Ciro riconosciuto, libretto, Ferrara, Barbieri, 1744

 Ingiusta? E tu non sei
 la cagion de’ miei mali? Il mio consorte
 tua vittima non fu? Forse presente
285non ero allor che dalla nave ei scese
 sul picciolo del Nilo infido legno?
 Io con quest’occhi, io vidi
 splender l’infame acciaro,
 che il sen gli aperse, e impetuoso il sangue
290macchiar fuggendo al traditore il volto.
 Fra’ barbari omicidi
 non mi gittai, che questo ancor mi tolse
 l’onda frapposta e la pietade altrui.
 Né v’era, il credo appena,
295di tanto già seguace mondo un solo
 che potesse a Pompeo chiuder le ciglia;
 tanto invidian gli dei chi lor somiglia!
 FULVIO
 (Pietà mi desta).
 CESARE
                                  Io non ho parte alcuna
 di Tolomeo nell’empietade. Assai
300la vendetta ch’io presi è manifesta.
 E sa il ciel, tu lo sai
 s’io piansi allor su l’onorata testa.
 CATONE
 Ma chi sa se piangesti
 per gioia o per dolor? La gioia ancora
305ha le lagrime sue.
 CESARE
                                   Pompeo felice,
 invidio il tuo morir, se fu bastante
 a farti meritar Catone amico.
 EMILIA
 Di sì nobile invidia
 no, capace non sei tu che potesti
310contro la patria tua rivolger l’armi.