Il negligente, libretto, Leida, Luzac, 1752

545finché la libertà goder si puole.
 CORO
 
    Libertà, libertà;
 cara, cara libertà.
 
 TULLIA
 Il diverso parer, che nelle varie
 nostre menti risulta,
550pensar mi fa che utile più saria
 introdurre fra noi la monarchia.
 D’una sola il governo
 far si potrebbe eterno e in questa guisa,
 se una femina sola impera e regge,
555tutti avran d’osservar la stessa legge.
 CINTIA
 Non mi spiace il pensier ma chi di noi
 esser atta potria
 a sostener la nuova monarchia?
 TULLIA
 Quella ch’ha più giudizio;
560quella ch’ha più consiglio,
 che sa con più prudenza
 il rigor porre in uso e la clemenza.
 AURORA
 L’imperio si conviene
 a femina che sappia
565con dolci di pietà soavi frutti
 in catene tener gli uomini tutti.
 CINTIA
 Anzi a colei che fiera
 sul feminile soglio
 degli uomini frenar sappia l’orgoglio.
 TULLIA
570Facciam così, ciascuna
 si proponga di noi; ciascuna a’ voti
 il proprio nome esponga e il trono eccelso
 indi a quella si dia
 che da’ voti maggiori eletta sia.
 CINTIA
575Io l’accordo.
 AURORA
                         Io l’accetto.
 TULLIA
                                                A noi si porga
 l’urna e i lupini ed io, poiché la prima
 fui a proporre il nobile progetto,
 prima m’espongo e i vostri voti aspetto. (Le donne ballottano e poi si apre il bossolo)
 CORO
 
    Non so se meglio sia
580per noi la monarchia
 o pur la libertà.
 
 CINTIA
 Tullia, mi spiace assai.
 Ora il pensier comun vi sarà noto.
 Voi non avete avuto neanche un voto.
 TULLIA
585Ingratissime donne,
 l’invidia è il vostro nume
 e la vana ambizion vostro costume.
 AURORA
 Or si esponga il mio nome
 e vederete come
590meglio stimata io sia
 in virtù della dolce cortesia. (Ballottano per Aurora)
 CORO
 
    Non so se meglio sia
 per noi la monarchia
 o pur la libertà.
 
 CINTIA
595Oimè signora Aurora,
 m’incresce il vostro duolo,
 voi non avete neanche un voto solo.
 AURORA
 Comprendo la malizia,
 per cui fatta mi vien questa ingiustizia.
 CINTIA
600Presto, presto, finiamola,
 vuo’ ballottare anch’io.
 (Questa volta senz’altro il regno è mio).
 CORO
 
    Non so se meglio sia
 per noi la monarchia
605o pur la libertà.
 
 AURORA
 Signora Cintia cara,
 per voi non si dà voto;
 il bossolo del sì per voi è vuoto.
 CINTIA
 Femine sconsigliate,
610è un torto manifesto che mi fate.
 CORO
 
    Libertà, libertà,
 cara cara libertà.
 
 TULLIA
 Per quello che si vede e che si sente,
 niuna donna acconsente
615all’altra star soggetta;
 a ognuna piace il comandar sovrano
 e soggiogarle si procura invano.
 AURORA
 (Procurerò con l’arte
 il dominio ottenere).
 CINTIA
                                         (A lor dispetto
620il regno occuperò).
 TULLIA
                                     (Con l’arte usata,
 senza mostrar orgoglio,
 giungerò forse ad occupar il soglio).
 Or si sciolga il consiglio;
 vada ciascuna a esercitar l’impero
625sopra i vassalli suoi
 e libero il regnar resta fra noi.
 CORO
 
    Libertà, libertà,
 cara, cara libertà.
 Bel piacere, bel godere
630che contento al cor mi dà.
 
    Libertà, libertà,
 cara, cara libertà. (Tutte partono fuorché Tullia)
 
 SCENA II
 
 TULLIA sola
 
 TULLIA
 Com’è possibil mai
 che possiamo regnar noi donne unite,
635se la pace voltar ci suole il tergo
 quando siamo due donne in un albergo?
 Prevedo che non molto
 questo debba durar dominio nostro.
 Ma pria ch’ei ci fia tolto,
640vorrei un giorno solo
 assoluta regnar. Ah questa sete
 di comandar è naturale in noi
 e ogni donna ha nel capo i grilli suoi.
 
    Fra tutti gli affetti
645d’amore e di sdegno,
 l’affetto del regno
 prevale nel cuore;
 la brama d’onore
 frenar non si può.
 
650   Avere soggetti
 quegli uomini alteri,
 che soglion severi
 le donne trattar,
 diletto bramar
655maggiore non so.
 
 SCENA III
 
 Giardino delizioso alla riva del mare, il quale formando un seno nel lido offre comodo sbarco ai piccoli legni.
 
 RINALDINO, poi GIACINTO, poi GRAZIOSINO
 
 RINALDINO
 
    Queste rose porporine,
 ch’ho raccolte pel mio bene,
 sono tutte senza spine,
 come senz’amare pene
660è l’affetto ch’ho nel sen.
 
 GIACINTO
 
    Questo vago gelsomino,
 che al mio ben io reco in dono,
 candidetto com’io sono,
 semplicetto, tenerino,
665s’assomiglia al mio bel cor.
 
 GRAZIOSINO
 
    Questo caro tulipano
 vuo’ donarlo alla mia bella;
 qualche cosa ancora ella
 forse un dì mi donerà.
 
 A TRE
 
670   Vaghi fiori, dolci amori,
 bella mia felicità.
 
 SCENA IV
 
 Vedesi dal mare accostarsi una barca ripiena d’uomini.
 
 RINALDINO
 Osservate, compagni, ecco un naviglio
 che verso noi s’avvanza.
 Mirate sulla prora i naviganti
675volontari venir schiavi ed amanti.
 GIACINTO
 Il regno delle donne
 è circondato dalla calamita
 che l’uomo da lontan tira ed invita.
 GRAZIOSINO
 E questa calamita
680non è già una opinione
 ma ogni donna ne tien la sua porzione.
 A TRE
 
    A terra, a terra,
 qui non vi è guerra
 ma sempre pace
685goder si può. (Dalla barca si ode un concerto d’oboè e corni da caccia, mentre approdano i naviganti e gettano il ponte per scendere)
 
 SCENA V
 
 AURORA, CINTIA e le donne tutte armate di strali ed aste corrono alla riva per arrestare i naviganti. Nell’uscire di dette donne s’ode dall’orchestra il suono di timpani e trombe che fa tacere il concerto della barca
 
 CINTIA
 Olà, voi che venite
 a questi del piacer lidi felici,
 dite, venite amici ovver nemici?
 FERRAMONTE (Dalla prora della barca)
 Amici, amici siamo.
690Da voi, belle, veniamo
 a domandar favori,
 a servire e goder de’ vostri amori.
 CINTIA
 Quand’è così, scendete;
 e voi donne arrestateli
695e senza discrezione imprigionateli. (Sbarcano Ferramonte e tutti i naviganti; e frattanto si suona alternativamente nella barca e nella orchestra)
 AURORA
 (Più che s’accresce il regno,
 più in me cresce il desio di regnar sola).
 CINTIA
 Spiacemi che fra noi
 questi bei giovenotti
700divider ci conviene.
 Se sola regnerò starò più bene.
 CORO (In cui cantano anco Giacinto e Graziosino)
 
    Presto, presto, alla catena,
 alla nuova servitù.
 
    Non fa scorno e non dà pena
705volontaria schiavitù. (Partono tutti fuorché Rinaldino e Ferramonte)
 
 SCENA VI
 
 RINALDINO e FERRAMONTE
 
 FERRAMONTE
 Amico, vi son schiavo.
 RINALDINO
                                           E voi non siete
 fra le donne partito?
 FERRAMONTE
                                        Anzi nascosto
 quindi mi son, per non andar con loro,
 mentre la libertade è un gran tesoro.
 RINALDINO
710Questo tesor l’abbiam sagrificato
 alla legge fatal del dio bendato.
 FERRAMONTE
 Dunque voi siete quelli
 che il cuor sagrificate a’ visi belli!
 Misera gioventù, misera gente,
715nata per divertirsi e non far niente!
 RINALDINO
 Impiegati noi siamo
 nell’amar, nel servir le nostre belle.
 FERRAMONTE
 Bell’impiego da eroi,
 bell’impiego davver, degno di voi!
720E non vi vergognate? E non sapete
 che le donne son tutte,
 sian belle o siano brutte,
 crude tiranne e fiere,
 nostre nemiche altere,
725e che l’uomo tener vinto ed oppresso
 è il trionfo maggior del loro sesso?
 RINALDINO
 Ma non può dirsi inganno
 di donna la beltà.
 FERRAMONTE
 Anzi è una falsità
730quel volto che innamora,
 che si liscia, s’imbianca e si colora.
 RINALDINO
 E le dolci parole?
 FERRAMONTE
                                  Son lusinghe
 che scaltramente incantano;
 e le femmine poi di ciò si vantano.
 RINALDINO
735E i bei vezzi! E gli amplessi?
 FERRAMONTE
 Con quei bei vezzi istessi,
 col riso accorto e scaltro
 cento soglion tradir un dopo l’altro.
 RINALDINO
 Ma il mio cor non consente
740il suo bene lasciare.
 FERRAMONTE
                                       Il vostro cuore
 orbato, assassinato,
 incantato, ammaliato,
 se a me voi baderete,
 dalla catena vi discioglierete.
 
745   Quando le donne parlano,
 io lor non credo affé.
 Se piangono, se ridono,
 lo stesso è ognor per me.
 Io so che sempre fingono,
750che fede in lor non v’è.
 
    Lo so che siete amico
 voi delle donne assai.
 Ma quello che io vi dico
 purtroppo lo provai.
755E se dir ver volete,
 direte: «Così è».
 
 SCENA VII
 
 RINALDINO solo
 
 RINALDINO
 Ah purtroppo egli è ver! Parole e sguardi,
 che rendono gli amanti
 schiavi della beltà, son tutt’incanti.
760Ma come oh dio! ma come
 scioglier potrei dal cuore
 l’amorosa catena?
 La libertà mi sembrerebbe or pena.
 Quando un cor si compiace
765dell’amorosa face
 sì facile non è mirarla spenta,
 liberarsene affatto invan si tenta.
 
    Nochier che s’abbandona
 in seno al mar infido,
770quando lo brama, al lido
 sempre tornar non può.
 
    Nel pelago amoroso
 resta l’amante assorto
 né più ritrova il porto
775da dove si staccò.
 
 SCENA VIII
 
 Camera.
 
 CINTIA con spada in mano, poi GIACINTO
 
 CINTIA
 La vogliamo vedere. O regnar voglio
 o di tutte le donne è fritto il soglio.
 Aut Caesar aut nihil.
 Non mi posso veder compagne intorno
780che senza il merto mio
 vogliano comandar come fo io.
 Ecco Giacinto, o deve
 seguir il mio dissegno
 o sarà il primo a sostener mio sdegno.
 GIACINTO
785Cintia, mio amor, mio nume,
 suora di Citerea,
 mia sovrana, mia dea,
 eccomi tutto vostro.
 Vi domando perdono e a voi mi prostro.
 CINTIA
790E ben, siete pentito
 d’avermi disgustata?
 GIACINTO
 Mia bellezza adorata,
 tanto pentimmi e tanto
 ch’ho lavata la colpa in mar di pianto.
 CINTIA
795Mi amate voi?
 GIACINTO
                              Vi adoro.
 CINTIA
 Siete mio?
 GIACINTO
                       Vostro sono.
 CINTIA
 Ogni errore passato io vi perdono.
 GIACINTO
 Oh cara! Oh me contento!
 Balzar il cor per lo piacer mi sento.
 CINTIA
800Ditemi, come state
 di coraggio e bravura?
 GIACINTO
 La gran madre natura
 m’ha fatto l’alto onore
 di donarmi un bel volto ed un gran core.
 CINTIA
805Mi piace il paragone.
 (S’è bravo com’è bel, sarà un poltrone).
 GIACINTO
 Su, parlate, esponete,
 comandate, imponete,
 armato a’ vostri cenni il braccio mio
810svenerà, se fia d’uopo, il cieco dio.
 CINTIA
 L’impresa che a voi chiedo
 difficile non è.
 GIACINTO
                              Nulla è difficile
 a un cuor ch’è tutto facile.
 CINTIA
 Prendete questa spada.
 GIACINTO
                                             Ecco l’accetto;
815mi passerò, se lo bramate, il petto.
 CINTIA
 Or di sangue virile io non ho sete.
 Voi uccider dovete
 in questa città nostra
 cento donne e non più, per parte vostra.
 GIACINTO
820Come! Donne svenar?
 CINTIA
                                           Se voi ciò fate,
 mio sposo alfin sarete
 e meco regnerete; e quando mai
 ricusaste obbedir il mio precetto,
 vi passerò con questa spada il petto.
 GIACINTO
825Eh signora, signora,
 per dirla, non vorrei morir ancora.
 CINTIA
 Dunque che risolvete?
 GIACINTO
 Ci penserò.
 CINTIA
                        Dovete
 risolver tosto. O delle donne il sangue
830o rimaner per le mie mani esangue.
 GIACINTO
 Più tosto che morire,
 con pena io vi rispondo,
 tutte le donne ammazzerò del mondo.
 CINTIA
 Badate non tradir.
 GIACINTO
                                     Ve n’assicuro.
 CINTIA
835Giurate.
 GIACINTO
                   Sulla mia beltà lo giuro.
 CINTIA
 Se sarete fedele,
 se voi m’obbedirete,
 credete a me, non ve ne pentirete.
 
    Che cosa son le donne,
840più o meno, già si sa.
 Ma un certo non so che
 mi par d’aver in me
 che più vi piacerà
 e questa è la mia fede,
845la mia sincerità.
 
    La grazia e la bellezza
 si puol equiparar
 ma quel che più s’apprezza,
 che stentasi a trovar,
850è un cuore come il mio
 che fingere non sa.
 
 SCENA IX
 
 GIACINTO, poi AURORA
 
 GIACINTO
 Esser dovrò crudele,
 per piacer al mio ben? Sì sì, si faccia,
 si svenino, si uccidino
855queste nemiche femmine;
 ma piano per mia fé;
 se uccidessero poi le donne me?
 Vorrei e non vorrei;
 sono fra il sì ed il no.
860Penserò, studierò, risolverò.
 AURORA
 (Come? Giacinto armato?)
 GIACINTO
 (Ecco la prima a cui
 dovrò ferir il seno,
 ah! che se la rimiro io vengo meno).
 AURORA
865(Parla fra sé. Pavento