Ciro riconosciuto, libretto, Ferrara, Barbieri, 1744

                                            Ah qualche arcano
555qui si nasconde. (Ei chiede... (Da sé)
 poi ricusa la figlia... Il giorno istesso
 che vien Cesare a noi tanto si cangia...
 Sì lento... Sì confuso... Io temo...) Arbace,
 non ti sarebbe già tornato in mente
560che nascesti africano?
 ARBACE
                                           Io da Catone
 tutto sopporto e pure...
 CATONE
 E pure assai diverso
 io ti credea.
 ARBACE
                         Vedrai...
 CATONE
                                           Vidi abbastanza;
 e nulla ormai più da veder m’avanza. (Parte)
 ARBACE
565Brami di più, crudele? Ecco adempito
 il tuo comando; ecco in sospetto il padre
 ed eccomi infelice. Altro vi resta
 per appagarti?
 MARZIA
                              Ad ubbidirmi Arbace
 incominciasti appena; e in faccia mia
570già ne fai sì gran pompa?
 ARBACE
                                                 Oh tirannia!
 
 SCENA XIII
 
 EMILIA e detti
 
 EMILIA
 In mezzo al mio dolore a parte anch’io
 son de’ vostri contenti, illustri sposi.
 Ecco acquista in Arbace
 il suo vindice Roma; e cresceranno
575generosi nemici al mio tiranno.
 ARBACE
 Riserba ad altro tempo
 gli auguri, Emilia; è ancor sospeso il nodo.
 EMILIA
 Si cangiò di pensiero
 Catone o Marzia?
 ARBACE
                                   Eh non ha Marzia un core
580tanto crudele. Ella per me sospira
 tutta costanza e fede;
 da’ sguardi suoi, dal suo parlar si vede.
 EMILIA
 Dunque il padre mancò.
 ARBACE
                                               Né pur.
 EMILIA
                                                                Chi è mai
 cagion di tanto indugio?
 MARZIA
                                               Arbace il chiede.
 EMILIA