Didone abbandonata, libretto, Roma, de’ Rossi, 1747

 SCENA V
 
 IARBA sotto nome d’Arbace ed ARASPE con numeroso seguito di mori e comparse che conducono tigri e leoni e portano altri doni per presentare alla regina, e detti
 
 Mentre Didone servita da Osmida va sul trono, fra loro non intesi dalla medesima dicono:
 
 ARASPE
 Vedi mio re...
 IARBA
                            T'accheta.
 Fin che dura l'inganno
 chiamami Arbace e non pensare al trono.
130Per ora io non son Iarba, e re non sono.
 Didone, il re de' Mori
 a te de' cenni suoi
 me suo fedele apportator destina.
 Io te l'offro qual vuoi,
135tuo sostegno in un punto e tua ruina.
 Queste che miri intanto
 spoglie, gemme, tesori, uomini e fere
 che l'Africa soggetta a lui produce,
 pegni di sua grandezza in don t'invia.
140Nel dono impara il donator qual sia.
 DIDONE
 Mentr'io n'accetto il dono
 larga mercede il tuo signor riceve:
 ma s'ei non è più saggio,
 quel ch'ora è don può divenire omaggio.
145(Come altero è costui!). Siedi e favella.
 ARASPE
 (Qual ti sembra o signor?) (Piano a Iarba)
 IARBA
                                                    (Superba e bella). (Come sopra e siede)
 Ti rammenta o Didone
 qual da Tiro venisti e qual ti trasse
 disperato consiglio a questo lido.
150Del tuo germano infido
 alle barbare voglie, al genio avaro
 ti fu l'Africa sol schermo e riparo.
 Fu questo, ove s'inalza
 la superba Cartago, ampio terreno
155dono del mio signor e fu...
 DIDONE
                                                  Col dono
 la vendita confondi...
 IARBA
 Lascia pria ch'io favelli e poi rispondi.
 DIDONE
 (Che ardir!) (Ad Osmida)
 OSMIDA
                           (Soffri). (A Didone)
 IARBA
                                             Cortese
 Iarba il mio re le nozze tue richiese.
160Tu ricusasti, ei ne soffrì l'oltraggio,
 perché giurasti allora
 che al cener di Sicheo fede serbavi.
 Or sa l'Africa tutta
 che dall'Asia distrutta Enea qui venne,
165sa che tu l'accogliesti e sa che l'ami.
 Né soffrirà che venga
 a contrastar gli amori
 un avvanzo di Troia al re de' Mori.
 DIDONE
 E gli amori e gli sdegni
170fian del pari infecondi.
 IARBA
 Lascia pria ch'io finisca e poi rispondi.
 Generoso il mio re di guerra invece
 t'offre pace se vuoi.
 E in ammenda del fallo
175brama gli affetti tuoi, chiede il tuo letto,
 vuol la testa d'Enea.
 DIDONE
                                       Dicesti?
 IARBA
                                                         Ho detto.
 DIDONE
 Dalla regia di Tiro
 io venni a queste arene
 libertade cercando e non catene.
180Prezzo de' miei tesori
 e non già del tuo re Cartago è dono.
 La mia destra, il mio core
 quando a Iarba negai
 d'esser fida allo sposo allor pensai.
185Or più quella non son...
 IARBA
                                             Se non sei quella...
 DIDONE
 Lascia pria ch'io risponda e poi favella.
 Or più quella non son; variano i saggi
 a seconda de' casi i lor pensieri.
 Enea piace al mio cor, giova al mio trono
190e mio sposo sarà.
 IARBA
                                  Ma la sua testa...
 DIDONE
 Non è facil trionfo; anzi potrebbe
 costar molti sudori
 quest'avvanzo di Troia al re de' Mori.
 IARBA
 Se il mio signore irriti
195verranno a farti guerra
 quanti Getuli e quanti
 Numidi e Garamanti Africa serra.
 DIDONE
 Pur che sia meco Enea non mi confondo;
 vengano a questi lidi
200Garamanti, Numidi, Africa, il mondo.
 IARBA
 Dunque dirò...
 DIDONE
                              Dirai
 che amoroso nol curo,
 che nol temo sdegnato.
 IARBA
 Pensa meglio Didone. (S’alza e scende dal trono)
 DIDONE
                                            Ho già pensato.
 
205   Son regina e sono amante
 e l'impero io sola voglio
 del mio soglio e del mio cor.
 
    Darmi legge invan pretende
 chi l'arbitrio a me contende
210della gloria e dell'amor. (Parte)