Ciro riconosciuto, libretto, Ferrara, Barbieri, 1744

 credi infedel, quella ti squarci il seno. (Parte)
 CESARE
 Tu Marzia almen rammenta...
 MARZIA
                                                         Io mi rammento
1005che son per te d’ogni speranza priva,
 orfana, desolata e fuggitiva.
 Mi rammento che al padre
 giurai d’odiarti e per maggior tormento
 che un ingrato adorai pur mi rammento. (Parte)
 CESARE
1010Quanto perdo in un dì!
 FULVIO
                                             Quando trionfi
 ogni perdita è lieve.
 CESARE
 Ah se costar mi deve
 i giorni di Catone il serto, il trono,
 ripigliatevi o numi il vostro dono. (Getta il lauro)
 
 Fine dell’opera
 
 
 
 CATONE IN UTICA
 
 
 ARGOMENTO
 
    Doppo la morte di Pompeo il di lui contradittore Giulio Cesare fattosi perpetuo dittatore si vide rendere omaggio non solo da Roma e dal Senato ma da tutto il rimanente del mondo, fuor che da Catone il Minore, senatore romano, che poi fu detto Uticense dal luogo della sua morte, uomo già venerato come padre della patria non meno per l’austera integrità de’ costumi che per il valore, grand’amico di Pompeo ed acerbissimo difensore della libertà romana. Questi avendo raccolti in Utica i pochi avanzi delle disperse milizie pompeiane, con l’aiuto di Giuba re de’ Numidi, amico fedelissimo della repubblica, ebbe costanza di opporsi alla felicità del vincitore. Cesare vi accorse con esercito numeroso e benché in tanta disuguaglianza di forze fosse sicurissimo di opprimerlo, pure invece di minacciarlo, innamorato della virtù di lui, non trascurò offerta o preghiera per renderselo amico ma quegli ricusando aspramente qualunque condizione, quando vide disperata la difesa di Roma, volle almeno morir libero uccidendo sé stesso. Cesare nella morte di lui diede segni di altissimo dolore, lasciando in dubbio alla posterità se fosse più ammirabile la generosità di lui, che venerò a sì alto segno la virtù ne’ suoi nemici, o la costanza dell’altro che non volle sopravvivere alla libertà della patria.
    Tutto ciò si ha dagli storici; il resto è verisimile.
    Per comodo della musica cambieremo il nome di Cornelia, vedova di Pompeo, in Emilia e quello del giovane Iuba, figlio dell’altro Iuba re di Numidia, in Arbace.
    La scena è in Utica città dell’Africa.
 
 
 INTERLOCUTORI
 
 CATONE
 CESARE
 MARZIA figlia di Catone ed amante occulta di Cesare
 ARBACE principe reale di Numidia, amico di Catone ed amante di Marzia
 EMILIA vedova di Pompeo
 FULVIO legato del Senato romano a Catone, del partito di Cesare ed amante di Emilia
 
 
 ATTO PRIMO
 
 SCENA PRIMA
 
 Sala d’armi.
 
 CATONE, MARZIA, ARBACE
 
 MARZIA
 Perché sì mesto, o padre? Oppressa è Roma
 se giunge a vacillar la tua costanza.
 Parla; al cor d’una figlia
 la sventura maggiore
5di tutte le sventure è il tuo dolore.
 ARBACE
 Signor, che pensi? In quel silenzio appena
 riconosco Catone. Ov’è lo sdegno
 figlio di tua virtù? Dov’è il coraggio?
 Dove l’anima intrepida e feroce?
10Ah se del tuo gran core
 l’ardir primiero è in qualche parte estinto,
 non v’è più libertà, Cesare ha vinto.
 CATONE
 Figlia, amico, non sempre