Catone in Utica, libretto, Stoccarda, Cotta, 1754

 SCENA V
 
 EMILIA e detti
 
 EMILIA
                                        Che veggio o dei!
 Questo è dunque l'asilo
 ch'io sperai da Catone?
 CATONE
 Modera il tuo furor.
 CESARE
                                       Se tanto ancora
125sei sdegnata con me, sei troppo ingiusta.
 EMILIA
 Ingiusta? E tu non sei
 la cagion de' miei mali? Il mio consorte
 tua vittima non fu?
 CESARE
                                      Io parte alcuna
 non ho di Tolomeo nell'impietade.
130La vendetta ch'io presi è manifesta.
 E sa il ciel, tu lo sai
 s'io piansi allor su l'onorata testa.
 CATONE
 Ma chi sa se piangesti
 per gioia o per dolor? La gioia ancora
135ha le lagrime sue.
 FULVIO
 Signor, questo non parmi
 tempo opportuno a favellar di pace.
 Chiede l'affar più solitaria parte
 e mente più serena.
 CATONE
                                       Al mio soggiorno
140dunque in breve io vi attendo. E tu frattanto
 pensa Emilia che tutto
 lasciar l'affanno in libertà non dei,
 giacché ti fe' la sorte
 figlia a Scipione ed a Pompeo consorte. (Parte)