Demetrio, libretto, Parigi, Quillau, 1755

                                               Alfin tiranna...
 PUBLIO
715Sesto, partir conviene. È già raccolto
 per udirti il Senato; e non poss’io
 differir di condurti.
 SESTO
                                       Ingrata, addio.
 
    Se mai senti spirarti sul volto
 lieve fiato che lento s’aggiri,
720di’ : «Son questi gli estremi sospiri
 del mio fido che more per me».
 
    Al mio spirto dal seno disciolto
 la memoria di tanti martiri
 sarà dolce con questa mercé. (Parte con Publio e guardie)
 
 SCENA XVI
 
 VITELLIA sola
 
 VITELLIA
725Misera che farò? Quell’infelice,
 oh dio! more per me. Tito fra poco
 saprà il mio fallo e lo sapran con lui
 tutti per mio rossor. Non ho coraggio
 né a parlar, né a tacere,
730né a fuggir, né a restar; non spero aiuto,
 non ritrovo consiglio. Altro non veggo
 che imminenti ruine. Altro non sento
 che moti di rimorso e di spavento.
 
    Tremo fra’ dubbi miei;
735pavento i rai del giorno;
 l’aure, che ascolto intorno,
 mi fanno palpitar.
 
    Nascondermi vorrei;
 vorrei scoprir l’errore;
740né di celarmi ho core,
 né core ho di parlar. (Parte)
 
 Fine dell’atto secondo
 
 
 ATTO TERZO
 
 SCENA PRIMA
 
 Camera chiusa con porte. Sedia e tavolino con sopra da scrivere.
 
 TITO e PUBLIO
 
 PUBLIO
 Già de’ pubblici giuochi,
 signor, l’ora trascorre. Il dì solenne
 sai che non soffre il trascurargli.
 TITO
                                                             Andremo,
745Publio, fra poco. Io non avrei riposo,
 se di Sesto il destino
 pria non sapessi. Ancora del Senato
 non torna alcun! Che mai sarà? Va’, chiedi
 che si fa, che s’attende. Io tutto voglio
750saper, pria di partir.
 PUBLIO
                                        Vado. Ma temo
 di non tornar nuncio felice.
 TITO
                                                    E puoi
 creder Sesto infedel? Io dal mio core
 il suo misuro; e un impossibil parmi
 ch’egli m’abbia tradito.
 PUBLIO
755Ma, signor, non han tutti il cor di Tito.
 
    Tardi s’avvede
 d’un tradimento
 chi mai di fede
 mancar non sa.
 
760   Un cor verace,
 pieno d’onore,
 non è portento
 se ogn’altro core
 crede incapace
765d’infedeltà. (Parte)
 
 SCENA II
 
 TITO e poi ANNIO
 
 TITO
 No; così scellerato
 il mio Sesto non credo. Annio che rechi?
 L’innocenza di Sesto
 come la tua, di’, si svelò? Che dice?
770Consolami.
 ANNIO
                        Ah signor, pietà per lui
 io vengo ad implorar.
 TITO
                                          Pietà! Ma dunque
 sicuramente è reo?
 ANNIO
                                      Quel manto, ond’io
 parvi infedele, egli mi diè; da lui
 sai che seppesi il cambio. A Sesto in faccia
775esser da lui sedotto
 Lentulo afferma e l’accusato tace;
 che sperar si può mai?
 TITO
                                            Speriamo, amico,
 speriamo ancora. Agl’infelici è spesso
 colpa la sorte; e quel che vero appare
780sempre vero non è.
 ANNIO
                                      Il ciel volesse.
 Ma se poi fosse reo?
 TITO
 Ma se poi fosse reo dopo sì grandi
 prove dell’amor mio, se poi di tanta
 enorme ingratitudine è capace,
785saprò scordarmi appieno
 anch’io... Ma non sarà. Lo spero almeno.
 
 SCENA III
 
 PUBLIO con foglio e detti
 
 PUBLIO
 Cesare nol diss’io? Sesto è l’autore
 della trama crudel.
 TITO
                                     Publio, ed è vero?
 PUBLIO
 Purtroppo; ei di sua bocca
790tutto affermò. Co’ complici il Senato
 alle fiere il condanna. Ecco il decreto
 terribile, ma giusto; (Dà il foglio a Tito)
 né vi manca, o signor, che il nome augusto.
 TITO
 Onnipotenti dei! (Si getta a sedere)
 ANNIO
795Ah pietoso monarca... (Inginocchiandosi)
 TITO
                                           Annio, per ora
 lasciami in pace. (Annio si leva)
 PUBLIO
                                   Alla gran pompa unite
 sai che le genti ormai...
 TITO
                                             Lo so. Partite. (Publio si ritira)
 ANNIO
 
    Pietà, signor, di lui.
 So che il rigore è giusto;
800ma norma i falli altrui
 non son del tuo rigor.
 
    Se a’ prieghi miei non vuoi,
 se all’error suo non puoi,
 donalo al cor d’Augusto,
805donalo a te, signor. (Parte)
 
 SCENA IV
 
 TITO solo a sedere
 
 TITO
 Che orror! Che tradimento!
 Che nera infedeltà! Fingersi amico,
 essermi sempre al fianco, ogni momento
 esiger dal mio core
810qualche pruova d’amore e starmi intanto
 preparando la morte! Ed io sospendo
 ancor la pena? E la sentenza ancora
 non segno... Ah sì, lo scellerato mora. (Prende la penna per sottoscrivere e poi s’arresta)
 Mora... Ma senza udirlo
815mando Sesto a morir? Sì; già l’intese
 abbastanza il Senato. E s’egli avesse
 qualche arcano a svelarmi? Olà. S’ascolti (Depone la penna, intanto esce una guardia)
 e poi vada al supplicio. A me si guidi
 Sesto. È pur di chi regna (Parte la guardia)
820infelice il destino! A noi si niega (S’alza)
 ciò che a’ più bassi è dato. In mezzo al bosco
 quel villanel mendico, a cui circonda
 ruvida lana il rozzo fianco, a cui
 è mal fido riparo
825dalle ingiurie del ciel tugurio informe,
 placido i sonni dorme;
 passa tranquillo i dì; molto non brama;
 sa chi l’odia e chi l’ama; unito o solo
 torna sicuro alla foresta, al monte;
830e vede il core a ciascheduno in fronte.
 Noi fra tante grandezze
 sempre incerti viviam, che in faccia a noi
 la speranza o il timore
 su la fronte d’ognun trasforma il core.
835Chi dall’infido amico, olà, chi mai
 questo temer dovea!
 
 SCENA V
 
 PUBLIO e TITO
 
 TITO
                                        Ma Publio, ancora
 Sesto non vien?
 PUBLIO
                                Pochi momenti soli
 sono scorsi, o signor.
 TITO
                                        Vanne tu stesso;
 affrettalo.
 PUBLIO
                     Ubbidisco. I tuoi littori (Nel partire)
840veggonsi comparir. Sesto dovrebbe
 non molto esser lontano. Eccolo.
 TITO
                                                            Ingrato!
 All’udir che s’appressa
 già mi parla a suo pro l’affetto antico.
 Ma no; trovi il suo prence e non l’amico. (Tito siede e si compone in atto di maestà)
 
 SCENA VI
 
 TITO, PUBLIO, SESTO e custodi. Sesto entrato appena si ferma
 
 SESTO
845(Numi! È quello ch’io miro (Guardando Tito)
 di Tito il volto! Oh dio! Come divenne
 terribile per me!)
 TITO
                                    (Stelle! Ed è questo
 il sembiante di Sesto? Il suo delitto