Attilio Regolo, libretto, Parigi, Hérissant, 1781

 assicurò la colpa un’alma ingrata.
 ARTABANO
 O insana, o scellerata
 sete di regno! E qual pietà, qual santo
 vincolo di natura è mai bastante
125a frenar le tue furie?
 ARTASERSE
                                         Amico, intendo.
 È l’infedel germano,
 è Dario il reo.
 ARTABANO
                            Chi mai potea la reggia
 notturno penetrar? Chi avvicinarsi
 al talamo real? Gli antichi sdegni,
130il suo torbido genio avido tanto
 dello scettro paterno... Ah ch’io prevedo
 in periglio i tuoi giorni.
 Guardati per pietà. Serve di grado
 un eccesso talvolta a un altro eccesso.
135Vendica il padre tuo, salva te stesso.
 ARTASERSE
 Ah se v’è alcun che senta
 pietà d’un re trafitto,
 orror del gran delitto,
 amicizia per me, vada, punisca
140il parricida, il traditor.
 ARTABANO
                                            Custodi,
 vi parla in Artaserse
 un prence, un figlio; e se volete in lui
 vi parla il vostro re. Compite il cenno;
 punite il reo. Son vostro duce; io stesso
145reggerò l’ire vostre, i vostri sdegni.
 (Favorisce fortuna i miei disegni).
 ARTASERSE
 Ferma, ove corri? Ascolta;
 chi sa che la vendetta
 non turbi il genitor più che l’offesa?
150Dario è figlio di Serse.
 ARTABANO
                                            Empio sarebbe
 un pietoso consiglio;
 chi uccise il genitor non è più figlio.
 
    Su le sponde del torbido Lete,
 mentre aspetta riposo e vendetta,
155freme l’ombra d’un padre e d’un re.
 
    Fiera in volto la miro, l’ascolto
 che t’addita l’aperta ferita
 in quel seno che vita ti diè. (Parte)
 
 SCENA IV
 
 ARTASERSE e MEGABISE
 
 ARTASERSE
 Qual vittima si svena! Ah Megabise...
 MEGABISE
160Sgombra le tue dubbiezze. Un colpo solo
 punisce un empio e t’assicura il regno.
 ARTASERSE
 Ma potrebbe il mio sdegno
 al mondo comparir desio d’impero.
 Questo, questo pensiero
165saria bastante a funestar la pace
 di tutti i giorni miei. No, no; si vada
 il cenno a rivocar... (In atto di partire)
 MEGABISE
                                      Signor, che fai?
 è ragion di natura
 il difender sé stesso. Egli t’uccide,
170se non l’uccidi.
 ARTASERSE
                              Il mio periglio appunto
 impegnerà tutto il favor di Giove
 del reo germano ad involarmi all’ira. (Come sopra)
 
 SCENA V
 
 SEMIRA e detti.
 
 SEMIRA
 Dove? Principe, dove?
 ARTASERSE
                                            Addio, Semira.
 SEMIRA
 Tu mi fuggi, Artaserse?
175Sentimi, non partir.
 ARTASERSE
                                        Lascia ch’io vada;
 non arrestarmi.
 SEMIRA
                                In questa guisa accogli
 chi sospira per te?
 ARTASERSE
                                     Se più t’ascolto
 troppo, o Semira, il mio dover offendo.
 SEMIRA