Ciro riconosciuto, libretto, Mantova, Pazzoni, 1758

 SCENA XII
 
 MITRIDATE con guardie e detti
 
 MITRIDATE
                                                      Al tempio, al tempio.
 Mio principe, mio re. Questi guerrieri
 Arpago invia per tua custodia. Ah vieni
 a consolar l'impazienze altrui.
 ARPALICE
 (Con chi parla costui!)
 CIRO
                                            Dunque è palese
1225di già la sorte mia!
 MITRIDATE
                                     Nessuno ignora
 signor che tu sei Ciro. Arpago il disse;
 indubitate pruove
 a' popoli ne diè; sparger le fece
 per cento bocche, in mille luoghi; e tutti
1230voglion giurarti fé.
 ARPALICE
                                     Scherza? O da senno
 Mitridate parlò?
 CIRO
                                 Ciro son io.
 Non bramasti vederlo. Eccolo.
 ARPALICE
                                                         Oh dio!
 CIRO
 Sospiri? Io non ti piaccio
 pastor né re?
 ARPALICE
                           Né tanto umil né tanto
1235sublime io ti volea; ch'arda al mio foco
 se troppo è per Alceo, per Ciro è poco.
 CIRO
 Mal mi conosci. Arpalice finora
 me amò, non la mia sorte; ed io non amo
 la sua sorte ma lei. La vita e il trono
1240Arpago diemmi; e se ad offrirti entrambi
 il genio mi consiglia,
 quel che il padre mi diè, rendo alla figlia.
 Oh che dolce esser grato, ove s'accordi
 il debito e l'amore,
1245la ragione e il desio, la mente e il core.
 ARPALICE
 Dunque...
 MITRIDATE
                      Ah Ciro t'affretta.
 CIRO
                                                        Andiam. Mia vita,
 mia sposa, addio.
 ARPALICE
                                   Deh non ti cambi il regno.
 CIRO
 Ecco la destra mia; prendila in pegno.
 
    Luci vezzose amabili
1250che mi feriste il cor;
 labbra vermiglie e tenere
 che m'inspiraste amor,
 nell'adorarvi ognor
 fido sarò così;
1255e qual nel primo dì
 voi mi piagaste il sen
 da voi sperar convien
 la pace al mio dolor;
 cara, t'adoro e sei
1260la mia speranza ancor. (Parte)