Didone abbandonata, libretto, Roma, de’ Rossi, 1747

 poiché da rito orrendo
20lontante dalla Tracia, il cielo assolve
 le figlie del monarca?
 DEMOFOONTE
 Ah, che il monarca, Adrasto,
 d’gni fedel vassallo che l’adora
 perché appunto è monarca, è padre ancora.
 ADRASTO
25Ma nella lor sventura i tuoi vassalli
 lamentarsi di te però non odi.
 Piange ciascun: ma le sue figlie all’urna
 non ricusa d’offrir. Matusio solo...
 DEMOFOONTE
 Compatirei Matusio
30come padre: ma troppo
 con pertinace orgoglio
 uguagliandosi a me troppo pretende
 e la reale maestade offende.
 So quanto può l’amor paterno e questo
35forse ingiusto mi rese allontanando
 le figlie mie... Deh quanto,
 oh figlie mi costate!... Ahi tutti veggo,
 gli obblighi di chi regna,
 ma la necessità gran cose insegna.
 
40   Per lei fra l’armi dorme il guerriero,
 Per lei fra l’armi canta il nocchiero,
 per le la morte terror non ha.
 
    Fin le più timide belve fugaci
 valor dimostrano, si fanno audaci
45quand’è il combattere necessità. (Parte, seguito da Adrasto e da tutti).
 
 SCENA II
 
 Orti pensili corrispondenti a diversi appartamenti della reggia di Demofoonte.
 
 DIRCEA e MATUSIO
 
 DIRCEA
 Credimi, o padre, il tuo soverchio affetto
 un mal dubbioso ancora
 rende sicuro. A domandar che solo
 il mio nome non vegga
50l’urna fatale, altra ragion non hai
 che il regio esempio.
 MATUSIO
                                         E ti par poco? Io forse
 perché suddito nacqui
 son men padre del re? D’Apollo il cenno
 d’una vergine illustre
55vuol che su l’are sue si sparga il sangue
 ogni anno in questo dì; ma non esclude
 le vergini reali. Ei che si mostra
 delle leggi divine
 sì rigido custode agli altri insegni
60con l’esempio costanza. A sé richiami
 le allontanate ad arte
 sue regie figlie. I nomi loro esponga
 anch’egli al caso. All’agitar dell’urna
 provi egli ancor d’un infelice padre
65come palpita il cor, come si trema
 quando al temuto vaso
 la mano accosta il sacerdote, e quando
 in sembianza funesta
 l’estratto nome a pronunziar s’appresta.
70E arrossisca una volta
 ch’abbia a toccar sempre la parte a lui
 di spettator nelle miserie altrui.
 DIRCEA
 Ma sai pur che a’ sovrani
 è suddita la legge.
 MATUSIO
75Le umane sì, non le divine.
 DIRCEA
                                                    E queste
 a lor s’aspetta interpretar.
 MATUSIO
                                                  Non quando
 parlan chiaro gli dei.
 DIRCEA
                                         Mai chiari a segno...
 MATUSIO
 Non più, Dircea. Son risoluto.
 DIRCEA
                                                        Ah meglio
 pensaci, o genitor. Già il re purtroppo
80bieco ti guarda. Ah che sarà se aggiunge
 ire novelle all’odio antico?
 MATUSIO
                                                  Invano
 l’odio di lui tu mi rammenti e l’ira;
 la ragion mi defende, il ciel m’inspira.
 
    O più tremar non voglio
85fra tanti affanni e tanti;
 o ancor chi preme il soglio
 ha da tremar con me.
 
    Ambo siam padri amanti;
 ed il paterno affetto
90parla egualmente in petto
 del suddito e del re. (Parte)
 
 SCENA III
 
 DIRCEA, poi TIMANTE
 
 DIRCEA
 Se ’l mio principe almeno
 quindi lungi non fosse... Oh ciel! Che miro?
 Ei viene a me!