Demofoonte, libretto, Stoccarda, Cotta, 1764

                                  Tornar potrai
1310per l’ultimo congedo.
 OLINTO
 Tornerò. (Ma ch’ei parta io non lo credo). (Parte)
 FENICIO
 Giungi a tempo, o regina. A caso il cielo
 forse non prolungò la sua dimora.
 Di renderlo felice hai tempo ancora.
 
1315   Pensa che sei crudele,
 se del tuo ben ti privi;
 pensa che in lui tu vivi,
 pensa ch’ei vive in te.
 
    Rammenta il dolce affetto
1320che ti rendea contenta
 ed il candor rammenta
 della sua bella fé. (Parte)
 
 SCENA III
 
 CLEONICE ed ALCESTE
 
 CLEONICE
 Alceste, assai diverso
 è ’l meditar dall’eseguir l’imprese.
1325Finché mi sei presente,
 facile credo il riportar vittoria
 e parmi che l’amor ceda alla gloria.
 Ma quando poi mi trovo
 priva di te, s’indebolisce il core
1330e la mia gloria, oh dio! cede all’amore.
 ALCESTE
 Che vuoi dirmi perciò?
 CLEONICE
                                             Che non poss’io
 viver senza di te. Se Alceste e ’l regno
 non vuol ch’io goda uniti
 il rigor delle stelle a me funeste,
1335si lasci il regno e non si perda Alceste.
 ALCESTE
 Come!
 CLEONICE
                Su queste arene
 rimaner non conviene. Aure più liete
 a respirare altrove
 teco verrò.
 ALCESTE
                       Meco verrai! Ma dove?
1340Cara, se avessi anch’io,
 sudor degli avi miei, sudditi e trono,
 sarei, più che non sono,
 facile a compiacere il tuo disegno;
 ma i sudditi ed il regno,
1345che in retaggio mi diè sorte tiranna,
 son pochi armenti ed una vil capanna.
 CLEONICE
 Nel tuo povero albergo
 quella pace godrò che in regio tetto
 lunge da te questo mio cor non gode.
1350Là non avrò custode
 che vegliando assicuri i miei riposi;
 ma i sospetti gelosi
 alle placide notti
 non verranno a recar sonni interrotti.
1355Non fumeran le mense
 di rari cibi in lucid’oro accolti;
 ma i frutti ai rami tolti
 di propria man non porteranno aspersi