Attilio Regolo, libretto, Parigi, Hérissant, 1781

655alla barbara legge
 d’un tiranno dover. Soffri, che poco
 ti rimane a soffrir. Non ti spaventi
 l’aspetto della pena; il mal peggiore
 è de’ mali il timor.
 ARBACE
                                     Vacilla, o padre,
660la sofferenza mia. Trovarmi esposto
 in faccia al mondo intero
 in sembianza di reo: veder recise
 sul verdeggiar le mie speranze, estinti
 sull’aurora i miei dì, vedermi in odio
665alla Persia, all’amico, a lei che adoro,
 saper che ’l padre mio...
 Barbaro padre... (Ah, ch’io mi perdo!) Addio. (In atto di partire, poi si ferma)
 ARTABANO
 (Io gelo).
 MANDANE
                    (Io moro).
 ARBACE
                                          Oh temerario Arbace,
 dove trascorri? Ah genitor, perdono.
670Eccomi a’ piedi tuoi. Scusa i trasporti
 d’un insano dolor. Tutto il mio sangue
 si versi pur, non me ne lagno; e invece
 di chiamarla tiranna,
 io bacio quella man che mi condanna.
 ARTABANO
675Basta, sorgi; purtroppo
 hai ragion di lagnarti;
 ma sappi... (Oh dei!) Prendi un abbraccio e parti.
 ARBACE
 
    Per quel paterno amplesso,
 per questo estremo addio,
680conservami te stesso,
 placami l’idol mio,
 difendimi il mio re.
 
    Vado a morir beato,
 se della Persia il fato
685tutto si sfoga in me. (Parte fra le guardie seguito da Megabise e partono i grandi)
 
 SCENA IX
 
 MANDANE, ARTASERSE, SEMIRA ed ARTABANO.
 
 MANDANE
 Ah che al partir d’Arbace
 io comincio a provar che sia la morte!
 ARTASERSE
 Quanto, amata Semira
 congiura il ciel del nostro Arbace a danno!
 SEMIRA
690Inumano tiranno!
 Così presto ti cangi?
 Prima uccidi l’amico, e poi lo piangi. (Parte)
 ARTASERSE
 Dell’ingrata Semira (Ad Artabano)
 i rimproveri udisti? Io son pietoso,
695e tiranno mi chiama.
 ARTABANO
                                         Ah, non lagnarti:
 Lascia a me le querele. Oggi d’ogni altro
 Più misero son io.