Catone in Utica, libretto, Stoccarda, Cotta, 1754

 di nembi il ciel ripieno;
 e chi sa quanti strali avranno in seno.
 
705   Se più fulmini vi sono,
 ecco il petto avversi dei;
 me ferite, io vi perdono;
 ma salvate il genitor.
 
    Un’immaggine di voi
710in quell’alma rispettate;
 un esempio a noi lasciate
 di costanza e di valor. (Parte)
 
 SCENA VII
 
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 REGOLO solo
 
 REGOLO
 Tu palpiti o mio cor! Qual nuovo è questo
 moto incognito a te? Sfidasti ardito
715le tempeste del mar, l’ire di Marte,
 d’Africa i mostri orrendi
 ed or tremando il tuo destino attendi!
 Ah! n’hai ragion. Mai non si vide ancora
 in periglio sì grande
720la gloria mia. Ma questa gloria, o dei,
 non è dell’alme nostre
 un affetto tiranno? Al par d’ogn’altro
 domar non si dovrebbe? Ah no. De’ vili
 questo è il linguaggio. Inutilmente nacque
725chi sol vive a sé stesso; e sol da questo
 nobile affetto ad obbliar s’impara
 sé per altrui. Quanto ha di ben la terra
 alla gloria si dee. Vendica questa
 l’umanità dal vergognoso stato
730in cui saria senza il desio d’onore;
 toglie il senso al dolore,