La clemenza di Tito, libretto, Stoccarda, Cotta, 1753

 SCENA PRIMA
 
 Portici.
 
 SESTO solo, col distintivo de’ congiurati sul manto
 
 SESTO
 Oh dei, che smania è questa!
395Che tumulto ho nel cor! Palpito, agghiaccio,
 m'incammino, m'arresto, ogn'aura, ogn'ombra
 mi fa tremare. Io non credea che fosse
 sì difficile impresa esser malvagio.
 Ma compirla convien; già per mio cenno
400Lentulo corre al Campidoglio; io deggio
 Tito assalir. Nel precipizio orrendo
 è scorso il piè. Necessità divenne
 ormai la mia ruina. Almen si vada
 con valore a perir. Valore? E come
405può averne un traditor? Sesto infelice
 tu traditor! Che orribil nome! E pure
 t'affretti a meritarlo. E chi tradisci?
 Il più grande, il più giusto, il più clemente
 principe della terra, a cui tu devi
410quanto puoi, quanto sei. Bella mercede
 gli rendi invero. Ei t'innalzò per farti
 il carnefice suo. M'inghiotta il suolo
 prima ch'io tal divenga. Ah non ho core
 Vitellia a secondar gli sdegni tui;
415morrei prima del colpo in faccia a lui.
 S'impedisca... Ma come
 or che tutto è disposto?... Andiamo, andiamo
 Lentulo a trattener. Sieguane poi
 quel che il fato vorrà. Stelle! Che miro!
420Arde già il Campidoglio! Aimè l'impresa
 Lentulo incominciò. Forse già tardi
 sono i rimorsi miei;
 difendetemi Tito eterni dei. (Vuol partire)