Artaserse, libretto, Stoccarda, Cotta, 1756

                                        Ma sempre è padre.
 ARTASERSE
 Perciò doppia ragione
965ha di punirlo. Io vendicar di Serse
 la morte sol deggio in Arbace. Ei deve
 nel figlio vendicar con più rigore
 e di Serse la morte e il suo rossore.
 MANDANE
 Dunque così...
 ARTASERSE
                             Così, se Arbace è il reo,
970la vittima assicuro al re svenato
 ed al mio difensor non sono ingrato.
 ARTABANO
 Ah signor, qual cimento...
 ARTASERSE
 Degno di tua virtù.
 ARTABANO
                                      Di questa scelta
 che si dirà?
 ARTASERSE
                         Che si può dir? Parlate, (A’ grandi)
975se v’è ragion che a dubitar vi muova.
 MEGABISE
 Il silenzio d’ognun la scelta approva.
 SEMIRA
 Ecco il germano.
 MANDANE
                                 (Aimè!)
 ARTASERSE
                                                   S’ascolti. (Va in trono e i grandi siedono)
 ARTABANO
                                                                      (Affetti,
 ah tolerate il freno). (Nell’andare e sedere al tavolino)
 MANDANE
 (Povero cor non palpitarmi in seno).
 
 SCENA XI
 
 ARBACE, con catene fra alcune guardie, e detti
 
 ARBACE
980Tanto in odio alla Persia
 dunque son io che di mia rea fortuna
 l’ingiustizie a mirar tutta s’aduna!
 Mio re.
 ARTASERSE
                 Chiamami amico. Infin ch’io possa
 dubitar del tuo fallo, esser lo voglio.
985E perché sì bel nome
 in un giudice è colpa, ad Artabano
 il giudizio è commesso.
 ARBACE
                                             Al padre!
 ARTASERSE
                                                                 A lui.
 ARBACE
 (Gelo d’orror).
 ARTABANO
                              Che pensi? Ammiri forse
 la mia costanza?
 ARBACE
                                 Inorridisco, o padre,
990nel mirarti in quel luogo. E ripensando
 quale io son, qual tu sei, come potesti
 farti giudice mio? Come conservi
 così intrepido il volto? E non ti senti
 l’anima lacerar?
 ARTABANO
                                 Quei moti interni,
995ch’io provo in me, tu ricercar non devi
 né quale intelligenza
 abbia col volto il cor. Qualunque io sia
 lo son per colpa tua. Se a’ miei consigli
 tu davi orecchio e seguitar sapevi
1000l’orme d’un padre amante, in faccia a questi
 giudice non sarei, reo non saresti.
 ARTASERSE
 Misero genitor!
 MANDANE
                                Qui non si venne
 i vostri ad ascoltar privati affanni.
 O Arbace si difenda o si condanni.
 ARBACE
1005(Quanto rigor!)
 ARTABANO
                                Dunque alle mie richieste
 risponda il reo. Tu comparisci, Arbace,
 di Serse l’uccisor. Ne sei convinto;
 ecco le prove. Un temerario amore,
 uno sdegno ribelle...
 ARBACE
                                        Il ferro, il sangue,
1010il tempo, il luogo, il mio timor, la fuga
 so che la colpa mia fanno evidente.
 E pur vera non è, sono innocente.
 ARTABANO
 Dimostralo se puoi; placa lo sdegno
 dell’offesa Mandane.
 ARBACE
                                         Ah se mi vuoi
1015costante nel soffrir, non assalirmi
 in sì tenera parte. Al nome amato
 barbaro genitor...
 ARTABANO
                                   Taci, e non vedi
 nella tua cieca intoleranza e stolta
 dove sei, con chi parli e chi t’ascolta?
 ARBACE
1020Ma padre...
 ARTABANO
                        (Affetti, ah tolerate il freno!)
 MANDANE
 (Povero cor non palpitarmi in seno).
 SEMIRA
 Chiede pur la tua colpa
 difesa o pentimento.
 ARTASERSE
                                         Ah porgi aita
 alla nostra pietà.