
                                          Allor che sappia
 di darvi gelosia,
 voi dovrete tremar dell’arte mia.
 CINTIA
 Distrutto in questa guisa
 nostro impero sarà.
 AURORA
                                       Poco m’importa,
435pria che ceder al vostro
 fasto superbo e altero,
 vada tutto sossopra il nostro impero.
 CINTIA
 Giacinto, andiam.
 GIACINTO
                                    Vengo.
 AURORA
                                                   Crudel, voi dunque
 mi lasciate così?
 GIACINTO
                                 Ma se conviene...
 CINTIA
440Si viene o non si viene?
 GIACINTO
                                              Eccomi lesto.
 AURORA
 Morirò, se partite.
 GIACINTO
                                    Eccomi, io resto.
 CINTIA
 
    Venite o ch’io vi faccio
 provare il mio furor.
 
 AURORA
 
    Ingrato crudelaccio,
445voi mi strappate il cor.
 
 GIACINTO
 
    (Mi trovo nell’impaccio
 fra amore e fra timor).
 
 CINTIA
 
    Voi siete il servo mio.
 
 GIACINTO
 
 È vero, sì signora.
 
 AURORA
 
450Amante vi son io.
 
 GIACINTO
 
 Anco il mio cor v’adora.
 
 CINTIA
 
 Voglio esser obbedita.
 
 GIACINTO
 
 Ed io v’obbedirò.
 
 AURORA
 
 Non merto esser tradita.
 
 GIACINTO
 
455Io non vi tradirò.
 
 CINTIA, AURORA A DUE
 
    E ben che risolvete?
 
 GIACINTO
 
 Mie belle, se volete,
 io mi dividerò.
 Contente voi sarete,
460no dubitate no.
 
 CINTIA, AURORA A DUE
 
    Di qua non vi partite,
 adesso tornerò.
 
 GIACINTO
 
    Contente voi sarete,
 non dubitate no. (Partono le due donne)
 
465   Quest’è un imbroglio;
 no, più non voglio
 farmi sì bello.
 Perde il cervello
 chi mi rimira,
470ognun sospira
 per mia beltà.
 
 CINTIA, AURORA A DUE
 
    Ecco ritorno,
 eccomi qua.
 
 GIACINTO
 
    Belle mie stelle
475chiedo pietà.
 
 AURORA
 
    Questo è il mio core (Gli presenta un core)
 per voi piagato.
 
 CINTIA
 
 Questo è un bastone (Gli mostra un bastone)
 per voi serbato.
 
 GIACINTO
 
480Son imbrogliato.
 
 AURORA
 
 Se lo bramate,
 ve lo darò.
 
 CINTIA
 
 Di bastonate
 v’accopperò.
 
 GIACINTO
 
485   (L’una: «Ti dono»,
 l’altra: «Bastono»;
 quella il furore,
 quella l’amore,
 cosa farò?)
 
 CINTIA, AURORA A DUE
 
490Via, risolvete.
 
 GIACINTO
 
 Risolverò.
 
    La vostra tirannia (A Cintia)
 piacere non mi dà.
 La vostra cortesia
495contento più mi fa.
 
 AURORA
 
    Venite dunque meco.
 
 GIACINTO
 
 Con voi mi porterò.
 
 CINTIA
 
    Briccon, se parti seco
 io ti bastonerò.
 
 GIACINTO
 
500   Da voi le bastonate,
 da lei gli amplessi avrò.
 
 CINTIA
 
    Indegno, scellerato,
 io mi vendicherò.
 
 GIACINTO
 
    Gridate, strepitate.
 
 AURORA
 
505Intanto goderò.
 
 Il fine dell’atto primo
 
 
 ATTO SECONDO
 
 SCENA PRIMA
 
 Camera preparata per il feminile consiglio.
 
 TULLIA, CINTIA, AURORA, seguito di donne
 
 CORO
 
    Libertà, libertà,
 cara, cara libertà.
 Bel piacere, bel godere
 che diletto al cor mi dà.
 
510   Libertà, libertà,
 cara, cara libertà. (Tutte sedono)
 
 TULLIA
 La dolce libertà, che noi godiamo,
 conservare si dee ma per serbarla
 da tre cose guardar noi ci dobbiamo.
515Da troppa tirannia,
 dalla incostanza e dalla gelosia.
 Il tirannico impero poco dura.
 Ciascun fuggir procura
 da un incostante cuore
520e sdegno fa di gelosia il furore.
 Onde perché si serbi
 la cara libertà, che noi godiamo,
 fide, caute, pietose esser dobbiamo.
 CORO
 
    Libertà, libertà,
525cara, cara libertà,
 bel piacere, bel godere
 che diletto al cor mi dà.
 
    Libertà, libertà;
 cara, cara libertà.
 
 AURORA
530Incostanza non chiamo
 se acquistar più vassalli io cerco e bramo.
 Nostro poter, nostra beltà risplende
 quando più adoratori
 ci recano in tributo i loro cuori.
535E se libere siamo,
 libere amar potiam chi noi vogliamo.
 CORO
 
    Libertà, libertà;
 cara, cara libertà.
 
 CINTIA
 Ma usurpar non si deve
540i dritti altrui. Ma colle smorfie e i vezzi
 gl’uomini non si fanno cascar morti,
 per far alle compagne insulti e torti.
 Faccia ognuna a suo senno;
 ognuna si conduca come vuole,
545finché la libertà goder si puole.
 CORO
 
    Libertà, libertà;
 cara, cara libertà.
 
 TULLIA
 Il diverso parer, che nelle varie
 nostre menti risulta,
550pensar mi fa che utile più saria
 introdurre fra noi la monarchia.
 D’una sola il governo
 far si potrebbe eterno e in questa guisa,
 se una femina sola impera e regge,
555tutti avran d’osservar la stessa legge.
 CINTIA
 Non mi spiace il pensier ma chi di noi
 esser atta potria
 a sostener la nuova monarchia?
 TULLIA
 Quella ch’ha più giudizio,
560quella ch’ha più consiglio,
 che sa con più prudenza
 il rigor porre in uso e la clemenza.
 AURORA
 L’imperio si conviene
 a femina che sappia
565con dolci di pietà soavi frutti
 in catene tener gli uomini tutti.
 CINTIA
 Anzi a colei che fiera
 sul feminile soglio
 degli uomini frenar sappia l’orgoglio.
 TULLIA
570Facciam così, ciascuna
 si proponga di noi; ciascuna a’ voti
 il proprio nome esponga e il trono eccelso
 indi a quella si dia
 che da voti maggiori eletta sia.
 CINTIA
575Io l’accordo.
 AURORA
                         Io l’accetto.
 TULLIA
                                                A noi si porga
 l’urna e i lupini; ed io, poiché la prima
 fui a proporre il nobile progetto,
 prima m’espongo e i vostri voti aspetto.
 CORO (Le donne ballottano e poi si apre il bossolo)
 
    Non so se meglio sia
580per noi la monarchia
 o pur la libertà.
 
 CINTIA
 Tullia, mi spiace assai;
 ora il pensier comun vi sarà noto.
 Voi non avete avuto neanche un voto.
 TULLIA
585Ingratissime donne,
 l’invidia è il vostro nume
 e la vana ambizion vostro costume.
 AURORA
 Or si esponga il mio nome
 e vederete come
590meglio stimata io sia
 in virtù della dolce cortesia.
 CORO (Ballottano per Aurora)
 
    Non so se meglio sia
 per noi la monarchia
 o pur la libertà.
 
 CINTIA
595Oimè signora Aurora,
 m’incresce il vostro duolo;
 voi non avete neanche un voto solo.
 AURORA
 Comprendo la malizia
 per cui fatta mi vien questa ingiustizia.
 CINTIA
600Presto, presto finiamola,
 vuo’ ballottare anch’io.
 (Questa volta senz’altro il regno è mio).
 CORO
 
    Non so se meglio sia
 per noi la monarchia
605o pur la libertà.
 
 AURORA
 Signora Cintia cara,
 per voi non si dà voto;
 il bossolo del sì per voi è voto.
 CINTIA
 Femine sconsigliate,
610è un torto manifesto che mi fate.
 CORO
 
    Libertà, libertà,
 cara, cara libertà.
 
 TULLIA
 Per quello che si vede, che si sente,
 niuna donna acconsente
615all’altra star soggetta;
 a ognuna piace il comandar sovrano
 e soggiogarle si procura invano.
 AURORA
 (Procurerò con l’arte
 il dominio ottenere).
 CINTIA
                                         (A lor dispetto
620il regno occuperò).
 TULLIA
                                     (Con l’arte usata,
 senza mostrar orgoglio,
 giungerò forse ad occupar il soglio).
 Or si sciolga il consiglio;
 vada ciascuna a esercitar l’impero
625sopra i vassalli suoi
 e libero il regnar resta fra noi.
 CORO
 
    Libertà, libertà,
 cara, cara libertà.
 Bel piacere, bel godere
630che contento al cor mi dà.
 
    Libertà, libertà,
 cara, cara libertà. (Tutte partono fuorché Tullia)
 
 SCENA II
 
 TULLIA sola
 
 TULLIA
 Com’è possibil mai
 che possiamo regnar noi donne unite,
635se la pace voltar ci suole il tergo,
 quando siamo due donne in un albergo?
 Prevedo che non molto
 questo debba durar dominio nostro.
 Ma pria ch’ei ci fia tolto,
640vorrei un giorno solo
 assoluta regnar. Ah questa sete
 di comandar è naturale in noi
 e ogni donna ha nel capo i grilli suoi.
 
    Fra tutti gli affetti
645d’amore e di sdegno,
 l’affetto del regno
 prevale nel cuore;
 la brama d’onore
 frenar non si può.
 
650   Avere soggetti
 quegli uomini alteri,
 che soglion severi
 le donne trattar,
 diletto bramar
655maggiore non so.
 
 SCENA III
 
 Giardino delizioso alla riva del mare, il quale formando un seno nel lido offre comodo sbarco ai piccoli legni.
 
 RINALDINO, poi GIACINTO, poi GRAZIOSINO
 
 RINALDINO
 
    Queste rose porporine,
 ch’ho raccolte pel mio bene,
 sono tutte senza spine,
 come senz’amare pene
660è l’affetto ch’ho nel sen.
 
 GIACINTO
 
    Questo vago gelsomino,
 che al mio ben reco in dono,
 candidetto com’io sono,
 semplicetto, tenerino,
665s’assomiglia al mio bel cor.
 
 GRAZIOSINO
 
    Questo caro tulipano
 vuo’ donarlo alla mia bella;
 qualche cosa ancora ella
 forse un dì mi donerà.
 
 A TRE
 
670   Vaghi fiori, dolci amori,
 bella mia felicità.
 
 SCENA IV
 
 Vedesi dal mare accostarsi una barca ripiena d’uomini.
 
 RINALDINO
 Osservate, compagni, ecco un naviglio
 che verso noi s’avanza.
 Mirate sulla prora i naviganti
675volontari venir schiavi ed amanti.
 GIACINTO
 Il regno delle donne
 è circondato dalla calamita
 che l’uomo da lontan tira ed invita.
 GRAZIOSINO
 E questa calamita
680non è già una opinione
 ma ogni donna ne tien la sua porzione.
 A TRE
 
    A terra, a terra,
 qui non vi è guerra
 ma sempre pace
685goder si può. (Dalla barca si ode un concerto d’oboè e corni da caccia, mentre approdano i naviganti e gettano il ponte per scendere)
 
 SCENA V
 
 AURORA, CINTIA e le donne tutte armate di strali ed aste corrono alla riva per arrestare i naviganti. Nell’uscire di dette donne s’ode dall’orchestra il suono di timpani e trombe che fa tacere il concerto della barca
 
 CINTIA
 Olà, voi che venite
 a questi del piacer lidi felici,
 dite, venite amici ovver nemici?
 FERRAMONTE
 Amici, amici siamo. (Dalla prora della barca)
690Da voi, belle, veniamo
 a domandar favori,
 a servire e goder de’ vostri amori.
 CINTIA
 Quand’è così, scendete;
 e voi donne arrestateli
695e senza discrezione imprigionateli. (Sbarcano Ferramonte e tutti i naviganti e frattanto si suona alternativamente nella barca e nell’orchestra)
 AURORA
 (Più che s’accresce il regno,
 più in me cresce il desio di regnar sola).
 CINTIA
 Spiacemi che fra noi
 questi bei giovinotti
700divider ci conviene,
 se sola regnerò, starò più bene.
 CORO (In cui cantano anco Giacinto e Graziosino)
 
    Presto, presto alla catena,
 alla nuova servitù;
 non fa scorno e non dà pena
705volontaria schiavitù. (Partono tutti, fuorché Rinaldino e Ferramonte)
 
 SCENA VI
 
 RINALDINO e FERRAMONTE
 
 FERRAMONTE
 Amico, vi son schiavo.
 RINALDINO
                                           E voi non siete
 fra le donne partito?
 FERRAMONTE
                                        Anzi nascosto
 quindi mi son, per non andar con loro,
 mentre la libertade è un gran tesoro.
 RINALDINO
710Questo tesor l’abbiam sagrificato
 alla legge fatal del dio bendato.
 FERRAMONTE
 Dunque voi siete quelli
 che il cuor sagrificate a’ visi belli!
 Misera gioventù, misera gente,
715nata per divertirsi e non far niente!
 RINALDINO
 Impiegati noi siamo
 nell’amar, nel servir le nostre belle.
 FERRAMONTE
 Bell’impiego da eroi,
 bell’impiego davver, degno di voi!
720E non vi vergognate? E non sapete
 che le donne son tutte,
 sian belle o siano brutte,
 crude, tiranne e fiere,
 nostre nemiche altere,
725e che l’uom tener vinto ed oppresso
 è il trionfo maggior del loro sesso.
 RINALDINO
 Ma non può dirsi inganno
 di donna la beltà.
 FERRAMONTE
 Anzi è una falsità
730quel volto che innamora,
 che si liscia, s’imbianca e si colora.
 RINALDINO
 E le dolci parole?
 FERRAMONTE
                                  Son lusinghe
 che scaltramente incantano;
 e le femmine poi di ciò si vantano.
 RINALDINO
735E i bei vezzi! E gli amplessi?
 FERRAMONTE
 Con quei vezzi istessi,
 col riso accorto e scaltro
 cento soglion tradir un dopo l’altro.
 RINALDINO
 Ma il mio cor non consente
740il suo bene lasciare.
 FERRAMONTE
                                       Il vostro cuore
 orbato, assassinato,
 incantato, ammaliato,
 se a me voi baderete,
 dalla catena vi discioglierete.
 
745   Quando le donne parlano,
 io lor non credo affé.
 Se piangono, se ridono,
 lo stesso è ognor per me.
 Io so che sempre fingono,
750che fede in lor non v’è.
 
    Lo so che siete amico
 voi delle donne assai
 ma quello ch’io vi dico
 purtroppo lo provai.
755E se dir ver volete,
 direte: «Così è».
 
 SCENA VII
 
 RINALDINO solo
 
 RINALDINO
 Ah purtroppo egli è ver! Parole e sguardi,
 che rendono gli amanti
 schiavi della beltà, son tutt’incanti.
760Ma come oh dio! ma come
 scioglier potrei dal cuore
 l’amorosa catena?
 La libertà mi sembrerebbe or pena.
 Quando un cor si compiace
765dell’amorosa face
 sì facile non è mirarla spenta,
 liberarsene affatto invan si tenta.
 
    Nochier che s’abbandona
 in seno al mar infido,
770quando lo brama, al lido
 sempre tornar non può.
 
    Nel pelago amoroso
 resta l’amante assorto
 né più ritrova il porto
775da dove si staccò.
 
 SCENA VIII
 
 Camera.
 
 CINTIA con ispada in mano, poi GIACINTO
 
 CINTIA
 La vogliamo vedere. O regnar voglio
 o di tutte le donne è fritto il soglio.
 Aut Caesar aut nihil.
 Non mi posso veder compagni intorno
780che senza il merto mio
 vogliano comandar come fo io.
 Ecco Giacinto, o deve
 seguir il mio disegno
 o sarà il primo a sostener mio sdegno.
 GIACINTO
785Cintia, mio amor, mio nume,
 suora di Citerea,
 mia sovrana, mia dea,
 eccomi tutto vostro.
 Vi domando perdono e a voi mi prostro.
 CINTIA
790E ben, siete pentito
 d’avermi disgustata?
 GIACINTO
 Mia bellezza adorata,
 tanto pentimmi e tanto
 ch’ho lavata la colpa in mar di pianto.
 CINTIA
795Mi amate voi?
 GIACINTO
                              Vi adoro.
 CINTIA
 Siete mio?
 GIACINTO
                       Vostro sono.
 CINTIA
 Ogni errore passato io vi perdono.
 GIACINTO
 Oh cara! Oh me contento!
 Balzar il cor per lo piacer mi sento.
 CINTIA
800Ditemi, come state
 di coraggio e bravura?
 GIACINTO
 La gran madre natura
 m’ha fatto l’alto onore
 di donarmi un bel volto ed un gran core.
 CINTIA
805Mi piace il paragone.
 (S’è bravo com’è bel, sarà un poltrone).
 GIACINTO
 Su, parlate, esponete,
 comandate, imponete,
 armato a’ vostri cenni il braccio mio
810svenerà, se fia d’uopo, il cieco dio.
 CINTIA
 L’impresa che a voi chiedo
 difficile non è.
 GIACINTO
                              Nulla è difficile
 a un cuor ch’è tutto facile.
 CINTIA
 Prendete questa spada.
 GIACINTO
                                             Ecco l’accetto;
815mi passerò, se lo bramate, il petto.
 CINTIA
 Or di sangue viril io non ho sete.
 Voi uccider dovete
 in questa città nostra
 cento donne e non più, per parte vostra.
 GIACINTO
820Come! Donne svenar?
 CINTIA
                                           Se voi ciò fate,
 mio sposo alfin sarete
 e meco regnerete; e quando mai
 ricusaste obbedir al mio precetto,
 vi passerò con questa spada il petto.
 GIACINTO
825Eh signora, signora,
 per dirla, non vorrei morir ancora.
 CINTIA
 Dunque che risolvete?
 GIACINTO
 Ci penserò.
 CINTIA
                        Dovete
 risolver tosto. O delle donne il sangue
830o rimaner per le mie mani esangue.
 GIACINTO
 Piuttosto che morire,
 con pena io vi rispondo,
 tutte le donne ammazzerò del mondo.
 CINTIA
 Badate non tradir.
 GIACINTO
                                     Ve n’assicuro.
 CINTIA
835Giurate.
 GIACINTO
                   Sulla mia beltà lo giuro.
 CINTIA
 Se sarete fedele,
 se voi m’obbedirete,
 credete a me, non ve ne pentirete.
 
    Che cosa son le donne,
840più o meno, già si sa.
 Ma un certo non so che
 mi par d’aver in me
 che più vi piacerà
 e questa è la mia fede,
845la mia sincerità.
 
    La grazia e la bellezza
 si puol equiparar
 ma quel che più s’apprezza,
 che stentasi a trovar,
850è un cuore come il mio
 che fingere non sa.
 
 SCENA IX
 
 GIACINTO, poi AURORA
 
 GIACINTO
 Esser dovrò crudele,
 per piacer al mio ben? Sì sì si faccia,
 si svenino, si uccidino
855queste nemiche femmine
 ma piano per mia fé;
 se uccidessero poi le donne me?
 Vorrei e non vorrei;
 sono fra il sì ed il no.
860Penserò, studierò, risolverò.
 AURORA
 (Come? Giacinto armato?)
 GIACINTO
 (Ecco la prima a cui
 dovrò ferir il seno,
 ah! che se la rimiro io vengo meno).
 AURORA
865(Parla fra sé. Pavento
 di qualche tradimento).
 GIACINTO
 (Orsù, vi vuol coraggio;
 con un colpo improvviso
 l’ucciderò senza mirarla in viso).
 AURORA
870Giacinto.
 GIACINTO
                    (Ah bella voce!)
 AURORA
 Che fate voi?
 GIACINTO
                           Non so.
 AURORA
 Mi volete svenar?
 GIACINTO
                                   Signora no.
 AURORA
 Che fate di quel brando?
 GIACINTO
 Son un novello imitator d’Orlando.
 AURORA
875Datelo a me?
 GIACINTO
                           Non posso.
 AURORA
                                                 E perché mai?
 GIACINTO
 Perché... Nol posso dir... Perché giurai.
 AURORA
 Ah crudele, ah spietato,
 ah sconoscente, ingrato!
 Vi conosco, v’intendo.
880Forse di Cintia per gradir l’affetto,
 mi volete cacciar la spada in petto.
 GIACINTO
 Oh dio!
 AURORA
                  Via traditore,
 se avete tanto core,
 trafigetemi pure; eccovi il seno.
 GIACINTO
885Ahi che non posso più; già vengo meno. (Gli cade la spada di mano)
 AURORA
 Or questa spada è mia. (La prende)
 GIACINTO
 Pietà per cortesia.
 AURORA
 Cosa meritereste?
 GIACINTO
 Chiedo la vita in dono.
 AURORA
890Caro il mio Giacintino io vi perdono,
 basta sol che mi dite
 chi vi diè questa spada ed a qual fine.
 GIACINTO
 Nol posso dire.
 AURORA
                              Ingrato!
 Io vi dono la vita
895e un leggiero favor voi mi negate?
 Voi volete che io mora.
 GIACINTO
                                            Ah no, fermate.
 Tutto, tutto dirò; Cintia volea...
 AURORA
 Basta così; la rea
 Cintia sola sarà, voi tutto amore,
900siete bello di volto e bel di core.
 GIACINTO
 Ah non merto da voi
 della vostra bontà sì belli effetti.
 Io son mortificato.
 Sono... Non so che dir. Son incantato.
 
905   Al bello delle femmine
 resistere chi può?
 Io non lo posso no.