La clemenza di Tito, libretto, Stoccarda, Cotta, 1753

 SCENA VI
 
 ANNIO e poi SERVILIA
 
 ANNIO
 Non ci pentiam. D'un generoso amante
 era questo il dover.  Eccola. Oh dei!
 Mai non parve sì bella agli occhi miei.
 SERVILIA
 Mio ben...
 ANNIO
                      Taci Servilia. Ora è delitto
205il chiamarmi così.
 SERVILIA
                                    Perché?
 ANNIO
                                                     Ti scelse
 Cesare (che martir!) per sua consorte.
 A te (morir mi sento) a te m'impose
 di recarne l'avviso (oh pena!) ed io...
 io fui... (Parlar non posso). Augusta addio.
 SERVILIA
210Come! Fermati. Io sposa
 di Cesare! E perché?
 ANNIO
                                         Perché non trova
 beltà, virtù che sia
 più degna d'un impero, anima... Oh stelle!
 Che dirò? Lascia, Augusta,
215deh lasciami partir.
 SERVILIA
                                       Così confusa
 abbandonar mi vuoi? Spiegati; dimmi,
 come fu? Per qual via...
 ANNIO
 Mi perdo se non parto, anima mia.
 
    Ah perdona al primo affetto
220quest'accento sconsigliato;
 colpa fu del labbro usato
 a chiamarti ognor così.
 
    Mi fidai del mio rispetto
 che vegliava in guardia al core;
225ma il rispetto dall'amore
 fu sedotto e mi tradì. (Parte)