Ciro riconosciuto, libretto, Ferrara, Barbieri, 1744

 E il Senato la chiede; a voi m’invia
 nuncio del suo volere. È tempo ormai
 che da’ privati sdegni
210la combattuta patria abbia riposo.
 Scema d’abitatori
 è già l’Italia afflitta; alle campagne
 già mancano i cultori;
 manca il ferro agli aratri, in uso d’armi
215tutto il furor converte; e mentre Roma
 con le sue mani il proprio sen divide,
 gode l’Asia incostante, Africa ride.
 CATONE
 Chi vuol Catone amico
 facilmente l’avrà; sia fido a Roma.
 CESARE
220Chi più fido di me! Spargo per lei
 il sudor da gran tempo e il sangue mio.
 Son io quegli, son io che sugli alpestri
 gioghi del Tauro, ov’è più al ciel vicino,
 di Marte e di Quirino
225fe’ risuonar la prima volta il nome.
 Il gelido Britanno
 per me le ignote ancora
 romane insegne a venerare apprese;
 e dal clima remoto
230se venni poi...
 CATONE
                             Già tutto il resto è noto.
 Di tue famose imprese
 godiamo i frutti e in ogni parte abbiamo
 pegni dell’amor tuo. Dunque mi credi
 mal accorto così ch’io non ravvisi
235velato di virtude il tuo disegno?
 So che il desio di regno,
 che il tirannico genio, onde infelici
 tanti hai reso fin qui...
 FULVIO
                                            Signor, che dici?
 Di ricomporre i disuniti affetti
240non son queste le vie; di pace io venni,
 non di risse ministro.
 CATONE
                                          E ben si parli.
 (Udiam che dir potrà).
 FULVIO
                                             (Tanta virtude
 troppo acerbo lo rende). (A Cesare)
 CESARE
 (Io l’ammiro però, se ben m’offende). (A Fulvio)
245Pende il mondo diviso
 dal tuo, dal cenno mio; sol che la nostra
 amicizia si stringa il tutto è in pace.
 Se del sangue latino
 qualche pietà pur senti, i sensi miei
250placido ascolterai.
 
 SCENA V
 
 EMILIA e detti
 
 EMILIA
                                    Che veggio, o dei!
 Questo è dunque l’asilo
 ch’io sperai da Catone! Un luogo istesso
 la sventurata accoglie
 vedova di Pompeo col suo nemico!
255Ove son le promesse? (A Catone)
 Ove la mia vendetta?
 Così sveni il tiranno?
 Così d’Emilia il difensor tu sei?
 Fin di pace si parla in faccia a lei?
 FULVIO
260(In mezzo alle sventure
 è bella ancor).
 CATONE
                             Tanto trasporto, Emilia,
 perdono al tuo dolor. Quando l’obblio
 delle private offese
 util si rende al comun bene, è giusto.
 EMILIA
265Qual utile, qual fede
 sperar si può dall’oppressor di Roma?
 CESARE
 A Cesare oppressor? Chi l’ombra errante
 con la funebre pompa
 placò del gran Pompeo? Forse ti tolsi
270armi, navi e compagni? A te non resi
 e libertade e vita?
 EMILIA
                                    Io non la chiesi.
 Ma giacché vivo ancor, saprò valermi
 contro te del tuo don. Finché non vegga
 la tua testa recisa, e terre e mari
275scorrerò disperata; in ogni parte
 lascerò le mie furie; e tanta guerra
 contro ti desterò che non rimanga
 più nel mondo per te sicura sede.
 Sai che già tel promisi, io serbo fede.
 CATONE
280Modera il tuo furor.
 CESARE
                                       Se tanto ancora
 sei sdegnata con me, sei troppo ingiusta.
 EMILIA