Il mondo alla roversa o sia Le donne che comandano, libretto, Praga, 1755 (Il mondo alla roverscia o sia Le donne che comandano)

 quatro valloni,
 anno mellesimo
 una duchea.
 Milletrentesimo
475una contea.
 
    Case e casoni,
 giurisdizioni,
 frutti annuali,
 censi e cambiali.
480Sic etcaetera.
 Cum etcaetera.
 
 SCENA II
 
 DON TRITEMIO e RINALDO
 
 DON TRITEMIO
 La riverisco etcaetera.
 Vada signor notaro a farsi etcaetera.
 RINALDO
 Ei va per ordin mio
485a prender altri fogli, altri capitoli,
 per provarvi di me lo stato e i titoli.
 DON TRITEMIO
 Sì la vostra casa
 ricca, nobile, grande ognora fu.
 Credo quel che mi dite e ancora più.
 RINALDO
490Dunque de vostra figlia
 mi credete voi degno?
 DON TRITEMIO
                                           Anzi degnissimo.
 RINALDO
 Le farò contradote.
 DON TRITEMIO
                                     Obligatissimo.
 RINALDO
 Me l’accordate voi?
 DON TRITEMIO
                                      Per verità
 v’è una difficoltà.
 RINALDO
                                   Da che dipende?
 DON TRITEMIO
495Ho paura che lei...
 RINALDO
                                    Chi?
 DON TRITEMIO
                                                La figliuola...
 RINALDO
 D’Eugenia non pavento.
 DON TRITEMIO
 Quando lei possa farlo, io son contento.
 RINALDO
 Ben, vi prendo in parola.
 DON TRITEMIO
 Chiamerò la figliuola.
500S’ella non fosse in caso,
 del mio buon cor sareste persuaso.
 RINALDO
 Sì; chiamatela pur contento io sono;
 se da lei son escluso, io vi perdono.
 DON TRITEMIO
 Bravo. Un uom di ragion si loda e stima.
505S’ella non puole, amici come prima.
 
    Io son di tutti amico,
 son vostro servitor.
 Un uomo di buon cor
 conoscerete in me.
 
510   La chiamo subito;
 verrà ma dubito,
 sconvolta trovisi
 da un non so che;
 
    farò il possibile
515per vostro merito.
 Che per i titoli,
 per i capitoli
 anche in preterito
 famoso egli è.
 
 SCENA III
 
 RINALDO, poi DON TRITEMIO
 
 RINALDO
520Se da Eugenia dipende il piacer mio,
 di sua man, del suo cor certo son io.
 Veggola che ritorna.
 LESBINA
 Signor padron, voi siete domandato.
 DON TRITEMIO
 Chi è che mi vuole? (A Lesbina)
 LESBINA
525Un famiglio di Nardo.
 DON TRITEMIO
 Sente, signor? Del genero un famiglio
 favellarmi desia,
 onde vosignoria,
 s’altra cosa non ha da commandare,
530per cortesia, se ne potrebbe andare.
 RINALDO
 Sì sì, me n’anderò ma giuro ai numi,
 vendicarmi saprò.
 
    Perfida figlia ingrata,
 padre spietato indegno,
535no so frenar lo sdegno,
 l’alma si scuote irata.
 Empio, crudele, audace,
 pace per me non v’è. (Or all’una, or all’altro)
 
    E tu che alimentasti (A Lesbina)
540sinora il foco mio
 colla speranza, oh dio!
 così tu m’ingannasti?
 L’offeso cuor aspetta
 vendetta anche di te.
 
 SCENA IV
 
 DON TRITEMIO e LESBINA
 
 LESBINA
545(Obbligata davver del complimento). (Da sé)
 DON TRITEMIO
 (Ho un tantin di paura). (Da sé)
 EUGENIA
                                                (Ahi che tormento!) (Da sé)
 DON TRITEMIO
 Orsù, signora pazza,
 ho capito il rossor che cosa sia.
 Quel che voglia colui vado a sentire;
550poi la discorrerem. S’ha da finire. (In atto di partire)
 LESBINA
 Sì signor, dite bene. (A don Tritemio)
 DON TRITEMIO
                                         E tu, fraschetta, (A Lesbina)
 tu alimentasti dell’amante il foco?
 Vado e ritorno; parlerem fra poco.
 
    Una ragazza
555che non è pazza
 la sua fortuna
 sprezzar non sa.
 
    Voi lo sapete;
 voi m’intendete,
560questo mio core
 si scoprirà.
 
    Anche l’agnella,
 la tortorella
 il suo compagno
565cercando va.
 
 SCENA V
 
 Campagna.
 
 NARDO, suonando il chitarino e cantando, e poi LESBINA
 
 NARDO
 
    Amor, se vuoi così,
 quel che tu vuoi farò.
 Io mi accompagnerò
 in pace e sanità
570ma la mia libertà
 perciò non perderò.
 Penare, signor no;
 soffrir, gridare, oibò.
 
    Voglio cantare;
575voglio suonare;
 voglio godere
 fin che si può.
 
 Pazzo sarei davvero,
 se a costo d’una lite,
580se a costo di temere anche la morte
 procurar mi volessi una consorte.
 Amo la vita assai;
 fuggo, se posso, i guai;
 bramo sempre la pace in casa mia;
585e non intendo altra filosofia.
 LESBINA
 Sposo, ben obligata.
 M’avete regalata.
 Anch’io, quando potrò,
 qualche cosetta vi regalerò.
 NARDO
590No no, figliuola cara,
 dispensatevi pur da tal finezza.
 Quand’ho un poco di bene, mi consolo
 ma quel poco di ben lo voglio solo.
 LESBINA
 Che dite? Io non v’intendo.
 NARDO
                                                    Chiaramente
595dunque mi spiegherò.
 Siete impegnata, il so, con altro amico
 e a me di voi non me n’importa un fico.
 LESBINA
 V’ingannate, lo giuro; e chi è codesto
 con cui da me si crede
600impegnata la fede?
 NARDO
                                      È un forastiero
 che mi par cavaliero,
 giovane, risoluto, ardito e caldo.
 LESBINA
 (Ora intendo il mister; sarà Rinaldo).
 Credetemi, v’ingannate,
605vostra sono, il sarò, ve l’assicuro.
 A tutti i numi il giuro;
 non ho ad alcuno l’amor mio promesso;
 son ragazza e ad amar principio adesso.
 NARDO
 S’ella fosse così...
 LESBINA
                                  Così è purtroppo
610ma voi siete pentito
 d’essere mio marito,
 qualch’altra donna amate
 e per questo, crudel, mi discacciate.
 NARDO
 No, ben mio, no carina;
615siete la mia sposina; e se colui
 o s’inganna o m’inganna o fu ingannato,
 dell’inganno sarà disingannato.
 LESBINA
 Dunque mi amate?
 NARDO
                                       Sì v’amo di core.
 LESBINA
 Siete l’idolo mio.
 NARDO
                                  Siete il mio amore.
 
 SCENA VI
 
 LA LENA e detti
 
 LENA
620Signor zio, signor zio, che cosa fate?
 Lontano discacciate
 colei che d’ingannarvi ora s’impegna.
 D’essere vostra sposa non è degna.
 LESBINA
 (Qualche imbroglio novello).
 NARDO
                                                       Ha forse altrui
625data la fé di sposa?
 LENA
                                      Eh signor no.
 Quel ch’io dico lo so per cosa vera,
 ella di don Tritemio è cameriera.
 LESBINA
 (Ah maledetta!)
 NARDO
                                 È ver quel ch’ella dice? (A Lesbina)
 LESBINA
 Ah misera infelice!
630Compatite se tanto
 amor mi rese ardita.
 Finsi il grado, egli è ver, perché v’adoro.
 Per voi languisco e moro.
 Confesso il mio fallire
635ma vogl’essere vostra oppur morire.
 NARDO
 (Poverina!)
 LENA
                         Vi pare
 che convenga sposare
 a un uom come voi femina tale?
 NARDO
 Non ci vedo alcun male.
640Per me nel vostro sesso
 serva o padrona sia, tutt’è lo stesso.
 LESBINA
 Deh per pietà donate
 perdono all’error mio.
 NARDO
 Se mi amate di cor, v’adoro anch’io.
645Per me sostegno e dico,
 ed ho la mia ragione,
 che sia la condizione un accidente.
 Sposar una servente
 che cosa importa a me, se bella e buona?
650Peggio è assai s’è cattiva una padrona.
 
    Se non è nata nobile
 che cosa importa a me?
 Di donna il miglior mobile
 la civiltà non è.
655Il primo è l’onestà;
 secondo è la beltà;
 il terzo è la creanza;
 il quarto è l’abbondanza;
 il quinto è la virtù
660ma non si usa più.
 
    Servetta graziosa
 sarai la mia sposa.
 Sarai la vizzosa
 padrona di me. (Parte)
 
 SCENA VII
 
 LESBINA e LA LENA
 
 LENA
665(Mio zio, ricco sfundato
 non si può scordar che vile è nato).
 LESBINA
 Signora, mi rincresce
 ch’ella sarà nipote
 d’una senza natali e senza dote.
 LENA
670Certo che il zio poteva
 maritarsi con meglio proprietà.
 LESBINA
 Che nella nobiltà
 resti pregiudicato
 certamente è un peccato. Imparentarmi
675arrossire dovrei
 con una contadina come lei.
 LENA
 Son contadina, è vero,
 ma d’accasarmi spero
 con un uomo civil, poiché dal pari
680talor di nobilità vanno i denari.
 LESBINA
 Udita ho una novella
 d’un somar che solea
 con pelle di leone andar coperto.
 Ma poi dal suo ragghiar l’hanno scoperto,
685così voi vi coprite
 talor con i denari
 ma siete nel parlar sempre somari. (Parte)
 LENA
 Se fosse in casa mia
 questa signora zia, confesso il vero,
690non vi starei con essa un giorno intero.
 Sprezza la contadina;
 vuol far da cittadina,
 perché nata in città per accidente,
 perché bene sa far l’impertinente.
695Eppur quando ci penso,
 bella vita è la nostra ed onorata!
 Sono alla sorte ingrata
 allorché mi lamento
 d’uno stato ripien d’ogni contento.
 
700   La pastorella al prato
 col gregge se ne va,
 coll’agnelline a lato
 cantando in libertà.
 
    Se l’innocente amore
705gradisce il suo pastore,
 la bella pastorella
 contenta ognor serà.
 
 SCENA VIII
 
 LESBINA, poi NARDO con CAPOCCHIO notaro e poi TRITEMIO
 
 LESBINA
 Oh! Se sapessi il modo
 di burlar il padron, farlo vorrei.
710Tutto quel che so far, tutto farei.
 NARDO
 Lesbina, eccoci qui; se don Tritemio
 ci ha mandati a chiamar perch’io vi sposi
 lo farò volentier ma non vorrei
 che vi nascesse qualche parapiglia,
715qualche imbroglio novel tra serva e figlia.
 LESBINA
 La cosa è accommodata.
 La figliuola sposa
 sarà col cavalier che voi sapete
 ed io vostra sarò, se mi volete.
 NARDO
720Don Tritemio dov’è?
 LESBINA
                                         Verà a momenti.
 Signor notaro intanto
 prepari bello e fatto
 per un paio di nozze il suo contratto.
 CAPOCCHIO
 Come? Un contratto solo
725per doppie nozze? Oibò
 due contratti farò se piace a lei,
 che non vuo’ dimezzar gl’utili miei.
 LESBINA
 Ma facendone un solo,
 fate più presto e avrete doppia paga.
 CAPOCCHIO
730Quand’è così, questa ragion m’appaga.
 NARDO
 Mi piace questa gente,
 della ragione amica,
 ch’ama guadagno ed odia la fatica.
 LESBINA
 Presto dunque, signore,
735finché viene il padrone
 a scriver principiate.
 CAPOCCHIO
 Bene, principierò;
 ma che ho da far?
 LESBINA
                                    Scrivete, io detterò.
 CAPOCCHIO
 
    In questo giorno, etcaetera
740promettono... si sposano...
 I nomi quali sono? (A Lesbina)
 
 LESBINA
 
 I nomi sono questi...
 (Oimè vien il padron).
 
 DON TRITEMIO
 Ehi, Lesbina.
 LESBINA
                            Signore.
 DON TRITEMIO
745Eugenia non ritrovo.
 Sai tu dov’ella sia?
 LESBINA
                                     No certamente.
 DON TRITEMIO
 Tornerò a ricercarla immantinente.
 Aspettate un momento,
 signor notaro.
 LESBINA
                             Intanto
750lo faccio principiare. Io detto, ei scrive.
 DON TRITEMIO
 Benissimo.
 NARDO
                        La sposa
 non è Lesbina? (A don Tritemio)
 LESBINA
                                Certo;
 le spose sono due.
 Una Eugenia si chiama, una Lesbina.
755Con una scritturina
 due matrimoni si farano, io spero;
 non è vero, padrone?
 DON TRITEMIO
                                         È vero, è vero. (Parte)
 LESBINA
 Presto signor notar, via seguitate.
 NARDO
 Terminiamo l’affar.
 CAPOCCHIO
                                       Scrivo, dettate.
 
760   In questo giorno, etcaetera
 dell’anno mille, etcaetera
 promettono... si sposano...
 I nomi quali sono?
 
 LESBINA
 
 I nomi sono questi:
765Eugenia con Rinaldo
 dei conti di Pancaldo.
 
 NARDO
 
 Dei Trottoli Lesbina
 con Nardo Ricottina.
 
 CAPOCCHIO
 
 Promettono, si sposano...
770La dote qual sarà?
 
 LESBINA
 
    La dote della figlia
 saranno mille scudi.
 
 CAPOCCHIO
 
 Eugenia mille scudi
 pro dote cum etcaetera.
 
 NARDO
 
775La serva quanto avrà?
 
 LESBINA
 
 Scrivete; della serva
 la dote eccola qua.
 
    Due mani ben leste
 che tutto san far.
 
 NARDO
 
780Scrivete; duemilla
 si puon calcolar.
 
 LESBINA
 
    Un occhio modesto,
 un animo onesto.
 
 NARDO
 
 Scrivete; seimilla
785lo voglio apprezzar.
 
 LESBINA
 
    Scrivete; una lingua
 che sa ben parlar.
 
 NARDO
 
 Fermate; cassate.
 Tremilla per questo
790ne voglio levar.
 
 CAPOCCHIO
 
    Duemilla, seimilla,
 battuti tremilla,
 saran cinquemilla...
 ma dite di che...
 
 LESBINA, NARDO A DUE
 
795Contenti ed affetti,
 diletti per me.
 
 A TRE
 
    Ciascuno lo crede,
 ciascuno lo vede
 che dote di quella
800più bella non v’è.
 
 DON TRITEMIO
 
    Corpo di satanasso!
 Cieli, son disperato!
 Ah! M’hanno assassinato.
 Arde di sdegno il cor.
 
 LESBINA, NARDO A DUE
 
805   Il contrato è bello e fatto.
 
 CAPOCCHIO
 
 Senta, senta, mio signor.
 
 DON TRITEMIO
 
    Dove la figlia è andata?
 Dove me l’ha portata;
 empio Rinaldo, indegno,
810perfido rapitor.
 
 CAPOCCHIO
 
    Senta, senta, mio signor.
 
 DON TRITEMIO
 
 Sospendete. Non sapete?
 Me l’ha fatta il traditor.
 
 LESBINA
 
    Dov’è Eugenia?
 
 DON TRITEMIO
 
                                   Non lo so.
 
 NARDO
 
815Se n’è ita?
 
 DON TRITEMIO
 
                       Se n’andò!
 
 CAPOCCHIO
 
 Due contratti?
 
 DON TRITEMIO
 
                              Signor no.
 
 CAPOCCHIO
 
    Casso Eugenia cum etcaetera.
 Non sapendosi etcaetera
 se sia andata o no etcaetera.
 
 TUTTI
 
820Oh che caso, oh che avventura!
 Si sospenda la scrittura,
 che dopoi si finirà.
 
    Se la figlia fu involata,
 a quest’ora è maritata.
825E presente la servente,
 quest’ancor si sposerà.
 
 Fine dell’atto secondo
 
 
 ATTO TERZO
 
 SCENA PRIMA
 
 RINALDO e LENA
 
 RINALDO
 Ninfa gentile, al vostro cor son grato.
 In braccio al mio contento
 per voi andrò... (In atto di partire)
 LENA
                                Fermativi un momento.
830Se grato esser volete,
 qualche cosa potete
 fare ancora per me.
 RINALDO
                                       Che non farei
 per chi fu sì pietosa a’ desir miei?
 LENA
 Son contadina, è vero.
835Ma ho massime civili e buona dote;
 son di Nardo nipote,
 maritarmi vorrei con civiltà.
 Da voi, che siete un cavalier compito,
 secondo il genio mio spero un marito.
 RINALDO
840Ritrovar si potrà.
 LENA
                                  Ma fate presto;
 se troppo in casa resto
 col zio, che poco pensa alla nipote,
 perdo e consumo invan la miglior parte della dote.
 
    Ogn’anno passa un anno,
845l’età non torna più,
 passar la gioventù
 io non vorrei così,
 ci penso notte e dì.
 
    Vorrei un giovinetto
850civile, graziosetto,
 che non dicesse un no,
 quand’io gli chiedo un sì. (Entra nella casa sudetta)
 
 SCENA II
 
 RINALDO solo
 
 RINALDO
 Di Nardo nell’albergo,
 che fu già mio rival, ci porta il fato
855ma Nardo ho ritrovato
 meco condiscendente e non pavento;
 ed ho cuor d’incontrare ogni cimento.
 
    Donne sappienti e vaghe,
 se mai provasti amor,
860mirate le mie piaghe,
 udite il mio dolor.
 
    La bella mia Corilli
 né mesta né confusa
 la destra mia recusa
865e mi rapisce il cor.
 
    Donne siete tranquille,
 godete in libertà,
 dite alla mia Corilli
 ch’abbia di me pietà. (Entra nella casa sudetta)
 
 SCENA III
 
 DON TRITEMIO, poi NARDO
 
 DON TRITEMIO
870Oh questa sì ch’è bella,
 Nardo, a cui l’ho promessa,
 me l’ha fatta involar, per qual ragione?
 Sì sì, l’ha fatta da politicone.
 Eugenia non voleva...
875Rinaldo pretendeva...
 Ei l’ha menata via.
 Anche questa sarà filosofia.
 NARDO
 Io creppo dalle risa.
 Oh che caso ridiculo e giocondo!
880Oh che gabbia de pazzi è questo mondo!
 DON TRITEMIO
 (Eccolo qui l’amico). (Vedendo Nardo)
 NARDO
                                         (Ecco il buon padre).
 DON TRITEMIO
 Galantuomo, che fa la figlia?
 NARDO
 Bene, al comando di vossignoria.
 DON TRITEMIO
 Rapirmela mi pare
885una bella insolenza.
 NARDO
 La cosa è fatta e vi vorrà pazienza.
 DON TRITEMIO
 E lei, quella sfacciata,
 cosa dice di me?
 NARDO
                                 Non dice niente.
 DON TRITEMIO
 Non teme il padre?
 NARDO
                                      Non l’ha neanco in mente.
 DON TRITEMIO
890Basta, chi ha fatto il male
 farà la penitenza.
 Dote non ne darò certo, certissimo.
 NARDO
 Sì sì, fate benissimo.
 Stimo que’ genitori,
895cui profitan dei figli anco gli errori.
 DON TRITEMIO
 Dov’è? La vuo’ veder.
 NARDO
                                          Per ora no.
 DON TRITEMIO
 Eh lasciatemi andar...
 NARDO
                                           Ma non si può.
 DON TRITEMIO
 La volete tener sempre serrata?
 NARDO
 Sì, finch’è sposata.
 DON TRITEMIO
900Questa è una mala azion che voi mi fate.
 NARDO
 No, caro amico, non vi riscaldate.
 DON TRITEMIO
 Mi riscaldo, perché
 se l’aveva promessa,
 lo sposo aveva le ragioni sue.
 NARDO
905I sposi erano due;
 v’erano dei contrasti, onde per questo
 quel che avveva più amor fatto ha più presto.
 DON TRITEMIO
 Io l’ho promessa a voi.
 NARDO
 Ma lei voleva il suo Rinaldo amato.
 DON TRITEMIO
910Ma questo...
 NARDO
                          Orsù quello ch’è stato è stato.
 DON TRITEMIO
 È ver, non vuo’ impazzire;
 l’ho trovata alla fine e ciò mi basta.
 Doppo il fatto si loda.
 Chi l’ha avuta l’ha avuta e se la goda.
 
915   Da me non speri
 d’aver un soldo,
 se il manigoldo
 vedessi lì.
 
    Se se n’è andata,
920se si è sposata,
 da me non venga,
 non verrò qui.
 
    Chi ha avuto ha avuto;
 chi ha fatto ha fatto,
925non son sì matto,
 non vuo’ gettare,
 non vuo’ dotare
 la figlia ardita
 che se n’è ita
930da me così. (Parte)
 
 SCENA IV
 
 NARDO, poi LESBINA
 
 NARDO
 Nato son contadino,
 non ho studiato niente
 ma però colla mente
 talor filosofando a discrezione
935trovo di molte cose la ragione.
 E vedo chiaramente
 che interesse, superbia, invidia e amore
 hanno forza maggior nel nostro cuore.
 LESBINA
 Ma capperi! Si vede,
940affé, che mi volete poco bene.
 Nel giardino v’aspetto e non si viene.
 NARDO
 Un affar di premura
 m’ha tratenuto un poco.