Attilio Regolo, libretto, Napoli, Flauto, 1761

415Artabano, dov’è? Quest’è l’amore
 che mi giurò fin dalla cuna? Ei solo
 m’abbandona così?
 MANDANE
                                      Non sai ch’escluso
 fu dalla reggia in pena
 del richiesto imeneo?
 ARTASERSE
420Venga Arbace, io l’assolvo.
 
 SCENA XI
 
 MEGABISE, poi ARBACE disarmato fra le guardie e detti
 
 MEGABISE
                                                  Arbace è il reo.
 ARTASERSE
 Come!
 MEGABISE
                Osserva il delitto in quel sembiante. (Accennando Arbace che esce confuso)
 ARTASERSE
 L’amico!
 ARTABANO
                    Il figlio!
 SEMIRA
                                     Il mio german!
 MANDANE
                                                                   L’amante!
 ARTASERSE
 In questa guisa, Arbace,
 mi torni innanzi? Ed hai potuto in mente
425tanta colpa nudrir?
 ARBACE
                                      Sono innocente.
 MANDANE
 (Volesse il ciel!)
 ARTASERSE
                                Ma se innocente sei
 difenditi, dilegua
 i sospetti, gl’indici; e la ragione
 dell’innocenza tua sia manifesta.
 ARBACE
430Io non son reo; la mia difesa è questa.
 ARTABANO
 (Seguitasse a tacer!)
 MANDANE
                                        Ma i sdegni tuoi
 contro Serse?
 ARBACE
                            Eran giusti.
 ARTASERSE
                                                    La tua fuga?
 ARBACE
 Fu vera.
 MANDANE
                   Il tuo silenzio?
 ARBACE
 È necessario.
 ARTASERSE
                           Il tuo confuso aspetto?
 ARBACE
435Lo merita il mio stato.
 MANDANE
                                           E ’l ferro asperso
 di caldo sangue?
 ARBACE
                                 Era in mia mano, è vero.
 ARTASERSE
 E non sei delinquente?
 MANDANE
 E l’uccisor non sei?
 ARBACE
                                      Sono innocente.
 ARTASERSE
 Ma l’apparenza, o Arbace,
440t’accusa, ti condanna.
 ARBACE
 Lo veggo anch’io; ma l’apparenza inganna.
 ARTASERSE
 Tu non parli, o Semira?
 SEMIRA
                                              Io son confusa.
 ARTASERSE
 Parli Artabano.
 ARTABANO
                               Oh dio!
 Mi perdo anch’io nel meditar la scusa.
 ARTASERSE
445Misero, che farò! Punire io deggio
 nell’amico più caro il più crudele
 orribile nemico! A che mostrarmi
 così gran fedeltà, barbaro Arbace?
 Quei soavi costumi,
450quell’amor, quelle prove
 d’incorrotta virtude erano inganni
 dunque d’un’alma rea? Potessi almeno
 quel momento obliar che in mezzo all’armi
 me da’ nemici oppresso
455cadente sollevasti e col tuo sangue
 generoso serbasti i giorni miei,
 che adesso non avrei
 del padre mio nel vendicare il fato
 la pena, oh dio! di divenirti ingrato.
 ARBACE
460I primi affetti tuoi,
 signor, non perda un innocente oppresso;
 se mai degno ne fui, lo sono adesso.
 ARTABANO
 Audace! E con qual fronte
 puoi domandargli amor? Perfido figlio,
465il mio rossor, la pena mia tu sei.
 ARBACE
 Anche il padre congiura a’ danni miei!
 ARTABANO
 Che vorresti da me? Ch’io fossi a parte
 de’ falli tuoi nel compatirti? Eh provi, (Ad Artaserse)
 provi, o signor, la tua giustizia. Io stesso
470sollecito la pena. In sua difesa
 non gli giovi Artabano aver per padre.
 Scordati la mia fede, oblia quel sangue
 di cui per questo regno
 tante volte pugnando i campi aspersi;
475coll’altro ch’io versai questo si versi.
 ARTASERSE
 Oh fedeltà!
 ARTABANO
                        Risolvi e qualche affetto,
 se ti resta per lui, vada in oblio.
 ARTASERSE
 Risolverò ma con qual core... Oh dio!
 
    Deh respirar lasciatemi
480qualche momento in pace;
 capace di risolvere
 la mia ragion non è.
 
    Mi trovo in un istante
 giudice, amico, amante
485e delinquente e re. (Parte)
 
 SCENA XII
 
 MANDANE, SEMIRA, ARBACE, ARTABANO, MEGABISE e guardie
 
 ARBACE
 E innocente dovrai
 tanti oltraggi soffrir, misero Arbace! (Da sé)
 MEGABISE
 (Che avvenne mai!)
 SEMIRA
                                        (Quante sventure io temo!)
 MANDANE
 (Io non spero più pace).
 ARTABANO
                                               (Io fingo e tremo).
 ARBACE
490Tu non mi guardi, o padre? Ogni altro avrei
 sofferto accusator senza lagnarmi;
 ma che possa accusarmi,
 che chieder possa il mio morir colui
 che il viver mi donò m’empie d’orrore
495il cor tremante e me l’agghiaccia in seno;
 senta pietà del figlio il padre almeno.
 ARTABANO
 
    Non ti son padre,
 non mi sei figlio;
 pietà non sento
500d’un traditor.
 
    Tu sei cagione
 del tuo periglio,
 tu sei tormento
 del genitor. (Parte)
 
 SCENA XIII
 
 ARBACE, SEMIRA, MANDANE, MEGABISE e guardie
 
 ARBACE
505Ma per qual fallo mai
 tanto, o barbari dei, vi sono in ira!
 M’ascolti, mi compianga almen Semira.
 SEMIRA
 
    Torna innocente e poi
 t’ascolterò, se vuoi;
510tutto per te farò.
 
    Ma finché reo ti veggio,
 compiangerti non deggio,
 difenderti non so. (Parte)
 
 SCENA XIV
 
 ARBACE, MANDANE, MEGABISE e guardie
 
 ARBACE
 E non v’è chi m’uccida! Ah Megabise
515s’hai pietà...
 MEGABISE
                          Non parlarmi.
 ARBACE
                                                      Ah principessa!
 MANDANE
 Involati da me.
 ARBACE
                               Ma senti, amico.
 MEGABISE
 Non odo un traditore. (Parte)
 ARBACE
                                           Oda un momento
 Mandane almeno...
 MANDANE
                                      Un traditor non sento. (In atto di partire)
 ARBACE
 Mio ben, mia vita... (Trattenendola)
 MANDANE
                                        Ah scellerato! Ardisci
520di chiamarmi tuo bene!
 Quella man mi trattiene
 che uccise il genitore!
 ARBACE
                                          Io non l’uccisi.
 MANDANE
 Dunque chi fu? Parla.
 ARBACE
                                           Non posso. Il labbro...
 MANDANE
 Il labbro è menzognero.
 ARBACE
                                              Il core...
 MANDANE
                                                               Il core
525no che del suo delitto orror non sente.
 ARBACE
 Son io...
 MANDANE
                  Sei traditor.
 ARBACE
                                           Sono innocente.
 MANDANE
 Innocente!
 ARBACE
                       Io lo giuro.
 MANDANE
                                             Alma infedele.
 ARBACE
 (Quanto mi costa un genitor crudele!)
 Cara, se tu sapessi...
 MANDANE
                                        Eh che mi sono
530gl’odi tuoi contro Serse assai palesi.
 ARBACE
 Ma non intendi...
 MANDANE
                                   Intesi
 le tue minacce.
 ARBACE
                               E pur t’inganni.
 MANDANE
                                                              Allora,
 perfido, m’ingannai
 che fedel mi sembrasti e ch’io t’amai.
 ARBACE
535Dunque adesso...
 MANDANE
                                  T’aborro.
 ARBACE
 E sei...
 MANDANE
                La tua nemica.
 ARBACE
 E vuoi...
 MANDANE
                   La morte tua.
 ARBACE
                                              Quel primo affetto...
 MANDANE
 Tutto è cangiato in sdegno.
 ARBACE
 E non mi credi?
 MANDANE
                                 E non ti credo, indegno.
 
540   Dimmi che un empio sei,
 ch’hai di macigno il core,
 perfido traditore,
 e allor ti crederò.
 
    (Vorrei di lui scordarmi,
545odiarlo, oh dio, vorrei;
 ma sento che sdegnarmi
 quanto dovrei non so).
 
    Dimmi che un empio sei
 e allor ti crederò.
 
550   (Odiarlo, oh dio, vorrei
 ma odiarlo, oh dio, non so). (Parte)
 
 SCENA XV
 
 ARBACE con guardie
 
 ARBACE
 No che non ha la sorte
 più sventure per me. Tutte in un giorno
 tutte, oh dio, le provai. Perdo l’amico,
555m’insulta la germana,
 m’accusa il genitor, piange il mio bene;
 e tacer mi conviene!
 E non posso parlar! Dove si trova
 un’anima che sia
560tormentata così come la mia!
 Ma, giusti dei, pietà. Se a questo passo
 lo sdegno vostro a danno mio s’avanza,
 pretendete da me troppa costanza.
 
    Vo solcando un mar crudele
565senza vele e senza sarte;
 freme l’onda, il ciel s’imbruna,
 cresce il vento e manca l’arte;
 e il voler della fortuna
 son costretto a seguitar.
 
570   Infelice, in questo stato
 son da tutti abbandonato;
 meco sola è l’innocenza
 che mi porta a naufragar.
 
 Fine dell’atto primo
 
 
 ATTO SECONDO
 
 SCENA PRIMA
 
 Appartamenti reali.
 
 ARTASERSE e ARTABANO
 
 ARTASERSE
 Dal carcere, o custodi, (Nell’uscire verso la scena)
575qui si conduca Arbace. Ecco adempite
 le tue richieste. Ah voglia il ciel che giovi
 questo incontro a salvarlo.
 ARTABANO
                                                  Io non vorrei
 che credessi, o signor, la mia domanda
 pietà di padre o mal fondata speme
580di trovarlo innocente. È troppo chiara
 la colpa sua; deve morir. Non altro
 mi muove a rivederlo
 che la tua sicurezza. Ancor del fallo
 è ignota la cagione,
585sono i complici ignoti; ogni segreto
 tenterò di scoprir.
 ARTASERSE
                                    La tua fortezza
 quanto invidio Artabano! Io mi sgomento
 d’un amico al periglio;
 tu non ti perdi e si condanna il figlio.
 ARTABANO
590La fermezza del volto
 quanto costa al mio core! Intesi anch’io
 le voci di natura. Anch’io provai
 le comuni di padre
 deboli tenerezze;
595ma fra le mie dubbiezze
 il dover trionfò. Non è mio figlio
 chi mi porta il rossor di sì gran fallo;
 prima ch’io fossi padre, ero vassallo.
 ARTASERSE
 La tua virtude istessa
600mi parla per Arbace. Io più ti deggio
 quanto meno il difendi. Ah renderei
 troppo ingrata mercede a’ merti tui,
 se senza affanno io ti punissi in lui.
 Deh cerchiamo, Artabano,
605una via di salvarlo, una ragione
 ch’io possa dubitar del suo delitto;
 Unisci, io te ne priego,
 le tue cure alle mie.
 ARTABANO
                                       Che far poss’io,
 s’ogni evento l’accusa, e intanto Arbace
610si vede reo, non si difende e tace?
 ARTASERSE
 Ma innocente si chiama. I labbri suoi
 non son usi a mentir. Come in un punto
 cangiò natura! Ah l’infelice ha forse
 qualche ragion del suo silenzio. A lui
615parli Artabano, ei svelerà col padre
 quanto al giudice tace. Io m’allontano;
 in libertà seco ragiona; osserva,
 esamina il suo cor. Trova se puoi
 un’ombra di difesa. Accorda insieme
620la salvezza del figlio,
 la pace del tuo re, l’onor del trono;
 ingannami, se puoi, ch’io ti perdono.
 
    Rendimi il caro amico
 parte dell’alma mia;
625fa’ ch’innocente sia
 come l’amai finor.
 
    Compagni dalla cuna
 tu ci vedesti e sai
 che in ogni mia fortuna
630seco finor provai
 ogni piacer diviso,
 diviso ogni dolor. (Parte)
 
 SCENA II
 
 ARTABANO, poi ARBACE con alcune guardie
 
 ARTABANO
 Son quasi in porto. Arbace,
 avvicinati. E voi (Alle guardie)
635nelle prossime stanze
 pronti attendete ogni mio cenno. (Partono)
 ARBACE
                                                               (Il padre
 solo con me!)
 ARTABANO
                            Pur mi riesce, o figlio,
 di salvar la tua vita. Io chiesi ad arte
 all’incauto Artaserse
640la libertà di favellarti. Andiamo;
 per una via che ignota
 sempre gli fu, scorgendo i passi tui
 deluder posso i suoi custodi e lui.
 ARBACE
 Mi proponi una fuga
645che saria prova al mio delitto?
 ARTABANO
                                                         Eh vieni,
 folle che sei; la libertà ti rendo;
 t’involo al regio sdegno;
 agli applausi ti guido e forse al regno.
 ARBACE
 Che dici! Al regno!
 ARTABANO
                                     È da gran tempo, il sai,
650a tutti in odio il regio sangue. Andiamo;
 alle commosse squadre
 basta mostrarti. Ho già la fede in pegno
 de’ primi duci.
 ARBACE
                               Io divenir ribelle!
 Solo in pensarlo inorridisco. Ah padre
655lasciami l’innocenza.
 ARTABANO
                                         È già perduta
 nella credenza altrui. Sei prigioniero
 e comparisci reo.
 ARBACE
                                  Ma non è vero.
 ARTABANO
 Questo non giova. È l’innocenza, Arbace,
 un pregio che consiste
660nel credulo consenso
 di chi l’ammira; e se le togli questo,
 in nulla si risolve. Il giusto è solo
 chi sa fingerlo meglio, e chi nasconde
 con più destro artifizio i sensi sui
665nel teatro del mondo agli occhi altrui.
 ARBACE
 T’inganni. Un’alma grande
 è teatro a sé stessa. Ella in segreto
 s’approva e si condanna;
 e placida e sicura
670del volgo spettator l’aura non cura.
 ARTABANO
 Sia ver; ma l’innocenza
 si dovrà preferir forse alla vita?
 ARBACE
 E questa vita, o padre,
 che mai la credi?
 ARTABANO
                                  Il maggior dono, o figlio,
675che far possan gli dei.
 ARBACE
                                          La vita è un bene
 che usandone si scema; ogni momento
 ch’altri ne gode è un passo
 che al termine avvicina; e dalle fasce
 si comincia a morir, quando si nasce.
 ARTABANO
680E dovrò per salvarti
 contender teco? Altra ragion per ora
 non ricercar che il cenno mio. T’affretta.
 ARBACE
 No, perdona, sia questo
 il tuo cenno primiero
685trasgredito da me.
 ARTABANO
                                     Vinca la forza
 le resistenze tue. Sieguimi. (Va per prenderlo)
 ARBACE
                                                     In pace (Si scosta)
 lasciami, o padre. A troppo gran cimento
 riduci il mio rispetto. Ah se mi sforzi,
 farò...
 ARTABANO
              Minacci ingrato!
690Parla, di’, che farai?
 ARBACE
                                       Nol so; ma tutto
 farò per non seguirti.
 ARTABANO
                                          E ben vediamo
 chi di noi vincerà. Sieguimi, andiamo. (Lo prende per mano)
 ARBACE
 Custodi, olà.
 ARTABANO
                          T’accheta.
 ARBACE
                                               Olà, custodi,
 rendetemi i miei lacci. Al carcer mio
695guidatemi di nuovo. (Artabano lascia Arbace vedendo i custodi)
 ARTABANO
                                         (Ardo di sdegno).
 ARBACE
 Padre, un addio.
 ARTABANO
                                 Va’, non t’ascolto, indegno.
 ARBACE
 
    Mi scacci sdegnato!
 Mi sgridi severo!
 Pietoso, placato
700vederti non spero,
 se in questi momenti
 non senti pietà.
 
    Che ingiusto rigore!
 Che fiero consiglio!
705Scordarsi l’amore
 d’un misero figlio,
 d’un figlio infelice
 che colpa non ha. (Parte colle guardie)
 
 SCENA III
 
 ARTABANO e poi MEGABISE
 
 ARTABANO
 I tuoi deboli affetti
710vinci, Artabano. Un temerario figlio
 s’abbandoni al suo fato. Ah che nel core
 condannarlo non posso. Io l’amo appunto
 perché non mi somiglia. A un tempo istesso
 e mi sdegno e l’ammiro;
715e d’ira e di pietà fremo e sospiro.
 MEGABISE
 Che fai? Che pensi? Irresoluto e lento
 signor così ti stai? Non è più tempo
 di meditar ma d’eseguir. Si aduna
 de’ satrapi il consiglio; ecco raccolte
720molte vittime insieme. I tuoi rivali
 là troveremo uniti. Uccisi questi,
 piana è per te la via del trono. Arbace
 a liberar si voli.
 ARTABANO
                                Ah Megabise,
 che sventura è la mia! Ricusa il figlio
725e regno e libertà. De’ giorni suoi
 cura non ha; perde sé stesso e noi.
 MEGABISE
 Che dici!
 ARTABANO
                    Invan finora
 con lui contesi.
 MEGABISE
                              A liberarlo a forza
 al carcere corriamo.
 ARTABANO
                                       Il tempo istesso,
730che perderemo in superar la fede
 e il valor de’ custodi, agio bastante
 al re darà di preparar difese.
 MEGABISE
 È ver. Dunque Artaserse
 prima si sveni e poi si salvi Arbace.
 ARTABANO
735Ma rimane in ostaggio
 la vita del mio figlio.
 MEGABISE
                                        Ecco il riparo;
 dividiamo i seguaci. Assaliremo
 nell’istesso momento
 tu il carcere, io la reggia.
 ARTABANO
                                               Ah che divisi
740siamo deboli entrambi.
 MEGABISE
                                              Ad un partito
 convien pure appigliarsi.
 ARTABANO
                                                Il più sicuro
 è ’l non prenderne alcuno. Agio bisogna
 a ricompor le sconcertate fila
 della trama impedita.
 MEGABISE
                                           E se frattanto
745Arbace si condanna?
 ARTABANO
                                         Il caso estremo
 al più pronto rimedio
 risolver ne farà. Basta per ora
 che a simular tu siegua e che de’ tuoi
 mi conservi la fede. Io cauto intanto
750a sedurre i custodi
 m’applicherò. Non m’avvisai finora
 d’abbisognarne; e reputai follia
 moltiplicare i rischi
 senza necessità.
 MEGABISE
                                Di me disponi
755come più vuoi.
 ARTABANO
                              Deh non tradirmi amico.
 MEGABISE
 Io tradirti! Ah signor, che mai dicesti!
 Tanto ingrato mi credi? Io mi rammento
 de’ miei bassi principi; alla tua mano
 deggio quanto possiedo; a’ primi gradi
760dal fango popolar tu mi traesti;
 io tradirti! Ah signor, che mai dicesti!
 ARTABANO
 È poco, o Megabise,
 quanto feci per te. Vedrai s’io t’amo,
 se m’arride il destin. So per Semira
765gli affetti tuoi, non gli condanno; e penso...
 Eccola. Un mio comando
 l’amor suo t’assicuri e noi congiunga
 con più saldi legami.
 MEGABISE
                                         Oh qual contento!
 
 SCENA IV
 
 SEMIRA e detti
 
 ARTABANO
 Figlia, è questi il tuo sposo.
 SEMIRA
                                                    (Aimè, che sento!)
770E ti par tempo, o padre,
 di stringere imenei, quando il germano...
 ARTABANO
 Non più. Può la tua mano
 molto giovargli.
 SEMIRA
                                Il sagrifizio è grande;
 signor meglio rifletti. Io son...
 ARTABANO
                                                        Tu sei
775folle, se mi contrasti;
 ecco il tuo sposo, io così voglio e basti.
 
    Amalo e se al tuo sguardo
 amabile non è,
 la man che te lo diè
780rispetta e taci.
 
    Poi nell’amar men tardo
 forse il tuo cor sarà,
 quando fumar vedrà
 le sacre faci. (Parte)
 
 SCENA V
 
 SEMIRA e MEGABISE
 
 SEMIRA
785Ascolta, o Megabise. Io mi lusingo
 alfin dell’amor tuo. Posso una prova
 sperarne a mio favor?
 MEGABISE
                                           Che non farei,
 cara, per ubbidirti!
 SEMIRA
                                      E pure io temo
 le ripugnanze tue.
 MEGABISE
                                    Questo timore
790dilegui un tuo comando.
 SEMIRA
                                               Ah se tu m’ami,
 questi imenei disciogli.
 MEGABISE
                                              Io!
 SEMIRA
                                                      Sì; salvarmi
 del genitor così potrai dall’ira.
 MEGABISE
 T’ubbidirei ma parmi
 ch’ora meco scherzar voglia Semira.
 SEMIRA
795Io non parlo da scherzo.
 MEGABISE
                                              Eh non ti credo;
 vuoi così tormentarmi, io me n’avvedo.
 SEMIRA
 Tu mi deridi. Io ti credei finora
 più generoso amante.
 MEGABISE
                                          Ed io più saggia
 finora ti credei.
 SEMIRA
                                D’un’alma grande
800che bella prova è questa!
 MEGABISE
 Che discreta richiesta
 da farsi a un amator!
 SEMIRA
                                         T’apersi un campo
 ove potevi esercitar con lode
 la tua virtù, senz’essermi molesto.
 MEGABISE
805La voglio esercitar ma non in questo.
 SEMIRA
 Dunque invano sperai?
 MEGABISE
                                              Sperasti invano.
 SEMIRA
 Dunque il pianto?
 MEGABISE
                                    Non giova.
 SEMIRA
 Queste preghiere mie?
 MEGABISE
                                             Son sparse a’ venti.
 SEMIRA
 E bene, al padre ubbidirò ma senti;
810non lusingarti mai
 ch’io voglia amarti. Aborrirò costante
 quel funesto legame
 che a te mi stringerà. Sarai, lo giuro,
 oggetto agli occhi miei sempre d’orrore;
815la mano avrai ma non sperare il core.
 MEGABISE
 Non lo chiedo, o Semira. Io mi contento
 di vederti mia sposa. E per vendetta,
 se ti basta d’odiarmi,
 odiami pur, ch’io non saprò lagnarmi.
 
820   Non temer ch’io mai ti dica
 alma infida, ingrato core;
 possederti ancor nemica
 chiamerò felicità.
 
    Io detesto la follia
825d’un incomodo amatore
 che a’ pensieri ancor vorria
 limitar la libertà. (Parte)
 
 SCENA VI
 
 SEMIRA e poi MANDANE
 
 SEMIRA