Il tempo felice, libretto, Napoli, 1735

 CORNELIO
 Tal è l’aggiustamento
845sottoscritto da voi.
 FILIBERTO
                                    Come?
 LISAURA
                                                    Che sento!
 CORNELIO
 Convien pagare o da una nuova lite
 sarete travagliato.
 FILIBERTO
 Io sono assassinato,
 son mandato in malora.
850Ecco lo scrigno colle chiavi ancora.
 
 SCENA ULTIMA
 
 DORINDO, PORPORINA, PASQUINO e detti
 
 DORINDO
 Fermatevi, signor, che nulla tiene
 quel vostro bel contratto;
 ai quanti è stipulato?
 CORNELIO
 Stamane fu firmato.
 DORINDO
855Questo è del giorno d’ieri.
 CORNELIO
                                                  E che contiene?
 DORINDO
 Un’ampla donazione
 che fa di tutto il suo
 Filiberto alla figlia;
 questo istrumento il giorno d’ieri è fatto;
860onde non val di questo dì il contratto.
 CORNELIO
 La lite tornerà.
 DORINDO
                              Non ho paura;
 so ch’ell’è un’impostura.
 Signor, siete ingannato.
 Cornelio e ser Imbroglio v’han gabbato.
 FILIBERTO
865Che siate benedetto; e qual mercede
 posso darvi, signor?
 DORINDO
                                       Di vostra figlia
 a me basta la mano e voi sarete
 padron del vostro fino che vivete.
 FILIBERTO
 Io son contento.
 LISAURA
                                Ed io felice sono.
 DORINDO
870Donatemi la destra, il cuor vi dono.
 FILIBERTO
 Aurelia, andate tosto
 fuori di casa mia.
 AURELIA
                                   Poco m’importa;
 di già son maritata.
 CORNELIO
                                       V’ingannate;
 se la robba non v’è, più non vi voglio;
875non val l’obbligazione.
 AURELIA
 Voi mi sposaste senza condizione.
 Voglia o non voglia, alfin vostra son io.
 CORNELIO
 Ho fatto un bel guadagno da par mio.
 FILIBERTO
 Se speraste goder, soffrite il danno;
880sopra l’ingannator cade l’inganno.
 PORPORINA
 Pietà, signor padron.
 PASQUINO
                                         Misericordia.
 FILIBERTO
 Siete qui, disgraziati,
 ancor per questa volta
 vi siano i vostri falli perdonati.
 CORO
 
885   Chi lieto giubila,
 chi tristo geme,
 chi lieto sta.
 
    Dolente è il cuore
 del traditore;
890ma l’innocente
 godendo va.
 
 Il fine
 
 
 
 LA NITTETI
 
 
    Dramma per musica da rappresentarsi nel regio teatro del Buon Ritiro, festeggiandosi il gloriosissimo giorno natalizio di sua maestà cattolica il re nostro signore don Ferdinando VI, per comando di sua maestà cattolica la regina nostra signora, in quest’anno MDCCLVI.
 
 Sacra reale cattolica maestà,
    nella direzione, per me oltre modo onorevole, de’ spettacoli destinati in questo giorno alla plausibile memoria del glorioso natale della sacra reale cattolica maestà vostra, non è mia lusinga se ardisco credere che i benefici influssi in me piovuti dal sovrano cenno della sacra reale cattolica maestà della regina mia signora hanno di gran lunga superate le mie stesse speranze. Ne reco per pruova a’ piedi della maestà vostra in questo libretto il dramma intitolato La Nitteti, parto ben recente della non mai abbastanza encomiata vena del mio abbate Pietro Metastasio, il quale dalla corte imperiale, a cui consagra tuttora i preziosi frutti del suo studio indefesso e del suo talento sublime, ad onta del perpetuo contrasto che soffre dalla sua complessione cagionevole e dalle ordinarie sue occupazioni, ha voluto aver parte con questo suo nuovo poema agli applausi che con tanta ragione a piene voci le tributano nella ricorrenza di simil giorno i suoi popoli fortunati. Poco avrebbe che aggiungere il mio zelo alla rispettosa offerta di un tal tributo, se l’amico, o per impulso di certa sua naturale moderazione o per voglia di rifarsi meco delle moleste premure, colle quali non cessai d’animarlo al compimento dell’opra promessami, non mi avesse publicamente intimata la legge di procurare direzione ed appoggio a questa che egli chiama sua figlia, con rinovarmi perciò alla memoria i doveri più sacri dell’ospitalità e i più teneri legami dell’amicizia. Ad una istanza sì delicata mi è dunque forza di corrispondere con eguale impegno; onde se mai giunsero a meritare le mie suppliche la clementissima tolleranza di vostra maestà questa è la volta che la implorano più che mai, affin che sotto l’ombra possente del trono augusto della maestà vostra trovando egli e la sua Nitteti quel ricovero di cui volle farmi mallevadore, renda testimonianza publica al mondo della vantaggiosa accoglienza, che qui si destina alle lettere e a chi degnamente le professa, e del benefico patrocinio con cui vengono dalla maestà vostra onorate e le umili mie preghiere e quella profonda venerazione con cui mi farò sempre gloria di dichiararmi della sacra reale cattolica maestà vostra umilissimo, ossequiosissimo ed ubbidientissimo servidore.
 
    Carlo Broschi Farinelli
 
 
 Al cavaliere don Carlo Broschi Farinelli l’autore
 
 SONETTO
 
    Questa nata pur or qui presso al polo
 mia prole, ch’io consacro al soglio ibero,
 raccogli, o Carlo, ed a postrarsi al suolo
 le insegna, ospite, amico e conduttiero.
 
    Pensa che il suo destin fido a te solo,
 che sei dell’opra eccitator primiero,
 e che appreser gemelli a sciorre il volo
 la tua voce in Parnaso e il mio pensiero.
 
    Pensa che quando te l’Italia ostenta
 per onor dell’armonica famiglia,
 l’onor de’ carmi un tuo dover diventa.
 
    E se questo dover non ti consiglia,
 grato l’amor del padre almen rammenta
 e del padre l’amor rendi alla figlia.
 
 
 ARGOMENTO
 
    Amasi illustre capitano, vassallo, amico e confidente d’Aprio re d’Egitto, mandato dal suo signore a reprimere l’insolenza delle ribellanti provincie, non solo non poté adempire il comando ma fu egli stesso proclamato re e da’ sollevati e da quei guerrieri medesimi che conduceva per debellargli, tanto era il credito e l’affetto che gli avevano acquistato il suo valore, la sua giustizia e le altre sue reali virtù. S’oppose; e non avrebbe Amasi ceduto all’inaspettata violenza; ma vel costrinse un segreto ordine del suo medesimo sovrano che, disperando di conservar con la forza il suo trono, lo volle più tosto deposito in mano amica che conquista in quella d’un ribelle.
    In queste infelici circostanze sorpreso Aprio dal fine de’ giorni suoi, chiamò nascostamente a sé l’amico Amasi; confirmò con lui la publica elezione col proprio voto; l’incaricò di far diligente richiesta dell’unica sua figliuola Nitteti, perduta fra le tumultuose sedizioni; gl’impose ritrovandola di darla in isposa al proprio suo figliuolo Sammete, onde succedendogli questi un giorno la riconducesse sul trono paterno. Ne volle da lui giuramento; e gli spirò fra le braccia. Questi in parte veri ed in parte verisimili sono i fundamenti sopra de’ quali è stato edificato il presente dramma; e ciò che vi è d’istorico è tratto da Erodoto e da Diodoro di Sicilia.
    Il luogo della scena è Canopo.
    Il tempo è il giorno del trionfale ingresso del nuovo re.
    L’azione è il ritrovamento di Nitteti.
 
 
 MUTAZIONI DI SCENE
 
    Nell’atto primo: parte ombrosa e raccolta degl’interni giardini della reggia di Canopo alle sponde del Nilo, corrispondente a diversi appartamenti, sol nascente sull’orizonte; luogo vastissimo presso le mura di Canopo festivamente adornato per il trionfale ingresso e per l’incoronazione del nuovo re, ricco ed elevato trono alla destra, a piè del quale lateralmente situati alcuni de’ sacri ministri che sostengono sopra bacili d’oro le insegne reali, grande e maestoso arco trionfale in prospetto, vari ordini di logge all’intorno popolate di musici e di spettatori, vista dell’armata egizia vincitrice ordinata in lontano.
    Nell’atto secondo: fughe di camere nella reggia; gran porto di Canopo ripieno di navi e nocchieri.
    Nell’atto terzo: appartamento terreno con vista di logge che conducono a’ giardini reali; fondo oscuro di antica torre chiuso in varie parti da’ rugginosi cancelli che lasciano vedere in lontano le ruvinose scale per cui vi si scende; reggia di Canopo riccamente adorna, magnifica scala in prospetto ed illuminata in tempo di notte per festeggiare l’arrivo del nuovo re.
 
 
 PERSONAGGI
 
 AMASI re d’Egitto, padre di
 (il signor don Antonio Raaff alemanno)
 SAMMETE amante corrisposto di
 (il signor don Filippo Elisi romano)
 BEROE pastorella
 (la signora donna Maddalena Parigi fiorentina)
 NITTETI principessa egizia, amante occulta di Sammete
 (la signora donna Teresa Castellini milanese, virtuosa di musica all’attual servizio di sua maestà cattolica)
 AMENOFI sovrano di Cirene, amante occulto di Nitteti ed amico di Sammete
 (il signor don Emanuelle Cornacchini milanese)
 BUBASTE capitano delle guardie reali
 (il signor don Giacomo Veroli fiorentino)
 
    Comparse di sacri ministri, oratori delle provincie suddite, nobili egizii, guardie reali, soldati egizii, schiavi etiopi, seguaci di Sammete armati, seguaci di Nitteti armati, marinari, paggi, musici, popolo
 
    La composizione della musica è del maestro signor don Niccolò Conforto napoletano.
    Le scene sono nuova invenzione del celebre pittore signor don Francesco Battaglioli modonese.
 
 
 ATTO PRIMO
 
 SCENA PRIMA
 
  Parte ombrosa e raccolta degl’interni giardini della reggia di Canopo alle sponde del Nilo, corrispondenti a diversi appartamenti. Sol nascente sull’orizonte.
 
 AMENOFI impaziente e poi SAMMETE in abito pastorale, che approda sopra picciolo battello dalla destra
 
 AMENOFI
 E Sammete non torna!
 Oimè già spunta il sol. Sa pur che il padre
 oggi al soglio d’Egitto
 sollevato sarà; sa che a momenti
5in Canopo s’attende. Ah se all’arrivo
 d’Amasi ei qui non è, quali per lui,
 quali scuse addurrò? Tanta imprudenza
 io non so perdonargli. Ah lo saprei,
 s’anche agli affetti miei
10gli astri come per lui fossero amici.
 Agli amanti infelici
 son secoli i momenti; e sono istanti
 i lunghi giorni ai fortunati amanti.
 Con la sua pastorella
15gli fuggon l’ore e non s’avvede... Un legno (Sammete approda e scende dal battello ed Amenofi gli va incontro)
 parmi che approdi. Ah lode al ciel! Ma prence,
 che più tardi? Che fai? Le rozze spoglie
 corri, corri a deporre. I precursori
 già d’Amasi son giunti;
20tutta in moto è Canopo; ho palpitato
 assai finor per te.
 SAMMETE
                                   Son disperato!
 AMENOFI
 Perché Sammete? Onde l’affanno?
 SAMMETE
                                                                 Oh dio!
 AMENOFI
 Parla. Forse rifiuta
 Beroe gli affetti tuoi?
 SAMMETE
                                          Beroe è perduta.
 AMENOFI
25Perduta! Oimè! Come! Che dici?
 SAMMETE
                                                              Invano
 finor di là dal fiume
 ne corsi in traccia. Alla capanna, al bosco
 mille volte tornai; quel caro nome
 or sul monte, or sul piano
30replicai mille volte e sempre invano.
 AMENOFI
 Che tu non sei Dalmiro,
 che un pastor tu non sei
 forse Beroe ha scoperto e a te s’invola.
 SAMMETE
 No, caro amico, il caso
35è più funesto assai. Da un fuggitivo
 timido villanello intesi alfine
 che nella scorsa notte
 ad altra ninfa unita
 fu da gente crudel Beroe rapita.
 AMENOFI
40Forse da qualche stuolo
 d’arabi masnadieri?
 SAMMETE
 No; d’egizi guerrieri.
 Ei l’asserì.
 AMENOFI
                       Non so pensar... Ma fugge,
 Sammete, il tempo. Ah le tue spoglie usate
45vanne a vestir. Questo real soggiorno
 per Dalmiro non è.
 SAMMETE
                                      Vado e ritorno.
 Ma non partir. Sovvienti
 che ne’ casi infelici
 è dover l’assistenza ai fidi amici.
 
50   Sono in mar; non veggo sponde;
 mi confonde il mio periglio.
 Ho bisogno di consiglio,
 di soccorso, di pietà.
 
    Improvvisa è la tempesta
55né mi resta aita alcuna,
 se al furor della fortuna
 m’abbandona l’amistà. (Parte)
 
 SCENA II
 
 AMENOFI, poi NITTETI e BEROE entrambe in abito pastorale fra guardie
 
 AMENOFI
 Oh come, amor tiranno,
 confondi i sensi e la ragion disarmi!
60Ma... Quai ninfe! Qual armi! Oh dei! Nitteti!
 D’Aprio la figlia! Il mio tesoro! Ah donde
 donna real? Che fu? Perché d’armati
 cinta così?
 NITTETI
                       Nol so. Vittima io vengo
 forse del nuovo re. Dal bosco, in cui
65io m’ascondea da lui, qui tratta a forza
 son con l’ospite mia.
 AMENOFI
                                        No; t’assicura.
 Amasi non trascorre a questi eccessi.
 BEROE
 (Dalmiro almen potessi
 del mio caso avvertir).
 AMENOFI
                                            Di questa schiera
70qual è il duce e dov’è?
 NITTETI
                                           Bubaste ha nome;
 va incontro al re.
 AMENOFI
                                  Raggiungerollo. Or ora
 in libertà sarai. Ne son sicuro.
 BEROE
 (Le smanie di Dalmiro io mi figuro).
 NITTETI
 Prence, la prima pruova
75del tuo bel cor questa non è. Son grata,
 conosco...
 AMENOFI
                     Ah no; non mi conosci. Io sempre...
 Sappi... Tu sei... Sperai... (Barbaro amore
 tu m’annodi la lingua al par del core).
 
    Se il labbro nol dice,
80ti parla il sembiante
 d’amico costante,
 di servo fedel.
 
    Che farsi palese
 almen con l’imprese
85per esser felice
 sol brama dal ciel. (Parte)
 
 SCENA III
 
 NITTETI e BEROE, infine BUBASTE
 
 BEROE
 Nitteti, ah per pietà, fedel compagna
 se m’avesti finor, s’è ver che m’ami,
 se grata pur mi sei, deh fa’ ch’io possa
90a’ miei boschi tornar. Ah per quei boschi
 il povero Dalmiro
 invan mi cercherà. Da’ suoi trasporti
 tutto temer poss’io;
 troppo fido è quel core, è troppo il mio.
 NITTETI
95Non tante smanie, amata Beroe, andrai;
 farò tutto per te; ma della sorte
 vedi pur ch’io lo sdegno
 con più costanza a tollerar t’insegno.
 BEROE
 Nel caso in cui tu sei,
100maestra di costanza anch’io sarei.
 NITTETI
 Perché? Forse i miei mali
 non eguagliano i tuoi?
 BEROE
                                           V’è gran distanza.
 Siam prigionere entrambe,
 siamo entrambe in Canopo;
105tu sospiri, io sospiro;
 ma in Canopo è Sammete e non Dalmiro.
 NITTETI
 È  ver, confesso, amica,
 la debolezza mia. Sammete adoro,
 egli l’ignora; eppure
110la speme sol di riveder quel volto,
 quel caro volto ond’è il mio core acceso,
 di mie catene alleggerisce il peso.
 BEROE
 Basta un ben che tu speri
 per consolarti; e vuoi che un ben ch’io perdo
115affliggermi non debba?
 NITTETI
                                              Ah se vedessi
 il mio Sammete, approvaresti assai
 la mia tranquillità.
 BEROE
                                     Se fosse noto
 Dalmiro a te, condannaresti meno
 l’intolleranza mia.
 BUBASTE
                                    Nitteti, arriva
120Amasi; io là m’invio;
 scorgetela, o custodi. (Espone e parte)
 NITTETI
                                         Amica, addio.
 BEROE
 Così mi lasci! Io che farò?
 NITTETI
                                                  T’accheta,
 amata Beroe; a me ti fida e credi
 che non meno io sospiro
125che Sammete sia mio che tuo Dalmiro.
 
    Tu sai che amante io sono;
 tu sai la sorte mia;
 ah chi pietà desia
 non può negar pietà.
 
130   Della pietà che io dono
 quella ch’io bramo è pegno,
 che di pietade è indegno
 chi compatir non sa. (Parte)
 
 SCENA IV
 
 BEROE, SAMMETE nel proprio suo abito, poi AMENOFI
 
 BEROE
 Questi reali alberghi (Guardando curiosa intorno)
135son pur novi per me! Dovunque io miro...
 SAMMETE
 Ecco deposte alfin... (Si veggono e si guardano fissamente alcuni momenti senza parlare)
                                        Beroe!
 BEROE
                                                       Dalmiro!
 SAMMETE
 Tu qui?
 BEROE
                  Tu in quelle spoglie?
 SAMMETE
 A che vieni? Ove vai?
 BEROE
                                          Che strano evento
 ti trasforma in tal guisa agli occhi miei?
140Parla. Che fu? Dov’è il pastor? Chi sei?
 SAMMETE
 Tutto, ben mio, dirò...
 AMENOFI
                                           Prence, Sammete,
 giunge il real tuo genitor.
 BEROE
                                                 (Sammete! (Sammete confuso)
 Misera me!) (Beroe colpita dalla sorpresa del nome)
 SAMMETE
                           Verrò. (Come sopra)
 AMENOFI
                                         Corri, potria
 prima giungere il re.
 SAMMETE
                                         Verrò, t’invia. (Con impazienza ad Amenofi che parte)
 BEROE
145Crudel, tu sei Sammete?
 Tu sei prole d’un re? Dunque finora
 meco hai mentito aspetto,
 spoglia, nome, costumi e forse affetto?
 Come abusar potesti
150d’un sì tenero amore,
 d’una fé, d’un candore,
 d’un cor che offerto interamente in dono...
 Barbaro!... Ingrato!...