Ciro riconosciuto, libretto, Ferrara, Barbieri, 1744

 tacere e penar!
 
    Se poi l’infelice
175domanda mercede,
 si sprezza, si dice
 che troppo richiede,
 che impari ad amar. (Parte)
 
 SCENA IV
 
  Parte interna delle mura di Utica con porta della città in prospetto chiusa da un ponte che poi si abbassa.
 
 CATONE, poi CESARE e FULVIO
 
 CATONE
 Dunque Cesare venga. Io non intendo
180qual cagion lo conduca. È inganno? È tema?
 No d’un romano in petto
 non giunge a tanto ambizion d’impero
 che dia ricetto a così vil pensiero. (Cala il ponte e si vede venir Cesare e Fulvio)
 CESARE
 Con cento squadre e cento
185a mia difesa armate in campo aperto
 non mi presento a te. Senz’armi e solo
 sicuro di tua fede
 fra le mura nemiche io porto il piede.
 Tanto Cesare onora
190la virtù di Catone emulo ancora.
 CATONE
 Mi conosci abbastanza, onde in fidarti
 nulla più del dovere a me rendesti.
 Di che temer potresti?
 In Egitto non sei; qui delle genti
195si serba ancor l’universal ragione;
 né vi son Tolomei dov’è Catone.
 CESARE
 È ver, noto mi sei. Già il tuo gran nome
 fin da’ prim’anni a venerare appresi.
 In cento bocche intesi
200della patria chiamarti
 padre e sostegno e delle antiche leggi
 rigido difensor. Fu poi la sorte
 prodiga all’armi mie del suo favore.
 Ma l’acquisto maggiore,
205per cui contento ogni altro acquisto io cedo,
 è l’amicizia tua; questa ti chiedo.
 FULVIO