Il mondo alla roversa o sia Le donne che comandano, libretto, Praga, 1755 (Il mondo alla roverscia o sia Le donne che comandano)

             Che ma?
 LESBINA
                                Non so dir... che cosa sia,
 con licenza, signor, voglio andar via.
 NARDO
 Fermatevi un momento.
 (Si vede dal rossor ch’è figlia buona).
 LESBINA
415(Servo me stessa e servo la padrona).
 
    Compatite, signor, s’io non so.
 Son così, non so far all’amor.
 Una cosa mi sento nel cor
 che col labbro spiegar non si può.
 
420   Miratemi qua.
 Saprete cos’è.
 Voltatevi in là,
 lontano da me.
 
    Voglio partire, mi sento languire.
425Ah! Col tempo spiegarmi saprò. (Parte)
 
 SCENA XI
 
 NARDO, poi DON TRITEMIO
 
 NARDO
 Si vede chiaramente
 che la natura in lei parla innocente.
 Finger anche potrebbe, è ver purtroppo;
 ma è un cattivo animale
430quel che senza ragion sospetta male.
 DON TRITEMIO
 Messer Nardo da bene,
 compatite se troppo trattenuto
 m’ha un domestico impaccio;
 vi saluto di core.
 NARDO
                                 Ed io vi abbraccio.
 DON TRITEMIO
435Or verrà la figliuola.
 NARDO
                                        È già venuta.
 DON TRITEMIO
 La vedeste?
 NARDO
                         Gnorsì, l’ho già veduta.
 DON TRITEMIO
 Che vi par?
 NARDO
                         Mi par bella.
 DON TRITEMIO
                                                   È un po’ ritrosa.
 NARDO
 La fanciulla va ben sia vergognosa.
 DON TRITEMIO
 Disse niente? Parlò?
 NARDO
                                        Mi disse tanto
440che sperare mi fa d’esser amato.
 DON TRITEMIO
 È vero?
 NARDO
                  È ver.
 DON TRITEMIO
                                (Oh ciel sia ringraziato). (Da sé)
 Ma perché se n’andò?
 NARDO
                                           Perché bel bello
 amor col suo martello
 il cor le inteneriva
445e ne aveva rossore.
 DON TRITEMIO
                                     E viva, e viva.
 Eugenia, dove sei? Facciamo presto;
 concludiamo l’affar.
 NARDO
                                       Per me son lesto.
 DON TRITEMIO
 Chi è quella?
 NARDO
                           È mia nipote.
 
 SCENA XII
 
 LA LENA e detti, poi LESBINA
 
 NARDO
 Che volete voi qui?
 LA LENA
                                      Con sua licenza,
450alla sposa vorrei far riverenza.
 DON TRITEMIO
 Ora la chiamerò.
 NARDO
 Concludiamo le nozze.
 DON TRITEMIO
                                           Io presto fo. (Parte)
 LA LENA
 Signor zio, com’è bella?
 NARDO
 La vedrai. È una stella.
 LA LENA
455È galante, è graziosa?
 NARDO
 È galante, è graziosa ed amorosa.
 LA LENA
 Vi vorrà ben?
 NARDO
                            Si vede
 da un certo non so che
 che l’ha la madre sua fatta per me.
460Appena ci siam visti,
 un incognito amor di simpatia
 ha messo i nostri cuori in allegria.
 
    Son pien di giubilo,
 ridente ho l’animo;
465nel sen mi palpita
 brillante il cor.
 
 LA LENA
 
    Il vostro giubilo
 nelle mie viscere
 risveglia ed agita
470novello ardor.
 
 LESBINA
 
    Sposino amabile, (Esce da una camera)
 per voi son misera,
 mi sento mordere
 dal dio d’amor.
 
 NARDO
 
475   Vieni al mio seno,
 sposina mia.
 
 LA LENA
 
 Signora zia,
 a voi m’inchino.
 
 A TRE
 
 Dolce destino,
480felice amor!
 
 LESBINA
 
    Parto, parto; il genitore.
 
 NARDO
 
 Perché partir?
 
 LESBINA
 
                              Il mio rossore
 non mi lascia restar qui. (Entra nella camera di dove è venuta)
 
 NARDO
 
    Vergognosetta
485la poveretta
 se ne fuggì.
 
 LA LENA
 
    Se fossi in lei,
 non fuggirei
 chi mi ferì.
 
 DON TRITEMIO
 
490   La ricerco e non la trovo.
 Oh che smania in sen io provo.
 Dove diavolo sarà?
 
 NARDO, LA LENA
 
 Ah ah ah. (Ridono)
 
 DON TRITEMIO
 
    L’ho cercata su e giù;
495l’ho cercata qua e là.
 
 NARDO, LA LENA
 
 Ah ah ah. (Ridono)
 
 DON TRITEMIO
 
 Voi ridete? Come va?
 
 NARDO
 
 Fin adesso è stata qua.
 
 DON TRITEMIO
 
 Dov’è andata?
 
 LA LENA
 
                             È andata là. (Accenna ov’è entrata)
 
 DON TRITEMIO
 
500Quando è là, la troverò
 e con me la condurrò. (Entra in quella camera)
 
 NARDO
 
    Superar il genitore
 potrà ben il suo rossore.
 
 LA LENA
 
 Non è tanto vergognoso
505il suo cuore con lo sposo.
 
 A DUE
 
 Si confonde nel suo petto
 il rispetto coll’amor.
 
 LESBINA
 
    Presto, presto, sposo bello,
 via porgetemi l’anello,
510che la sposa allor sarò.
 
 LA LENA
 
 Questa cosa far si può.
 
 NARDO
 
 Ecco, ecco, ve lo do. (Le dà un anello)
 
 LESBINA
 
    Torna il padre, vado via.
 
 NARDO
 
 Ma perché tal ritrosia?
 
 LESBINA
 
515Il motivo non lo so.
 
 LA LENA
 
 Dallo sposo non fuggite.
 
 LESBINA
 
 Compatite, tornerò. (Torna nella camera di prima)
 
 NARDO, LA LENA
 
    Caso raro, caso bello!
 Una sposa coll’anello
520ha rossor del genitor.
 
 DON TRITEMIO
 
    Non la trovo.
 
 NARDO, LA LENA
 
                              Ah ah ah. (Ridendo)
 
 DON TRITEMIO
 
 Voi ridete?
 
 NARDO, LA LENA
 
                        È stata qua.
 
 LA LENA
 
 Collo sposo ha favellato.
 
 NARDO
 
 E l’anello già le ha dato.
 
 DON TRITEMIO
 
525Alla figlia?...
 
 NARDO, LA LENA
 
                          Signorsì.
 
 DON TRITEMIO
 
 Alla sposa?
 
 NARDO, LA LENA
 
                        Messersì.
 
 DON TRITEMIO
 
    Quel ch’è fatto fatto sia.
 
 A TRE
 
 Stiamo dunque in allegria,
 che la sposa vergognosa
530alla fin si cangierà;
 e l’amore nel suo core
 con piacer trionferà.
 
 Fine dell’atto primo
 
 
 ATTO SECONDO
 
 SCENA PRIMA
 
 Camera di don Tritemio.
 
 EUGENIA e LESBINA
 
 LESBINA
 Venite qui signora padroncina,
 tenete questo anello;
535ponetevelo in dito.
 Fate che il genitore ve lo veda;
 lasciate che la sposa egli vi creda.
 EUGENIA
 Tu m’imbrogli Lesbina e non vorrei...
 LESBINA
 Se de’ consigli miei
540vi volete servir, per voi qui sono,
 quando no, vel protesto, io v’abbandono.
 EUGENIA
 Deh non mi abbandonare, ordina, imponi;
 senza cercar ragioni
 lo farò ciecamente;
545ti sarò, non temer, tutta obbediente.
 LESBINA
 Quest’anello tenete.
 Quel che seguì sapete;
 e quel che seguirà
 regola in avvenir ci porgerà.
 EUGENIA
550Ecco mio padre.
 LESBINA
                                 Presto;
 ponetevelo al dito.
 EUGENIA
 Una sposa son io senza marito. (Si mette l’anello)
 
 SCENA II
 
 DON TRITEMIO e dette
 
 DON TRITEMIO
 A che gioco giochiamo? (Ad Eugenia)
 Corro, ti cerco e chiamo;
555mi fuggi e non rispondi?
 Quando vengo da te, perché ti ascondi?
 EUGENIA
 Perdonate, signor...
 LESBINA
                                      La poveretta
 è un pochin ritrosetta.
 DON TRITEMIO
                                           Oh bella affé,
 si vergogna di me, poi collo sposo
560il suo cuore non è più vergognoso.
 LESBINA
 Vi stupite di ciò? Si vedon spesso
 cotali meraviglie.
 Soglion tutte le figlie,
 ch’ardono in sen d’amore,
565la modestia affettar col genitore.
 DON TRITEMIO
 Basta; veniamo al fatto. È ver ch’avesti
 dallo sposo l’anello? (Ad Eugenia)
 LESBINA
                                        Signorsì.
 DON TRITEMIO
 Parlo teco. Rispondi. (Ad Eugenia)
 EUGENIA
                                         Eccolo qui. (Mostra l’anello a don Tritemio)
 DON TRITEMIO
 Capperi! È bello assai.
570Non mi credeva mai
 che Nardo avesse di tai gioie in dito.
 Vedi se t’ho trovato un buon marito?
 EUGENIA
 (Misera me, se tal mai fosse). (Da sé)
 DON TRITEMIO
                                                         Oh via,
 codesta ritrosia scaccia dal petto;
575queste smorfie oramai mi fan dispetto.
 LESBINA
 Amabile sposina,
 mostrate la bocchina un po’ ridente.
 EUGENIA
 (Qualche volta Lesbina è impertinente). (Da sé)
 DON TRITEMIO
 È picchiato, mi par.
 LESBINA
                                       Vedrò chi sia.
580(Ei, badate non far qualche pazzia). (Piano ad Eugenia e parte)
 
 SCENA III
 
 DON TRITEMIO, EUGENIA, poi LESBINA che torna
 
 EUGENIA
 (È molto s’io resisto). (Da sé)
 DON TRITEMIO
 Affé non ho mai visto
 una donna di te più scimunita.
 Figlia che si marita
585suol esser lieta, al suo gioir condotta;
 e tu stai lì che pari una marmotta?
 EUGENIA
 Che volete ch’io dica?
 DON TRITEMIO
                                          Parla o taci,
 no me n’importa più.
 Sposati e in avvenir pensaci tu.
 LESBINA
590Signor, è un cavaliero
 col notar della villa in compagnia
 che brama riverir vossignoria.
 DON TRITEMIO
 Vengano. (Col notaro? (Da sé)
 Qualchedun che bisogno ha di denaro).
 LESBINA
595(È Rinaldo, padrona. Io vi consiglio
 d’evitar il periglio). (Piano ad Eugenia)
 EUGENIA
                                        (Andiam Lesbina). (A Lesbina)
 Con licenza. (S’inchina a don Tritemio)
 DON TRITEMIO
                          Va’ pure.
 EUGENIA
                                             (Ahi me meschina!) (Da sé e parte con Lesbina)
 
 SCENA IV
 
 DON TRITEMIO, poi RINALDO e CAPOCCHIO notaro
 
 DON TRITEMIO
 Se denaro vorrà, gliene darò,
 purché sicuro sia con fondamento
600e che almeno mi paghi il sei per cento.
 Ma che vedo! È colui
 che mi ha chiesto la figlia. Or che pretende?
 Col notaro che vuol? Che far intende?
 RINALDO
 Compatite signor...
 DON TRITEMIO
                                      La riverisco.
 RINALDO
605Compatite se ardisco
 replicarvi l’incomodo. Temendo
 che non siate di me ben persuaso
 ho condotto il notaro,
 il qual patente e chiaro
610di me vi mostrerà
 titolo, parentele e facoltà.
 DON TRITEMIO
 (È ridicolo invero).
 CAPOCCHIO
                                      Ecco, signore,
 l’istrumento rogato
 d’un ricco marchesato;
615ecco l’albero suo, da cui si vede
 che per retto cammino
 vien l’origine sua dal re Pipino.
 DON TRITEMIO
 Oh caperi! Che vedo?
 Questa è una cosa bella in verità.
620Ma della nobiltà, signor mio caro,
 come andiamo dal par con il denaro?
 RINALDO
 Mostrategli i poderi,
 mostrategli sinceri i fondamenti. (A Capocchio)
 CAPOCCHIO
 Questi sono istrumenti
625di comprede, di censi, di livelli.
 Questi sono contratti buoni e belli. (Mostrando alcuni fogli a guisa d’instrumenti antichi)
 
    Nel Quattrocento
 sei possessioni,
 nel Cinquecento
630quattro valloni.
 Anno millesimo
 una duchea.
 Milletrentesimo
 una contea,
635emit etcaetera.
 
    Case e casoni