Il mondo alla roversa o sia Le donne che comandano, libretto, Praga, Prussa, 1754 (Il mondo alla roverscia)

 et sic etcaetera,
 cum etcaetera. (Parte)
 
 SCENA V
 
 DON TRITEMIO e RINALDO
 
 DON TRITEMIO
630La riverisco, etcaetera.
 Vada, signor notaro, ah vada, etcaetera.
 RINALDO
 Ei va per ordin mio
 a prender altri fogli, altri capitoli,
 per provarvi di me lo stato e i titoli.
 DON TRITEMIO
635Sì sì, la vostra casa
 ricca, nobile, grande ognora fu.
 Credo quel che mi dite e ancora più.
 RINALDO
 Dunque di vostra figlia
 mi credete voi degno?
 DON TRITEMIO
                                           Anzi degnissimo.
 RINALDO
640Le farò contradote.
 DON TRITEMIO
                                     Obbligatissimo.
 RINALDO
 Me l’accordate voi?
 DON TRITEMIO
                                      Per verità
 v’è una difficoltà.
 RINALDO
                                   Da che dipende?
 DON TRITEMIO
 Ho paura che lei...
 RINALDO
                                    Chi?
 DON TRITEMIO
                                                La figliuola...
 RINALDO
 D’Eugenia non pavento.
 DON TRITEMIO
645Quando lei possa farlo, io son contento.
 RINALDO
 Ben, vi prendo in parola.
 DON TRITEMIO
 Chiamerò la figliuola.
 S’ella non fosse in caso,
 del mio buon cor sarete persuaso.
 RINALDO
650Sì, chiamatela pur, contento io sono;
 se da lei sono escluso, io vi perdono.
 DON TRITEMIO
 Bravo. Un uom di ragion si loda e stima.
 S’ella non puole, amici come prima.
 
    Io son di tutti amico,
655son vostro servitor.
 Un uomo di buon cor
 conoscerete in me.
 
    La chiamo subito;
 verrà ma dubito.
660Sconvolta trovasi
 da un non so che.
 
    Farò il possibile
 pel vostro merito,
 che per i titoli,
665per i capitoli,
 anche in preterito
 famoso egli è. (Parte)
 
 SCENA VI
 
 RINALDO, poi DON TRITEMIO ed EUGENIA
 
 RINALDO
 Se da Eugenia dipende il piacer mio,
 di sua man, del suo cor certo son io.
670Veggola che ritorna
 col genitore a lato;
 della gioia vicino è il dì beato.
 DON TRITEMIO
 Eccola qui. Vedete se son io
 un galantuomo.
 RINALDO
                                Ognor tal vi credei,
675benché foste nemico ai desir miei.
 DON TRITEMIO
 Eugenia, quel signore
 ti vorrebbe in isposa; e tu che dici?
 EUGENIA
 Tra le donne felici
 la più lieta sarò, padre amoroso,
680se Rinaldo, che adoro, avrò in isposo.
 DON TRITEMIO
 Brava, figliuola mia;
 il rossor questa volta è andato via.
 RINALDO
 L’udiste? Ah non tardate (A don Tritemio)
 entrambi a consolare.
 DON TRITEMIO
                                          E pur pavento...
 RINALDO
685Ogni timor è vano.
 In faccia al genitor mi dia la mano.
 DON TRITEMIO
 La mano? In verità
 s’ha da far; s’ha da far... se si potrà.
 Dammi la destra tua. (Ad Eugenia)
 EUGENIA
                                           Eccola. (Don Tritemio le prende la mano)
 DON TRITEMIO
                                                          A voi. (Chiede la mano a Rinaldo)
690Prendetela... bel bello,
 che nel dito d’Eugenia evvi un anello.
 Ora che mi ricordo,
 Nardo con quell’anello la sposò;
 e due volte sposarla non si può.
 RINALDO
695Come!
 DON TRITEMIO
                Non è così? (Ad Eugenia)
 EUGENIA
                                       Sposa non sono.
 DON TRITEMIO
 Ma se l’anello in dono
 prendesti già delle tue nozze in segno,
 non si può, figlia mia, scioglier l’impegno.
 Voi che dite, signor? (A Rinaldo)
 RINALDO
                                         Dico che tutti,
700perfidi, m’ingannate,
 che di me vi burlate, e che son io
 bersaglio del destin barbaro e rio.
 DON TRITEMIO
 La colpa non è mia.
 EUGENIA
                                      (Tacer non posso).
 Udite; ah svelar deggio
705l’arcano onde ingannato...
 
 SCENA VII
 
 LESBINA e detti
 
 LESBINA
 Signor padron, voi siete domandato. (A don Tritemio)
 EUGENIA
 (Ci mancava costei).
 DON TRITEMIO
                                        Chi è, chi mi vuole? (A Lesbina)
 LESBINA
 Un famiglio di Nardo.
 DON TRITEMIO
 Sente, signor? Del genero un famiglio
710favellarmi desia,
 onde vossignoria,
 s’altra cosa non ha da comandare,
 per cortesia, se ne potrebbe andare.
 RINALDO
 Sì sì, me n’anderò; ma, giuro ai numi,
715vendicarmi saprò.
 EUGENIA
                                    (Destin crudele!)
 Rinaldo, questo cor...
 RINALDO
                                         Taci, infedele.
 
    Perfida figlia ingrata,
 padre spietato, indegno!
 Non so frenar lo sdegno,
720l’alma si scuote irata.
 Empio, crudele, audace!
 Pace per me non v’è.
 
    E tu che alimentasti
 sinora il foco mio,
725colla speranza, oh dio,
 così tu m’ingannasti?
 L’offeso core aspetta
 vendetta anche di te. (Parte)
 
 SCENA VIII
 
 EUGENIA, DON TRITEMIO e LESBINA
 
 LESBINA
 (Obbligata davver del complimento). (Da sé)
 DON TRITEMIO
730(Ho un tantin di paura). (Da sé)
 EUGENIA
                                                (Ahi che tormento!) (Da sé)
 DON TRITEMIO
 Orsù, signora pazza, (Ad Eugenia)
 ho capito il rossor che cosa sia.
 Quel che voglia colui vado a sentire;
 poi la discorrerem. S’ha da finire. (In atto di partire)
 LESBINA
735Sì signor; dite bene. (A don Tritemio)
 DON TRITEMIO
                                         E tu, fraschetta, (A Lesbina)
 tu alimentasti dell’amante il foco?
 Vado e ritorno; parlerem fra poco. (Parte)
 
 SCENA IX
 
 EUGENIA e LESBINA
 
 EUGENIA
 Ah Lesbina crudele!
 Solo per tua cagion sono in periglio.
 LESBINA
740Loderete nel fine il mio consiglio.
 Questa cosa finor mi pare un gioco;
 non mi perdo davver per così poco.
 EUGENIA
 Prenditi quest’anello.
 LESBINA
 Eh no, signora mia.
 EUGENIA
745Prendilo o, giuro al ciel, lo getto via.
 LESBINA
 Ma perché?
 EUGENIA
                         Fu cagione
 che Rinaldo, il mio ben, mi crede infida.
 Quest’anello omicida
 dinanzi agl’occhi miei soffrir non vuo’.
 LESBINA
750Se volete così, lo prenderò.
 Eccolo nel mio dito;
 che vi par? Mi sta bene?
 EUGENIA
 Ah tu sei la cagion delle mie pene.
 
 SCENA X
 
 DON TRITEMIO e dette
 
 DON TRITEMIO
 Oh genero garbato!
755Alla sposa ha mandato (Mostra un gioiello)
 questo ricco gioiello.
 Prendilo, Eugenia mia; guarda s’è bello.
 EUGENIA
 Non lo curo, signore...
 DON TRITEMIO
                                          Ed io comando
 che tu prender lo debba; il ricusarlo
760sarebbe una insolenza.
 EUGENIA
 Dunque lo prenderò per obbedienza. (Prende il gioiello)
 Ma... vi chiedo perdono;
 non mi piace, nol voglio, a te lo dono. (Lo dà a Lesbina)
 LESBINA
 Grazie. (Lo prende)
 DON TRITEMIO
                  Rendilo a me. (A Lesbina)
 LESBINA
                                              Signor padrone,
765sentite una parola.
 (Se la vostra figliuola (Piano a don Tritemio)
 è meco generosa,
 lo fa perché di voi mi brama sposa).
 DON TRITEMIO
 (Lo crederò?) (A Lesbina)
 LESBINA
                             Signora,
770non è ver che bramate
 che sposa io sia? Nel darmi queste gioie,
 confessatelo pur, vostro pensiero
 non è che sposa sia Lesbina?
 EUGENIA
                                                       È vero.
 DON TRITEMIO
 E tu, che dici? (A Lesbina)
 LESBINA
                              Io dico
775che se il destino amico
 seconderà il disegno,
 le gioie accetto e accetterò l’impegno. (Parte)
 
 SCENA XI
 
 EUGENIA e DON TRITEMIO
 
 DON TRITEMIO
 Dunque giacché lo sai, tel dico anch’io;
 è questi il pensier mio,
780dopo che tu sarai fatta la sposa,
 anch’io mi sposerò questa fanciulla.
 Piangi? Sospiri? E non rispondi nulla?
 Son stanco di soffrirti.
 Oggi darai la man. S’ha da finire.
785Se sei pazza, non vuo’ teco impazzire. (Parte)
 EUGENIA
 Pazza a ragion mi chiama
 il genitor crudele,
 se in faccia al mio fedele, al mio diletto,
 ho tradito l’affetto,
790per celar follemente in sen l’arcano;
 ed or mi lagno ed or sospiro invano.
 
    Misera, a tante pene
 come resisto, oh dio!
 Il crudo affanno mio
795ah tollerar non so.
 
    Dove l’amato bene,
 dove s’asconde, o cieli?
 Amor, se non lo sveli,
 più vivere non vuo’. (Parte)
 
 SCENA XII
 
 Campagna.
 
 NARDO, suonando il chitarrino e cantando, poi RINALDO
 
 NARDO
 
800   Amor, se vuoi così,
 quel che tu vuoi farò.
 Io mi accompagnerò
 in pace e sanità.
 Ma la mia libertà
805perciò non perderò.
 Penare, signor no.
 Soffrir, gridare, ohibò.
 
    Voglio cantare,
 voglio suonare,
810voglio godere
 fin che si può.
 
 RINALDO
 Galantuom, siete voi
 quello che Nardo ha nome?
 NARDO
                                                    Signorsì.
 RINALDO
 Cerco appunto di voi.
 NARDO
                                          Eccomi qui.
 RINALDO
815Ditemi; è ver che voi
 aveste la parola
 da don Tritemio per la sua figliuola?
 NARDO
 Sì signore, l’ho avuta;
 la ragazza ho veduta;
820mi piace il viso bello
 e le ho dato stamane anco l’anello.
 RINALDO
 Sapete voi qual dote
 recherà con tai nozze al suo consorte?
 NARDO
 Ancor nol so...
 RINALDO
                             Colpi, ferite e morte.
 NARDO
825Bagatelle, signor; e su qual banco
 investita sarà, padrone mio?
 RINALDO
 Sul dorso vostro e il pagator son io.
 NARDO
 Buono! Si può sapere
 almen per cortesia
830perché vossignoria
 con generosità
 allo sposo vuol far tal carità?
 RINALDO
 Perché di don Tritemio
 amo anch’io la figliuola,
835perché fu da lei stessa
 la sua fede promessa a me suo sposo,
 perché le siete voi troppo odioso.
 NARDO
 Dite davver?
 RINALDO
                           Non mentono i miei pari.
 NARDO
 E i pari miei non sanno
840per puntiglio sposare il lor malanno.
 Se la figlia vi vuol, vi prenda pure;
 se mi burla e mi sprezza, io non ci penso.
 So anch’io colla ragion vincere il senso.
 Vi ringrazio d’avermi
845avvisato per tempo;
 ve la cedo, signor, per parte mia,
 che già di donne non v’è carestia.
 RINALDO
 Ragionevole siete
 giustamente dal popolo stimato;
850filosofo chiamato con ragione,
 superando sì presto la passione.
 Voi l’avete ceduta. A don Tritemio
 la cosa narrerò tutta com’è;
 e se contrasta, avrà da far con me. (Parte)
 
 SCENA XIII
 
 NARDO, poi LESBINA
 
 NARDO
855Pazzo sarei davvero,
 se a costo di una lite,
 se a costo di temere anche la morte
 procurar mi volessi una consorte.
 Amo la vita assai;
860fuggo, se posso, i guai;
 bramo sempre la pace in casa mia;
 e non intendo altra filosofia.
 LESBINA
 Sposo, ben obbligata.
 M’avete regalata;
865anch’io, quando potrò,
 qualche cosetta vi regalerò.
 NARDO
 No no, figliuola cara,
 dispensatevi pur da tal finezza.
 Quand’ho un poco di bene, mi consolo;
870ma quel poco di ben lo voglio solo.
 LESBINA
 Che dite? Io non v’intendo.
 NARDO
                                                    Chiaramente
 dunque mi spiegherò;
 siete impegnata, il so, con altro amico
 e a me di voi non me n’importa un fico.
 LESBINA
875V’ingannate, lo giuro. E chi è codesto
 con cui da me si crede
 impegnata la fede?
 NARDO