Il mondo alla roversa o sia Le donne che comandano, libretto, Venezia, Fenzo, 1750

 NARDO
                                  Siete il mio amore.
 LESBINA
 
890   Ah! Caro bel visetto!
 Ah! Bello quel bocchino!
 Quell’occhio graziosino
 mi piace in verità.
 
    Io sento ohimè! nel core
895un certo pizzicore
 che delirar mi fa.
 S’accosti e la manina
 mi dia con civiltà.
 Sì; lo senti, come batte;
900ticche, tocche il cor mi fa. (Parte; ma accorgendosi che vien Lena, si ferma in attenzione nel fondo della scena)
 
 SCENA XIV
 
 LA LENA e detti
 
 LA LENA
 Signor zio, signor zio, che cosa fate?
 Lontano discacciate
 colei che d’ingannarvi ora s’impegna,
 d’essere vostra sposa non è degna.
 LESBINA
905(Qualche imbroglio novello).
 NARDO
                                                       Ha forse altrui
 data la fé di sposa?
 LA LENA
                                      Eh signor no.
 Quel ch’io dico lo so per cosa vera,
 ella di don Tritemio è cameriera.
 LESBINA
 (Ah maledetta!)
 NARDO
                                 È ver quel ch’ella dice? (A Lesbina)
 LESBINA
910Ah misera infelice!
 Compatite se tanto
 amor mi rese ardita.
 Finsi il grado, egli è ver, perché v’adoro;
 per voi languisco e moro;
915confesso il mio fallire
 ma vogl’essere vostra oppur morire.
 NARDO
 (Poverina!)
 LA LENA
                         Vi pare
 che convenga sposare
 a un uomo come voi femina tale?
 NARDO
920Non ci vedo alcun male.
 Per me nel vostro sesso
 serva o padrona sia, tutt’è lo stesso.
 LESBINA
 Deh per pietà donate
 perdono all’error mio.
 NARDO
925Se mi amate di cor, v’adoro anch’io.
 Per me sostegno e dico,
 ed ho la mia ragione,
 che sia la condizione un accidente.
 Sposar una servente
930che cosa importa a me, se bella e buona?
 Peggio è assai s’è cattiva una padrona.
 
    Se non è nata nobile
 che cosa importa a me!
 Di donna il miglior mobile
935la civiltà non è.
 Il primo è l’onestà;
 secondo è la beltà;
 il terzo è la creanza;
 il quarto è l’abbondanza;
940il quinto è la virtù.
 Ma non si usa più.
 
    Servetta graziosa
 sarai la mia sposa,
 sarai la vezzosa
945padrona di me.
 
 SCENA XV
 
 LESBINA e LA LENA
 
 LA LENA
 (Mio zio, ricco sfondato,
 non si puole scordar che vile è nato).
 LESBINA
 Signora, mi rincresce
 ch’ella sarà nipote
950d’una senza natali e senza dote.
 LA LENA
 Certo che il zio poteva
 maritarsi con meglio proprietà.
 LESBINA
 Che nella nobiltà
 resti pregiudicato
955certamente è un peccato. Imparentarmi
 arrossire dovrei
 con una contadina come lei.
 LA LENA
 Son contadina, è vero,
 ma d’accasarmi spero
960con un uomo civil, poiché dal pari
 talor di nobiltà vanno i denari.
 LESBINA
 Udita ho una novella
 d’un somar che solea
 con pelle di leone andar coperto
965ma poi dal suo raghiar l’hanno scoperto.
 Così voi vi coprite
 talor con i denari
 ma siete nel parlar sempre somari. (Parte)
 
 SCENA XVI
 
 LA LENA sola
 
 LA LENA
 Se fosse in casa mia
970questa signora zia, confesso il vero,
 non vi starei con essa un giorno intero.
 Sprezza la contadina,
 perché nata in città per accidente,
 perché bene sa far l’impertinente.
975Eppur quando ci penso,
 bella vita è la nostra ed onorata.
 Sono alla sorte ingrata,
 allorché mi lamento
 d’uno stato ripien d’ogni contento.
 
980   Qui si fa quello che piace
 e si vive meglio assai,
 nulla turba mai la pace,
 ogni cosa dà piacer.
 
    Niun sa farmi il bell’umore,
985«Padroncina» ognun mi dice
 «siam qui pronti al suo voler».
 Se poi sposami un signore,
 già quest’isola felice
 sarà tutta in mio poter.
 
990   Che bel successo
 sarà mai questo.
 Io come un cavolo
 quasi men resto
 solo a pensare,
995immaginare
 qual festa e giubilo
 dovrò goder.
 
 SCENA XVII
 
 Camera, in casa di don Tritemio.
 
 DON TRITEMIO e LESBINA
 
 DON TRITEMIO
 Che ardir, che petulanza?
 Questo signor Rinaldo è un temerario.
1000Gli ho detto civilmente
 ch’Eugenia è data via;
 egli viene a bravarmi in casa mia?
 LESBINA
 Povero innamorato!
 Lo compatisco.
 DON TRITEMIO
                              Brava!
1005Lo compatisci?
 LESBINA
                               Anch’io
 d’amor provo il desio,
 desio però modesto
 e se altrui compatisco, egli è per questo.
 DON TRITEMIO
 Ami ancor tu, Lesbina?
 LESBINA
                                             Da questi occhi
1010lo potete arguire.
 DON TRITEMIO
 Ma chi?
 LESBINA
                  Basta... (Guardando pietosamente don Tritemio)
 DON TRITEMIO
                                  Ma chi? (Amoroso)
 LESBINA
                                                   Nol posso dire. (Mostrando vergognarsi)
 DON TRITEMIO
 Eh t’intendo, furbetta;
 basta Lesbina, aspetta
 ch’Eugenia se ne vada
1015a fare i fatti suoi
 ed allor pensaremo anche per noi.
 LESBINA
 Per me, come per lei,
 si potrebbe pensar nel tempo stesso.
 DON TRITEMIO
 Via, pensiamoci adesso.
1020Quando il notaro viene,
 ch’ho mandato a chiamar per la figliuola,
 farem due cose in una volta sola.
 LESBINA
 Ecco il notaro appunto;
 e vi è Nardo con lui.
 DON TRITEMIO
                                       Vengono a tempo.
1025Vado a prender Eugenia e in un momento
 farem due matrimoni e un istrumento. (Parte)
 
 SCENA XVIII
 
 LESBINA e poi NARDO e CAPOCCHIO notaro, poi DON TRITEMIO
 
 LESBINA
 Oh se sapessi il modo
 di burlar il padron, far lo vorrei;
 basta; m’ingegnerò;
1030tutto quel che so far, tutto farò.
 NARDO
 Lesbina, eccoci qui; se don Tritemio
 ci ha mandati a chiamar perch’io vi sposi
 lo farò volontier ma non vorrei
 che vi nascesse qualche parapiglia,
1035qualche imbroglio novel tra serva e figlia.
 LESBINA
 La cosa è accomodata.
 La figliuola sposata
 sarà col cavalier che voi sapete
 ed io vostra sarò, se mi volete.
 NARDO
1040Don Tritemio dov’è?
 LESBINA
                                         Verrà a momenti.
 Signor notaro intanto
 prepari bello e fatto
 per un paio di nozze il suo contratto.
 CAPOCCHIO
 Come? Un contratto solo
1045per doppie nozze? Oibò.
 Due contratti farò se piace a lei,
 che non vuo’ dimezzar gli utili miei.
 LESBINA
 Ma facendone un solo
 fate più presto e avrete doppia paga.
 CAPOCCHIO
1050Quand’è così, questa ragion m’appaga.
 NARDO
 Mi piace questa gente,
 della ragion amica,
 ch’ama il guadagno ed odia la fatica.
 LESBINA
 Presto dunque, signore,
1055finché viene il padrone
 a scriver principiate.
 CAPOCCHIO
 Bene, principierò;
 ma che ho da far?
 LESBINA
                                    Scrivete, io detterò.
 CAPOCCHIO
 
    In questo giorno, etcaetera
1060dell’anno mille, etcaetera
 promettono... si sposano...
 I nomi quali sono? (A Lesbina)
 
 LESBINA
 
 I nomi sono questi...
 (Oimè vien il padron).
 
 DON TRITEMIO
1065Ehi Lesbina.
 LESBINA
                           Signore.
 DON TRITEMIO
 Eugenia non ritrovo.
 Sai tu dov’ella sia?
 LESBINA
                                     No certamente.
 DON TRITEMIO
 Tornerò a ricercarla immantinente.
 Aspettate un momento,
1070signor notaro.
 LESBINA
                             Intanto
 lo faccio principiare. Io detto, ei scrive.
 DON TRITEMIO
 Benissimo.
 NARDO
                        La sposa
 non è Lesbina? (A don Tritemio)
 LESBINA
                                Certo;
 le spose sono due.
1075Una Eugenia si chiama, una Lesbina.
 Con una scritturina
 due matrimoni si faranno, io spero;
 non è vero padrone?
 DON TRITEMIO
                                        È vero, è vero. (Parte)
 LESBINA
 Presto, signor notar, via seguitate.
 NARDO
1080Terminiamo l’affar.
 CAPOCCHIO
                                       Scrivo, dettate.
 
    In questo giorno, etcaetera
 dell’anno mille, etcaetera
 promettono... si sposano...
 I nomi quali sono?
 
 LESBINA
 
1085I nomi sono questi:
 Eugenia con Rinaldo
 dei conti di Pancaldo.
 
 NARDO
 
 Dei Trottoli Lesbina
 con Nardo Ricottina.
 
 CAPOCCHIO
 
1090Promettono... si sposano...
 La dote qual sarà?
 
 LESBINA
 
    La dote della figlia
 saranno mille scudi.
 
 CAPOCCHIO
 
 Eugenia mille scudi
1095pro dote cum etcaetera.
 
 NARDO
 
 La serva quanto avrà?
 
 LESBINA
 
 Scrivete; della serva
 la dote eccola qua.
 
    Due mani assai leste
1100che tutto san far.
 
 NARDO
 
 Scrivete; duemilla
 si puon calcolar.
 
 LESBINA
 
    Un occhio modesto,
 un animo onesto.
 
 NARDO
 
1105Scrivete; seimilla
 lo voglio apprezzar.
 
 LESBINA
 
    Scrivete; una lingua
 che sa ben parlar.
 
 NARDO
 
 Fermate; cassate.
1110Tremilla per questo
 ne voglio levar.
 
 CAPOCCHIO
 
    Duemilla, seimilla,
 battuti tremilla,
 saran cinquemilla...
1115ma dite di che...
 
 LESBINA, NARDO A DUE
 
 Contenti ed affetti,
 diletti per me.
 
 A TRE
 
    Ciascuno lo crede,
 ciascuno lo vede
1120che dote di quella
 più bella non v’è.
 
 DON TRITEMIO
 
    Corpo di satanasso;
 cieli, son disperato!
 Ah! M’hanno assassinato.
1125Arde di sdegno il cor.
 
 LESBINA, NARDO A DUE
 
    Il contratto è bello e fatto.
 
 CAPOCCHIO
 
 Senta, senta, mio signor.
 
 DON TRITEMIO
 
    Dove la figlia è andata?
 Dove me l’han portata?
1130Empio, Rinaldo indegno,
 perfido rapitor.
 
 CAPOCCHIO
 
    Senta, senta, mio signor.
 
 DON TRITEMIO
 
 Sospendete. Non sapete?
 Me l’han fatta i traditor.
 
 LESBINA
 
1135   Dov’è Eugenia?
 
 DON TRITEMIO
 
                                   Non lo so.
 
 NARDO
 
 Se n’è ita?
 
 DON TRITEMIO
 
                       Se n’andò!
 
 CAPOCCHIO
 
 Due contratti?
 
 DON TRITEMIO
 
                              Signor no.
 
 CAPOCCHIO
 
    Casso Eugenia cum etcaetera
 non sapendosi etcaetera
1140se sia andata o no etcaetera.
 
 TUTTI
 
    Oh che caso, oh che avventura!
 Si sospenda la scrittura,
 che doppoi si finirà.
 
    Se la figlia fu involata,
1145a quest’ora è maritata.
 E presente la servente,
 quest’ancor si sposerà.
 
 Fine dell’atto secondo
 
 
 ATTO TERZO
 
 SCENA PRIMA
 
 Luogo campestre con casa rustica di Nardo.
 
 EUGENIA e RINALDO
 
 EUGENIA
 Misera! A che m’indusse
 un eccesso d’amor? Tremo, pavento.
1150Parlar mi sento al core,
 giustamente sdegnato, il genitore.
 RINALDO
 Datevi pace; alfine
 siete con chi v’adora;
 siete mia sposa.
 EUGENIA
                                Ah non lo son ancora.
 RINALDO
1155Venite al tetto mio; colà potrassi
 compire al rito e con gli usati modi
 celebrare i sponsali.
 EUGENIA
                                       Ove s’intese
 che onesta figlia a celebrare andasse
 dello sposo in balia nozze furtive?
1160No, non fia ver, Rinaldo;
 ponetemi in sicuro;
 salvatemi l’onore
 o pentita ritorno al genitore.
 RINALDO
 Tutto farò per compiacervi, o cara;
1165elegete l’albergo ove pensate
 d’esser più sicura,
 l’onor vostro mi cale, io n’avrò cura.
 
 SCENA II
 
 LA LENA di casa e detti
 
 LA LENA
 Questa, se non m’inganno,
 di don Tritemio è la figliuola.
 EUGENIA
                                                        Dite,
1170pastorella gentile, è albergo vostro
 questo di dove uscite?
 LA LENA
                                           Sì signora.
 EUGENIA
 Altri vi son?
 LA LENA
                          Per ora
 altri non v’è che io
 ed un uomo da ben, qual è mio zio.
 EUGENIA
1175Siete voi maritata?
 LA LENA
 Son fanciulla ancora.
 Ma d’esserla son stanca.
 RINALDO
 (Sia malizia o innocenza, ella è assai franca).
 EUGENIA
 D’una grazia pregarvi
1180vorrei, se nol sdegnate.
 LA LENA
 Dite pur, comandate.
 EUGENIA
 Vorrei nel vostro tetto
 passar per un momento.
 LA LENA
 Sola passate pur, che mi contento.
 RINALDO
1185Perché sola? Son io,
 pastorella gentile, il di lei sposo.
 LA LENA
 Davvero? Compatite,
 ho ancor qualche sospetto.
 Perché non la menate al vostro tetto?
 RINALDO
1190Vi dirò...
 EUGENIA
                    Non ancora
 son contratti i sponsali.
 Correr una bugia lasciar non voglio.
 LA LENA
 Me n’avvidi che v’era un qualche imbroglio.
 EUGENIA
 Deh per pietà vi prego...
 LA LENA
1195Che sì, che al genitore
 l’avete fatta bella?
 EUGENIA
 Amabil pastorella,
 voi non sapete al core
 quanto altero comandi il dio d’amore.
 LA LENA
1200(Mi fa pietà). Sentite,
 v’offro l’albergo mio ma con un patto
 che subito sul fatto
 in mia presenza e d’altro testimonio
 si faccia e si concluda il matrimonio.
 EUGENIA
1205Sì sì, ve lo prometto.
 Andiam nel vostro tetto, se vi aggrada.
 LA LENA
 Precedetemi voi, quella è la strada.
 EUGENIA
 Andiam, Rinaldo amato;
 l’innocente desio seconda il fato.
 
1210   Amore tiranno
 deh lasciami in pace;
 già sento l’affanno
 che nacque nel cor. (Entra in casa di Nardo)
 
 SCENA III
 
 RINALDO e LA LENA
 
 RINALDO
 Ninfa gentile, al vostro cor son grato.
1215In braccio al mio contento
 per voi andrò... (In atto di partire)
 LA LENA
                                Fermatevi un momento.
 Se grato esser volete,
 qualche cosa potete
 fare ancora per me.
 RINALDO
                                       Che non farei
1220per chi fu sì pietosa a’ desir miei?
 LA LENA
 Son contadina, è vero,
 ma ho massime civili e buona dote;
 son di Nardo nipote,
 maritarmi vorrei con civiltà.
1225Da voi, che siete un cavalier compito,
 secondo il genio mio spero un marito.
 RINALDO
 Ritrovar si potrà.
 LA LENA
                                  Ma fate presto;
 se troppo in casa resto
 col zio, che poco pensa alla nipote,
1230perdo e consumo invan la miglior dote.
 
    Son villanella
 ma non son sciocca;
 e a me pur tocca,
 sebben zitella,
1235la mia ragione
 di sostentar.
 
    So il conto mio
 e ancor col zio
 avrei lo stomaco
1240di contrastar.
 
 SCENA IV
 
 RINALDO solo
 
 RINALDO
 Di Nardo nell’albergo,
 che fu già mio rival, ci porta il fato.
 Ma Nardo ho ritrovato
 meco condiscendente e non pavento;
1245ed ho cuor d’incontrare ogni cimento.
 
    Guerrier, che valoroso
 nell’assalir si veda,
 quand’ha in poter la preda
 perderla non saprà. (Entra nella casa suddetta)
 
 SCENA V
 
 DON TRITEMIO e LA LENA
 
 DON TRITEMIO
1250Figlia, figlia sgraziata,
 dove sei? Non ti trovo; ah se Rinaldo
 mi capita alle mani
 lo vuo’ sbranar, come fa l’orso i cani.
 Invan l’ho ricercato al proprio albergo;
1255sa il cielo se il briccon se l’ha nascosta
 o se via l’ha menata per la posta.
 Son fuor di me; son pieno
 di rabbia e di veleno.
 Se li trovassi, li farei pentire.
1260Li vuo’ trovar, se credo di morire.
 LA LENA
 Signor, che cosa avete
 che sulle furie siete?
 Fin là dentro ho sentito
 che siete malamente inviperito.
 DON TRITEMIO
1265Ah! Son assassinato.
 M’han la figlia involato;
 non la trovo, non so dov’ella sia.
 LA LENA
 E non vi è altro?
 DON TRITEMIO
                                 Una minchioneria!
 LA LENA
 Eugenia vostra figlia
1270è in sicuro, signor, ve lo prometto,
 è collo sposo suo nel nostro tetto.
 DON TRITEMIO
 Là dentro?
 LA LENA
                       Signorsì.
 DON TRITEMIO
 Collo sposo!
 LA LENA
                         Con lui.
 DON TRITEMIO
                                          Ma Nardo dunque...
 LA LENA
 Nardo, mio zio, l’ha a caro.
1275Per ordin suo vo a prender il notaro. (Parte)
 
 SCENA VI
 
 DON TRITEMIO, poi NARDO
 
 DON TRITEMIO
 Oh questa sì ch’è bella,
 Nardo, a cui l’ho promessa,
 me l’ha fatta involar? Per qual ragione.
 Sì sì, l’ha fatta da politicone.
1280Eugenia non voleva...
 Rinaldo pretendeva...
 Ei l’ha menata via.
 Anche questa sarà filosofia.
 NARDO
 Io creppo dalle risa.
1285Oh che caso ridicolo e giocondo!
 Or che gabbia de pazzi è questo mondo!
 DON TRITEMIO
 (Eccolo qui l’amico). (Vedendo Nardo)
 NARDO
                                         (Ecco il buon padre).
 DON TRITEMIO
 Galantuomo, che fa la figlia mia.
 NARDO
 Bene, al comando di vossignoria.
 DON TRITEMIO
1290Rapirmela mi pare
 una bella insolenza.
 NARDO
 La cosa è fatta e vi vorrà pazienza.
 DON TRITEMIO
 E lei, quella sfacciata,
 cosa dice di me?
 NARDO
                                 Non dice niente.
 DON TRITEMIO
1295Non teme il padre?
 NARDO
                                      Non l’ha neanco in mente.
 DON TRITEMIO
 Basta, chi ha fatto il male
 farà la penitenza.
 Dote non ne darò certo, certissimo.
 NARDO
 Sì sì, fate benissimo.
1300Stimo que’ genitori,
 cui profittan dei figli anco gli errori.
 DON TRITEMIO
 Dov’è? La vuo’ veder.
 NARDO
                                          Per ora no.
 DON TRITEMIO
 Eh lasciatemi andar...
 NARDO
                                           Ma non si può.
 DON TRITEMIO
 La volete tener sempre serrata?
 NARDO
1305Sì, finch’è sposata.
 DON TRITEMIO
 Questa è una mala azion che voi mi fate.
 NARDO
 No, caro amico, non vi riscaldate.
 DON TRITEMIO
 Mi riscaldo, perché
 si poteva con me meglio trattare.
1310Se l’avevo promessa,
 lo sposo aveva le ragioni sue.
 NARDO
 I sposi erano due;
 v’erano dei contrasti, onde per questo
 quel che aveva più amor fatto ha più presto.
 DON TRITEMIO
1315Io l’ho promessa a voi.
 NARDO
 Ma lei voleva il suo Rinaldo amato.
 DON TRITEMIO
 Ma questo...
 NARDO
                          Orsù quello ch’è stato è stato.
 DON TRITEMIO
 È ver; non vuo’ impazzire.
 L’ho trovata alla fine e ciò mi basta.
1320Dopo il fatto si loda.
 Chi l’ha avuta l’ha avuta e se la goda.
 
    Sento già in mezzo al core
 la fucina di Vulcano.
 Stenda pure a me la mano,
1325senta senta che rumore;
 i martelli ben rotati
 sopra i fulmini infocati
 fanno il tippe tuppe ta. (Parte)
 
 SCENA VII
 
 NARDO, poi LA LENA e CAPOCCHIO notaro
 
 NARDO
 A Rinaldo per ora
1330basterà la consorte;
 poi dopo la sua morte il padre avaro
 a suo dispetto lascierà il denaro.
 LA LENA
 Venite a stipulare
 delle nozze il contratto. (A Capocchio)
 CAPOCCHIO
1335Eccolo qui, l’avevo mezzo fatto.
 NARDO
 Andate in casa mia,
 l’opera terminate.
 L’ordine seguitate
 dei due sponsali in un contratto espressi
1340colle stesse notizie e i nomi stessi.
 CAPOCCHIO
 Sì signor, si farà.
 Ma poi chi pagherà?
 NARDO
                                        Bella domanda!
 Pagherà chi è servito e chi comanda.
 LA LENA
 Sentite, se si fanno
1345scritture in casa mia,
 voglio la senseria.
 CAPOCCHIO
                                   Come?
 LA LENA
                                                   Dirò,
 se mi mariterò,
 come spero di farlo prestamente,
 la scrittura m’avete a far per niente. (Entra in casa)
 
 SCENA VIII
 
 NARDO e CAPOCCHIO
 
 CAPOCCHIO
1350Vostra nipote è avara, come va.
 NARDO
 Credetemi lo fa senza malizia,
 delle donne un costume è l’avarizia.
 CAPOCCHIO
 Son lente nello spendere,
 egli è vero, ma son leste nel prendere.
 
1355   Voi che filosofo
 chiamato siete,
 dirmi saprete
 come si dia
 di simpatia
1360forza e virtù.
 
    La calamita
 tira l’acciaro.
 Tira l’avaro
 l’oro ancor più. (Entra in casa)
 
 SCENA IX
 
 NARDO e poi LESBINA
 
 NARDO
1365Nato son contadino,
 non ho studiato niente
 ma però colla mente
 talor filosofando a discrezione
 trovo di molte cose la ragione
1370e vedo chiaramente
 che interesse, superbia, invidia e amore
 hanno la fonte lor nel nostro core.
 LESBINA
 Ma capperi si vede,
 affé, che mi volete poco bene.
1375Nel giardino v’aspetto e non si viene.
 NARDO
 Un affar di premura
 m’ha trattenuto un poco.
 Concludiam, se volete, in questo loco.
 LESBINA
 Il notaro dov’è?
 NARDO
                                Là dentro. Ei scrive
1380il solito contratto
 e si faranno i due sponsali a un tratto.
 LESBINA
 Ma se Eugenia fuggì...
 NARDO
                                           Fu ritrovata.
 Là dentro è ricovrata
 e si fa con Rinaldo l’istrumento.
 LESBINA
1385Don Tritemio che dice?
 NARDO
                                              Egli è contento.
 LESBINA
 Dunque quand’è così, facciamo presto.
 Andiam, caro sposino.
 NARDO
 Aspettate, Lesbina, anche un pocchino.
 LESBINA
 (Non vorrei che venisse...)
 NARDO
                                                   A me badate;
1390prima che mia voi siate,
 a voi vuo’ render note
 alcune condizion sopra la dote.
 LESBINA
 Qual dote dar vi possa
 voi l’intendeste già.
1395Affetto ed onestà,
 modesta ritrosia
 ed un poco di buona ecconomia.
 NARDO
 Così mi basta e appunto
 di questo capital, che apprezzo molto,
1400intendo ragionar.
 LESBINA
                                   Dunque vi ascolto.
 NARDO
 In primis che l’affetto
 non sia troppo né poco,
 perché il poco non basta e il troppo annoia
 e la mediocrità sempr’è una gioia.
 LESBINA
1405Com’ho da regolarmi,
 per star lontana dagli estremi?
 NARDO
                                                          Udite,
 per fuggir ogni lite,
 siate amorosa, se il marito è in vena,
 non lo state a seccar, se ha qualche pena.
 LESBINA
1410Così farò.
 NARDO
                     Sul punto
 della bella onestà
 non v’è mediocrità. Sia bella o brutta,
 la sposa d’un sol uom dev’esser tutta.
 Circa l’economia potrete qui
1415regolarvi così:
 del marito il voler seguite ognora
 e non far la padrona e la dottora.
 LESBINA
 Così farò, son della pace amica;
 obbedirvi sarà minor fatica.
 NARDO
1420Or mi sovvien che un altro capitale
 m’offriste di lingua.
 LESBINA
                                       È ver.
 NARDO
                                                     Se questo
 mi riuscirà molesto,
 in un più necessario il cambierò.
 LESBINA
 Ho inteso il genio vostro.
1425Non vi sarà pericolo
 che vi voglia spiacer neanche in un piccolo.
 NARDO
 Quand’è così, mia cara,
 porgetemi la mano.
 LESBINA
                                       Eccola pronta.
 NARDO
 Del nostro matrimonio
1430invochiamo Cupido in testimonio.
 LESBINA
 
    Lieti canori augelli
 che tenerelli amate,
 deh testimon voi siate
 del mio sincero amor.
 
 NARDO
 
1435   Alberi, piante e fiori
 i vostri ardori ascosi
 insegnino a due sposi
 il naturale amor.
 
 LESBINA
 
    Par che l’augel risponda: