Il mondo alla roversa o sia Le donne che comandano, libretto, Venezia, Fenzo, 1750

1440«Ama lo sposo ognor».
 
 NARDO
 
    Dice la terra e l’onda:
 «Ama lo sposo ancor».
 
 LESBINA
 
    La rondinella
 vezzosa e bella
1445solo il compagno
 cercando va.
 
 NARDO
 
    L’olmo e la vite,
 due piante unite
 ai sposi insegnano
1450la fedeltà.
 
 LESBINA
 
    Io son la rondinella
 ed il rondon tu sei.
 
 NARDO
 
 Tu sei la vite bella,
 io l’olmo esser vorrei.
 
 LESBINA
 
1455   Rondone fido
 esci dal nido,
 vieni, t’aspetto.
 
 NARDO
 
 Meco t’allaccia,
 vite amorosa,
1460diletta sposa.
 
 A DUE
 
    Soave amore,
 felice ardore,
 alma del mondo,
 vita del cor.
 
1465   No, non si trova,
 no non si prova
 più bella unione
 del nostro amor. (Partono ed entrano in casa)
 
 SCENA X
 
 DON TRITEMIO
 
 DON TRITEMIO
 Diammine! Che ho sentito?
1470Di Lesbina il marito
 pare che Nardo sia.
 Che la filosofia
 colle ragioni sue
 accordasse ad un uom sposarne due?
1475Quel che pensar non so;
 all’uscio picchierò. Verranno fuori;
 scoprirò i tradimenti e i traditori.
 
 SCENA ULTIMA
 
 LA LENA e detto
 
 LA LENA
 Chi è qui?
 DON TRITEMIO
                       Ditemi presto,
 cosa si fa là dentro?
 LA LENA
1480Finito è l’istrumento;
 si fan due matrimoni.
 Tra gl’altri testimoni,
 che sono cinque o sei,
 se comanda venir, sarà anco lei.
 DON TRITEMIO
1485Questi sposi quai son?
 LA LENA
                                            La vostra figlia
 col cavalier Rinaldo.
 DON TRITEMIO
 Cospetto! Mi vien caldo.
 LA LENA
 E l’altro, padron mio,
 è la vostra Lesbina con mio zio.
 DON TRITEMIO
1490Come? Lesbina? Oimè; no, non lo credo.
 LA LENA
 Eccoli tutti quattro.
 DON TRITEMIO
                                      Ahi! Cosa vedo?
 EUGENIA
 
    Ah, genitor perdono...
 
 RINALDO
 
 Suocero, per pietà...
 
 LESBINA
 
    Sposa, signor, io sono.
 
 NARDO
 
1495Quest’è la verità.
 
 DON TRITEMIO
 
    Perfidi scellerati,
 vi siete accomodati?
 Senza la figlia mesto,
 senza la sposa resto.
1500Che bella carità!
 
 LA LENA
 
    Quando di star vi preme
 con una sposa insieme,
 ecco per voi son qua.
 
 DON TRITEMIO
 
    Per far dispetto a lei,
1505per disperar colei,
 Lena mi sposerà.
 
 TUTTI
 
    Sia per diletto,
 sia per dispetto,
 amore al core
1510piacer darà.
 
 
 Il fine
 
 
 IL FILOSOFO DI CAMPAGNA
 
 
    Drama giocoso per musica da rappresentarsi nel teatro della molto illustre città di Barcellona nel 1770, dedicato al publico.
   Barcellona, per Francesco Generas, si vendono nella medesima casa.
 
 
 PERSONAGGI
 
 PARTI SERIE
 
 EUGENIA figlia di don Tritemio, amante di
 (la signora Madalena Feraglioni Diacine)
 RINALDO gentiluomo
 (il signor Francesco Bozzi)
 
 PARTI BUFFE
 
 LESBINA cameriera in casa di don Tritemio
 (la signora Anna De Paoli Bresciani)
 LENA nipote di
 (la signora Emilia Lucchi)
 NARDO ricco contadino detto il Filosofo
 (il signor Ludovico Felloni)
 DON TRITEMIO cittadino abitante in villa
 (il signor Constantino Bocucci)
 CAPOCCHIO notaro della villa
 (il signor Luiggi Pagnanelli)
 
    Li balli sono d’invenzione e direzzione del signor Mauro Zaccarini, eseguiti dai seguenti: il signor Filippo Chiari, la signora Anna Focher Beluzzi, li signori Mauro e Teresa Zaccarini, signor Antonio Maioli, signora Anna Roversi, signor Marco Tortori, signora Angiola De L’Ara, signor Nicola Marchi, signora Giovanna Agostini.
 
 
 ATTO PRIMO
 
 SCENA PRIMA
 
 Giardino in casa di don Tritemio.
 
 EUGENIA e LESBINA
 
 EUGENIA
 
    Candidetto gelsomino
 che sei vago in sul mattino,
 perderai, vicino a sera,
 la primiera tua beltà.
 
 LESBINA
 
5   Vaga rosa, onor de’ fiori,
 fresca piaci ed innamori
 ma vicino è il tuo flagello
 e il tuo bello sparirà.
 
 A DUE
 
    Tal di donna la bellezza
10più ch’è fresca, più s’apprezza,
 s’abbandona allorché perde
 il bel verde dell’età.
 
 EUGENIA
 Basta, basta, non più.
 Che codesta canzon, Lesbina mia,
15troppo mi desta in sen malinconia.
 LESBINA
 Anzi cantarla spesso,
 padrona, io vi consiglio,
 per sfugir della rosa il rio periglio.
 EUGENIA
 Ah! Che sotto d’un padre
20asprissimo e severo
 far buon uso non spero
 di questa età che della donna è il fiore;
 troppo, troppo nemico ho il genitore.
 LESBINA
 Pur delle vostre nozze
25lo intesi ragionar.
 EUGENIA
                                   Nozze infelici
 sarebbero al cuor mio le divisate
 dall’avarizia sua. Dell’uomo vile,
 che Nardo ha nome, ei mi vorria consorte,
 l’abborisco e mi scelgo anzi la morte.
 LESBINA
30Non così parlareste,
 s’ei proponesse al vostro cor Rinaldo.
 EUGENIA
 Lesbina... Oimè...
 LESBINA
                                   V’ho fatto venir caldo?
 Vi compatisco; un cavalier gentile,
 in tutto a voi simile,
35nell’età, nel costume e nell’amore,
 far potrebbe felice il vostro cuore.
 EUGENIA
 Ma il genitor mi nega...
 LESBINA
 Si supplica, si prega,
 si sospira, si piange e se non basta
40si fa un po’ la sdegnosa e si contrasta!
 EUGENIA
 Ah mi manca il coraggio.
 LESBINA
                                                Io v’offerisco
 quel che so, quel che posso. È ver che sono
 in una età da comprometter molto;
 e posso, se m’impegno,
45far valere per voi l’arte e l’ingegno.
 EUGENIA
 Cara, di te mi fido. Amor, pietade
 per la padrona tua serba nel seno.
 Se non felice appieno,
 almen fa’ ch’io non sia sì sventurata.
 LESBINA
50Meglio sola che male accompagnata.
 Cosa volete dir? Sì sì v’intendo.
 EUGENIA
 Dunque da te qualche soccorso attendo. (Parte)
 
 SCENA II
 
 LESBINA e poi DON TRITEMIO
 
 LESBINA
 Povera padroncina!
 Affé la compatisco,
55questa anch’io la capisco,
 insegna la prudenza,
 se non s’ha quel che piace, è meglio senza.
 DON TRITEMIO
 Che si fa signorina?
 LESBINA
 Un po’ d’insalatina
60raccogliere volea per disinare.
 DON TRITEMIO
 Poco fa ti sentii canterellare.
 LESBINA
 È ver; colla padrona
 mi divertiva un poco.
 DON TRITEMIO
                                          E mi figuro
 che cantate s’avranno
65canzonette d’amor.
 LESBINA
                                      Eh no, signore.
 Di questo e quel fiore,
 di questo e quel frutto
 si cantavan le lodi.
 DON TRITEMIO
                                     Il crederò?
 LESBINA
 Le volete sentir?
 DON TRITEMIO
                                 Le sentirò.
 LESBINA
70Qualche strofetta canterò a proposito.
 DON TRITEMIO
 Ah ragazza... Farei uno sproposito.
 LESBINA
 Sentite, padron bello,
 la canzonetta sopra il ravanello.
 
    Quando son giovane
75son fresco e bello,
 son tenerello,
 di buon sapor.
 
    Ma quando invecchio,
 gettato io sono,
80non son più buono
 col pizicor.
 
 DON TRITEMIO
 Scaccia questa canzon dalla memoria.
 LESBINA
 Una ne vo’ cantar sulla cicoria.
 
    Son fresca, son bella
85cicoria novella,
 mangiatemi presto,
 coglietemi su.
 
    Se resto sul prato,
 radicchio invecchiato,
90nessuno si degna
 raccogliermi più.
 
 DON TRITEMIO
 Senti, ragazza mia,
 questa canzone ha un poco d’allegria.
 Tu sei, Lesbina bella,
95cicorietta novella,
 prima che ad invecchiarti venga il fato,
 esser colta dovresti in mezzo al prato.
 LESBINA
 Per me v’è tempo ancora.
 Dovreste alla signora
100pensar, caro padrone.
 Or ch’è buona stagione,
 or ch’è frutto maturo e saporito,
 non la fate invecchiar senza marito.
 DON TRITEMIO
 A lei ho già pensato.
105Sposo le ho destinato e avrallo presto.
 LESBINA
 Posso saper chi sia?
 DON TRITEMIO
                                       Nardo è cotesto.
 LESBINA
 Di quella tenerina
 erbetta citadina
 la bocca d’un villan non mi par degna.
 DON TRITEMIO
110Eh la prudenza insegna
 che ogni erba si contenti
 d’aver qualche governo,
 pur che esposta non resti al crudo verno.
 LESBINA
 Io mi contenterei,
115pria di vederla così mal troncata,
 per la neve lasciar la mia insalata.
 DON TRITEMIO
 Tu sei un bocconcino
 per il tuo padroncino.
 LESBINA
                                          Oh oh, sentite
 un’altra canzonetta ch’ho imparata
120sul proposito mio dell’insalata.
 
    Non raccoglie le mie foglie
 vecchia mano di pastor.
 
    Voglio un bello pastorello
 e vo’ star nel prato ancor.
 
 SCENA III
 
 DON TRITEMIO, poi RINALDO
 
 TRITEMIO
125Allegoricamente
 m’ha detto che con lei non farò niente.
 Ma pure io mi lusingo
 che a forza di finezze
 tutto supererò;
130e col tempo con lei tutto farò.
 Per or d’Eugenia mia
 liberarmi mi preme. Un buon partito
 Nardo per lei sarà, ricco, riccone,
 un villano, egli è ver, ma sappientone.
 RINALDO
135(Ecco della mia bella
 il genitor felice).
 TRITEMIO
 Per la villa si dice
 che Nardo ha un buon stato
 e da tutti filosofo è chiamato.
 RINALDO
140(Sorte non mi tradir). Signor... (A don Tritemio)
 TRITEMIO
                                                            Padrone.
 RINALDO
 S’ella mi permetesse,
 le direi due parole.
 TRITEMIO
 Anche quatro n’ascolto e più se vuole.
 RINALDO
 Non so se mi conosca.
 TRITEMIO
                                          Non mi pare.
 RINALDO
145Di me si può informare;
 son cavaliere e sono i beni miei
 vicini a’ suoi.
 TRITEMIO
                            Mi rallegro con lei.
 RINALDO
 Ella ha una figlia.
 TRITEMIO
                                   Sì signor.
 RINALDO
                                                       Dirò...
 Se fossi degno... Troppo ardire è questo...
150Ma mi sprona l’amore.
 TRITEMIO
                                            Intendo il resto.
 RINALDO
 Dunque, signor...
 TRITEMIO
                                   Dunque, signor mio caro,
 per venire alle corte, vi dirò...
 RINALDO
 M’accordate la figlia?
 TRITEMIO
                                          Signor no.
 RINALDO
 Ahi mi sento morir.
 TRITEMIO
                                       Per cortesia,
155non venite a morire in casa mia.
 RINALDO
 Ma perché sì aspramente
 mi togliete alla prima ogni speranza?
 TRITEMIO
 Lusingarvi sarebbe un’increanza.
 RINALDO
 Son cavalier.
 TRITEMIO
                           Benissimo.
 RINALDO
                                                  Di beni
160ricco son quanto voi.
 TRITEMIO
                                        Son persuaso.
 RINALDO
 Il mio stato, i miei fondi,
 le parentele mie vi mostrerò.
 TRITEMIO
 Credo tutto.
 RINALDO
                         Ch’io speri?
 TRITEMIO
                                                  Signor no.
 RINALDO
 Ma la ragione almeno
165dite perché nemmen si vuol ch’io speri.
 TRITEMIO
 La raggion?
 RINALDO
                         Vo’ saper.
 TRITEMIO
                                              Sì volentieri.