La clemenza di Tito, libretto, Stoccarda, Cotta, 1753

 SCENA XII
 
 PUBLIO e SESTO fra’ littori, poi VITELLIA e detti
 
 TITO
 Sesto de' tuoi delitti
 tu sai la serie e sai
 qual pena ti si dee. Roma sconvolta,
 l'offesa maestà, le leggi offese,
1060l'amicizia tradita, il mondo, il cielo
 voglion la morte tua. De' tradimenti
 sai pur ch'io son l'unico oggetto; or senti...
 VITELLIA
 Eccoti eccelso Augusto, (Inginocchiandosi)
 eccoti al piè la più confusa...
 TITO
                                                     Ah sorgi,
1065che fai? Che brami?
 VITELLIA
                                        Io ti conduco innanzi
 l'autor dell'empia trama.
 TITO
                                                E quanti mai,
 quanti siete a tradirmi!
 
 VITELLIA
                                              Io la più rea
 son di ciascuno; io meditai la trama;
 il più fedele amico
1070io ti sedussi; io del suo cieco amore
 a tuo danno abusai.
 TITO
                                       Ma del tuo sdegno
 chi fu cagion?
 VITELLIA
                             La tua bontà. Credei
 che questa fosse amor. La destra e il trono
 da te speravo in dono e poi negletta
1075restai due volte e procurai vendetta.
 TITO
 (Ma che giorno è mai questo! Al punto istesso
 che assolvo un reo, ne scuopro un altro! E quando
 troverò giusti numi
 un'anima fedel? Congiuran gli astri
1080cred'io per obbligarmi a mio dispetto
 a diventar crudel. No; non avranno
 questo trionfo. A sostener la gara
 già s'impegnò la mia virtù. Vediamo
 se più costante sia
1085l'altrui perfidia o la clemenza mia).
 Olà, Sesto si sciolga; abbia di nuovo
 Lentulo e i suoi seguaci
 e vita e libertà; sia noto a Roma
 ch'io son l'istesso e ch'io
1090tutto so, tutti assolvo e tutto obblio.
 SESTO
 Io son di sasso!
 VITELLIA
                               Io non trattengo il pianto.
 TITO
 Vitellia, a te promisi
 la destra mia ma...
 VITELLIA
                                     Lo conosco Augusto,
 non è per me;
 TITO
                             Pure ti bramo in parte
1095contenta almeno. Una rival sul trono
 non vedrai, tel prometto. Altra io non voglio
 sposa che Roma; i figli miei saranno
 i popoli soggetti;
 serbo indivisi a lor tutti gli affetti.
1100Tu d'Annio e di Servilia
 agl'imenei felici unisci i tuoi,
 principessa, se vuoi. Concedi pure
 la destra a Sesto; il sospirato acquisto
 già gli costa abbastanza.
 VITELLIA
                                              Infin ch'io viva
1105fia sempre il tuo voler legge al mio core.
 SESTO
 Ah Cesare, ah signore! E poi non soffri
 che t'adori la terra? E che destini
 tempi il Tebro al tuo nume? E come e quando
 sperar potrò che la memoria amara
1110de' falli miei...
 TITO
                              Sesto non più; torniamo
 di nuovo amici; e de' trascorsi tuoi
 non si parli più mai. Dal cor di Tito
 già cancellati sono;
 me li scordo, t'abbraccio e ti perdono.
 CORO
 
1115   Che del ciel, che degli dei
 tu il pensier, l'amor tu sei,
 grand'eroe, nel giro angusto
 si mostrò di questo dì.
 
    Ma cagion di meraviglia
1120non è già, felice Augusto,
 che gli dei chi lor somiglia
 custodiscano così.
 
 Il fine