Artaserse, libretto, Stoccarda, Cotta, 1756

    Su le sponde del torbido Lete,
 mentre aspetta riposo e vendetta,
 freme l’ombra d’un padre e d’un re.
 
    Fiera in volto la miro, l’ascolto
200che t’addita l’aperta ferita
 in quel seno che vita ti diè. (Parte)
 
 SCENA IV
 
 ARTASERSE e MEGABISE
 
 ARTASERSE
 Qual vittima si svena! Ah Megabise...
 MEGABISE
 Sgombra le tue dubbiezze; un colpo solo
 punisce un empio e t’assicura il regno.
 ARTASERSE
205Ma potrebbe il mio sdegno
 al mondo comparir desio d’impero;
 questo, questo pensiero
 saria bastante a funestar la pace
 di tutti i giorni miei. No no, si vada
210il cenno a rivocar... (In atto di partire)
 MEGABISE
                                      Signor, che fai?
 È tempo, è tempo ormai
 di rammentar le tue private offese;
 il barbaro germano
 ad essere inumano
215più volte t’insegnò.
 ARTASERSE
                                      Ma non degg’io
 imitarlo ne’ falli. Il suo delitto
 non giustifica il mio; qual colpa al mondo
 un essempio non ha? Nessuno è reo,
 se basta a’ falli sui
220per difesa portar l’essempio altrui.
 MEGABISE
 Ma ragion di natura
 è il difender sé stesso. Egli t’uccide,
 se non l’uccidi.
 ARTASERSE
                              Il mio periglio appunto
 impegnarà tutto il favor di Giove
225del reo germano ad involarmi all’ira. (Come sopra)
 
 SCENA V
 
 SEMIRA e detti
 
 SEMIRA
 Dove, principe, dove?
 ARTASERSE
                                           Addio Semira.
 SEMIRA
 Tu mi fuggi Artaserse?
 Sentimi, non partir.