Ciro riconosciuto, libretto, Mantova, Pazzoni, 1758

 SCENA XIII
 
 ARPALICE sola
 
 ARPALICE
 Io son fuor di me stessa. A un vil pastore
 cieca d'amor mi scopro amante; e sposa
 mi ritrovo d'un re! Gl'istessi affetti
 insuperbir mi fanno, onde poc'anzi
1265arrossirmi dovea! Certo quest'alma
 era presaga; e travedea nel volto
 del finto Alceo... Che traveder? Che giova
 cercar pretesti all'imprudenza? Ad altri
 favelliamo così; ma più sinceri
1270ragioniamo fra noi. Diciam più tosto
 che d'amor non s'intende
 chi prudenza ed amore unir pretende.
 
    Trovar chi aspira
 in uman cor
1275prudenza e amore
 di' che delira.
 Quest'è un ardore,
 quest'è un martire
 che, chi lo prova,
1280nol può celar.
 
    Non è prudente
 chi vive amante
 d'un bel sembiante
 o non sa amar. (Parte)