Artaserse, libretto, Stoccarda, Cotta, 1756

 de’ primi duci.
 ARBACE
                               Io divenir ribelle!
 Solo in pensarlo innorridisco! Ah padre
655lasciami l’innocenza.
 ARTABANO
                                         È già perduta
 nella credenza altrui. Sei prigioniero
 e comparisci reo.
 ARBACE
                                  Ma non è vero.
 ARTABANO
 Questo non giova. È l’innocenza, Arbace,
 un pregio che consiste
660nel credulo consenso
 di chi l’ammira; e se le togli questo,
 in nulla si risolve. Il giusto è solo
 chi sa fingerlo meglio e chi nasconde
 con più destro artificio i sensi sui
665nel teatro del mondo agli occhi altrui.
 ARBACE
 T’inganni. Un’alma grande
 è teatro a sé stessa. Ella in segreto
 s’approva e si condanna;
 e placida e sicura
670del volgo spettator l’aura non cura.
 ARTABANO
 Sia ver; ma l’innocenza
 si dovrà preferir forse alla vita
 per conservarla?
 ARBACE
                                 E questa vita, o padre,
 che mai la credi?
 ARTABANO
                                  Il maggior dono, o figlio,
675che dar possan gli dei.
 ARBACE
                                           La vita è un bene
 che usandone si scema; ogni momento
 ch’altri ne gode è un passo
 che al termine avvicina e dalle fascie
 si comincia a morir, quando si nasce.
 ARTABANO
680E dovrò per salvarti
 contender teco? Altra ragion per ora
 non ricercar che il cenno mio. T’affretta.
 ARBACE
 No, perdona; sia questo
 il tuo cenno primiero
685trasgredito da me.
 ARTABANO
                                     Vinca la forza
 le resistenze tue. Sieguimi. (Va per prenderlo)
 ARBACE
                                                     In pace (Si scosta)
 lasciami o padre. A troppo gran cimento
 riduci il mio rispetto. Ah se mi sforzi
 farò...
 ARTABANO
              Minacci ingrato!
690Parla, di’, che farai?
 ARBACE
                                       Nol so; ma tutto
 farò per non seguirti.