Artaserse, libretto, Stoccarda, Cotta, 1756

 fosse ch’io venni in questa reggia ad onta
5del barbaro suo cenno, in mia difesa
 a me non bastarebbe
 un trasporto d’amor che mi consiglia;
 non bastarebbe a te d’essergli figlia.
 MANDANE
 Saggio è il timor. Questo real soggiorno
10periglioso è per te. Ma puoi di Susa
 fra le mura restar. Serse ti vuole
 esule dalla reggia
 ma non dalla città. Non è perduta
 ogni speranza ancor. Sai che Artabano
15il tuo gran genitore
 regola a voglia sua di Serse il core,
 che a lui di penetrar sempre è permesso
 ogni interno recesso
 dell’albergo real, che il mio germano
20Artaserse si vanta
 dell’amicizia tua. Cresceste insieme
 di fama e di virtù. Voi sempre uniti
 vide la Persia alle più dubbie imprese
 e l’un dall’altro ad emularsi apprese.
25Ti ammirano le schiere,
 il popolo t’adora e nel tuo braccio
 il più saldo riparo aspetta il regno;
 avrai fra tanti amici alcun sostegno.
 ARBACE
 Ci lusinghiamo o cara. Il tuo germano
30vorrà giovarmi invano; ove si tratta
 la difesa d’Arbace, egli è sospetto
 non men del padre mio; qualunque scusa
 rende dubbiosa alla credenza altrui
 nel padre il sangue e l’amicizia in lui.
35L’altra turba incostante
 manca de’ falsi amici, allor che manca
 il favor del monarca. Oh quanti sguardi,
 che mirai rispettosi, or soffro alteri!
 Onde che vuoi ch’io speri? Il mio soggiorno
40serve a te di periglio, a me di pena,
 a te perché di Serse
 i sospetti fomenta, a me che deggio
 vicino a’ tuoi bei rai
 trovarmi sempre e non vederti mai.
45Giacché il nascer vassallo
 colpevole mi fa, voglio ben mio,
 voglio morire o meritarti. Addio. (In atto di partire)
 MANDANE
 Crudel! Come hai costanza
 di lasciarmi così?
 ARBACE
                                   Non sono o cara
50il crudel non son io. Serse è il tiranno,
 l’ingiusto è il padre tuo.
 MANDANE
                                              Di qualche scusa
 egli è degno però, quando ti niega
 le richieste mie nozze. Il grado... Il mondo...
 La distanza fra noi... Chi sa che a forza
55non simuli fierezza e che in segreto
 pietoso il genitore
 forse non disapprovi il suo rigore.
 ARBACE
 Potea senza oltraggiarmi
 niegarti a me; ma non dovea da lui
60discacciarmi così, come s’io fossi
 un rifiuto del volgo, e dirmi vile,
 temerario chiamarmi. Ah principessa,
 questo disprezzo io sento
 nel più vivo del cor. Se gli avi miei
65non distinse un diadema, in fronte almeno
 lo sostennero a’ suoi. Se in queste vene
 non scorre un regio sangue, ebbi valore
 di serbarlo al suo figlio. I suoi produca,
 non i merti degli avi. Il nascer grande
70è caso e non virtù, che se ragione
 regolasse i natali e dasse i regni
 solo a colui ch’è di regnar capace,
 forse Arbace era Serse e Serse Arbace.