Ciro riconosciuto, libretto, Ferrara, Barbieri, 1744

 e di Cremera all’acque
 di sangue e di sudor bagnati e tinti
 trecento Fabi in un sol giorno estinti.
 CESARE
 Se allor giovò di questi
1045nuocerebbe alla patria or la mia morte.
 CATONE
 Per qual ragione?
 CESARE
                                   È necessario a Roma
 che un sol comandi.
 CATONE
                                       È necessario a lei
 ch’ugualmente ciascun comandi e serva.
 CESARE
 E la pubblica cura
1050tu credi più sicura in mano a tanti
 discordi negli affetti e ne’ pareri?
 Meglio il voler d’un solo
 regola sempre altrui. Solo fra’ numi
 Giove il tutto dal ciel governa e muove.
 CATONE
1055Dov’è costui che rassomigli a Giove?
 Io non lo veggo e se vi fosse ancora
 diverrebbe tiranno in un momento.
 CESARE
 Chi non ne soffre un sol ne soffre cento.
 CATONE
 Così parla un nemico
1060della patria e del giusto. Intesi assai;
 basta così. (S’alza)
 CESARE
                       Ferma, Catone.
 CATONE
                                                     È vano
 quanto puoi dirmi.
 CESARE
                                      Un sol momento aspetta,
 altre offerte io farò.
 CATONE
                                      Parla e t’affretta. (Torna a sedere)
 CESARE
 (Quanto sopporto!) Il combattuto acquisto
1065dell’impero del mondo, il tardo frutto
 de’ miei sudori e de’ perigli miei
 se meco in pace sei
 dividerò con te.
 CATONE
                                Sì, perché poi
 diviso ancor fra noi
1070di tante colpe tue fosse il rossore.
 E di viltà Catone
 temerario così tentando vai?
 Posso ascoltar di più!
 CESARE
                                         (Son stanco ormai).
 Troppo cieco ti rende
1075l’odio per me; meglio rifletti. Io molto
 finor t’offersi e voglio
 offrirti più. Perché fra noi sicura
 rimanga l’amistà, darò di sposo
 la destra a Marzia.
 CATONE
                                     Alla mia figlia!
 CESARE
                                                                  A lei.
 CATONE
1080Ah prima degli dei
 piombi sopra di me tutto lo sdegno
 ch’io l’infame disegno
 d’opprimer Roma ad approvar m’induca
 con l’odioso nodo. Ombre onorate