Il mondo alla roversa o sia Le donne che comandano, libretto, Amburgo, 1754 (Il mondo alla roverscia o sia Le donne che comandano)

 Di donna il miglior mobile
965la civiltà non è.
 Il primo è l’onestà;
 secondo è la beltà;
 il terzo è la creanza;
 il quarto è l’abbondanza;
970il quinto è la virtù.
 Ma non si usa più.
 
    Serveta graziosa
 sarai la mia sposa,
 sarai la vezzosa
975padrona di me.
 
 SCENA XV
 
 LESBINA e LA LENA
 
 LA LENA
 (Mio zio, ricco sfondato,
 non si puole scordar che vile è nato).
 LESBINA
 Signora, mi rincresce
 ch’ella sarà nipote
980d’una senza natali e senza dote.
 LA LENA
 Certo che il zio poteva
 maritarsi con meglio proprietà.
 LESBINA
 Che nella nobiltà
 resti pregiudicato
985certamente è un peccato. Imparentarmi
 arrossire dovrei
 con una contadina come lei.
 LA LENA
 Son contadina, è vero,
 ma d’accasarmi spero
990con un uom civil, poiché dal pari
 talor di nobiltà vanno i denari.
 LESBINA
 Udita ho una novella
 d’un somar che solea
 con pelle di leone andar coperto
995ma poi dal suo raggiar l’hanno scoperto.
 Così voi vi coprite
 talor con i denari
 ma siete nel parlar sempre somari. (Parte)
 
 SCENA XVI
 
 LA LENA sola
 
 LA LENA
 Se fosse in casa mia
1000questa signora zia, confesso il vero,
 non vi starei con essa un giorno intero.
 Sprezza la contadina,
 vuol far da cittadina,
 perché nata in città per accidente,
1005perché bene sa far l’impertinente.
 Eppur quando ci penso,
 bella vita è la nostra ed onorata!
 Sono alla sorte ingrata,
 allorché mi lamento
1010d’uno stato ripien d’ogni contento.
 
    La pastorella al prato
 col gregge se ne va,
 coll’agnelline a lato
 cantando in libertà.
 
1015   Se l’innocente amore
 gradisce il suo pastore,
 la bella pastorella
 contenta ognor sarà. (Parte)
 
 SCENA XVII
 
 Camera in casa di don Tritemio.
 
 DON TRITEMIO e LESBINA
 
 DON TRITEMIO
 Che ardir, che petulanza?
1020Questo signor Rinaldo è un temerario.
 Gli ho detto civilmente
 ch’Eugenia è data via;
 egli viene a bravarmi in casa mia?
 LESBINA
 Povero innamorato!
1025Lo compatisco.
 DON TRITEMIO
                              Brava;
 lo compatisci?
 LESBINA
                             Anch’io
 d’amor provo il desio,
 desio però modesto;
 e se alcuni compatisco, egli è per questo.
 DON TRITEMIO
1030Ami ancor tu, Lesbina?
 LESBINA
                                             Da questi occhi
 lo potete arguire.
 DON TRITEMIO
 Ma chi.
 LESBINA
                 Basta... (Guardando pietosamente don Tritemio)
 DON TRITEMIO
                                 Ma chi?
 LESBINA
                                                  Nol posso dire. (Mostrando vergognarsi)
 DON TRITEMIO
 E t’intendo, furbetta;
 basta, Lesbina, aspetta
1035ch’Eugenia se ne vada
 a fare i fatti suoi
 ed allor penseremo anche per noi.
 LESBINA
 Per me come per lei,
 si potrebbe pensar nel tempo stesso.
 DON TRITEMIO
1040Via pensiamoci adesso.
 Quando il nodaro viene,
 ch’ho mandato a chiamar per la figliuola,
 farem due cose in una volta sola.
 LESBINA
 Ecco il notaro appunto;
1045e vi è Nardo con lui.
 DON TRITEMIO
                                       Vengono a tempo.
 Vado a prender Eugenia, in momento
 farem due matrimoni e un istrumento.
 
 SCENA XVIII
 
 LESBINA, poi NARDO e CAPOCCHIO notaro, poi DON TRITEMIO
 
 LESBINA
 Oh, se sapessi il modo
 di burlar il padron, far lo vorrei.
1050Basta, m’ingegnerò;
 tutto quel che so far, tutto farò.
 NARDO
 Lesbina eccoci qui; se don Tritemio
 ci ha mandati a chiamar perch’io vi sposi,
 lo farò volentier ma non vorrei
1055che vi nascesse qualche parapiglia,
 qualche imbroglio novel tra serva e figlia.
 LESBINA
 La cosa è accomodata.
 La figliola sposata
 sarà col cavalier che voi sapete
1060ed io vostra sarò, se mi volete.
 NARDO
 Don Tritemio dov’è?
 LESBINA
                                         Verrà a momenti.
 Signor notaro intanto
 prepari bello e fatto
 per un paio di nozze il suo contratto.
 CAPOCCHIO
1065Come? Un contratto solo
 per doppie nozze? Oibò.
 Due contratti farò, se piace a lei,
 che non vuo’ dimezzar gl’utili miei.
 LESBINA
 Ma facendone un solo
1070fate più presto e averete doppia paga.
 CAPOCCHIO
 Quand’è così, questa ragion m’appaga.
 NARDO
 Mi piace questa gente,
 della ragione amica,
 ch’ama il guadagno ed odia la fatica.
 LESBINA
1075Presto dunque, signore,
 finché viene il padrone,
 a scriver principiate.
 CAPOCCHIO
 Bene, principierò;
 ma che ho da far?
 LESBINA
                                    Scrivete, io detterò.
 CAPOCCHIO
 
1080   In questo giorno, etcaetera,
 dell’anno mille, etcaetera,
 promettono... si sposano...
 I nomi quali sono? (A Lesbina)
 
 LESBINA
 
 I nomi sono questi...
1085(Oimè viene il padron).
 
 DON TRITEMIO
 Ehi, Lesbina?
 LESBINA
                             Signore.
 DON TRITEMIO
 Eugenia non ritrovo.
 Sai tu dov’ella sia!
 LESBINA
                                    No certamente.
 DON TRITEMIO
 Tornerò a ricercarla immantinente.
1090Aspettate un momento,
 signor notaro.
 LESBINA
                             Intanto
 lo faccio principiare. Io detto, ei scrive.
 DON TRITEMIO
 Benissimo.
 NARDO
                        La sposa
 non è Lesbina? (A don Tritemio)
 LESBINA
                                Certo;
1095le spose sono due.
 Una Eugenia si chiama, una Lesbina;
 con una scritturina
 due matrimoni si faranno, io spero;
 non è vero, padrone?
 DON TRITEMIO
                                         È vero, è vero. (Parte)
 LESBINA
1100Presto signor notar, via seguitate.
 NARDO
 Terminiamo l’affar.
 CAPOCCHIO
                                       Scrivo, dettate.
 
    In questo giorno, etcaetera
 dell’anno mille, etcaetera,
 promettono... e sposano...
1105I nomi quali sono?
 
 LESBINA
 
 I nomi sono questi:
 Eugenia con Rinaldo
 dei conti di Pancaldo.
 
 NARDO
 
 Dei Trottoli Lesbina
1110con Nardo Ricottina.
 
 CAPOCCHIO
 
 Promettono... si sposano...
 La dote qual sarà?
 
 LESBINA
 
    La dote della figlia
 saranno mille scudi.
 
 CAPOCCHIO
 
1115Eugenia mille scudi
 pro dote cum etcaetera.
 
 NARDO
 
 La serva quanto avrà?
 
 LESBINA
 
 Scrivete; della serva
 la dote eccola qua;
 
1120   due mani assai leste
 che tutto san far.
 
 NARDO
 
 Scrivete; duemilla
 si può calcolar.
 
 LESBINA
 
    Un occhio modesto,
1125un animo onesto.
 
 NARDO
 
 Scrivete; seimilla
 lo voglio apprezzar.
 
 LESBINA
 
    Scrivete; una lingua
 che sa ben parlar.
 
 NARDO
 
1130Fermate; cassate.
 Tremilla per questo
 ne voglio levar.
 
 CAPOCCHIO
 
    Duemilla, seimilla,
 battuti tremilla,
1135saran cinquemilla...
 ma dite di che...
 
 LESBINA, NARDO A DUE
 
 Contenti ed affetti,
 diletti per me.
 
 A TRE
 
    Ciascuno lo crede,
1140ciascuno lo vede
 che dote di quella
 più bella non v’è.
 
 DON TRITEMIO
 
    Corpo di satanasso!
 Cieli, son disperato!
1145Ah! M’hanno assassinato.
 Arde di sdegno il cor.
 
 LESBINA, NARDO A DUE
 
    Il contratto è bello e fatto.
 
 CAPOCCHIO
 
 Senta, senta, mio signor.
 
 DON TRITEMIO
 
    Dove la figlia è andata?
1150Dove me l’han portata?
 Empio Rinaldo, indegno,
 perfido rapitor.
 
 CAPOCCHIO
 
    Senta, senta mio signor.
 
 DON TRITEMIO
 
 Sospendete, non sapete?
1155Me l’ha fatta il traditor.
 
 LESBINA
 
    Dov’è Eugenia?
 
 DON TRITEMIO
 
                                   Non lo so.
 
 NARDO
 
 Se n’è ita?
 
 DON TRITEMIO
 
                       Se n’andò.
 
 CAPOCCHIO
 
 Due contratti?
 
 DON TRITEMIO
 
                              Signor no.
 
 CAPOCCHIO
 
    Casso Eugenia cum etcaetera
1160non sapendosi etcaetera
 se sia andata o no etcaetera.
 
 TUTTI
 
    Oh che caso, o che avventura!
 Si sospenda la scrittura,
 che dopoi si finirà.
 
1165   Se la figlia fu involata,
 a quest’ora è maritata
 e presente la servente
 quest’ancor si sposerà.
 
 Fine dell’atto secondo
 
 
 ATTO TERZO
 
 SCENA PRIMA
 
 Luogo campestre con casa rustica di Nardo.
 
 EUGENIA e RINALDO
 
 EUGENIA
 Misera! A che m’indusse
1170un eccesso d’amor? Tremo, pavento.
 Parlar mi sento al cuore,
 giustamente sdegnato, il genitore.
 RINALDO
 Datevi pace; alfine
 siete con chi v’adora;
1175siete mia sposa.
 EUGENIA
                                Ah non lo sono ancora.
 RINALDO
 Venite al tetto mio; colà potrassi
 compire al rito e con gli usati modi
 celebrare i sponsali.
 EUGENIA
                                       Ove s’intese
 che onesta figlia a celebrare andasse
1180dello sposo in balia nozze furtive?
 No, non fia ver, Rinaldo;
 ponetemi in sicuro;
 salvatemi l’onore
 o pentita ritorno al genitore.
 RINALDO
1185Tutto farò, per compiacervi, o cara;
 eleggete l’albergo ove pensate
 d’essere più sicura.
 L’onor vostro mi cale, io n’avrò cura.
 
 SCENA II
 
 LA LENA di casa e detti
 
 LA LENA
 Questa, se non m’inganno,
1190di don Tritemio è la figliuola.
 EUGENIA
                                                        Dite,
 pastorella gentile, è albergo vostro
 questo di dove uscite?
 LA LENA
                                           Sì signora.
 EUGENIA
 Altri vi son?
 LA LENA
                          Per ora
 altri non v’è che io.
1195Ed un uomo da ben, qual è mio zio.
 EUGENIA
 Siete voi maritata?
 LA LENA
 Sono fanciulla ancora
 ma d’esserla son stanca.
 RINALDO
 (Sia malizia o innocenza, ella è assai franca).
 EUGENIA
1200D’una grazia pregarvi
 vorrei, se nol sdegnate.
 LA LENA
 Dite pur, comandate.
 EUGENIA
 Vorrei nel vostro tetto
 passar per un momento.
 LA LENA
1205Sola passate pur, che mi contento.
 RINALDO
 Perché sola? Son io,
 pastorella gentile, il di lei sposo.
 LA LENA
 Davvero? Compatite,
 ho ancor qualche sospetto.
1210Perché non la menate al vostro tetto?
 RINALDO
 Vi dirò...
 EUGENIA
                    Non ancora
 son contratti i sponsali.
 Correr una bugia lasciar non voglio.
 LA LENA
 Me n’avvidi che v’era un qualche imbroglio.
 EUGENIA
1215Deh per pietà vi prego...
 LA LENA
 Che sì, che al genitore
 l’avete fatta bella?
 EUGENIA
 Amabil pastorella,
 voi non sapete al core
1220quanto altero comandi il dio d’amore.
 LA LENA
 (Mi fa pietà). Sentite,
 v’offro l’albergo mio ma con un patto
 che subito sul fatto
 in mia presenza e d’altro testimonio
1225si faccia e si concluda il matrimonio.
 EUGENIA
 Sì sì, ve lo prometto.
 Andiam nel vostro tetto, se vi aggrada.
 LA LENA
 Precedetemi voi, quella è la strada.
 EUGENIA
 Andiam, Rinaldo amato,
1230l’innocente desio seconda il fatto.
 
    Che più bramar poss’io?
 Più non chiamo ingiusto amore,
 mi son dolci le sue pene,
 s’è costante il caro bene
1235nel serbarmi fedeltà. (Entra in casa di Nardo)
 
 SCENA III
 
 RINALDO e LA LENA