Artaserse, libretto, Stoccarda, Cotta, 1756

 SCENA PRIMA
 
 Giardino interno nel palazzo de’ re di Persia corrispondente a diversi appartamenti. Vista della reggia. Notte con luna.
 
 MANDANE e ARBACE
 
 ARBACE
 Addio.
 MANDANE
                Sentimi, Arbace.
 ARBACE
                                                 Ah che l'aurora,
 adorata Mandane, è già vicina;
 E se mai noto a Serse
 fosse ch'io venni in questa reggia ad onta
5del barbaro suo cenno, in mia difesa
 a me non basterebbe
 un trasporto d'amor che mi consiglia;
 non basterebbe a te d'essergli figlia.
 MANDANE
 Saggio è il timor. Questo real soggiorno
10periglioso è per te. Ma puoi di Susa
 fra le mura restar. Serse ti vuole
 esule dalla reggia
 ma non dalla città. Non è perduta
 ogni speranza ancor. Sai che Artabano
15il tuo gran genitore
 regola a voglia sua di Serse il core,
 che a lui di penetrar sempre è permesso
 ogni interno recesso
 dell'albergo real: che il mio germano
20Artaserse si vanta
 dell'amicizia tua...
 ARBACE
 Ci lusinghiamo, o cara. Il tuo germano
 vorrà giovarmi invano; ove si tratta
 la difesa di Arbace, egli è sospetto
25non men del padre mio; qualunque scusa
 rende dubbiosa alla credenza altrui
 nel padre il sangue e l'amicizia in lui.
 Che vuoi dunque ch'io speri? Il mio soggiorno
 serve a te di periglio, a me di pena,
30a te perché di Serse
 i sospetti fomenta, a me che deggio
 vicino a' tuoi bei rai
 trovarmi sempre e non vederti mai.
 Giacché il nascer vassallo
35colpevole mi fa, voglio, ben mio,
 voglio morire o meritarti. Addio. (In atto di partire)
 MANDANE
 Crudel! Come hai costanza
 di lasciarmi così?
 ARBACE
                                   Non sono, o cara,
 il crudel non son io. Serse è il tiranno;
40l'ingiusto è il padre tuo.
 MANDANE
                                              Di qualche scusa
 egli è degno però, quando ti niega
 le richieste mie nozze. Il grado... Il mondo...
 La distanza fra noi...
 ARBACE
 Potea senza oltraggiarmi
45niegarti a me; ma non dovea da lui
 discacciarmi così, come s'io fossi
 un rifiuto del volgo e dirmi vile,
 temerario chiamarmi. Ah principessa,
 questo disprezzo io sento
50nel più vivo del cor...
 MANDANE
                                         Arbace, oh dio!
 comincio a dubitar dell'amor tuo.
 Sì: tant'ira mi desta a meraviglia.
 Non spero che il tuo cuore
 odiando il genitore, ami la figlia.
 ARBACE
55Ma quest'odio, o Mandane,
 è argomento d'amor; troppo mi sdegno
 perché troppo t'adoro, e perché penso
 che costretto a lasciarti
 forse mai più ti rivedrò, che questa
60fors'è l'ultima volta... Oh dio tu piangi?
 Ah non pianger, ben mio; senza quel pianto
 son debole abbastanza; in questo caso
 io ti voglio crudel; soffri che io parta,
 la crudeltà del genitore imita. (Come sopra)
 MANDANE
65Ferma, aspetta. Ah mia vita!
 Io non ho cor che basti
 a vedermi lasciar; partir vogl'io;
 addio mio ben.
 ARBACE
                               Mia principessa, addio.
 MANDANE
 
    Conservati fedele,
70pensa ch'io resto e peno;
 e qualche volta almeno
 ricordati di me.
 
    Ch'io per virtù d'amore
 parlando col mio core
75ragionerò con te. (Parte)