Artaserse, libretto, Stoccarda, Cotta, 1756

                            Chi mai potea la reggia
 notturno penetrar? Chi avvicinarsi
 al talamo real? Gli antichi sdegni,
 il suo torbido genio avido tanto
 dello scettro paterno... Ah ch’io prevedo
175in periglio i tuoi giorni.
 Guardati per pietà. Serve di grado
 un eccesso talvolta all’altro eccesso.
 Vendica il padre tuo, salva te stesso.
 ARTASERSE
 Ah se v’è alcun che senta
180pietà d’un re trafitto,
 orror del gran delitto,
 amicizia per me, vada, punisca
 il parricida, il traditor.
 ARTABANO
                                            Custodi,
 vi parla in Artaserse
185un prence, un figlio e se volete in lui
 vi parla il vostro re. Compite il cenno,
 punite il reo. Son vostro duce, io stesso
 reggerò l’ire vostre, i vostri sdegni.
 (Favorisce fortuna i miei disegni).
 ARTASERSE
190Ferma, ove corri? Ascolta;
 chi sa che la vendetta
 non turbi il genitor più che l’offesa?
 Dario è figlio di Serse.
 ARTABANO
                                            Empio sarebbe
 un pietoso consiglio;
195chi uccise il genitor non è più figlio.