Ciro riconosciuto, libretto, Mantova, Pazzoni, 1758

 Deh lasciami partir.
 CESARE
                                        Così t’involi?
 MARZIA
1370Crudel, da me che brami? È dunque poco
 quanto ho sofferto? Ancor tu vuoi ch’io senta
 tutto il dolor d’una partenza amara?
 Lo sento sì, non dubitarne; il pregio
 d’esser forte m’hai tolto. Invan sperai
1375lasciarti a ciglio asciutto. Ancora il vanto
 del mio pianto volesti; ecco il mio pianto.
 CESARE
 Aimè, l’alma vacilla!
 MARZIA
 Chi sa se più ci rivedremo e quando;
 chi sa se il fato rio
1380non divida per sempre i nostri affetti.
 CESARE
 E nell’ultimo addio tanto ti affretti?
 MARZIA
 
    Confusa, smarrita
 spiegarti vorrei
 che fosti... che sei...
1385Intendimi, oh dio!
 Parlar non poss’io;
 mi sento morir.
 
    Fra l’armi se mai
 di me ti rammenti,
1390io voglio... Tu sai...
 Che pena! Gli accenti
 confonde il martir. (Parte)
 
 SCENA III
 
 CESARE, poi ARBACE
 
 CESARE
 Quali insoliti moti
 al partir di costei prova il mio core!
1395Dunque al desio d’onore
 qualche parte usurpar de’ miei pensieri
 potrà l’amor?
 ARBACE
                            (M’inganno (Nell’uscire si ferma)
 o pur Cesare è questi?)
 CESARE
                                             Ah l’esser grato,
 aver pietà d’una infelice alfine
1400debolezza non è. (In atto di partire)
 ARBACE
                                  Fermati; e dimmi
 quale ardir, qual disegno
 t’arresta ancor fra noi?
 CESARE
                                            (Questi chi fia?)
 ARBACE
 Parla.
 CESARE
              Del mio soggiorno
 qual cura hai tu?
 ARBACE